Cerca nel blog

giovedì 28 novembre 2024

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (577)

Giuseppe Leuzzi


La Sardegna può dunque dirsi “l’isola senza figli”: ha con la Corea del Sud il record del numero più basso di bambini per donna in età fertile. Ma tutto il Sud non se la passa bene: alla Sardegna fanno seguito, in questa classifica negativa, la Basilicata, il Molise, l’Abruzzo.
Si fanno figli dove si è più ricchi, non più dove si è più poveri – l’eugenetica deve aggiornarsi. Il tasso di prolificità più alto in Italia è in Trentino-Alto Adige. La Campania e la Sicilia, che ancora venti anni fa si contendevano il primato, ora sono indietro.
 
Mirko Pellegrini, l’imprenditore beniamino del Pd romano per gli appalti del Campidoglio, su cui ora la Procura di Roma non ha 
potuto non aprire un’inchiesta, non era coinvolto in uno o due processi per mafia in Calabria? Sì. E aveva, ciò malgrado, le necessarie certificazioni antimafia? Su questo non si indaga, ma è chiaro che sì.  L’antimafia è mafiosa, un po’.

 
A Palermo un’impresa scarica per anni tonnellate di rifiuti “speciali”. Senza la mafia, solo imprenditori insospettabili. A Catania si scopre un traffico forse miliardario, comunque mondiale, di immagni e suoni fuori diritti. Senza mafia. Siamo caduti in basso?
 
Peggio a Catania. Un’organizzazione mondiale di pirateria tv è stata scoeprta, che fatturava centinaia di milioni - con danno per le piattaforme più seguite, Sky, Dazn, Netfix, Disney +, Mediaset, Paramonut e Amazon Prie, “quantificato in circa dieci miliardi di euro l’anno”. Salute! Ma: senza mafia? Nonc’è più religione.
 
Leggendo in parallelo le cronache di Roma e quelle della Calabria si trovano più inchieste, arresti e condanne per associazione criminale nella capitale che nella regione mafiosa (le cronache calabresi hanno molte più pagine di criminalità, ma sono aggiornamenti di processi, liste di condannati e assolti, con relativi avvocati, e poi di assolti e condannati, di processi più che di nuove denunce). È normale, Roma ha una popolazione una volta e mezzo la Calabria, e molti immigrati incontrollabili, ora anche bengalesi e cinesi, un tempo rumeni e albanesi. Ma, è questa la sorpresa, a Roma le bande sgominate non “fanno testo”: si scorrono i titoli, senza fastidio – la città è altra.
 
Un’operazione “Levante”, della Guardia di Finanza e della Procura di Catanzaro, porta alla luce un traffico di immigrati molto proficuo. Dal Medio Oriente: Iraq, Iran, Siria, Libano, Afghanistan, in fuga da regimi infausti e da guerre, al costo di 7-10 mila euro per passaggio via mare sulle coste calabresi, più un altro migliaio per attraversare l’Italia e “passare” la frontiera a Ventimiglia o al Brennero. Un’organizzazione di due minimarket e un negozio di telefonia - col “money transfer” per eludere la tracciabilità. Una non notizia, nessun giornale ne ha parlato, giusto l’Ansa. Ma curiosa: l’organizzazione non era collegata alla mafia, alla ‘ndrangheta. La mafia non controlla più il territorio – i Carabinieri ci hanno rinunciato?
 
Il vento del Sud
“Maxi-parco eolico marino: 1,5 miliardi sulla Calabria”. S’intende a favore della Calabria, il “catenaccio” segue trionfante: “Previsti 1.500 posti ed elettricità per 600 mila famiglie”. Un bengodi: posti e famiglie, che di più? Per un progetto offshore, nel mare di Corigliano, Alto Jonio cosentino. Per 120 Megawatt di “solare galleggiante”, su piattaforme semisommergibili composte da 
triangoli equilateri componibili, 16m. x 16m. x 16m.. E 420 megawatt di eolico, con 28 turbine galleggianti. È il progetto di una società di gestione del risparmio, che punta ai guadagni miracolosi delle “fonti rinnovabili” di elettricità, pagate dallo Stato, cioè dal fisco, cioè da noi. Attraverso gli “oneri di sistema”, un prelievo forzoso di alcune centinaia di euro l’anno su tutte le abitazioni, 35 milioni – roba miliardaria.

Non è il solo progetto. Un altro, denominato rispettabilmente Enotria, della spagnola Acciona, vuole pale eoliche davanti a Squillace e Stilo, siti storici e archeologici di rilievo. È già al vaglio del ministero dell’Ambiente (con 246 allegati…) per la Valutazione d’Impatto Ambientale. Per 37 aerogeneratori, cioè pale eoliche, ognuna alta 355 metri – più di tutti i grattacieli di Milano, più anche di quelli di Manhattan. Collegati da cavidotti, che faranno capo a stazioni di connessione e trasformazione a terra, a Cropani, Botricello, Cutro, Scandale – una lunga fetta della costa. Stazioni automatiche.

Sembra di sognare, i progetti si succedono. Un terzo progetto si dà già per approvato, per 23 pale eoliche, alte ognuna 206 metri, nelle alture tra il Pollino e la Sila Greca, in territorio di Acri, San Demetrio Corone, Terranova da Sibari, e nel Comune sparso (36 frazioni) dei Casali del Manco, la “Toscana del Sud”, tra Cosenza e la Sila. Tutte località di pregio naturalistico. Si deve essere sparsa la voce che in Calabria si può? Anzi che il governo regionale non solo facilita ma anche finanzia, nella sua micragna, questi mostri d’acciaio da 200 e rotti metri. Che altrove non vogliono. Ne sono già stati installati, sparsi sui dossi, 624, O anche: come Acciona, da Madrid, sia finita al Golfo di Squillace sarebbe una storia interessante. Non avrà qualche manager, consulente o partner calabrese che ha curato la pratica? Perché la mentalità è sempre quella, disruptive. Non intesa a capitalizzare (accrescere, accumulare sul già cumulato), ma a distruggere. Per innovare certo, non è questa la civiltà, il futuro? Il ritardo del Sud è economico (deficit di capitali, di investimenti, di infrastrutture), ma anche culturale: la povertà è, senza offesa, anche stupidità – specie se si abbonda in risorse. Succede con le pale come per il Ponte, che distrugge un altro pezzo di Calabria, per niente.
Ma, poi, c’è poco da almanaccare. Le pale sono l’ultimo Grande Progetto di “sviluppo del Sud”, dopo le raffinerie appestanti, i petrolchimici velenosi, e le acciaierie a bordo mare, a Posillipo e aTaranto. Perché le pale eoliche si impiantano solo al Sud.
Non ci sono solo i progetti per la Calabria, due parchi eolici marini sono già in costruzione in Sicilia (mare di Marsala) e in Sardegna (un megaparco, da 42 turbine o aerogeneratori, fuori costa sud occidentale, a 35 km). Sommando i numeri 2022 dell’Associazione Nazionale Energia del Vento (Anev) si vede che gli impianti sono per oltre il 90 per cento al Sud. In Puglia più che in Calabria – ma la Calabria compensa il minor numero di pale con la maggiore potenza (più alte e più grosse).
Questo l’elenco: Puglia 1.615 pale eoliche, Sicilia 1.574, Campania 1.196, Sardegna 753, Basilicata 713, Calabria 624, Molise 321, Abruzzo 250. Nel resto d’Italia mance: Toscana 88, Liguria 56, Emilia Romagna 36, Lazio 30, Piemonte 9. Il resto delle regioni, Lombardia, Veneto etc. (“altre) ne ospitano 21 in totale.
Il vento soffia solo al Sud.
 
Antonio, santo del Sud
Sa di beffa leghista (antileghista?) la diffusione del nome Antonio al Sud, e specie in Calabria – Antonio da Padova. Un secondo nome, devozionale, in congiunzione col primo, quello che si è destinato alla creatura. All’anagrafe prima che in parrocchia, determinando quella crasi che poi rovinerà tutta la vita – il parroco si presume meglio alfabetizzato del vecchio “ufficiale dello stato civile”, e comunque in grado di distinguere i santi. Più diffuso perfino del nome secondo none Maria – Francesco Maria, Giuseppe Maria, etc.  Che avrebbe il merito di rendere impossibile la crasi, salvando molte vite.
Una devozione da paura del parto? Un voto beneaugurante per il nascituro, che sia sano e bello se non santo? Un “segno” per i figli Gemelli – il santo si celebra il 13 giugno?
Rovinare la vita è esagerato, ma insomma è un niente che crea problemi, quotidiani: alla firma degli innumerevoli fogli in banca o alla posta. Specie ora, con la firma digitale, la futurista aeroscrittura, senza poter poggiare il dorso della mano. E con la quotidiana declinazione del nome di battesimo alle varie polizie, e ai numeri verdi che ostinati marcano la solitudine – “tutto attaccato, senza la e (la a, la i, la o)”: Giuseppantonio, Francescantonio, Pietrantonio, Giannantonio, Domenicantonio, Mariantonia…
 
Il Sud è un po’ Nord
Il Sud è ben europeo. Sia perché l’Europa è ben Grecia, e Mediterraneo. Ma anche per essere stato e in vario modo essere ben collegato e presente in tante correnti intellettuali europee moderne e contemporanee. Specie nell’Illuminismo, e nell’Idealismo-cum-materialismo - nella “filosofia tedesca” su e attorno a Hegel. La squalifica del Sud, si sa, è opera recente, della politica antiborbonica prima (inglese e francese) e poi delle politiche economiche (in senso accademico: politiche pubbliche, di investimenti pubblici) e commerciali successive all’unità d’Italia – poi il “ritardo” si è introiettato e ora è difficile riprendere il filo. Da ultimo col business dell’antimafia: tra Carabinieri e giudici il Sud non sa come rivoltarsi.
Si ricorda in questi giorni e si celebra Giuseppe Galasso, lo storico che al passato del Sud ha dedicato gran parte delle sue ricerche, in occasione del completamento della sua vasta Bibliografia. Nella quale il posto d’onore occupa l’opera sua di maggior mole, anche se non di maggiore innovazione – non è una ricerca di archivio, è una narrazione, di recupero e trattamento delle fonti.  Un’opera del 1996, già a questione meridionale ampiamente riaperta, sotto i colpi dell’antimafia. L’opera, in tre volumi, ha più punti d’interesse. Ma uno è specifico: il Sud non è la periferia, culturale, economica, politica, dell’Europa, o una barriada, una favela, o un deserto. Al contrario ne è stato il nucleo fondatore, vivificante, e ne resta un carattere identitario, peraltro non del tutto inerte o retrogrado.
Galasso spiega e tratta il peso del pensiero geco, ovviamente, che per tanta parte si sviluppò nella Magna Grecia. E l’antropologia del contadino, nel vincolo e rispetto della terra, persistente al Sud ancora nel Novecento. Altro avrebbe potuto aggiungere: il paesaggio (l’orto, il giardino), la famiglia, il “cucinato”. Il garbo. E il linguaggio polisemantico.


leuzzi@antiit.eu

Nessun commento: