skip to main |
skip to sidebar
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (577)
Giuseppe Leuzzi
La Sardegna può dunque
dirsi “l’isola senza figli”: ha con la Corea del Sud il record del numero più
basso di bambini per donna in età fertile. Ma tutto il Sud non se la passa
bene: alla Sardegna fanno seguito, in questa classifica negativa, la Basilicata,
il Molise, l’Abruzzo.
Si
fanno figli dove si è più ricchi, non più dove si è più poveri – l’eugenetica
deve aggiornarsi. Il tasso di prolificità più alto in Italia è in Trentino-Alto
Adige. La Campania e la Sicilia, che ancora venti anni fa si contendevano il
primato, ora sono indietro.
Mirko Pellegrini, l’imprenditore beniamino del Pd romano
per gli appalti del Campidoglio, su cui ora la Procura di Roma non ha potuto non aprire
un’inchiesta, non era coinvolto in uno o due processi per mafia in Calabria? Sì. E aveva, ciò malgrado,
le necessarie certificazioni antimafia? Su questo non si indaga, ma è chiaro che sì. L’antimafia è mafiosa, un po’.
A Palermo un’impresa scarica
per anni tonnellate di rifiuti “speciali”. Senza la mafia, solo imprenditori insospettabili.
A Catania si scopre un traffico forse miliardario, comunque mondiale, di
immagni e suoni fuori diritti. Senza mafia. Siamo caduti in basso?
Peggio a Catania.
Un’organizzazione mondiale di pirateria tv è stata scoeprta, che fatturava
centinaia di milioni - con danno per le piattaforme più seguite, Sky, Dazn,
Netfix, Disney
+,
Mediaset, Paramonut e Amazon Prie, “quantificato in circa dieci miliardi di
euro l’anno”. Salute! Ma: senza mafia? Nonc’è più religione.
Leggendo in parallelo le
cronache di Roma e quelle della Calabria si trovano più inchieste, arresti e condanne
per associazione criminale nella capitale che nella regione mafiosa (le
cronache calabresi hanno molte più pagine di criminalità, ma sono aggiornamenti
di processi, liste di condannati e assolti, con relativi avvocati, e poi di
assolti e condannati, di processi più che di nuove denunce). È normale, Roma ha
una popolazione una volta e mezzo la Calabria, e molti immigrati incontrollabili,
ora anche bengalesi e cinesi, un tempo rumeni e albanesi. Ma, è questa la
sorpresa, a Roma le bande sgominate non “fanno testo”: si scorrono i titoli,
senza fastidio – la città è altra.
Un’operazione “Levante”, della
Guardia di Finanza e della Procura di Catanzaro, porta alla luce un
traffico di immigrati molto proficuo. Dal Medio Oriente: Iraq, Iran,
Siria, Libano, Afghanistan, in fuga da regimi infausti e da guerre, al costo di
7-10 mila euro per passaggio via mare sulle coste calabresi, più un altro migliaio
per attraversare l’Italia e “passare” la frontiera a Ventimiglia o al Brennero.
Un’organizzazione di due minimarket e un negozio di telefonia - col “money transfer”
per eludere la tracciabilità. Una non notizia, nessun giornale ne ha parlato, giusto
l’Ansa. Ma curiosa: l’organizzazione non era collegata alla mafia, alla ‘ndrangheta.
La mafia non controlla più il territorio – i Carabinieri ci hanno rinunciato?
Il vento del Sud
“Maxi-parco
eolico marino: 1,5 miliardi sulla Calabria”. S’intende a favore della Calabria,
il “catenaccio” segue trionfante: “Previsti 1.500 posti ed elettricità per 600 mila
famiglie”. Un bengodi: posti e famiglie, che di più? Per un progetto offshore, nel mare di Corigliano, Alto Jonio
cosentino. Per 120 Megawatt di “solare galleggiante”, su piattaforme semisommergibili
composte da triangoli equilateri componibili, 16m. x 16m. x 16m.. E 420
megawatt di eolico, con 28 turbine galleggianti. È il progetto di una società di
gestione del risparmio, che punta ai guadagni miracolosi delle “fonti
rinnovabili” di elettricità, pagate dallo Stato, cioè dal fisco, cioè da noi.
Attraverso gli “oneri di sistema”, un prelievo forzoso di alcune centinaia di
euro l’anno su tutte le abitazioni, 35 milioni
– roba miliardaria.
Non
è il solo progetto. Un altro, denominato rispettabilmente Enotria, della
spagnola Acciona, vuole pale eoliche davanti a Squillace e Stilo, siti storici
e archeologici di rilievo. È già al vaglio del ministero dell’Ambiente (con
246 allegati…) per la Valutazione d’Impatto Ambientale. Per 37 aerogeneratori, cioè
pale eoliche, ognuna alta 355 metri – più di tutti i grattacieli di Milano, più
anche di quelli di Manhattan. Collegati da cavidotti, che faranno capo a
stazioni di connessione e trasformazione a terra, a Cropani, Botricello, Cutro,
Scandale – una lunga fetta della costa. Stazioni automatiche.
Sembra di sognare, i progetti si succedono. Un terzo progetto si dà già
per approvato, per 23 pale eoliche, alte ognuna 206 metri, nelle alture tra il Pollino e la Sila
Greca, in territorio di Acri, San Demetrio Corone, Terranova da Sibari, e nel Comune sparso (36 frazioni)
dei Casali del Manco, la “Toscana del Sud”, tra Cosenza e la Sila. Tutte località di pregio
naturalistico. Si deve essere sparsa la voce che in Calabria si può? Anzi che il governo
regionale non solo facilita ma anche finanzia, nella sua micragna, questi mostri d’acciaio da 200 e
rotti metri. Che altrove non vogliono. Ne sono già stati installati, sparsi sui dossi, 624, O anche:
come Acciona, da Madrid, sia finita al Golfo di Squillace sarebbe una storia interessante. Non avrà
qualche manager, consulente o partner calabrese che ha curato la pratica? Perché la mentalità è sempre
quella, disruptive. Non intesa a capitalizzare (accrescere, accumulare sul già cumulato), ma a
distruggere. Per innovare certo, non è questa la civiltà, il futuro? Il ritardo del Sud è economico
(deficit di capitali, di investimenti, di infrastrutture), ma anche culturale: la povertà è, senza
offesa, anche stupidità – specie se si abbonda in risorse. Succede con le pale come per il Ponte,
che distrugge un altro pezzo di Calabria, per niente.
Ma, poi, c’è poco da almanaccare. Le pale sono l’ultimo Grande Progetto
di “sviluppo del Sud”, dopo le raffinerie appestanti, i petrolchimici velenosi, e le acciaierie
a bordo mare, a Posillipo e aTaranto. Perché le pale eoliche si impiantano solo al Sud.
Non ci sono solo i progetti per la Calabria, due parchi eolici marini
sono già in costruzione in Sicilia (mare di Marsala) e in Sardegna (un megaparco, da 42 turbine o aerogeneratori,
fuori costa sud occidentale, a 35 km). Sommando i numeri 2022 dell’Associazione Nazionale
Energia del Vento (Anev) si vede che gli impianti sono per oltre il 90 per cento al Sud.
In Puglia più che in Calabria – ma la Calabria compensa il minor numero di pale con la maggiore potenza
(più alte e più grosse).
Questo l’elenco: Puglia 1.615 pale eoliche, Sicilia 1.574, Campania 1.196,
Sardegna 753, Basilicata 713, Calabria 624, Molise 321, Abruzzo 250. Nel resto d’Italia mance: Toscana
88, Liguria 56, Emilia Romagna 36, Lazio 30, Piemonte 9. Il resto delle regioni, Lombardia,
Veneto etc. (“altre) ne ospitano 21 in totale.
Il vento soffia solo al Sud.
Antonio, santo del Sud
Sa
di beffa leghista (antileghista?) la diffusione del nome Antonio al Sud, e specie
in Calabria – Antonio da Padova. Un secondo nome, devozionale, in congiunzione
col primo, quello che si è destinato alla creatura. All’anagrafe prima che in parrocchia,
determinando quella crasi che poi rovinerà tutta la vita – il parroco si
presume meglio alfabetizzato del vecchio “ufficiale dello stato civile”, e comunque
in grado di distinguere i santi. Più diffuso perfino del nome secondo none Maria
– Francesco Maria, Giuseppe Maria, etc. Che avrebbe il merito di rendere impossibile la
crasi, salvando molte vite.
Una
devozione da paura del parto? Un voto beneaugurante per il nascituro, che sia
sano e bello se non santo? Un “segno” per i figli Gemelli – il santo si celebra
il 13 giugno?
Rovinare
la vita è esagerato, ma insomma è un niente che crea problemi, quotidiani: alla
firma degli innumerevoli fogli in banca o alla posta. Specie ora, con la firma
digitale, la futurista aeroscrittura, senza poter poggiare il dorso della mano.
E con la quotidiana declinazione del nome di battesimo alle varie polizie, e ai
numeri verdi che ostinati marcano la solitudine – “tutto attaccato, senza la e
(la a, la i, la o)”: Giuseppantonio, Francescantonio, Pietrantonio, Giannantonio,
Domenicantonio, Mariantonia…
Il Sud è un po’ Nord
Il Sud
è ben europeo. Sia perché l’Europa è ben Grecia, e Mediterraneo. Ma anche per
essere stato e in vario modo essere ben collegato e presente in tante correnti intellettuali
europee moderne e contemporanee. Specie nell’Illuminismo, e nell’Idealismo-cum-materialismo - nella “filosofia tedesca” su
e attorno a Hegel. La squalifica del Sud, si sa, è opera recente, della politica
antiborbonica prima (inglese e francese) e poi delle politiche economiche (in
senso accademico: politiche pubbliche, di investimenti pubblici) e commerciali
successive all’unità d’Italia – poi il “ritardo” si è introiettato e ora è
difficile riprendere il filo. Da ultimo col business dell’antimafia: tra Carabinieri e giudici il Sud non sa come rivoltarsi.
Si
ricorda in questi giorni e si celebra Giuseppe Galasso, lo storico che al
passato del Sud ha dedicato gran parte delle sue ricerche, in occasione del
completamento della sua vasta Bibliografia. Nella quale il posto d’onore occupa
l’opera sua di maggior mole, anche se non di maggiore innovazione – non è una
ricerca di archivio, è una narrazione, di recupero e trattamento delle
fonti. Un’opera del 1996, già a questione
meridionale ampiamente riaperta, sotto i colpi dell’antimafia. L’opera, in tre
volumi, ha più punti d’interesse. Ma uno è specifico: il Sud non è la
periferia, culturale, economica, politica, dell’Europa, o una barriada, una favela, o un deserto. Al contrario ne è stato il nucleo fondatore, vivificante,
e ne resta un carattere identitario, peraltro non del tutto inerte o retrogrado.
Galasso spiega e tratta il
peso del pensiero geco, ovviamente, che per tanta parte si sviluppò nella Magna
Grecia. E l’antropologia del contadino, nel vincolo e rispetto della terra, persistente
al Sud ancora nel Novecento. Altro avrebbe potuto aggiungere: il paesaggio (l’orto,
il giardino), la famiglia, il “cucinato”. Il garbo. E il linguaggio
polisemantico.
leuzzi@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento