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Cronache dell’altro mondo – o il Trump dei poveri, anche a New York (299)
"Kamala ha perso non soltanto perché
donna. Noi democratici in Pennsylvania abbiamo fatto una campagna vecchia,
porta a porta. Anche nei quartieri poveri. Ma non serve: o sono già convinti o
non ti votano comunque. L’unica cosa che sta loro a cuore è il prezzo della
benzina”, Margherita “Magalì” Sarfatti, “Corriere della sera”.
Per la prima volta in tre elezioni
Trump ha vinto anche il voto popolare – il voto nell’urna. E lo ha vinto –
effetto trascinamento - anche per i candidati repubblicani al Senato e alla Camera
dei Rappresentanti.
Hanno votato Trump in larga percentuale
i poveri. Veri o supposti - chi ha perso potere d’acquisto per la moltiplicazione
dei prezzi nel dopo-Covid, di due e anche di tre volte. E chi, nei servizi a basso
valore aggiunto (domestici, pulizie, ristorazione (lavapiatti, anche
camerieri), giardinaggio, guardianie, piccole riparazioni….), si è obbligato a
due, anche a tre occupazioni, per guadagnare il necessario, le paghe orarie contraendosi
(in termini reali ma anche, a New York, in termini monetari) per l’offerta esuberante
da nuova immigrazione.
Alta la percentuale per Trump negli
Stati poveri, anche se scarsamente popolati – agricoli, deindustrializzati,
decentrati, del “profondo Sud”: Wisconsin, Montana, Iowa, North Carolina, Oklahoma,
Mississippi, Arkansas.
Per la prima volta un repubblicano,
il newyorchese Trump, è riuscito ad aumentare i voti a New York - Staten
Island, Bronx, Queens, la parte meridionale di Brooklyn. Solo la ricchissima Manhattan
era e resta indefettibilmente tutta Democratica – malgrado il riuscito ultimo raduno
di Trump al Madison Square Garden (che ha riempito, luogo di celebrazione
alto-borghese, di afro, latinos, arabi, indiani, donne grasse e magri teen-ager).
Nel 2016 Hillary Clinton aveva staccato Trump nel voto popolare a New York di
63 punti. Biden nel 2020 di 54 punti. Kamala Harris ha visto il margine nella
Grande Mela ridotto al 37 per cento.
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