Napoli come Venere, marina e capricciosa
Dopo la grande bellezza
di Roma, la grande bellezza di Napoli. Un omaggio alla città, con la subordinata
Capri. Ma più alle persone – tipi, modi, linguaggi – che alle cose. Come nella
grande bellezza originaria. Qui intervallato dal grottesco, alla vista e all’udito,
come è del decamerone napoletano, “Lo cunto de li cunti” di Basile. Sempre in
un caleidoscopio rutilante di immagini, la cifra di Sorrentino.
Una sorta di autobiografia
anche, l’arco temporale circoscrivendosi dagli ultimi sprazzi del laurismo al
campionato del 2023. È Achille Lauro, il grande armatore, che porta con cura su
una zatterona il grande letto su cui verrà concepita Parthenope - che però
nascerà dall’acqua, secondo la procedura ostetrica già molto in voga: come
Venere, dal mare di Posillipo. E il cardinalone che svezzerà Parthenope ha molto
figurativamente di Sepe, il cardinale napoletano (casertano) di Napoli ora pensionato.
Ma un’autobiografia, curiosamente, “al femminile” – curiosamente perché anche
la sceneggiatura è tutta di Sorrentino. O Napoli non può essere che donna, incostante,
e perfino capricciosa – come si poteva dire o pensare il “femminile” qualche
tempo fa?
La vena personale, un
fondo di dolore nella fantasmagoria della vita, accompagna tutta la narrazione
- come la vita stessa di Sorrentino: Parthenope è sbarazzina ma segnata dal
lutto. Dalla morte, dall’abbandono di sé (la deriva, l’alcolismo, figurati
nello scrittore americano di Roma John Cheever, una figura di “Capri” – l’isola
un tempo leggenda della trasgressione), dallo sradicamento, qui addirittura a
Trento, dalla vecchiaia – dall’angoscia della vecchiaia.
Ma un’avventura, sempre e
solo, di immagini. Tra La Capria, “Ferito a morte”, degli anni felici
giovanili, e gli eccessi di Malaparte. Degli amplessi, forse non necessari, del
cardinale con Parthenope nella cattedrale, e dei figli di due cosche rivali davanti
alle “famiglie” riunite per celebrare la pace mafiosa. Se non che, forse, l’uno
aneddoto e l’altro, non sono veri ma tali sono stati per la città – e Napoli è
una città che crede e si crede. O il figlio obeso del professore di Parthenope,
che il professore nasconde ma col quale convive, un Buddha ingombrante col
visino vispo di bambino.
Una prova d’attrice, offerta
e raccolta, da Celeste Dalla Porta, Parthenope. Col recupero di molti nomi in
ruoli di caratteristi, di personaggi a una sola faccia, Silvio Orlando, Luisa
Ranieri, Gary Oldman, Isabella Ferrari, Pepe Lanzetta, Alfonso Santagata.
Il film non è piaciuto alla
critica “militante”, quella delle stellette, e non si vede perché. Un monumento, come lo vuole Lanzetta.
Paolo Sorrentino, Parthenope
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