sabato 16 novembre 2024

Napoli come Venere, marina e capricciosa

Dopo la grande bellezza di Roma, la grande bellezza di Napoli. Un omaggio alla città, con la subordinata Capri. Ma più alle persone – tipi, modi, linguaggi – che alle cose. Come nella grande bellezza originaria. Qui intervallato dal grottesco, alla vista e all’udito, come è del decamerone napoletano, “Lo cunto de li cunti” di Basile. Sempre in un caleidoscopio rutilante di immagini, la cifra di Sorrentino.
Una sorta di autobiografia anche, l’arco temporale circoscrivendosi dagli ultimi sprazzi del laurismo al campionato del 2023. È Achille Lauro, il grande armatore, che porta con cura su una zatterona il grande letto su cui verrà concepita Parthenope - che però nascerà dall’acqua, secondo la procedura ostetrica già molto in voga: come Venere, dal mare di Posillipo. E il cardinalone che svezzerà Parthenope ha molto figurativamente di Sepe, il cardinale napoletano (casertano) di Napoli ora pensionato. Ma un’autobiografia, curiosamente, “al femminile” – curiosamente perché anche la sceneggiatura è tutta di Sorrentino. O Napoli non può essere che donna, incostante, e perfino capricciosa – come si poteva dire o pensare il “femminile” qualche tempo fa?
La vena personale, un fondo di dolore nella fantasmagoria della vita, accompagna tutta la narrazione - come la vita stessa di Sorrentino: Parthenope è sbarazzina ma segnata dal lutto. Dalla morte, dall’abbandono di sé (la deriva, l’alcolismo, figurati nello scrittore americano di Roma John Cheever, una figura di “Capri” – l’isola un tempo leggenda della trasgressione), dallo sradicamento, qui addirittura a Trento, dalla vecchiaia – dall’angoscia della vecchiaia.
Ma un’avventura, sempre e solo, di immagini. Tra La Capria, “Ferito a morte”, degli anni felici giovanili, e gli eccessi di Malaparte. Degli amplessi, forse non necessari, del cardinale con Parthenope nella cattedrale, e dei figli di due cosche rivali davanti alle “famiglie” riunite per celebrare la pace mafiosa. Se non che, forse, l’uno aneddoto e l’altro, non sono veri ma tali sono stati per la città – e Napoli è una città che crede e si crede. O il figlio obeso del professore di Parthenope, che il professore nasconde ma col quale convive, un Buddha ingombrante col visino vispo di bambino.
Una prova d’attrice, offerta e raccolta, da Celeste Dalla Porta, Parthenope. Col recupero di molti nomi in ruoli di caratteristi, di personaggi a una sola faccia, Silvio Orlando, Luisa Ranieri, Gary Oldman, Isabella Ferrari, Pepe Lanzetta, Alfonso Santagata.
Il film non è piaciuto alla critica “militante”, quella delle stellette, e non si vede perché. Un monumento, come lo vuole Lanzetta.
Paolo Sorrentino, Parthenope

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