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giovedì 7 novembre 2024

Quello che il partito Democratico non ha anticipato

Quello che Orwell non ha anticipato, nel saggio sul Newspeak (la nuova parlata o neolingua, “parlanuovo”, “nuovalingua”), che chiude “1984”, il racconto di una la dittatura che si impone attraverso il linguaggio (e il silenziamento), è naturalmente il linguaggio incontrollato – quello dei social. Controllato da padroni occulti oppure no, vagante, spontaneo, superficiale. Che “forma” la realtà nei modi più eversivi: avventurosi, nella migliore delle ipotesi (non eterodiretti) e aggressivi.  Il che è vero e non è vero.
Non è vero, Garber stessa spiega, nel senso che Orwell dà del Newspeak. Il saggio che chiude “1984” è un’evoluzione dell’argomento da lui già affrontato nel più famoso saggio “Politica e inglese” (“Politics and the English Language”): una guida al linguaggio onesto, che dice quello che intende, e intende quello che dice. “Newspeak” argomenta “la più elementare intuizione: «Se il pensiero corrompe il linguaggio, il linguaggio anche può corrompere il pensiero»”.
Se non che poi la stessa Garber, collaboratrice di “The Atkantic”, una rivista fieramente anti-Trump, si diffonde lungamente sulle accuse a Trump di nazismo, fascismo, doppiogiochismo (doppelgänger) e altre perversioni politiche. E chiede: “Perché le mettiamo sul ridere?” Spiegando che le parole, anche quando sono battute, sciocchezzuole, slogan pubblicitari, “sono retorica”, hanno un senso e mirano a (comunque producono) un effetto. E qui bizzarramente il saggio, letto dopo il voto su Trump, assume un significato opposto a quello dell’autrice e della rivista: il newspeak di Orwell ha funzionato eccome, autoingannatore. È, è stato, quello di “The Atlantic” e del “pensiero” Democratico, il modo dei Democratici di presentarsi la realtà degli elettori – “il linguaggio può anche corrompere il pensiero”: il linguaggio (democratico) attorno a Trump ha corrotto il pensiero (democratico), che si è immaginato un paese che non c’è.     
Megan Garber,
What Orwell didn’t Ancipate
, “The Atlantic”

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