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sabato 9 novembre 2024

Secondi pensieri - 547

zeulig


Concezione
– È femminile, nell’excursus semiologico del corpo umano che E.Jünger fa in “Anatomia e linguaggio” (il saggio è ripreso nella raccolta  “Il contemplatore solitario”): “Nel campo in cui si sfiorano il tatto e lo spirito, la parola conceptio  merita una menzione particolare: designa l’impossessamento passivo, femminile, delle idee. L’organo femminile è comparato alla mano: cunno-captio. Ma bisogna ugualmente pensare al contatto rapido come il fulmine che feconda l’uovo.
Virile, al contrario, è «intuizione»”.


Heidegger
– I “quaderni neri” saranno stati i suoi “Parerga e Paralipomena”? Altrettanto pronti per la citazione - per la discussione, le contestazioni, le polemiche. Anche se non da lui stesso preparati per la pubblicazione (questo però non si sa, curatore e editori non lo spiegano). Digressioni e divagazioni, libere (non autocensurate), più spesso in forma di frammento, ma come piume dello stesso corpo.

Diritto - Vico contrappone il diritto, jus, alla aequitas. Lo jus è di diritto divino, viene da Jous, Giove, perché anticamene concepito come divino. Così come l’arte, che si riteneva decisiva, della divinazione. L’aequitas è invece il rapporto del giusto e dell’equo, nelle questioni penali e in quelle civili. Fondata sull’intelligenza dei fatti – mentre lo jus su una rivelazione. La bilancia di Temis, la personificazione della giustizia, è l’aequitas.
Aequitas è anche simmetria. Aequis è uguale, e anche amico. La giustizia non si vuole nemica.
 
Linguaggio
– Non è la forma del pensiero. Il pensiero non ordina (comanda) il linguaggio. Non necessariamente, non direttamente. Orwell immagina nel saggio “Newspeak”, in appendice a “1984”, un linguaggio nuovo, che elimina il pensiero. Su questa elementare simmetria: “Se il pensiero corrompe il linguaggio, il linguaggio anche può corrompere il pensiero”.
Internet, la “rete”, invera l’analisi di Orwell anche in assenza di una tirannia stile “1984”, della dittatura politica. La possibilità istantanea e aperta, incontrollata, ai social, alle fake news, ai falsi deliberati imposti come veri per ragioni surrettizie, pubblicitarie (di promozione commerciale), politiche,  e anche criminali. L’intelligenza artificiale moltiplica questa potenzialità del falso-vero,  all’infinito. Allentando ulteriormente la vigilanza critica. La capacità critica che si lega alla riflessione. Una forma di “azione” orwelliana autonoma, spontanea, non imposta (eterodiretta), e quindi incontrollabilmente “vera”.

Politica – Si dice che la politica non soffre il vuoto. Invece la politica è il vuoto. Un recipiente che va riempito di senso. E se non ha questi contenuti, l’indulgenza, il coraggio, la forza, la stima di se stessi, risuona spaventoso. È molto tempo ormai che la politica non è più la libertà, come vorrebbe la vecchia trattatistica della polis greca. Già tra i romani era maneggio dichiarato, attorno al potere. Platone ha portato l’agorà, il luogo in cui la libertà si fa politica, nell’accademia. Senza esito dopo duemila anni, solo chiacchiere - la logica è sterile in politica, che forse non è materia di possibile ricerca. La politica strumento di un fine elevato è del cristianesimo romano, che non la realizza ma ne ha creato le istituzioni, che oggi si chiamano democrazia. Anche di recente: la Svizzera ha avuto una intensa stagione democratica contro lo statalismo, salvata dai cattolici. La differenza nelle Alpi è stata salvata in Italia dopo l’unità dai cattolici. Funzione materiale democratica, se non ideologica, ha avuto il cattolicesimo nella Vandea. Ripetuta coi massisti in Calabria, che erano sanfedisti, per Dio e il re, ma erano eserciti a massa, di volontari veri, il popolo.
Si può preferire di vivere tra i nemici che nell’indifferenza, tanto la solitudine è desolante. Ma il potere, senza leggi e buone azioni, è tirannide. Il problema non è la politica, a quella ci pensano Arendt e Hobbes. Benché la filosofia soprattutto vi inciampi, Aristotele incluso, per non dire di Platone, che vi balbetta. L’incognita è il potere, che la politica non sa risolvere. E questo Nietzsche lo spiega. L’uomo è apolitico anche se compattato nell’umanità. La quale è tutto e quindi è niente. O è perversione, in quanto fonda la storia, la necessità storica che invece è gratuita. Ora il superuomo Nietzsche Gramsci e Eco dicono roba d’appendice, di romanzo popolare a puntate. Ma Bismarck era un Räuber per il giudice supremo Ernst Ludwig von Gerlach, fondatore del partito conservatore prussiano, un predone. Hans Frank, che comandava i lager, è il Re tedesco di Polonia in Kaputt, il viaggio nella guerra di Malaparte. Un re cattolico della cattolica Polonia, con austriaci pii per cortigiani, che il Rinascimento voleva impiantare a Cracovia, la sua capitale. Aveva per questo studiato a Roma e meditato a Firenze e Venezia, parlava un italiano perfetto, “con un lieve accento romano discesogli da Goethe e da Gregorovius”, suonava “divinamente” il piano, Schumann, Brahms, e Chopin che lo inteneriva.
 
Scienza – “La fede nella scienza è una contraddizione in termini”, E. Jünger, “Linguaggio e anatomia” (in “Il contemplatore solitario”). “Ma è fondata sulla natura umana”, continua Jünger.
E aggiunge: “È alla base dell’intolleranza della scienza”.
 
Sinossi – È metodologia di ricerca oggi in disuso. Curiosamente assente in particolare, e in maggiore misura, nella scienza, alla quale dovrebbe invece essere consustanziale, la veduta d’insieme. La scienza contemporanea si caratterizza anzi proprio per l’assenza di capacità o intenzioni sintetiche. Pregiando la specializzazione, l’atomizzazione.
Nella storiografia in particolare ciò è evidente. Nel discredito sopravvenuto “scientificamente” per le opere di sintesi totalizzanti, come Spengler, “Il tramonto dell’Occidente”, o le opere già classiche di Jakob Burckhardt che facevano testo sul “classico”, “La storia della civiltà greca”, “La civiltà del Rinascimento in Italia”.  

zeulig@antiit.eu

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