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Sotto la pelle due vecchi, sudore e chiacchiere
Un re s’innamora
della voce di una donna, una vecchietta che vive rinchiusa in una catapecchia,
con una sorella ancora più vecchia, e alle sue insistenze gli dà da vedere, attraverso
il buco della serratura, il dito mignolo. Tanto basta per eccitare il re. Segue
amplesso al buio, e quindi la scoperta: il re butta la vecchietta fuori dalla
finestra. La vecchia non muore, protetta da un albero, ai cui resta impigliata.
Finché una fatina di passaggio non la trasforma in procace giovinetta, e il re
può coronare il suo sogno d’amore. Un favolello, per ridere.
Un racconto del
decameron napoletano di Giambattista Basile, “Lo cunto di li cunti”. L’adattamento
di Dante non fa ridere. Le due vecchiette
litigano tutto il tempo, impersonate da due maschi nerboruti in abiti femminili
– che a turno impersonano anche il re. Finché il-la più giovane, novantenne, non
chiede all’altro-a di scorticarlo-a, per fare uscire dalla pelle vecchia la pelle
nuova.
Al pubblico non resta
che chiedersi pensieroso il senso dell’oretta scarsa di spettacolo. Il senso è caratteristico
di Emma Dante, la provocazione. In scena vuole “il maledetto vizio delle femmine
di apparire belle”.
Senza scene. Con qualche canzone napoletana a interrompere la monotonia. Salvatore D’Onofrio e Carmine Mantingola ci
mettono molto estro, e sudore, nel battibecco, ma per lo più sono costretti a
ciucciarsi il mignolo - una storia binaria, a valere anche per i gay?
Emma Dante, La scortecata, Teatro
Vascello, Roma
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