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giovedì 19 dicembre 2024

Babbo Natale, per resuscitarci

“Il reverendo anglicano Paul Chamberlain”, nomen omen?, “della diocesi di Portsmouth, si è presentato in una quinta elementare di Klee-on-the-Solent, nello Hampshire, e ha spiegato ai bambini che ormai erano abbastanza grandi da sapere la verità: Babbo Natale non esiste, l’unico vero eroe del Natale è Gesù Bambino”. È notizia di oggi, proprio mentre si ricorda una analoga di settanta e passa anni – si ricorda per la ripublicazione di questo saggio di Lévi Strauss.
Una storia che finisce oggi come allora: “I genitori hanno protestato con la scuola, che ha protestato con la diocesi, che ha costretto lo sventurato reverend a fare ammenda”. Nel 1951 un parroco di Digione, in Francia, processò Babbo Natale, lo condanno, convocò tutti i bambini e ragazzi della parrocchia, alcune centinaia, e lo bruciò nella forma di un pupazzo. Un autodafé, nel 1951? Ma più serioso che buffonesco. Che fece la prima pagina dei giornali, e creò anche qualche risentimento nella Francia “repubblicana”, cioè laica e negli stessi cattolici: il sindaco e deputato di Digione era un prete, il canonico Kir, che si tenne ostinatamente fuori dalle polemiche.   
Lévi-Strauss si chiese come mai il bonario Babbo Natale potesse suscitare così arcigni sentimenti e risentimenti, e ci trovò alcune più che valide ragioni. Questa riflessione proponendo, breve ma succosa (su “Les Temps Modernes”, la rivista di Sartre), non tanto per “giustificare le ragioni per le quali Babbo Natale piace ai bambini, ma piuttosto quelle che hanno portato gli adulti a inventarlo”.
Una prima conclusione è che si tratta di “un codice differenziale che distingue i bambini dagli adolescenti e gli adulti”. Uno dei tanti “riti di passaggio e di iniziazione”, che hanno la funzione pratica di aiutare “gli adulti a mantener I loro discendenti nell’ordine e nell’obbedienza”. Uno di questi riti, che somiglia “in modo sorprendente a quello che stiamo esaminando”, L.S. lo trovava presso i katchina, “indiani del sud-ovest degli Stati Uniti”. Che innovavano rispetto alla tradizione: i loro antenati non torna(va)no per punire o ricompensare i bambini, come le vecchie figure dell’Orco o del Castigamatti, ma in figura benevola, in quanto dispensatori di doni.
Segue una veloce rivisitazione dei riti analoghi nel passato, fino a quello fondativo, i Saturnali romani. Che L.-S. trova analoghi in tutto e per tutto, perfino le date. Ripresi nel Medioevo con le caratteristiche di oggi: “La distinzione tra classi e censo è temporaneamente abolita”, ma allo stesso tempo “il gruppo sociale si scinde in due: la gioventù si costituisce in modo autonomo ed elegge il proprio sovrano”. E si costituivano “bande di bambini” – che poi saranno passate in Halloween -  che “vanno di casa in casa cantando e porgendo gli auguri, ricevendo in cambio frutta e dolci” – detti in Francia guisarts (in Calabria, si può aggiungere, “sàmburi”).
E dunque Natale. Che si comincia ad attendere già a settembre – ma non usa(va) dire: agosto, capo d’inverno? “Credere in una generosità senza limiti, in un altruismo senza secondi fini; in un breve intervallo durante il quale è sospesa ogni paura, ogni invidia, ogni rancore”. Natale diventa una sorta di preghiera, di scongiuro, che ogni anno “indirizziamo ai bambini - incarnazione tradizionale dei morti – perché acconsentano, credendo in Babbo Natale, ad aiutarci a credere nella vita”.
Una riedizione della prima traduzione trent’anni fa, con un ampio saggio di presentazione (e interpretazione) di Antonino Buttitta, che l’aveva voluta, “Ritorno dei morti e rifondazione della vita”. E una nuova introduzione di Gianfranco Marrone,
Claude Lévi-Strauss, Babbo Natale giustiziato
, Sellerio, pp. 108 € 13

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