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Giallo disamore
Una storia
(in)amorevole, più che un giallo. Di amori quali usano, violenti: stupri, femminicidi.
Anche quando sono distratti, delle belle di mestiere. Una storia, in filigrana, di uomini senza donne - inaccessibili ora come forse lo erano prima, ma in forma dichiarata. “Il buio su un piatto d’argento”
è il sottotitolo.
Una storia di (dis)amori intervallati dalla poesia. Dal mistero della poesia, della parola. Quale si
può cogitare a Roma, al cimitero degli Inglesi, in pace idilliaca in pieno cafarnao.
Luogo d’elezione del quartiere Ostiense.
Una storia di quartiere.
Patrizia Licata se ne può dire ormai specialista, dei quartieri di Roma, geografia
e anime - il quartiere come il paese, il villaggio, ha un’anima, seppure
compressa. Ha già raccontato il Nomentano e Trieste (“Un caso irrisolto”) e Montesacro
(“La donna nella vasca”). Qui racconta Ostiense, tra Piramide, Porta San Paolo,
Gazometro e l’ex Porto fluviale, col ponte pedonale verso l’altra riva del
Tevere. Un quartiere notturno, di movida.
Tre poliziotti indagano,
un detective, un ispettore e un commissario, sulle violenze che si succedono,
contro donne trenta-quarantenni. Figure materne, seppure giovanili? Ma vanno senza
indizi, a naso. E anche loro, più che altro, ragionano, o non ragionano,
delle strane forme di rapporti amorosi che hanno intrattenuto e intrattengono.
Un giallo degli amori.
Con un ricordo e
un medaglione di Jacqueline Risset, francesista alla Sapienza e poeta, “bellissima,
gentile, sensibile, piena di talento”. Che “la poesia è ritmo, diceva”. Un cameo
unico nella letteratura italiana, anche se Risset ne fu in larghi segmenti generosa
protagonista.
Patriza Licata, Le
due facce, Laurum, pp. 200 € 16
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