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martedì 10 dicembre 2024

Il jihadismo al potere in Siria, e i nostri cinque problemi

Colpo di Stato vecchio stile in Siria, con poco o punto spargimento di sangue - una “transizione” tutto sommato pacifica, per gli standard della regione. Di cui c’è da fidarsi, in quanto Occidente, perché azionato dalla Cia, con l’islam sunnita dominante nella regione: la Turchia di Erdogan per l’organizzazione e l’armamento, i regnanti della penisola arabica per il finanziamento. Seppure sotto l’ombrello dei precedenti infausti di collaborazione dell’“Occidente” col jihadismo, con Osama ben Laden e con i Talebani.  
Il regime degli Assad era di minoranza, della ristretta confessione alauita nell’ambito dell’islam sciita. Su una popolazione al 90 per cento, o al 95, sunnita. Per questo aspetto, quindi, una transizione democratica. Che però conferma un dubbio, e apre nuovi fronti.
Il dubbio confermato è che il jihadismo, che tanti lutti ha provocato negli Stati Uniti e in Europa, e nel Medio Oriente in Siria e in Iraq, è sunnita, nella versione salafita. Il cui obiettivo primario, da custodi della sharia, avrebbero dovuto essere invece i riccastri regnanti della penisola arabica, che offendono tutte le leggi dell’islam, compresa la morigeratezza, e invece ne sono stati singolarmente immuni. Non una bombetta. Nemmeno un tweet. Molte disponibilità, invece, per la formazione dei combattenti di Allah, e per le famiglie orfane dei kamikaze. E molta propaganda dalle emittenti peninsulari, altrimenti rette da rigidissime censure. Il capo degli insorti e nuovo padre della patria siriana, Ahmed Sharaa, già “Abu Muhmmad Julani”, era un capo jihadista su cui pende(va) una taglia degli Stati Uniti (dopo che era stato graziato nel 2011 da Bashar Assad….).
Sul jihadismo, insomma, molto ancora è da dire. Compresa la strana vicenda di Paolo Dall’Oglio, il gesuita che Assad aveva espulso perché critico del regime, ma l’Is ha poi rapito, senza più darne notizia – il rapimento è del 2011.
“Joulani” ora si è pentito e ha collaborato gli Stati Uniti. Questo si può comprendere. Ma con lui al potere altri cinque fronti si aprono in Siria. Il primo è con Israele. Netanyahu si prende il merito del rivolgimento in Siria per avere indebolito o annientato Hezbollah in Libano – come se Assad si reggesse sul Libano. Ma dice anche che il Golan, la zona montuosa di confine, è israeliano e mai più sarà siriano. Ma Sharaa aveva preso il nome di battaglia di Joulani per dire uno del (nella pronuncia angloamericana) Golan. Un irredentista?
Juilani era un combattente, più che antioccidentale, antisciita. Ora che farà della minoranza alauita-sciita della Siria?
E dei cristiani? Ci sono in Siria probabilmente più cristiani che sciiti. È il paese di prima diffusione, se non nascita, del cristianesimo – ha fornito una mezza dozzina dei primi papi, fino a Gregorio III nel 731(l’ultimo papa non europeo, prima dell’attuale). Nella popolazione araba si contano oggi greco-ortodossi di Antiochia, greco-cattolici melchiti, ortodossi siriaci, maroniti, caldei, e vari gruppi protestanti. Più gli armeni, a loro volta divisi in due chiese, e gli assiri residui.
Ma, soprattutto, resteranno da regolare i rapporti con la minoranza curda, e con la Russia. Si dice che la cacciata di Assad significa la liquidazione della presenza russa nel Mediterraneo. Ma questo è dubbio. Mosca resisterà a eventuali chiusure delle sue due basi in Siria, Tartus (navale) e Khmeimim (aerea). Forte della strategia di Erdogan, del piede in due staffe, in questo caso promotore del rovesciamento di Assad, ma non contro la Russia.
Più complessa la vicenda curda. Obiettivo primario di Erdogan è stroncare la minoranza curda in Turchia. Non può procedere perché i curdi in Turchia sono molti e determinati – e perché l’America non ne consentirebbe il massacro. Ma la Siria al confine con la Turchia è anch’essa curda.
Si parla del Medio Oriente come di Stati con una storia e una consistenza. Mentre sono un coacervo di etnie, religioni, stratificazioni storiche, e di influenze esterne - il nome e la qualità di nazione sono recenti, coloniali.

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