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La forza della violenza
Un drammone al
quadrato, questa ripresa in chiave inaugurale della stagione. Al destino
infame, che colpisce amori puri e famiglie tranquille e affezionate, sommandosi
le crudeltà belliche. Con le masse al centro, bellicose (ma più che altro
caciarone) e pacifiste, secondo l’idea del regista Muscato – difficile fare pacifica
la violenza.
Alla tv, per la
quale questa prima in mondovisione è stata disegnata, è una messinscena affollata,
e anche informe, faticosa – non porta al pacifismo. Il canto invece funziona. I
due cognati mancati che si fanno la caccia a morte, Ludovic Tézier e Brian
Jagde, sono perfino verosimili, giganteschi ma naturali. Su tutti svetta Netrebko,
la trickstar di tutte le tragedie, da una sorta di parricidio a una
sorta di fratricidio, sebbene non colpevole e anzi immacolata - vuole solo sposare colui che ama: dimagrita,
perfino rimpicciolita di statura, ma dalla voce fermissima.
Una curiosità è
che i migliori “in scena”, nel ruolo e nell’economia della regia, sono tre interpreti
russi: Netrebko, Vinogradov il padre guardiano, e Preziosilla Vasilisa Berzhanskaya.
Che il canto sorreggono con una dizione da attori perfettamente nel ruolo. Curiosa
circostanza ora che abbiamo espulso la Russia dall’Europa - proprio la Russia
che più di ogni altro paese ci ha tenuto per secoli a dirsi europeo (ha provato
pure a fare l’opera, la stessa “Foza del destino” fu commissionata da San
Pietroburgo, nel 1862).
Non è la sola curiosità. È curioso
che Verdi sia specialmente ispirato là dove si toccano temi sacri. “La Vergine degli
angeli” non solo, ma tutto ciò che riguarda il convento, e la stessa etica familiare
ricondotta alla santità, lo commuove.
Giuseppe Verdi, La
forza del destino, Teatro alla Scala, Rai 1, Raiplay
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