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domenica 29 dicembre 2024

Puccini regista all’opera

Partendo dalla fine della casa Ricordi, acquisita nel 1994 da Bertelsmann giusto per i (residui) ricavi da diritti d’autore, l’eminente musicologo americano, specialista dell’opera italiana, parte dalla constatazione che il nuovo editore ha “quasi del tutto bloccato la pubblicazione della musica contemporanea”. Mentre Giulio Ricordi, pur non sottovalutando gli “interessi comerciali”, “fu capace di addossarsi i fallimenti e i successi parziali del giovane Giacomo Puccini negli anni 1880 perché credeva nel compositore”. E di fiducia “il giovane Piccini aveva molto bisogno”.
La seconda osservazione nasce da una scoperta. Cinquant’anni fa, venendo a spirare i diritti d’autore delle tre opere pucciniane più eseguite, “Bohème”, “Tosca” e “Madame Butterfly”, la casa Ricordi aveva provato a rientrare nell’affare con le edizioni critiche. E Gossett fu richiesto di rieditare “Madame Butterfly”. Scoprì nell’occasione che il modo di comporre l’opera era radicalmente cambiato con Puccini: “«Madame Butterfly»… va vista come il prodotto di una varietà di collaboratori. Diversamente dalle opere italiane da Rossini fino all’Aida di Verdi (1971), per le quali il manoscritto nella calligrafia del compositore rimane la nostra fonte migliore”, l’elaborazione dell’opera pucciniana è composita: sotto “la supervisione di Puccini, redattori, librettisti, maestri e altri collaboratori contribuirono a portare il lavoro in stampa”. Gossett non lo dice, ma spiega che la creazione di un’opera era come oggi fare un film, con un regista e molti tecnici.
Una serie ghiotta di osservazione di questo metodo composito di composizione segue, di Gossett e dei tre scrittori che recensisce, Michele Girardi, Julian Budden e Mary Jane Phillips-Matz.
Per il Centenario la rivista ripropone un saggio di vent’anni fa, in forma di recensione delle prime biografie “critiche” di Puccini.
Philip Gossett, The Case for Puccini
, “New York Review of Books”, free online

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