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venerdì 20 dicembre 2024

Se il processo è una condanna

Il processo “Open”, a Matteo Renzi e al Pd fiorentino, il “cerchio magico”, quello che aveva conquistato il partito attraverso la “Leopolda” (un adattamento dell’idea di Prodi che per l’Ulivo preparava le campagne elettorali facendo confluire ad appositi tavoli a Bologna chiunque avesse idee da proporre), si conclude prima di cominciare, il giudice dell’udienza preliminare avendo bocciato l’accusa. Ma dopo nove anni. Il tempo di azzoppare Renzi – e anche il Pd. Con un processo che non doveva cominciare.
Nove anni per un giudizio “preliminare” sembrano troppi. Ma nessuno scandalo. Soprattutto non nell’ambiente giudiziario. Il giudice che aveva montato l’accusa, Luca Turco, uno specialista di processi a Renzi e famiglia, serafico ha assistito alla bocciatura, ed è andato in pensione. In buona salute, si suppone: lavorare nove anni a un non-processo dev’essere stata una fatica dilettevole (Turco aveva cominciato la carriera come giudice, poi ha scelto la meno pregiata carriera di Procuratore, evidentemente di maggiore soddisfazione - a parte il fatto di poter non lavorare, basta puntare un personaggio).
Anche in America la giustizia è politica. Le Procure inondano i media di materiali sempre sensazionali e a cascata, per rendere la difesa faticosa e comunque tardiva. I Procuratori sono politici - eletti o nominati politicamente. Ma si va veloci. E i giudici sono sanzionabili. Dagli elettori (dai partiti di appartenenza) e da chi li ha nominati. In Georgia la procuratrice Fani Willis, che col fidanzato montava un processo contro Trump per l’assalto al Congresso del 6 gennaio 2020, e per sottrazione di documenti segreti, è stata rimnossa dal procedimento. Da una corte d’Appello, del suo stesso partito, Democratico.

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