sabato 13 gennaio 2024
Ritorno allo Stato
Dopo l’ex Sip-Stet, ora Tim, l’ex Italsider – quello che ne resta: Taranto. Si rinazionalizza ciò che era stato privatizzato venticinque anni fa - da Draghi – trionfalmente. Non per una migliore gestione ma per l’ideologia del “mercato”. Come se l’acciaio pubblico non si vendesse, con un utile. Si rinazionalizza, non “si salva”: si rimette in moto un’impresa che funziona, se gestita bene. Senza una nota critica, una sola, alle privatizzazioni di programma e al mercato.
Gadda e Montale fascisti, naturalmente
Lo storico di maggiore esperienza, con Emilio Gentile,
del fascismo dedica la sua curiosità da “emerito” degli studi accademici alla
parabola fascista di due dei maggiori autori del Novecento. Entrambi fascisti
anche entusiasti, nella Grande Guerra, che combatterono, e dopo. Poi perplessi.
Montale anzi presto contrario, poco dopo la “marcia su Roma” - apprezzata,
seppure col ligure riserbo, con uno “speriamo nel futuro”: non prese la
tessera, pubblicò con Gobetti, subito poi vittima del fascismo, delle
bastonate, e firmò il manifesto Croce degli intellettuali contro il nascente
regime. Senza militare nell’antifascismo, anzi con qualche condiscendenza, dato
che ebbe per dieci anni la direzione del gabinetto Vieusseux a Firenze, un
incarico politico. Protetto a Firenze dalla famiglia Pavolini, di caratura e
peso nel regime. Per questo forse, oltre che per il carattere schivo, poco propenso
dopo la guerra a proclamazioni. Nel 1938, quando si sente in disgrazia (lui o i
sui protettori Pavolini?), scrive a Mussolini. Prova a iscriversi al partito. E
avvia un progetto di trasferimento in America, che a lungo ha vagheggiato nelle
forme d Irma Brandeis, l’talianista di New York che era stata per un lustrio il
suo grande amore (la Clizia delle “Occasioni” e “La bufera”) – in contemporanea
con Drusilla Tanzi, che poi sposerà - chiedendo aiuto fra tutti a Prezzolini,
allora molto vicino al regime.
Gadda fu invece fascista convinto e a lungo, anche se
poi dirà il suo fascismo “una ragazzata”. In tema è famoso il tardo pamphlet “Eros e Priapo”, che satireggia
Mussolini – “Somaro principe, Giuda imbobettato”, eccetera. Ma sul suo
filofascismo non ci sono dubbi. E non solo per motive “alimentari” – per l’“omerica
mendicità” che rabelaisiano sempre lamenta. Lo fa anche convintamente. Zunino
dice bizzarramente. Il suo primo romanzo”, nota, “La meccanica”, avviato nel
1928, ha per protagonista un socialista – ma
sarà pubblicato solo nel 1970, per “tenere botta” in libreria dopo il
successo del “Pasticciaccio” (e rivisto, come?). In uno scritto che Zunino dice
“privato” parla di tempi “profondamente corrotti”. Ma di entrambi, poi, Gadda e
Montale, lo storico documenta l’adesione, se non l’entusiasmo, al progetto di
impero, alla guerra d’Abissinia. Dubbi e paure verranno con l’Asse.
Zunino tratteggia di entrambi passioni, vincoli e
vicende con una bibliografia vastissima, e col riscontro dei tanti epistolari
che di Gadda e Montale si sono venuti pubblicando, nonché con le loro opere.Più succose sono le note biografiche negli anni del fascismo,
più delle adesioni\riserve politiche dei due impolitici. Di Gadda ingenere sperduto
in Argentina. O a Roma. E più di tutto di Montale con la musa maggiore, Irma
Brandeis: il lungo capitolo della vicenda è quello che si legge con più
interesse, specie per quanto riguarda Irma, che non è affatto muta o evanescente.
Per Montale e Gadda, come per tanti altri scrittori,
il regime, va aggiunto, fu anche provvido per la sussistenza. Gabriele Turi e Massimo Raffaeli
hanno documentato, dagli archivi dell’Accademia d’Italia, che entrambi chiesero e
ricevettero sussidi ancora durante la guerra.
L’Asse fu un discrimine sicuramente per Montale. Non
altrettanto però, va aggiunto di nuovo, fu per Gadda.
Del fascismo di Gadda, è utile ricordare, sono
assertori radicali, quasi violenti, ma documentati, i suoi specialisti
britannici, dell’“Edinburgh Journal of Gadda Studies” - da ultimo Peter Hainsworth
e Robert S. Dombroski. Che molto ironizzano sull’intervista a Dacia Maraini nel
1968, il testo di fondazione dell’antifascismo di Gadda – forse non
opportunista, lo scrittore non si analizzava (non faceva “autocoscienza”), ma
del tutto inventato. E molto si basano sull’analisi delle opere, sia narrative (fino
alla “Cognizione del dolore”) che giornalistiche o saggistiche, anche tarde,
del 1942, del 1943, non del tutto “alimentari” e innecessariamente “allineate”,
nelle tematiche e nei “valori”. Se non che è impossibile che Gadda credesse in qualcuno o qualcosa, in politica più che in ogni altra cosa. E che bisognerebbe - bisognerà un giorno - prospettarsi come non si era fascisti sotto il fascismo, e nemmeno antifascisti.
Di Gadda si può aggiungere che è immerso, da reduce,
nell’ideologia irredentistica del primo Novecento, della Grande Proletaria. E
dei pregiudizi dell’epoca. Scorrendo i progetti di romanzo pubblicati col titolo
“Un fulmine suil 220”, frammenti del 1933-34, si leggono anche nozioni
antiebraiche: “Fuggiti i topi, come ebrei di Germania”, a
p.204. O prima, p.109, al cap. Terzo del II progetto, di Strawinski, “l’ebreo
russo dal nome polacco, approdato nella villa di Sguizzera”. Senza essere antisemita - questo come ogni altro pregiudizio.
Pier Giorgio Zunino, Gadda, Montale e il fascismo, Laterza, pp. 408 € 28
venerdì 12 gennaio 2024
Secondi pensieri - 533
zeulig
Amicizia –
Ritorna prepotente (grandi audience,
grandi incassi) ìn tv (“L’amica geniale”, “Un professore”) e al cinema (casi innumerevoli, da
ultimo “Enea” di Pietro Castellitto). È femminile, oltre che maschile, come da
tradizione e mito, e questa è una novità. E fa aggio sull’omosessualità – la pulsione
sessuale arretra di fronte all’amicizia. Manca quella maschile e femminile, tra
maschi e femmine, che è poi la più duratura, nella pratica comune più che in
quella letteraria, nella contemporaneità come nella classicità.
Democrazia – Fa
malinconia “Il futuro della democrazia”, la compilazione di saggi che Bobbio è
venuto ripubblicando (aggiornando) per vent’anni. Come una corsa a ostacoli su
distanza indefinita. Su un pista a una corsia, non accettandosene – contemplandosene
– altre.
Democrazia,
basta il nome, si direbbe come di una nota pubblicità. Che lo studioso Bobbio
pensoso però non accetta, concludendo la sua ricerca già cinquantennale, nel
1991, con l’elenco delle (tante) novità in materia di democrazia degli ultimi pochi
anni: democrazia e socialismo (C. B. Macpherson, Frank Cunningham), democrazia
e corporativismo (corporate state,
Ph. C. Schmitter), democrazia e tecnocrazia (Robert Dahl), democrazia e capitalismo
(S. Bowles-H. Gintis), leadership e democrazia (Luciano Cavalli), e la
riscrittura del lavoro seminale di Sartori, “Democrazia e definizioni”, 1957,
in “The Theory of Democracy Revisited”. In
aggiunta a quelle che lui stesso è venuto via via analizzando nella sua raccolta:
“Democrazia rappresentativa e democrazia diretta”, “La democrazia e il potere invisibile”,
“Contratto e contrattualismo”, “Democrazia e sistema internazionale”, “Governo
degli uomini o governo delle leggi”, “I vincoli della democrazia”. E mancano
democrazia e ideologia, specie quella variamente rivoluzionaria, apocalittica,
risolutiva della storia, la sciarada che ha dominato un secolo di storia, di storia
universale, comprese dell’Africa, l’America Latina e la Papuasia, e delle religioni,
israelitica, islamica, cristiana, buddista.
Un
concetto al più rinforzato col liberalismo – da non molti peraltro, se non dal
solo Bobbio (già Sartori è in dubbio). Mentre il metro è il buongoverno – tutto
ciò che si sottintende con “democrazia”: l’auctoritas
(il potere politico) indirizzata al buongoverno, due categorie medievali
(ma la Auctoritas ha resuscitato un
secolo fa con succeso in ambito anglosassone Alessandro Passerin d’Entrèves). E
come definire il buongoverno? Solo dai risultati. Ce ne sono stati di
tirannici, oligarchici (i principati), assembleari (comitato dei dieci, degli
otto, delle arti e mestieri….), e anche democratici.
Il
governo migliore della Germania Federale sarà stato quello esercitato dal
leader politico più esecrato, anche se semrpe attivo in ambito (cristiano)democratico,
Franz Josef Strauss, che dello stato più
povero a erretrato, la Baviera, ne ha fatto il più ricco, e lo ha proiettato in
anteprima nell’economia verde – disinquinamento delle acque (fiumi e laghi, di
cui la Baviera abbonda), controllo degli scarichi, controllo dei concimi e pesticidi, cura dei boschi, controllo degli incendi.
In
Italia tutto quello che la Repubblica ha realizzato, quasi tutto, è dovuto al primo centro-sinistra, Dc-Psi, e a un uomo politico, anche lui largamente avversato
dall’opinone pubbica, Amintore Fanfani. Si devono a Fanfani la riforma agraria, il piano
casa, la liberazione delle campagne dalla mezzadria, i piani verdi, che
finanziano l’agricoltura con risultati ottimi, i rimboschimenti, le autostrade, la
Rai, gli Enti economici (Eni, Enel), l’edilizia popolare, la scuola media
unificata, superba istituzione, con i libri e la mensa gratis, e il doposcuola,
gli edifici scolastici, di cui metà degli ottomila Comuni d’Italia non
disponeva, si andava a scuola dove capitava, il centrosinistra, il
centrodestra, il quoziente minimo d’intelligenza per i diplomatici, che ne
erano privi, la moratoria nucleare, la nazionalizzazione dell’elettricità,
seppure a caro prezzo, le regioni, idem, la direttissima Roma-Firenze, col treno veloce, il referendum popolare, gli
opposti estremismi, infine l’austerità, nel 1974 - e i dossier, di cui montò il primo, lo scandalo Montesi,
contro il venerabile Piccioni.
Il primo centro-sinistra promosse e realizzò le parità
professionali (l’apertura alle donne di tutte le attività pubbliche, magistratura,
forze armate, polizie), i primi interventi in materia di aborto, la Rai liberata
di Fo, Biagi,
Gaber, l’assegno sociale, il nuovo diritto di famiglia, compreso il divorzio, del lavoro, dell’urbanistica,
coi limiti alla cementificazione delle periferie e delle coste e la creazione
dei parchi azionali, e il sistema sanitario nazionale.
Filosofia - Ritorna (viene, va) col tempo, atmosferico?
“Ha notato come il sole odia il pensiero?”, chiedeva affermando Oscar Wilde a passeggio
per Algeri ad André Gide, esule volontario dopo la condanna e il cercere - due
amici “innominabili” allora al primo incontro. “Lo costringe a indetreggiare”,
spiegava: “Sempre scoraggia il pensiero, che vola nell’ombra. Il pensiero un
tempo abitava in Egitto; il sole conquistò l’Egitto. Visse a lungo in Grecia;
il sole conquistò la Grecia, poi l’Italia, poi la Francia. Oggi ogni pensiero è
spinto lontano, nella Norvegia, nella Russia, dove il sole non arriva. Lo
costringe sempre a indietreggiare”.
La
riflessione è lenta, aveva premesso Wilde: “L’anima viene in età dentro il
corpo, che deve invecchiare per darle giovinezza. Platone era la gioventù di Socrate”
Imperialismo - È anche a perdere, economicamente e talvolta
anche militarmente. Nelle forme del colonialismo otto-novecentesco, e in quelle
delle “guerre giuste” o “guerre di liberazione” post-1945, in Vietnam, Afghanistan,
Iraq, Siria, Libia, sicuramente. Un paese
a ruolo politico e peso economico modesti come l’Italia, ha speso in Iraq ventidue
miliardi solo per la presenza, e in Libia 4 miliardi con nessun beneficio – in Libia,
anzi, col sacrificio di posizioni acquisite di notevole vantaggio da quasi mezzo
secolo, dalla “rivoluzione” gheddafiana del 1969.
Nietzsche – Non
sorprese Gide quando lo lesse perché aveva già incontrato Oscar Wilde, che
passeggiando per Algeri, dopo la condanna e la prigione, si esprimeva con enfasi. Nel tardo testo “In
Memoriam”, confluito in una celebrazione postuma, amichevole, di Wilde, Gide
annota: “Nietzsche non mi sorprese molto, più tardi, perché avevo sentito Wilde
dire: “Niente felicità, o nient’altro che felicità! Ma piacere sì; piacere, gioia!
Bisogna volere sempre quello che è più tragico!”.
Rivoluzioni – Al
plurale, uscendo dall’astratto (intenzioni, vocazioni, fianalità), le
rivoluzioni sono totalitarie, e imperialiste – sono sempre state imperialiste.
A partire dalla Magna Charta, l’inizio o la base del liberalismo - della
limitazione del potere, della protezione dell’individuo di fronte al potere. Sotto
le vesti di missione civilizzatrice, alla base delle razzie e del colonialismo.
Una missione evocata ancora vent’anni fa, nell’invasione dell’Iraq, e poi nella “liberazione” della
Libia - sempre da parte degli Stati Uniti, la prima, più duratura e più potente
nazione democratica, con i soliti “volenterosi” di contorno.
Storia - “What’s
past is prologue”, Shakespeare, “La tempesta”.
Il passato è prologo.
Ma
è fatta di imperi – anche le rivoluzioni, sono imperialisti
zeulig@antiit.eu
L’orgasmo femminile - il ritorno
Eroica persistenza del
primissimo femminismo, non ancora dei diritti e delle quote rosa. Quello del
piacere femminile, dell’orgasmo o eiaculazione femminile, del punto G e dello squirting. Che Gigliotti (“nasco a Modena ma sono di origine
calabrese, vivo e lavro a Roma, mi occupo di yoga ratna, tantra, sessuologia e
letteratura, di studi sul corpo, squirting
e piacere femminile”), animatrice dei Laboratori sull’Acqua Sacra, propone in
saggio, dopo averne fatto spettacolo a teatro. Stimolata dalla pièce di Eve Ensler, “I monologhi della
vagina”, e dal documentario “”The sacred water” di Olivier Jourdain - qui
intervistato, in inglese.
Una lettura fortuita, ma a un secolo esatto dal saggio di Marie Bonaparte che sanciva il pari diritto femminile al piacere sessuale. L’inizio di un discorso. Che
Gigliotti ha poi ampliato in “Squirting. Un discorso sull’acqua”. Una serie di
impressioni e riflessioni, in forma di verso o illuminazione. Che la stessa
Gigliotti ha ripreso in un lungo articolo su “Dagospia”, qui riproposto. Con un
saggio di Stefania Di Sante, endocrinologa dell’università dell’Aquila.
Maura Gigliotti, Lo schizzo, la mongolfiera, pp. 65 € 10
giovedì 11 gennaio 2024
Appalti, fisco, abusi (237)
Il
Comune di Roma ha dovuto procedere a un appalto, il cui costo non comunica, per
“lo sfalcio del verde infestante e delle piante”, e per “la rimozione dei materiali
abbandonati”, sulle piste ciclabili, 70
km di piste. Sulle quali non si vede nessuno a nessun’ora del giorno – qualche,
raro, runner all’alba. Si sono fatte le
piste ciclicabili per lucrare sugli appalti, specialmente con la sindaca Raggi.
Il Comune di Roma ha inventato
anche la “multa volante”: pattuglie mobili di vigili che non contestano l’infrazione
né si fermano a redigere il preavviso di accertamento infrazione, per poi
gravare l’ammenda delle notevoli “spese procedurali e di notifica”.
Con i vigili, specie con
le vigilesse, il denaro non ha valore – la rottura di un incantesimo che in
altra situazione sarebbe anche grata: se possono fare tre multe in una, sosta
vietata, sul marciapiede, in prossimità d’incrocio, le fanno.
Primaria assicurazione simula
incidenti a carico di propri assicurati a vantaggio di altri assicurati propri –
meglio di società sussidiarie. E poi abbuona le classi di (de)merito, che
invece si moltiplicano nell’albo nazionale. È semplice: rende così impossibile
il cambio di società assicuratrice.
Vani i ricorsi all’Ivass,
l’autorità di vigilanza sulle assicurazioni: all’Ivass le assicurazioni hanno
sempre ragione, anche di far avvenire incidenti che non sono avvenuti.
Sdegno
contro Ferragni, l’influencer. Che sicuramene non è in malafede (non si approfitta
della carità agli ammalati) ma una superficiale. Come tutte le (belle) ragazze diventate
milionarie perché fanno vendere – mettono a guadagno la mania del cellulare –
senza che né le arcigne Entrate, che fanno pagare anche l’aria che respiriamo, né
qualche parlamentare, né nessuna delle Autorità che vigilano sul mercato intervenisse.
Prima della denuncia del Codacons che l’Autorità Antitrust, unica fra le tante,
ha indagato. Senza, saremmo ancora con Ferragni santa a Sanremo.
Non
ci voleva molto a scoprire questo incredibile mercato parallelo della
pubblicità. Così diffuso, così celebrato.
L’irredimibile Orlando
Il prode Orlando, ultimo sopravvissuto del Pci nella politica,
si direbbe un reduce irreducibile. Dice no a tutto nel partito – il Pd. Niente
abolizione del delitto di abuso d’ufficio, nel nome della questione morale. E
niente armi all’Ucraina, nel nome della pace.
Olando è onesto, come si suole dire degli ex Pci. Nel senso
che non ruba. E non capisce – ripete i mantra di un Comitato Centrale che non
c’è più, da mezzo secolo o quasi (Berlinguer l’aveva soppiantato, uomo forte). È sempre l’uomo del partito impegnato per la “pace” – manifestazioni
“oceaniche”, dietro l’Armata Rossa. E del partito della questione morale –
sostenuta con i dollari, l’oro e le pelli di Mosca.
Orlando, che pure molto è stato impiegato come ministro, da una
dozzina d’anni circa, è sempre giovanissimo. Forse sarebbe l’ora anche per lui di
andare a scuola.
Il calcio de noantri
Instancabile Mourinho, quando perde attacca l’arbitro – avrà accumulato
squalifiche fino a fine campionato e al prossimo. Ma non è un nevrotico, fa
teatro. A sue spese. Per tenere su la baracca. La sua squadra, attualmente la
Roma. Un club a proprietà assente. Senza dirigenza sportiva (dimissionaria). Con
mezza squadra sempre in infermeria. E
l’altra metà avventizia, per prestiti e riscatti. Una squadra zoppa, per così
dire, che una volta vince e una perde, a caso. E ciononstante riempie lo stadio,
che è il più grande d’Italia, sempre, per ogni partita, anche la più
scalcia. Che tributa comunque ai rari campioni di passaggio, Dybala, Lukaku, e
naturalmente Mourinho, stima e affetto come non ne hanno sperimentato altrove,
in club prestigiosi e vincenti.
Come sia arriva a una situazione del genere? Ci sono club che
spendono miliardi e fanno flop, di risultati ma anche di pubblico. Dal Paris Saint-Germain
al fantomatico campionato delle stelle saudita. E ci sono club impecettati che
stringono i denti e provano a divertirsi. La cosiddetta riforma del calcio, che
si rimprovera al governo di non avere fatto (la “riforma” del dateci la grana) non vedrebbe ottimamente i club cittadini -
finché rimarranno cittadini e non membri di una
superlega, continentale, mondiale - proprietà dei cittadini? Su base volontaria
certo, abbiamo già abbastanza tasse comunali e regionali, imu, tari, addizionali,
ticket, multe. Un club come la Roma guadagnerebbe molto a capitalizzare
l’entusiasmo indefettibile dei suoi supporter,
il campionato sarebbe più equilibrato, e anche gli arbitri non avrebbero motivo
di sbagliare.
L’era delle democrazie
Una raccolta che non fa un
saggio, un pensiero in qualche modo assestato, “definitivo”, ma un work in progress. Un segmento, vari
segmenti, di un’opera interminabile: più che del futuro si dovrebbe dire dei
problemi della democrazia. Lo stesso Bobbio lo dice indirettamente, con le prefazioni
che hanno aggiornato le precedenti edizioni della raccolta.
Bobbio ne tratta alcuni:
“Democrazia rappresentativa e democrazia diretta”, “La democrazia e il potere invisibile”,
“Contratto e contrattualismo”, “Democrazia e sistema internazionale”, “Governo
degli uomini o governo delle leggi”, “I vincoli della democrazia”. E li tratta al suo modo, pessimista più che
dubitativo, e quasi scoraggiato-scoraggiante. Da pensatore solitario e isolato,
liberale e socialista in un’Italia prima fascista poi compromissoria, tra le
due culture politiche dominanti in combutta totalitaria, la confessionale e la
comunista – uno stato di fatto che peraltro, difetto di coraggio o di sintesi?,
manca di registrare nella copiosa produzione analitica.
Qui Bobbio si vuole ottimista.
Siamo nell’“era delle democrazie”, premette nel 1991, al crollo del sovietismo:
“La democrazia è diventata in questi anni il comune denominatore di tutte le
questioni politicamente rilevanti, teoriche e pratiche”. Non c’è in effetti
altro pensiero. Ma perché la democrazia ha bisogno di tante riflessioni?
La prefazione del 1991 spiega
il senso della trattazione, con la sintesi più efficace della riflessione che
Bobbio era venuto facendo sul tema: “Sia ben chiaro, non faccio alcuna
scommessa sul futuro. La storia è imprevedibile”. La filosofia della storia è
in discredito per le numerose topiche accumulate. Anche Tocqueville, “che
filosofo della storia non era”, ha sbagliato la previsione del mondo dominato
da due imperi, Stati Uniti e Russia, poiché “uno dei due è crollato”. Quindi,
anche l’“era della democrazia” è incerta?
Ma poi a una profezia si lascia
andare, seppure basata su Hegel, “che filosofo della storia era”, sul “percorso
della civiltà” da Oriente a Occidente: “Tanto più stupefacente questa profezia
in quanto Hegel si era fermato all’Europa, mentre il movimento è continuato nella
stessa direzione, dall’Europa agli Stati
Uniti, e negli stessi Stati Uniti dalla costa orientale a quella occidentale”.
E non è finite: “Se poi il moto fosse destinato a proseguire verso il Giappone –
previsione non del tutto campata in aria – il ciclo sarebbe chiuso”. “Verso il Giappone”,
cioè includendo la Cina? Ma non è colpa dell’avvenire: della Cina Bobbio, e
con lui tutto il 1991, non sapeva e non immaginava nulla, anche se la globalizzazione
era in pieno sboccio.
Chiuso il libro, la democrazia
si direbbe come la civiltà, vagante. Sia pure nella direzione di Hegel, da Est
a Ovest. Ma poi, essendo la storia fino ad ora, compresa quella contemporanea,
stata di imperi, Hegel non avrebbe fatto meglio a sostituire “potere” a civiltà”?
Norberto Bobbio, Il futuro della democrazia, “Corriere
della sera”, pp. 207 € 8,90
mercoledì 10 gennaio 2024
Problemi di base d''Intelligenza Artificiale (786)
spock
L’IA non fa che dire quello che tutti dicono?
È una ripetente?
E quando non sarà più una (bella) modella?
Tutti si preoccupano dell’IA eccetto i giornalisti, gli
scrittori, gli artisti, quelli che si copiano?
Se l’IA fa il lavoro, noi che faremo – oltre che parlare
dell’IA ?
Ma questa IA non sarà un Russiagate – una app del sovietismo
(Popov, Lyssenko, Pavlov, l’Istituto delle Resurrezioni)?
Tutta l’IA è bugiarda,
disse l’IA?
spock@antiit.eu
Fanon e James Bond uniti nella lotta
Che avevano in comune il teorico della guerra di
liberazione e il creatore di 007? Nulla, si direbbe. Ma il giovane storico
americano dell’imperialismo Usa (“Thinking small: the United States and the
Lure of Community Development”, e “How to hide an empire: a History of the
Greater United States”, best-seller dell’anno del covid) ci trova più di un
punto di contatto. Il primo è la teorizzazione della forza – la “liberazione” tramite
la forza: “Per entrambi, il conflitto coloniale era un fatto di mascolinità, e l’impegno fisico una via alla realtà”.
“La violenza disintossica”, scriveva Fanon in
qualità di terapeuta, specie per il colonizzato: “Libera i colonizzati dal
complesso d’inferiorità”. Il colonialismo Fanon fanciullo aveva vissuto alla
Martinica come razzismo (violenza dei soldati
della France Libre sulle donne durante la guerra, il bambino Frantz
confinato a una scuola-ghetto benché di discendenza mista, afro-euro-asiatica. Fleming non lo teorizza ma
lo racconta, sdogana la forza alle imprese “giuste”.
Il collegamento non è arduo – si può collegare
Fleming anche a Sartre, in chiave di “liberazione”…. Più curioso è come lo
storico arriva all’accostamento.
Fanon è lo psichiatra martinicano
attivo in Algeria negli anni 1950 come come medico, e poi sostenitore della guerra
algerina di liberazione . Espulso nel 1957, riparato in Tunisia, presto famoso
per “I dannati della terra”, e presto
anche morto di leucemia, dopo vane cure tra la Russia e gli Stati Uniti, dove
morì a fine 1961, il tutto in 36 anni di vita. Fu espulso dalla “Francia” (l’Algeria
era Francia) ai primi del 1957, dopo che la guerra d’indipendenza algerina
aveva virato a terrorismo urbano. Il 30 settembre 1956 una ragazza algerina,
Zohra Drif, lasciò una bomba a tempo al Milk Bar di Algeri, che fece tre morti
e dodici mutilati, tra essi un bambino. Era la risposta a un attentato dei coloni
un mese prima, che avevano fatto crollare una casa nella casbah, uccidendo settanta persone. Ma la bomba al Milk Bar fece
sensazione – Camus, che sosteneva la guerra algerina, si dissociò: avrebbero potuto
uccidere mia madre, scrisse, e “se questo
è giustizia, preferisco mia madre”. Fanon,
che dirigeva un ospedale psichiatrico vicino Algeri, giustificò l’attentato: gli
attacchi contro i civili disse “la conseguenza logica” della “deumanizzazione
sistematica” degli algerini da parte della Francia. Il suo ospedale fu assaltato,
un collaborato reucciso, un altro gettato malconcio in pasto ai porci (sopravvisse).
Fanon si dimise. Ma presto fu espulso.
Nello stesso torno di tempo
nasceva 007. Fra ottobre e novembre 1956 si produceva la crisi di Suez. L’Egitto
aveva nazionalizzato il canale, di proprietà anglo-francese, e Francia e Inghilterra,
con Israele, mossero guerra all’Egitto. L’America si oppose, la reazione fallì,
e il primo ministro inglese Eden, già provato e uso alla amfetamine, ebbe un
esaurimento nervoso. Per riposarsi, dopo il fallimento e le dimissioni, volò in
Giamaica. “Non penso che nessun altro posto al mondo avrebbe potuto darmi il
riposo di cui ho benefictito”, scriverà riconoscente al suo ospite. L’ospite di
Eden era Ian Fleming – “è dalla sua proprietà in Giamaica, Goldeneye, che
scriverà tutte le sue storie di James Bond” (ma lui era partito prima della rivolta
algerina, nel 1953: scriveva nei due mesi invernali che passava in Giamaica, tra
gennaio e marzo – sei settimane in tutto, quattro ore al giorno, 2000 parole al
giorno senza correzioni, più una settima settimana per rileggere e correggere
gli errori).
Daniel Immerwahr, What Franz Fanon and Ian Fleming agreed upon,
“The New Yorker”, 8 gennaio 2024
martedì 9 gennaio 2024
Letture - 541
letterautore
Austria-Polonia
–
La storia è di inimicizie: guerre, spartizioni, trattati “ineguali” (la pace di
Versailles). Ma polke e mazurche sono biglietti da visita austriaci made in Polonia
– la mazurka da mazur, contadino in
polacco.
Bassano
–
Jacopo da Ponte, un latro lungovivente veneto del Cinquecento come il conterraneo
e concorrente Tiziano, detto Jacopo
Bassano, è oggetto di una rara professione di amore-ammirazione di Gadda, in
una delle redazioni di “Un fulmine sul 220”: “Jacopo da Ponte, il mio Bassano
adorato” (p.105 dell’edizione Garzanti).
Cina
–
Era vicina, la Cia comunista, già sessant’anni fa. “Il Venerdì di Repubblica”,
a caccia di Marco Polo, riscopre Renata Pisu, la prima sinologa dell’Italia
repubblicana, che nel 1953, ai diciotto anni, aveva deciso di studiare il
mandarino a Pechino. Al ritorno, non sapendo come mettere a frutto il suo
cinese, aveva tradotto le poesie di Mao – il Grande Timoniere si dilettava di
versi elegiaci e idilliaci, oltre che marcianti. Mal gliene incolse, “bisognava
parlare unicamente di operai, contadini e soldati” – “soltanto adesso, passato
quasi un secolo dal mio primo ritorno in Italia, oso raccontare di «cineserie»,
di «vecchiume feudale», come un tempo si diceva, sulla scorta del Maozedung
pensiero”. Pisu aveva provato a trovare conforto tra i grandi letterati. “A
F.F. raccontai dell’assurdo che si viveva in Cina (la guerra ai passeri, il «Grande
Balzo», le fornaci in cortile, le critche e le autocritiche, i campi di lavoro),
e lui mi scrisse di «limitare al massimo le persone con le quali discorrere di
questa esperienza,… l’orrore e la ripugnanza per troppe cose non debbono vincere
il consenso radicale di fondo”. A F.F. la richiesta di consiglio era stata fatta
di persona: “Con F .F. c’erano quella volta ad ascoltarmi sua moglie e C.C., un
noto scrittore che era stato in Cina nel 1955 e aveva pubblicato un libretto
dove aleggiava la noia di visite interminabili a cooperative, scuole,
fabbriche, miniere, cantieri navali….”. F.F. è Franco Fortinim, C.C. Carlo
Cassola. Il comunismo cino-sovietico non era sconosciuto.
Il viaggio Cassola aveva fatto con Fortini,
nel settembre-ottobre 1955, con la prima “delegazione culturale” italiana, presieduta da Piero Calamandrei ed
organizzata dal Centro Studi Ferruccio Parri. Un viaggio “esplorativo” nella
nuova Repubblica Popolare Cinese. Ne facevano parte eminenti personaggi della
cultura quali Franco Antonicelli, Carlo Bernari, Norberto Bobbio, Ernesto
Treccani, Antonello Trombadori, Cesare Musatti, oltre Calamadrei, Cassola e Fortini.
Classe
dirigente –
“Un tempo questi paltò pieni di sapienza si adornavano dell’appellativo di
classe dirigente: adesso dirigono quel che possono,, e verrà presto il momento
che degli altri li sostituiranno, più rapaci e più ignoranti di loro” – Caro Emilio
Gadda, “Un fulmine sul 220”, uno degli appunti per il romanzo che non scrisse,
presumibilmente del 1932. La crisi della “classe dirigente” viene da lontano.
Dante
–
Al paradiso passando dall’inferno, la “Commedia” è tutta qui – per arrivare in paradiso
bisogna passare-essere passati dall’inferno?
È scultore per Rodin, nel complesso del
“Pensatore”. Rodin è molto dantesco, anche nella sua opera più famosa: “Il
bacio” è Paolo e Francesca.
Edilizia
–
“Nata cadente”: così, con un ossimoro, la sintetizza Arbasino nel saggio “Viaggi
Perduti” con cui aveva accompagnato la mostra da lui allestita, con Daniela
Palazzoli, alla Mole di Torino nel 1985, ripreso oggi in “Arbasino A-Z”, a cura
di Andrea Cortellessa: “«L’aura»”, della vecchia edilizia, monumentale,
duratura, “è svanita, il contesto è devastazione, e sovrappopolazione; e un’edilizia
generica, pressoché identica e nata cadente ovunque” – tanto che “soffoca e vanifica
i siti più monumentali e più illustri”.
Italia
socialista –
L’Italia non è mai stata socialista, unico paese europeo, per l’influsso congiunto
di Mussolini e Gramsci. La sintesi è di Carioti, che sul “Corriere della sera” ieri
recensisce Orazio Niceforo, “I socialisti italiani e la rivoluzione bolscevica”.
Dell’idealismo di Gramsci. E del movimentismo di Mussolini. Nel 1912 “i rivoluzionari,
detti poi anche massimalisti, presero il controllo del Psi”, il partito
Socialista Italiano: “Artefice principale della svolta fu un battagliero agitatore
nemmeno trentenne, Benito Mussolini, portatore di istanze volontariste e
attiviste ostili alla tradizione del riformismo. A Mussolini toccò la direzione
dell’ “Avanti!”, il quotidiano del Psi, col quale “condusse una campagna martellante
contro ogni compromesso nei riguardi delle istituzioni parlamentari”. Poi, appena
due ani dopo, Mussolini fu espulso -
faceva campagna per l’entrata in guerra dell’Italia, cui il Psi “massimalista”
era contrario, “ma i danni che aveva provocato all’interno del Psi si mostrarono
duraturi”. Presto radicalizzati dalla rivoluzione bolscevica, con la creazione
del partito Comunista.
Maometto
–
È un musone? Anche Gadda potrebbe incorrere in una fatwa capitale, benché postuma, al pari di Rushdie. “L’allegrezza
move da Dio”, annota nel “quaderno bleu”, uno dei quaderni in cui scriveva il romanzo,
rimasto frammentario e ora pubblicato come “Un fulmine sul 200”, ma non nell’islam:
“L’allegrezza move da Dio, come, nel mattutino faggio, il pispigliante mercato
dei passeri, che è preghiera e contratto di loro ciarle e di bròccoli; e la
musoneria muove da Maometto e dagli imbronciati e gelosissimi suoi diavoli che
chiudon le donne in casa a quattro giri di chiave”.
Parità
di genere –
Nel 1955, nella conversazione radiofonica intitolata “Il seccatore” (forse mai
andata in onda, recuperata da Dante Isella fra i racconti “dispersi”, “Le bizze
del capitano in congedo”), Gadda dà per fatta la parità di genere: “Il
seccatore è necessariamente un uomo, un maschio. Una profonda e felice
esperienza della vita mi induce ad escludere che esista il seccatore femmina,
mentre esistono oggi le femmine ossia donne brillantemente parificate all’uomo:
donne ambasciatori, donne senatori, donne pittori, donne scrittori, donne critici, donne ministri, donne giudici,
donne poliziotti”. Ironicamente? Ambasciatore americano a Roma era la temibile
Clara Boothe Luce.
Radetsky March –Chiude gioiosamente ogni concerto di Capodanno al Musikverein di Vienna.
Il maresciallo era e resta popolare. Il governatore del Lombardo-Veneto, nemico
dell’Italia, nelle Cinque giornate di Milano – dove morirà - e nella prima guerra
del Risorgimento. Ma Milano ha buona memoria dell’Austria.
Trash – È genere del Duecento, in immagine, prima dell’“Inferno” di Dante”?
L’uomo-bestia di Guillermo del Toro, che si mangia gli animali vivi, con
scricchiolio di ossa, è già nel Battistero di Firenze, col diavolo che si
mangia gli uomini – opera forse di Coppo di Marcovaldo, il “pittore di Firenze”
prima di Cimabue e forse suo maestro, comunque il primo pittore che anima i
soggetti (sacri).
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