sabato 3 febbraio 2024
L’Europa pende a Est
Il Centro dell’Europa si sposta verso Est? I segnali sono molteplici dopo l’attacco della Russia all’Ucraina. Col prevedibile ingresso dell’Ucraina nella Nato, quindi sulle questioni di difesa. E con la prevista entrata dell’Ucraina nella Ue. La Polonia e i Baltici hanno già assunto una sorta di ruolo guida delle decisioni europee dall’inizio della guerra, in tema di forniture belliche e di sanzioni.
Cronache dell’altro mondo - stragistiche (254)
Un totale di 754 morti e 2.443
feriti è stato registrato nel 2023 in 604 “mass shootings”, sparatorie di massa
o stragi, negli Stati Uniti. Per “mass shootings” s’intendono “incidenti” in cui
più persone sono vittime di armi da fuoco. Mediamente quattro morti, a seconda
dei vari indici – alcuni dei quali includono tra le vittime il “perpetrator”, l’autore
della sparatoria.
Le sparatorie con un numero di
vittime superiore a 4 sono state 33.
Le stragi sono in numero record e
crescenti negli anni 2020. Sono state 610 nel 2020, 688 nel 2021 e 645 nel
2022.
I morti in totale da arma da
fuoco nel 2023, esclusi i suicidi, sono stati 15.500 nel 2023. Tra essi 246
bambini sotto gli undici anni e 1.100 adolescenti, tra i 12 e i 17 anni.
Secondo uno degli osservatori, la
Kaiser Family Foundation, “quasi” un
americano adulto su cinque ha avuto un familiare vittima di arma da fuoco
(suicidi compresi). La stessa percentuale di americani adulti è stata almeno una
volta minacciata con un’arma. E “quasi” un adulto su sei ha assistito a una sparatoria.
Se liberarsi è morire
Un giorno nella vita di
Virginia Woolf, in campagna a Richmond, mentre lavora a “Mrs Dalloway”, nel
1923, tra pensieri di morte e nostalgie di una maternità impossibile. Un giorno
a Los Angeles nel 1951 della vita di una casalinga che prepara la torta per il
compleanno del marito con un bambino che la adora, in attesa di un secondo
figlio, tra la tentazione del suicidio e quella dell’abbandono - una Mrs
Dalloway. E un giono, dopo cinquant’anni, a New York della redattrice editoriale
e scrittrice che ripete la giornata della Mrs Dalloway del romanzo: prepara
anche lei una festa, per un suo ex che muore di Aids – il figlio adorante della
casalinga di Los Angeles, che lo ha abbandonato. V. Woolf è morta all’inizio, al
modo di Ofelia.
Curioso film, rivisto a
vent’anni di distanza, benché basato su un romanzo premio Pulitzer. Un omaggio
a V. Woolf, creativa e smarrita, e questo fila – “Mrs Dalloway” s’intitolava nel
manoscritto “The Hours”. Reso da tre fuoriclasse, Nicole Kidman, Julianne
Moore, Meryl Streep, migliori attrici a Berlino e anche agli Oscar. Ma le turbe di
tre donne operose e decise e le pulsioni omosessuali vissute sempre, in ogni momento, come sofferenza
e morte? Come un tormento, una condanna, senza uno spiraglio.
Stephen Daldry, The Hours, Sky Cinema Due
venerdì 2 febbraio 2024
Destra e sinistra – e i quattro cantoni
Ilaria
Salis è membro attivo di una organizzazione tedesca di sinistra che “dà la
caccia” ai fascisti. Per pestarli - fore per secolare rivincita, erano i fascisti che picchiavano i socialisti un
secolo fa.
L’ambasciatore
italiano a Budapest, che il padre di Salis accusa di non essersi occupato della
figlia in prigione, è di sinistra -già
capo di gabinetto o consigliere diplomatico di ministre Pd e 5 Stelle.
In
favore di Salis figlia intervengono Tajani e Meloni, capipartito e capigoverno di destra.
Salis
liberata darebbe la caccia a Meloni – e il padre, magari, all’ambasciatore? È un
vecchio gioco, si chiamava dei quattro cantoni.
Destra/sinistra - di cittadinanza
Si
ride leggendo sul “Fatto Quotidiano” dello strano caso del comune di Val di Zoldo,
2.500 abitanti, che deve “lavorare” 556
pratiche di riconoscimento di cittadinanza
per remoti congiunti di vecchi suoi emigranti in Brasile, gente mai vista mai
conosciuta in paese. E guardando al Tg 5 la modesta impiegata dell’anagrafe che
sia “tutto in regola”, lamenta, “dobbiamo evitare i ricorsi al Tar che sono
costosissimi”. Tutto ridicolo, perche la “pratica” costa solo 3 mila euro, di
avvocaticchio, a ogni aspirante bisnipote, e apre in cambio la prospettiva di una
penione sociale e di cure mediche assicurate.
Si
ride amaro pensando alla legge che consente queste astruserie, dello “ius
sanguinis”, del 1993, una legge patriottica dell’amatissimo giornalista e
onorevole missino Pinuccio Tatarella. Perché mette a grave rischio il concetto
di patriottismo – tanto più forte in Tatarella, che per questo inseguì lo “ius
sanguinis”: andare alla ricerca di un grammo
di anno di italianità in un grumo di sangue?
Senza
contare che a questi riconoscimenti di cittadinanza si lega il voto. Per cui abbiamo
parlamentari che non sanno nulla dell’Italia e non gliene frega nulla, ma con
un migliaio di voti inviati per lettera si godono cinque anni di prepensione a
30 mila euro al mese, tra stipendio di parlamentare e rimborso spese. Il patriottismo
messo in ridicolo.
Senza
dire che lo “ius sanguinis” esclude dalla cittadinanza invece gente che si fa
il mazzo, ogni giorno, anche per pochi euro, a beneficio dell’Italia.
Destra/sinistra – a teatro
Il Pd protesta a Roma perché al
Teatro di Roma ha prevalso al voto un direttore artistico-direttore generale di
destra. O forse non è di destra (ha diretto a Napoli, sindaco De Magistris, lo
Stabile per molti anni) ma è stato votato infine solo dalla Regione Lazio, coazionista del Teatro
di Roma, che è a governo di destra. Il Pd
ha chiesto e ottenuto di raddoppiare la carica sdoppiando la funzione, un
direttore artistico e un direttore generale..
Allo stesso teatro il presidente,
Pd, ha chiamano la Polizia per controllare il volantinaggio di “alcuni lavoratori dello spettacolo” contro le
nomine in consiglio d’amministrazione. Polizia pure sul marciapiedi del teatro
Argentina, per evitare che “la protesta degli artisti”, un’ottantina di persone,
penetrassero all’interno durante il consiglio
d’amministrazione, che votava il bilancio.
“Un’ottantina di artisti” è un
exploit, fa piacere. Ma sono tutti del Pd?
Assumere “artisti” con la tessera
è di destra o di sinistra?
È sempre globalizzazione
“Parlare di deglobalizzazione
è in contrasto con i dati commerciali”. È sicura e ottimista la segretaria
generale della Wto, la World Trade Organisation, che regola gli scambi
mondiali, economista americana di origine nigeriana: tutto va per il meglio dal
suo osservatorio. Basandosi sulle cifre, spazza via molti dei discorsi che si
fanno sulla deglobalizzazione – dazi, contingenti, aiuti nazionali all’indusria,
e reshoring, rinazionalizzazione
degli investimenti.
“Il commercio globale di merci
ha raggiunto livelli record nel 2022. Oltre tre quarti del commercio è stato
condotto nei termini tariffari della «nazione più favorita»…
“Gli scambi fra Stati Uniti e
Cina hanno raggiunto il massimo storico di 691 miliardi nel 2022, il 24 per
cento in più che nel 2019”.
“La quota delle lavorazioni intermedie – beni utilizzati per produrre altri beni
– nelle esportazioni mondiali resta approssimativamente costante, facendo
pensare che non c’è stato alcun reshoring
di massa nella catene di approvvigionamento mondiali. Le imprese prendono
ancora decisioni di approvvigionamento basate su considerazioni di costo e qualità”
- non su considerazioni politiche o di sicurezza.
Okonjo-Iweala si spinge semmai
a prospettare una ”riglobalizzazione” ma nel senso di migliorare e ampliare gli
scambi. Basandosi, più che sull’amento del commercio di beni, sulla liberalizzazione
dei servizi: alla globalizzazione industriale si accoppierebbe uno sviluppo enorme,
negli stessi termini della “rivoluzione produttiva”, anche nelle forniture di servizi.
Con un ruolo anche in questo caso accresciuto per le economie asiatiche, come
già è stato per le frontiere aperte industriali, ma con benefici elevati per le
economie industriali - tra essi il contenimento delle spinte inflazionistiche.
Ngonzi Okonjo-Iweala, Wto Annual Report 2023, free online
giovedì 1 febbraio 2024
Niente Ruanda, siamo inglesi
Da un paio d’anni colonia
destinata per gli immigrati respinti da Londra, l’ex colonia africana ancora non
ne ha ricevuto uno. La decisione del premier populista conservatore Johnson era
imbarazzante, per l’opinione, la corona,
il Ruanda. E il primo ministro venuto dall’Asia, dai nervi freddi (“digiuno 36
ore a settimana”) Sunak ha rimediato con l’attendismo. Anche contro il fronte conservatore
che non vede l’ora degli imbarchi in senso inverso, in aeroplano.
Sunak ha rifatto le legge sulle espulsioni
in Ruanda, dopo le obiezioni della Corte Suprema. Ma evitando le richieste ultimative degli oltranzisti.
Intanto, i mesi passano e la questione immigrazione prende sspetti diversi. A
un dato in un certo senso segue uno in senso opposto, e la questione è in surplace.
A dicembre l’ufficio nazionale di
Statistica ha rivisto al rialzo la stima dell’immigrazione netta nel 2022, da
606 mila a 745 mila individui. Ma con temporaneamente,
lo stesso istituto (Ons) ha stimato che senza immigrati l’economia si
bloccherebbe: la disoccupazione è poco sopra il 4 per cento, e un milione di
posti di lavoro sono vacanti.
Contemporaneamente, Sunak ha
indirizzato il dibattito sull’immigrazione “illegale”, a mezzo di natanti di
fortuna attraverso la Manica. Che sono risultati essere solo il 4 per cento del
totale.
Cronache dell’altro mondo sanitarie bis – (253)
Gli Stati Uniti sono il paese che
più spende per le cure sanitarie e pro capite.Nel 2021, ultim dato disponibile,
la spesa complessiva è stata di 4,2 trilioni (miliardi di miliardi) di dollari,
e di 10.784 dollari quella “per residente”, di spese per cure personali.
Gli Stati Uniti sono anche
l’unico paese al mondo senza un sistema di copertura sanitaria nazionale.
La spesa sanitaria è in forma
diretta o sotto copertura assicurativa.
Dal 1965, presidenza Johnson, chi
non può permettersi l’assicurazione privata può ricorrere a Medicaid, un
sistema sistema sanitario a basso costo, finanziato dal governo federale e gestito
dai singoli Stati – dal 2010, presidenza Obama, ribattezzato Medicare, con
finanziamento pubblico lievemente migliorato.
Più ridicolo di Mussolini è il racconto di Mussolini
Si conclude a mezz’aria la
superproduzione Rai sulla “lunga notte del fascismo”, il 25 luglio1943. Tra scene
vere e una drammaturgia sfocata, dispersiva. Tra le prima il tripudio di Roma
alla notizia della “caduta del fascismo”, roba da non credere ma vera secondo
ogni testimonianza. Il bieco capo dell’Ovra, la polizia politica, Armando
Giglio, un assassino, già famigerato a Bologna, che sibila a Dino Grandi dopo
la caduta di Mussolini: “Noi siamo lo Stato!”, e ha ragione: rimane in carica
con Badoglio, e dopo la guerra non sarà condannato, ma pensionato. La “perdita”
dei Savoia – e dell’Italia - sotto l’influenza nefasta di Acquarone, il ministro della Real Casa.
Una narrazione monotona,
malgrado la drammaticità degli eventi. E la spiegazione è forse che non si riesce
a raccontare Mussolini, il fascismo, se non in chiave ironica, macchiettistica.
Mussolini furbo e scimunito. I suoi federali pure – fra tutti si eccettua solo Grandi, su cui la serie è modellata. I Savoia pure, sono sempre una
macchietta. Vittorio Emanuele III è messo a sedere su una ridicola poltrona
rossa laccata in mezzo a una stanza vuota - la stanza del trono? E tiene una
pistola a tamburo nel cassettino, la carica, e se la mette in tasca quando riceve
in udienza Mussolini defenestrato – per il quale ha già provveduto un cellulare con
i Carabinieri sulla porta carraia, in forma di ambulanza.
Peccato. È sulla “lunga notte”
che l’Italia ha evitato, malgrado le magagne successive del re e di Badoglio,
il destino della Germania: la distruzione delle città e le campagne, e la fame
per molti anni dopo la guerra – riammessa nel novero delle nazioni ben prima di
De Gasperi a Parigi.
Del fascismo pure, oltre che
di storia propriamente detta, documentata, ci sono narrazioni più leggibili, sceneggiate,
di Monelli, Montanelli, Bertoldi. Per esempio su Ciano, su Edda, sul “duca” imprenditore
Acquarone, l’anima nera di Vittorio Emanuele III. Ma non c’è scampo, le
macchiette fanno premio. Più ridicolo di Mussolini – ma non lo era – è il
racconto di Mussolini.
Giacomo Campiotti, La lunga notte
mercoledì 31 gennaio 2024
L’Europa riarma, contro l’atomica tattica Nato
Il riarmo avviato in Europa, con
al centro la Zeitenwende tedesca, il
cambiamento epocale di Berlino, avviene paradossalmente a difesa dalla Nato. Dalla strategia Nato,
ribadita nel 1990, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, e quindi della
minaccia della superpotenza, detta della “risposta flessibile”. Una strategia
che prevede l’utilizzo di armi atomiche “tattiche”, di potenza limitata, contro
un attacco russo.
Il ministro della Difesa
Pistorius, che ha avviato il riarmo, lo ha spiegato con la necessità di
ripristinare la “deterrenza convenzionale”, escludendo cioè le armi atomiche,
nei confronti della Russia. A questo fine prospettando perfino il ritorno a una
qualche forma di coscrizione – la cui abolizione dopo il 1989 definisce “un
errore”. E indirettamente a un ruolo guida della Germania, da spina dorsale come va ripetendo, nella difesa europea. Su questo trovando evidentemente consensi in un paese che per tutto il lungo dopoguerra ha sempre schivato, perfino disprezzato, le questioni militari e della difesa.
Pistorius fa riferimento all’analisi
che della situazione europea dopo l’implosione dell’Urss faceva nel 1990 un
altro socialdemocratico, l’ex cancelliere Helmut Schmidt, in un testo subito famoso e subito
dimenticato, “I tedeschi e i loro vicini”, Die
Deutschen und ihre Nachbaren. La strategia Nato sottovaluta la forza
convenzionale tedesca, e di più quella franco-tedesca, e sopravvaluta quella dell’ex
Urss, questo il primo argomento. Conteggiando come forze di Mosca quelle dell’ex
Patto di Varsavia, le quali invece andrebbero conteggiate come forza dissuasiva
contro la Russia e favorevole alla Nato. Il secondo argomento è che la “risposta
flessibile” adottata in sede Nato semplicemente fa della Germania il terreno di
uno scontro nucleare.
Cronache dell’altro mondo – sanitarie (252)
Gli Stati Uniti sono al 46mo
posto ne mondo per aspettativa di vita, dietro persino a Cuba.
Con un’aspettativa di vita di
80,7 anni, di livello europeo, si colloca solo lo stato delle Hawaii.
Gli Stain con aspettativa di vita
più ridotta, fino a 74,9 anni, sono tutti nella fascia centro-meridionale
della federazione, da Kansas e Wyoming in giù. Il record negativo è del Mississippi,
con un’aspettativa di vita massima di 71,9 anni.
Fanno eccezione, fra gli Stati del
Sud, il Texas e la Florida,, dove l’aspettativa di vita alla nascita si colloca fra 76,5 e 77,5 anni.
Negli Stati più abbienti della
Federazione l’aspettava di vita media è ridotta dall’alto numero di morti in età anticipata per overdose.
I morti per overdose sono sta nel 2021, ultimo anno
statisticizzato, oltre 106 mila. Poco meno del doppio di tutti gli americani vittime
della guerra in Vietnam, durata oltre vent’anni, 1955-975 – 58 mila.
La maggioranza dei morti per overdose sono state persone di media età, bianche, dipendenti da farmaci prescritti da medici: fentanyl, cocaina, oppioidi, metanfetamine.
Una spia anti-sistema
Carabiniere-spia conclamato fin
dall’inizio della ferma, a 21 anni. Famoso e cbiacchierato per un incontro in
autostrada con Matteo Renzi, immortalato in una foto da una professoressa.
Prepensionato – a causa di questo incontro - a soli 61 anni (ma con 40 di
contributi, il presidente del consiglio Draghi ha fatto il calcolo giusto). In
realtà al centro di varie e vere avventure da servizi segrati, non la
conversazione all’aperto, fotografata dalla professoressa.
Questa pare sia autentica, la
professoressa, e abbia immortalato e diffuso l’incontro all’Autogrill in odio a
Renzi, da militante Pd, e non da collega concorrente di Mancini nei servizi
segreti – anche se lo conosceva, evidentemente. Ma Mancini è stato uomo
d’azione. Al centro del rapimento a Milano di Abu Omar, un egiziano oppositore
del regime in Egitto. E al centro delle intercettazioni Tim vent’anni fa.
Quello, cioè, tra i tanti funzionari dei servizi segreti, più implicato nei due
scandali, a cui sono seguiti due processi. Il primo finito in Corte
Costituzionale, con la pronuncia in favore dell’opponibilità del segreto di Stato
in sede penale. Il secondo finito, dopo tre anni di processi mediatici, anche
furenti, con la non procedibilità già in sede di giudizio preliminare, causa
segreto di Stato. Una spia vera, insomma, che non nega di avere fatto quello di
cui è stato accusato, ma lo ha fatto per ragioni superiori.
Da uno con questa esperienza
ci si sarebbe aspettato, dopo il pensionamento, un po’ di veleno. Un po’ alla
Mori e De Donno, gli ufficiali dei Carabinieri che alla pensione si sono tolte
qualche soddisfazione sui “veleni di Palermo”, la mafia dell’antimafia. Queste
memorie invece, benché prolisse, non ne mostrano. Solo, da vero Carabiniere, “nei
secoli fedele”, prospettano un ruolo e un’attività che non si penserebbe a
difesa dell’Italia. Paese spensierato, che si pensa senza nemici.
Mancini parte dall’antiterrorismo,
ventunenne brigadiere assegnato a Milano alla Sezione Speciale Anticrimine del
generale Dalla Chiesa. Operativo contro il gruppo Walter Alasia delle Br, quelli
che ammazzavano i dirigenti industriali, i cui componenti avrebbe contribuito
ad arrestare nella totalità. E contro Prima Linea, con la cattura personale del
capo, Sergio Segio. Dal 1984 attivo nel Sismi, il controspionaggio, con un suo
proprio sistema, “contrasto offensivo”, o giocare d’anticipo. Nei paesi dell’Est,
per smascherare spie sovietiche. In Medio Oriente, e in Africa. A Beirut la
neutralizzazione di un terrorista di Al-Qaeda in procinto di piazzare 400 kg.
di esplosivo nei pressi dell’ambasciata per farla saltare. Altrove nei tanti
problemi posti dai taglieggiamenti alle organizzazioni umanitarie italiane,
compresi i rapimenti a scopo di estorsione - organizzando reti clandestine
locali di informatori (in Africa, come in Afghanistan, costano poco).
Memorie di avventure. Che l’ex
spia vuole serie: “Sventare attentati e impedire conflitti” è il motto che
impone al lettore. E uno vorrebbe credergli. Le spie non sono simpatiche, quando
non sono cattive sono sbruffone - le tante spie-scrittori inglesi. Ma di fronte
alla giustizia alla milanese (Abu Omar, Tim-Telecom), e alle professoresse
democratiche, uno non può che tifare. Anche a cospetto delle burocrazie dei
servizi, tra Aise, Aisi e Dis, di cui non mette conto spiegare.
Marco Mancini, Le regole del gioco, Rizzoli, pp. 384, ril. € 19
martedì 30 gennaio 2024
L’Europa riarma
Nel 2022 la spesa militare mondiale è cresciuta del 3,7 pe r cento, a 2.240 miliardi di dollari. Quella europea del 13 per cento, a 346 miliardi di dollari - più 29,4 per cento rispetto al 2014. L’1,65 per cento del pil europeo a 27. Quasi quattro volte le spese della Russia nello stesso anno, con la guerra in Ucraina in corso.
L’Europa si sta riarmando e non
lo sa. Anche la Commissione di Bruxelles destina agli armamenti il 2 per cento
del suo bilancio, benché i trattati a lungo abbiano espressamente escluso le
spese militari dal bilancio comunitario. La spinta viene soprattutto dalla
Germania. Che, come dice il ministro della Difesa Boris Pistorius, vuole diventare
“la spina dorsale della deterrenza europea”.
A lungo la difesa è stata in
Germania un tema politico di poco o nessun richiamo, ora non più – Pistoruius è
anche il politico di governo più popolare. È alla radice della Zeitenwende, il “cambiamento epocale”
annunciato due anni dal cancelliere Scholz, e vede la Germania ammodernare e
ingrandire i suoi arsenali a ritmo elevato.Con un fondo speciale per l’acquisto
di armi da 100 miliardi di euro, e un impegno di spesa per la difesa sul 2 per
cento anuo del pil.
Un riordino del personale è in
atto, in collegamento con la Francia, la Gran Bretagna, l’Olanda, la Romania, la
Repubblica Ceca, i paesi baltici – una quindicina di paesi in tutto. Nel quadro
di un programma ESSI, European Sky Shield Initiative. In collegamento con
questi paesi è partito anche un riordino del personale. Che prevede la
formazione in un quinquemio di tre grandi divisioni intereuropee. Nell’ottica di
una “spina dorsale” europea.
Mussolini capomafia
Un momento di storia drammatico (il titolo echeggia il fatto che le storie registrano come “lunga notte del fascismo”), dell’Italia sconfitta a metà 1943, delle liti fra gerarchi e dell’isolamento di Mussolini, e una grande produzione, con esterni d’epoca e interni ricchi e accurati, su una sceneggiatura quasi vacua. Mussolini ridotto a capomafia, sia in politica che a letto, la figlia Edda a ludopata, il genero Ciano cialtrone oltre ogni limite, Alessio Boni-Dino Grandi a una sola espressione, Dollmann, colonnello onorario di Hitler, che civetta con Edda, ma non era gay?, il re piemontese con accento emiliano, e così via, non reggono l’impegno di una visione prolungata, oltre un paio d’ore la prima puntata. Battuta dal vecchio “Grande Fratello”. Campiotti, che alterna regie robuste di temi impalbabili a agiografie modeste di personaggi robusti, si vede che aveva in uggia i suoi – numerosi, frettolosi – comprimari: recitano tutti di corsa, come a “buona” al primo ciak. Nonché l’intricata vicenda, il re, il,principe ereditario, Maria José sua moglie, il papa, mons. Montini, Churchill, la famiglia Petacci, l’Ovra (che l’Italia repubblicana ha assolto, la polizia politica…).
Ma
è anche inutile raccontare il fascismo, per l’ennesima volta, con i parametri
dell’antifascismo.
Giacomo Campiotti, La lunga notte. Rai 1