venerdì 29 marzo 2024
Cronache dell’altro mondo – plurali (262)
“Alcuni decenni fa Butler era probabilmente famosa fuori dell’università per la loro prosa farcita di gerghi che per qualsiasi cosa tentassero di dire….”.
Triste vendetta a Parigi
Un tentativo di emulare Scorsese, Gangs of New York. Sempre in
costume, qualche anno dopo Scorsese, siamo attorno al 1880, quando i malviventi
si chiamavano apaches. Ma qui al femminile, una donna contro tutti – una
a cui hanno ucciso il fratello quando lei era bambina, e che per l’omicidio del
fratello è stata accusata e condannata.
È piaciuto agli amanti del genere – pulp. Ma in nessun momento
prende. Né nell’infanzia né in carcere, né nella vendetta, per quanto ingegnosa.
Niente al confronto di “Gangs of New York” - voluto da Harvey Weinstein, girato
a Cinecittà, con la ricostruzione di una New York d’epoca, certo, con Di Caprio,
Day-Lewis, Cameron Diaz, Liam Neeson…
Romain Quirot, Gangs of Paris, Sky Cinema, Now
giovedì 28 marzo 2024
Problemi di base stupidi - 797
spock
“La stupidità
è frutto di un cuore maligno”, Kant.
“Non è vero,
la malvagità nasce dalla mancanza di pensiero”, H. Arendt?
“Se la stupidità non somigliasse tanto al progresso, al
talento, alla speranza e al miglioramento che a malapena possiamo distinguerla,
nessuno vorrebbe essere stupido”, Musil?
“”Io, la stupidità, prendo ora questo ora quell’aspetto rispettabile per
mostrarmi agli uomini al meglio…. Giacché ognuno apprezza la stupidità che più
somiglia alla sua”, Jean Paul?
“La stupidità è l’essere superiori.
L’innamorato lo è continuamente. “È stupido – dice - e
tuttavia è vero””, R. Barthes?
O non sarà la condizione umana, tra stupore e
stolidità - da cui cerchiamo di uscire, anche con la stupidità propriamente
intesa?
spock@antiit.eu
Cronache dell’altro mondo – debitorie (261)
Il “debito totale” (privato e pubblico)
americano era al 140 per cento del pil negli anni tra il 1960 e il 1980. È più
che raddoppiato da allora, al 300 per cento del pil.
Nemmeno la Grande Recessione del 2008 –
che è stata per molti aspetti l’esito di un indebitamento eccessivo – ha rallentato
la corsa all’indebitamento.
L’indebitamento cresce per finanziare i
consumi più che l’investimento. Quindi è destinato a generare altro debito, con
effetto moltiplicatore.
Il superciclo del debito è comune agli
Stati Uniti e a un gruppo ristretto di altri paesi, compresa la Cina, che mimano
le politiche debitorie dei paesi industrializzati, essenzialmente l’America. Si
produce un eccesso di risparmio in conseguenza della crescente concentrazione
della ricchezza – la quota della ricchezza nazionale in mano ai superricchi,
all’1 per cento della popolazione.
(Imf, “F&D Finance and Development”
marzo 2024 – Atif Mian, “Breaking the Debt Supercycle”).
Furore e splendore della donna siciliana
Sulla Sicilia dei clichés, la mafia, i gelati (con le granite), le
amicizie mortali, qui con l’aggiunta tediosa della cucina palermitana, una
siciliana dal vero. Una cioè che fa e disfa e non uggiola. Al lavoro, da
vice-questore, e a letto, di giorno e di notte. Anzi, insonne e irrequieta. E di
passaggio anche qualche siciliano vero, bello ma non concupibile, perché virilmente
gay.
Con qualche errore, ma marginale. Non c’è confidenza coi subordinati, non
in Sicilia. Non c’è un rapporto padre-figlia così tenero, e uno madre-figlia così
acido, dopo che il padre è stato assassinato, coi soliti metodi, vili, della mafia
(il rapporto conflittuale madre-figlia è delle famiglie “normali”, non tra
vedove e orfane).
La serie inscena i gialli di Cristina Cassar Scalia, di Noto, quindi
neutra nella lite continua di Palermo con Catania, l’altra capitale, ma oculista
nel tempo libero a Aci Castello, cioè a Catania. Giusy Buscemi, “Vanina”, è di
Mazara del Vallo, quindi “occidentale”, quasi palermitana, eroina catanese per
caso, e da estranea. Ma la serie è prodotta da Carlo Degli Esposti, ed è il suo
omaggio a Catania, dopo lo strabiliante successo a cui ha portato il Montalbano,
eroe occidentale dell’isola. Le sue serie hanno il pregio di utilizzare i caratteristi,
attori veri, cioè di scuola, e locali, che danno veracità e vivacità alla
(solita) storia.
Davide Marengo, Vanina – Un
vicequestore a Catania, Canale 5, Infinity
mercoledì 27 marzo 2024
Cronache dell’altro mondo – giustiziarie quinquies (260)
Trump ha 91 processi penali pendenti, in
tribunali federali o statali.
Nell’ultima causa discussa, a New York,
in corte d’Appello, la cauzione che doveva pagare in attesa del giudizio in un causa per false dichiarazioni in bilancio (valori patrimoniali gonfiati che hanno
consentito prestiti e assicurazioni a tassi inferiori, con danno per la
concorrenza) è stata ridotta da mezzo miliardo di dollari (464 milioni) a 175.
Da pagare comunque entro dieci giorni.
La corte d’Appello che ha ridotto la
cauzione (una provvisionale in realtà) è detta dai media pro-affari. Ma è
composta da magistrati legati al partito Democratico, solo più sensibile ai contanti,
alle provvisionali liquide, che consentano di evitare il giro affaristico di intermediari
e liquidatori cui è necessario ricorrere nel caso di collaterali difficilmente
esigibili.
È Democratico, candidato dal partito ed
eletto senza concorrenti a fine 2015, il giudice della Corte Suprema del Primo Distretto
Giudiziario di New York, monocratico, che ha fissato la cauzione di 464
milioni, Arthur Engoron.
Il giudice Engoron si è pronunciato su un
caso promosso dalla Procuratrice capo dello Stato di New York, Letitia
James, Democratica. Da gennaio 2019 Procuratore Generale, prima afro-americana
e prima donna nell’incarico. Avviata all’attività giudiziaria col governatore Mario
Cuomo, poi lei stessa candidata a governatore, ma sconfitta alle primarie. La carriera
è decollata nel 2003, al Consiglio giudiziario di New York, 35mo Distretto.
Anche qui James aveva concorso senza fortuna, battuta da un altro Democratico,
James Davis, un poliziotto, anche lui afroamericano. Questo nel novembre 2001. Nel luglio 2003, quando partiva la
campagna per la rielezione, Davis fu assassinato da un rivale politico, democratico, afroamericano, Othniel Askew, e James
ebbe così via libera.
Se Ita è una supercompany - c’è del marcio a Bruxelles
Le cento, o trecento, o seicento, obiezioni
dell’Antitrust di Bruxelles alla fusione Ita-Lufthansa non sono da ridere,
anche se lo sono. Non sono burocratismo, sono la semplice volontà di non consentire
il salvataggio dell’Ita ex Alitalia. Con la ridicola ragione che Ita-Lufthanaa
sarebbe un monopolio. I cosiddetti burocrati di Ita, che poi sono uno solo, la
commissaria all’anti-monoplio Vestager, fanno di Ita, che è falilta tre o quattro
volte, una sorta di Superman, o Superwoman, del trasporto aereo. Nei voli
interni – dove è surclassata dalle low cost. In quelli europei, idem.
E in quelli, perfino, intercontinentali, che ha dovuto tagliare radicalmente, per
arginare le perdite.
Da qui le richieste: Ita e Lufthansa devono cedere alcune rotte ai concorrenti,
cercarseli, e poi finanziarli per qualche anno.
Non c’è da
ridere. C’è, ci sarebbe da dichiarare, che c’è la corruzione e Bruxelles. Che c’è,
lo sanno tutti, ma non si denuncia.
Si ride della
Commissione Europea, come di un branco di burocrati senza senno. Mentre la verità
è un’altra. Specie alla direzione Concorrenza. Una direzione delicata, che
richiederebbe molti audit interni e controlli incrociati. Che invece non si
fanno. Si chieda a Mario Monti, che ebbe anni difficili per farla rigare dritto,
nei cinque anni in cui poté reggerla, perché alla presidenza c’era (lo proteggeva)
Prodi.
Più assurdo
di tutti è una commissaria antitaliana – anti qualcuno o qualcosa. Ma la
commissione di Bruxelles non si pone limiti in termini di assurdità.
Ecobusiness
“Raccogliere lo sporco del tuo cane è
decoro e rispetto verso gli altri, ma gli escrementi dei cani diffondono
malattie, parassiti soprattutto, e le uova rimangono nel terreno per mesi, poi
con la pioggia finiscono nelle acque superficiali. L’uomo s’infetta attraverso
piccole scarificazioni cutanee o portando le mani alla bocca. Al mondo sono un
miliardo le persone che hanno contratto malattie da parassiti per via degli escrementi
dei cani” – Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di Ricerche
Farmacologiche Mario Negri.
Una domenica si corre nella capitale l’Acea
Run Rome, una maratona, “la manifestazione sportiva più grande d’Italia”. Mezza
città chiusa, mura e rovine usate come orinatoi, pulizia straordinaria del percorso, di plastiche, lattine, cartoni.
La successiva è “domenica ecologica”.
Circolano solo le auto dei più abbienti, elettriche, ibridi, e termiche di ultima
generazione. Con effetto nullo sull’ambiente, poiché la concentrazione dei gas
non si riduce, e anzi si accentua nelle “finestre” di apertura al traffico
libero.
La collana della regina – o Dumas sovversivo
Milady e D’Artagnan alla caccia del collier della regina, per
salvare il re e la Francia. Un film d’azione e d’avventura, in un quadro storico
ben delineato, e drammatico: la corona di Francia in bilico, fra cattolici e
ugonotti, col rischio di separatismo di “quelli della Rochelle”, armati e animati
dalla perfida Albione, dal duca di Buckingham. Con l’infelice amore della stessa
regina di Francia, Anna d’Austria, per il duca.
Un vero Dumas, dalla narrazione irresistibile. Nulla a che vedere con la
parodia italiana alla Brancaleone di Giovanni Veronesi sei anni fa, con Favino, Papaleo,
Mastandrea, Rubini, Haber - e Margherita Buy nei panni della regina scemotta. Qui
tutti attori nel ruolo, belli e convincenti – pur tra le troppe scene alla Bud
Spencer: la Milady di Eva Green, la figlia di Marlène Jobert, la Isabelle de “I
sognatori” di Bernardo Bertolucci, e D’Artagnan, il giovane ma ben guascone
François Civil. Con un Vincent Cassel d’eccezione, un Athos grave, tormentato
dai traumi delle violenze subite, in amore, nella carriera, che attende
rassegnato la condanna alla decapitazione, per una violenza che forse non ha
commesso.
E con un appunto, a Dumas: perché dobbiamo simpatizzare per la regina - qui una eterea Vicky Krieps, dal lungo collo sottile, in attesa del collier,
o della mannaia - che è semplicemente una traditrice? Per di più confusa, e un
po’ sciocca. Dobbiamo parteggiare per gli ugonotti, che sono per l’Inghilterra?
Confusamente, come la regina? E perché contro Richelieu, che invece lavora per
salvare la Francia? Un Dumas sovversivo?
Martin Bourboulon, I tre moschettieri
– D’Artagnan, Sky Cinema
martedì 26 marzo 2024
Secondi pensieri - 530
zeulig
Adattamento – È la chiave
del matrimonio – della coppia, come ora si dice. Ne tratta, e porta a sintesi,
la scrittrice Nina Berberova nelle riflessioni che registra esule a Parigi durante
la guerra (“Il quaderno nero”, pp. 84-85), riflettendo sull’innamoramento: “Solo
in seguito, grazie alla forza dell’amore, venivo a conoscere il nucleo interno
della persona. E attraverso questo amore, nato un bel giorno miracolosamente e
istantaneamente, mi adeguavo a quel nucleo interno, il che era già la felicità”.
Senza attardarsi sulle diversità, sui “tratti del carattere”, i “modi”, i “gusti”.
Tanto più che “la sensazione esteriore di «inizio» non aveva niente a che
vedere con la bellezza o l’avvenenza della persona”.
L’“adattamento”, insiste Berberova, è una felice qualità femminile: “Dentro
di me non c’era spazio per nulla di cerebrale né nella prima impressione né nel
mio «adattarmi» all’altro. Sì, l’adattamento è sempre stato una felicità
femminile. Compiango le donne che non lo conoscono. «Adattarsi» non solo non è
umiliante (chi ha inventato questa sciocchezza’), ma è una condizione
necessaria della beatitudine”.
Destra-sinistra - C’è una destra sociale. Una destra
rivoluzionaria (Nolte, Sternhell). Una destra di massa e per le masse. Destra e sinistra le
distingue solo il regime politico, se la sinistra è democratica (liberale).
Destra e sinistra
non esistono è tesi di Marto Tarchi (nella serie di dibattiti romani l’anno
scorso, alla Scuola Fo di cittadinanza, organizzati da De Masi e pubblicati in
“Destra e Sinistra”), e quindi di destra. Uno schieramento che Tarchi cerca di
evitare così: la classificazione non è fra “le linee di conflitto fondamentali
che attraversano l’epoca contemporanea”. Destra e sinistra sono concetti
“puramente convenzionali, in parte reversibili e comunque collegabili a essenze
distinte a seconda del punto di vista prospettico, degli argomenti, dei temi”.
Non esiste “una”
sinistra”, non esiste “una” destra, dice ancora Tarchi. Questo è vero. E c’è un
mimetismo, costante, destra-sinistra, uno scambio-appropriazione i valori. Più
forse della destra, quella moderna nasce mimando la sinistra (il fascismo mima
il comunismo sovietico). Ma anche della sinistra – il leader carismatico,
il decisionismo, il centralismo (burocrazia, economia).
Entrambe, “destra
e “sinistra” come caratterizzate e intese nel Novecento (le etichette oggi sono
sbiadite), sono una contestazione, o
forse una rottura, col principio
liberale. Contro l’individualismo, che è parte dell’ideologia liberale, ma
anche contro il principio liberale, della libera (mobile) espressione politica,
sia nella proposta (redazione, conformazione) sia nell’adempimento (elezioni,
parlamento, governo), fondamentalmente sempre montesquieuviana.
Fascismo – Un movimento di massa, analogo e contrario al comunismo. È un fatto
storico, del primo Novecento. Che si perpetua nelle forme attutite del
conservatorismo, della “destra sociale”.
Da un punto di vista formale, giuridico (statuale), analogo al comunismo di cui si volle il contrario e il nemico. Analogo anche,
in notevole parte, come proiezione sociale (contadini, operai, donne, infanzia).
E come militarizzazione della società, a partire dall’istruzione. Solo distinto
in materia di proprietà, di possesso. Ma l’anticomunismo si labella di
fascismo. E non c’è condanna del comunismo anche se è stato ed è tuttora un
regime politico imposto con la violenza: privazione dela libertà, controllo
sociale rigido, regime di polizia senza libertà.
Il fascismo dell’antifascismo è stato tema polemico dei
Radicali di Pannella, ma non senza riferimenti fattuali. L'antifascismo degli anni
1970 e 1980, in Italia e in Germana, fu responsabile di molti assassinii. Meno sanguinoso, ma ugualmente eversivo, è stato ed è certo giustizialismo, che si connota di sinistra ed è violento (leaks, dossier, campagne stampa).
Analogo il discorso per il neofascismo. Di un partito
a tutti gli effetti costituzionale, ma caratterizzato dalla nostalgia o culto
del fascismo, di tipo mussoliniano, totalitario. Ma non più di tanto, del sentimento: da sempre il partito che lo rappresenta,
Msi, poi An, ora Fdi, è stato parte attiva dell’attività parlamentare e politica
della Repubblica, costituzionale. Nel 1955 contribuì all’elezione del presidente della
Repubblica Gronchi. Due anni più tardi sostenne il governo monocolore Dc di
Adone Zoli. L’anno successivo, 1958, votò a Palermo, alla Regione Sicilia, la Giunta
Milazzo, un Dc di sinistra che faceva maggioranza, contro il suo partito, con
il Pci, il Psi e il partito monarchico. Nel 1959 sostenne il secondo governo
Segni, monocolore Dc. L’anno dopo il governo Tambroni, sempre monocolore democristiano. Nel
1962 fece eleggere Segni presidente della repubblica. Nel 1972 fece eleggere presidente Leone, e sostenne il primo governo Andreotti. Da 1994 è costantemente un partito
di governo, nelle alternanze fra destra e sinistra, costituzionale.
Individualismo – In fondo, p.es. in questa congiuntura storica, è
quello di Hobbes, homo homini lupus. Il trademark del mercato -
del Millennio. Della speculazione – stato di guerra permanente. Delle guerre economiche. Delle tante guerre come sempre insensate.
Libertà – È il proprio
dell’uomo. Ed è la cultura. La natura non ha in sé, e non può inventarselo, il
suo fine ultimo. O ragione d’essere. Questa le viene dall’uomo attraverso
l’esercizio della libertà. Dalla formazione del giudizio. Dalla cultura. Che è
la natura umana - “Solo la cultura può essere lo scopo ultimo che si ha motivo
di attribuire alla natura rispetto al genere umano (non la propria felicità
sulla terra o il suo essere semplicemente il principale strumento per istituire
ordine e accordo nella natura, priva altrimenti di ragione)” (Kant, “Critica del
giudizio” nell’edizione Einaudi, p. 264). La cultura non come esito dell’educazione
ma come “tensione della natura conforme a scopi verso un perfezionamento che ci rende recettivi a scopi più alti di
quelli che la natura stessa può fornire” (p. 266).
Elettra
Stimilli, “Filosofia dei mezzi”, 79, fa
di questo Kant il paradigma del “fardello dell’uomo bianco”, dell’“occidentale”
che si concepisce “signore della natura” come già Kant l’ha concepito (ib.
263). E lo è. Ma l’imperialismo va ancora analizzato nella sua complessità, che
non è lo sfruttamento delle risorse o lo squallore del colonialismo –
prescindendo da Hegel, dal suo recluso occidentalismo (europeismo).
Tolleranza
–
È una virtù, ed è un fatto storico, legale. Che si articola in accettazioni e
in divieti. P.es. sono intolleranti oggi molte minoranze, che si vogliono, e
sono, dovrebbero essere, i primi beneficiari della tolleranza. Gli islamici e
islamisti nei paesi non islamici, in Europa e in America, che nelle patrie
islamiche sono radicalmente intolleranti verso altre confessioni religiose, e
verso altri ordinamenti politici e costituzionali - verso la libertà, di opinione
e politica, verso le loro stesse donne, verso confessioni islamiche diverse dalla
propria. O molte “minoranze" (gruppi di opinione) femministe. O degli afroamericani che praticano
e impongono la woke culture, e la critical race theory.
Verginità –
La scrittrice russa Nina Berberova la vuole mostruosa: “La cosa peggiore è la
verginità. Qualcosa di mostruoso, che suscita disgusto, ripugnanza, ribrezzo.
Non aprirsi mai a nessuno è assolutamente contro natura” (“Quaderno nero”,
dicembre 1940, p. 46 dell’edizione italiana). Verginità come stato d’animo, non
– non solo – come astinenza sessuale.
zeulig@antiit.eu
Viaggiatrici intrepide
Non c’è in Italia una grande tradizione di letteratura di viaggio, niente
di comparabile a quella inglese, o francese o tedesca. Ma di essa la più
rilevante è probabilmente quella femminile, di viaggiatrici-scritrici.
Calmasini parte da Cristina di Belgioioso, un personaggio non pienamente
apprezzato nelle sue tante sfaccettature, tra esse quella del “Viaggio in Oriente”,
intrapreso nel 1849 per sfuggire alla repressione dopo la Repubblica Romana, con
la nutrice e la figlioletta, fino nella Turchia profonda, Ankara, dove creò un’azienda
agricola. Da lì inoltrandosi in un lunghissimo viaggio, a cavallo, fino a
Gersulemme, per la prima comunione della figlia.
Calmasini analizza di fatto solo tre testi. Il racconto del Sud America
di Gina Lonborso, medico , figlia di Cesare, che accompagnò nel 1907, portandosi
dietro il figlio di quattro anni, Leo, il marito Guglielmo Ferrero in una serie
di conferenza sui suoi studi in tema di “Grandezza e decadenza di Roma”. Un
viaggio di cinque mesi, in Argentina, Uruguay e Brasile. Poi circostanziato in
“Nell’America Meridionale (Brasile, Uruguay, Argentina)”. Da medico, quindi tra
strutture sanitarie, educative, criminali. Con due temi ricorrenti: il ruolo
civilizzatore dell’emigrante, e l’anti-femminismo, del femminismo inteso in senso
moderno, di rivalsa. Un viaggio quasi professionale, ma rilevantissimo nella
parte femminista-antifemminista. L’ultimo capitolo, si evince dagli estratti
del saggio, ,“La questione della donna nell’Argentina”, è scandalizzato: la
donna vi è “mascolinizzata”, giacchè esercita, esercitava già un secolo fa,
tutte le “professioni maschili”, medico, chirurgo, odontoiatra, antropologo in
particolare, e lo fa senza andare incontro a nessun ostacolo, né durante gli
studi né a carriera avviata.
Il terzo testo che Calmasini esamina è la raccolta di corrispondenze di viaggio di Anna
Maria Ortese, essenzialmente dall’Italia, e in Italia da posti di mare (Ortese
era di famiglia di gente di mare, perse due fratelli in mare da ragazza) “senza
mare”, con incursioni fuori, anche in Russia, a Mosca e Stalingrado, e in
Inghilterra e Francia. Una raccolta da lei stessa proposta per trent’anni, e
finalmente pubblicata in memoriam. Di mondi visti sempre attraverso la
“lente scura”, il titolo che poi è stato dato alla raccolta dal curatore Luca
Clerici, di “malinconie e protesta”.
Ortese viaggia smarrita. Un po’ perché non può prendere l’aereo. Di più perché
lo spaesamento la smarrisce: “Le prime ore nella stanza d’albergo di una città
straniera, o perlomeno sconosciuta, non sono allegre”, c’è un “primo momento di
sconforto”: nelle sue corrispondenze, spiega il curatore della “Lente Oscura”,
Luca Clerici, “non ritrae il mondo, ma l’immagine del mondo che la sua anima
rispecchia”. Al contrario di Cristina di Belgioioso, un’esploratrice gagliarda
della diversità, senza paura e senza preclusioni.
Il testo-madre in materia è il volumone “Spazi, segni, parole: percorsi di
viaggiatrici italiane”, ricostituiti dieci anni fa da Federica Frediani,
Ricciarda Ricossa e Luisa Rossi, coordinate da Luca Clerici.
Tatiana Calmasini, Viaggiatrici
italiane fra Ottocento e Novecento, academia.edu
lunedì 25 marzo 2024
Problemi di base politici - 796
spock
Il pessimismo
è di destra o di sinistra?
E il popolo?
“Il pessimismo
è un lusso che i poveri non possono permettersi”, Miguel Benasayag?
“Non esiste
felicità senza libertà”, Pepe Mujica?
La democrazia
è come la civiltà, vagante?
“Tradizione è custodire
il fuoco, non adorare le ceneri”, Gustav Mahler?
spock@antiit.eu
La pace è difficile
Un Aristofane pensieroso più che ilare, preoccupato nel 421 a.C., quando
presentò la commedia, dalla guerra senza fine tra Atene e Sparta. Dall’assurdità
della guerra, quando non è un atto di difesa: uomini si armano di tutto punto e
vanno a uccidere altri uomini, che nemmeno conoscono, o a farsi uccidere, e non
sanno perché. Non rinuncia alle battute, ai feroci repartees, ma in un
quadro malinconico. Tanto più che gli dei hanno abbandonato l’Olimpo, e gli
umani non sanno a chi rivolgersi. Tra una Pace muta e una Guerra fiammeggiante.
Con una novità, un’anticipazione del sociale. Trigeo, l’uomo della strada
che ha deciso di porre fine alla guerra, cerca inizialmente l’aiuto degli dei. Ma
nell’Olimpo trova solo gli sberleffi di Ermes. La guerra gli si presenta allora
qual è, una follia umana. Finirà, tra alterne vicende, per indirizzarsi alle persone,
ai greci, a tutti i greci, perché si uniscano a porre fine all’eccidio. Fra tutti
i greci saranno i più poveri e sguarniti, i contadini, a recepire il suo messaggio.
La pace è in terra – e per questo è difficile?
Non una novità- Anche in tempi recenti, nei settanta-ottant’anni, tre generazioni,
in cui l’Europa per la prima volta non si è fatta la guerra. Non una novità
anche sulla scena. Vincenzo Zingaro riprende il suo adattamento di trent’anni
fa, con la Compagnia Castalia, che anima un Centro Stabile del Classico. Con Rocco
Militano, oggi come allora, ex di Peter
Brook, Grotowsky, Julian Beck, Eugenio Barba, e le Irene Catroppa, la Pace,
Laura De Angelis, la Guerra.
Con le maschere dello studio di Carboni, cui faceva capo Fellini per i trucchi
e gli effetti speciali.
Aristofane, La pace, Teatro Arcobaleno Roma,
domenica 24 marzo 2024
Ombre - 712
“Sistema sanitario
nazionale, fine dell’indipendenza energetica, fine delle auto a combustione, censura
di massa sulla libera opinione. Queste idee pericolose della sinistra Americana
vengono dai burocrati di Bruxelles”: fa la pubblicità sui giornali un sito americano,
eu-us forum, centrato sui veleni che vengono dall’Europa e insidiano il
benessere americano – “le politiche Ue distruggeranno gli Usa”. Europa infetta, Occidente un po’ diviso.
I principi reali inglesi
si devono difendere dai tabloid più che dalle gravi malattie di cui sono
vittime. Cioè dai giornali popolari. Che a sentire i commenti dell’uomo e della
donna della strada sono disprezzati. Ma sono “popolari” perché vendono (scemenze),
milioni di copie ogni giorno, quando non scrive libri, decine di milioni.
Alla manifestazione di
solidarietà per Decaro, il sindaco di Bari, il presidente della Regione Puglia Emiliano,
un giudice in aspettativa, racconta di quando Decaro, suo assessore (Emiliano
era allora il sindaco) fu minacciato per la definizione della ztl, e lui portò
Decaro dalla famiglia del “boss di quel quartiere”, per dire che era un suo
uomo e andava rispettato: “Questo ingegnere è assessore mio e deve lavorare…”.
Un processo per la casa
Tulliani a Montecarlo dopo quattordici anni? Con la richiesta di nove anni di carcere
per Fini e consorte?
Andando in pensione il giudice
Salvini, che una vita ha speso sulle “trame”, dalla morte di Mattei a piazza
Fontana, senza esito, “lascia 300 processi mai fissati” - 297 per l’esattezza,
tra cui 40 da “codice rosso”, cioè violenze sessuali e tentati omicidi. Tutto meglio
che “lavorare”?
Lo
stesso fa a Prato il giudice Tescaroli, che da trent’anni si occupa d’incolpare
Berlusconi e Dell’Utri delle stragi di mafia del 1993, a Firenze, Milano, Roma,
“per indebolire il governo Ciampi”, e favorire, diffondendo “il panico e la paura tra i
cittadini”, il lancio di Forza Italia. Passa le giornate tra ingiunzioni,
perquisizioni, sequestri, dichiarazioni, quando non scrive libri, e mai il
processo.
Il
giudice Tescaroli fa ammuìna, si direbbe, se non fosse veneto. Quanto basta per
uscire ogni due mesi sul giornale, a opera di giornalista fidato. Ma continua a
farsi pagare da noi, e a impegnare una gip, per quanto volenterosa, e un po’ di
polizia giudiziaria.
Le missioni militari all’estero
costano 1,4 miliardi l’anno. Per fare che, per le trasferte dei militari, che
al ritorno si possono comprare casa? Si potrebbe prevedere una paga raddoppiata
o triplicata per i militari, senza le spese di vettovagliamento,
accantonamento, armamento, un risparmio considerevole.
Il regista Garrone spiega
come si vince un Oscar. Non è difficile, c sono dele tecniche. Ma anzitutto
bisogna avere un distributore influente negli Usa. I successi italiani, dal
debole “Mediterraneo” a “La grande bellezza” erano stati procurati dalla
Miramax, da Harvey Weinstein – recordman di Oscar.
La Maratona di Roma domenica
si è immortalata lunedì con le foto di chi faceva pipì contro le Mura Aureliane
e dei rifiuti sparsi lungo il percorso, cartoni, plastiche, lattine, ma in
quantità. Acea Run Rome la pubblicità di Roma Capitale glorifica come la manifestazione sportiva più grande in Italia. Ma si corre per liberarsi dei rifiuti più che delle tossine.
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Il “cinema italiano” va di fretta, non sa ridere
Questa volta la sceneggiatrice Lisa Nur Sultan ha esagerato. O hanno
esagerato i personaggi del cinema che si sono prestati alla loro caricatura: Valeria
Golino e Valeria Bruni Tedeschi, Gabriele Muccino invadente, un inverosimile
Gian Marco Tognazzi, gonfiato come un otre. E tutti purtroppo sparano a
raffica, impedendo l’effetto. Comico? Più disperante: sembra che il cinema italiano,
di cui naturalmente si vuole “la salvezza”, non sappia come si ride – con misura. Si ride con Emanuela Fanelli, la pericolosa attrice Luana Pericoli che si fa il suo biopic, strepitosa. Ottima anche Sara Lazzaro in un ruolo brillante, segretaria imbranata e risolutiva, finalmente libera dai patemi interminabili dei cinque o sei anni della serie Doc. Ma è poco.
Peccato. Salvare il cinema italiano, e firmare contratti per un film di
cui nessuno sa niente erano aneddoti forti. Ma le “due Valerie”
e Muccino ci possono poco. Anche le storie personali dei soci dell’agenzia, che
irrobustivano di sorprese la prima serie, si perdono nella furia.
Luca Ribuoli, Call My Agent
Italia – 2, Sky
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