sabato 7 settembre 2024
La vita nel tubo
Un’opera tra
forme solide (geometriche) e allestimento. Si entra passando sotto tubi
gonfiabili appesi al soffitto: sono i Phallus Mobilis, che introducono
a un tunnel trasparente. Si passa dentro il tunnel tra palloncini colorati,
che rappresentano l’ovulazione-gestazione. Il tunnel è collegato a un
compressore esterno tramite un tubo, che sarebbe il cordone ombelicale. Una
mostra semplice, che l’artista così presentava: Volevo
che tutti gli spettatori tornassero alle loro origini, al luogo in cui un tempo eravamo, nel grembo delle
nostre madri, un’immagine molto poetica». Léa Lublin è
nata nel 1929 in Polonia, a Lublino. Da genitori ebrei che due-tre anni dopo
emigrarono in Argentina. Nella seconda parte della sua vita e della sua
attività si è trasferita in Francia - dove poi è morta, a Dieppe (1999) - e
figura artista franco-argentina. Nel 2015 il Madre di Napoli l’ha celebrata
con una mostra, in coproduzione con il Lenbachhaus di Monaco. Il Maxxi di
Alessandro Giuli, da ieri ministro della Cultura, ha voluto onorarla
ricostruendo l’allestimento da lei presentato il 30 aprile 1970 a Medellin in
Colombia, alla seconda Biennale locale d’arte. Con una didascalia
lusinghiera: “Iconoclasta, radicale, emblematica. Con i suoi lavori
ambientali Léa Lublin decostruisce e sfida le strutture di
dominazione temporale o di controllo mentale - coloniale, imperialista,
paternalista”. Ma anche pittrice insoddisfatta dei limiti della pittura. In Francia
partecipò alle mostre come perfomances di artista. Famosa per “Mon
fils”, una performance del 1968 in cui portava il suo bambino per i
musei, nelle ore di apertura, e gli cambiava i pannolini, lo allattava, lo
addormentava, praticava le occorrenze della vita quotidiana. Successivamente
tornata alla pittura figurativa, “al Rinascimento” diceva, si specializzò con
criteri psicoanalitici a separare il Bambino dalla Madre nei quadri delle
Madonne. E a figurare il bambino come l’artista stesso, osservatore della
madre nella sua corporeità, in immagini eroticizzate – “per rivelare i
sottintesi sessuali dell’immaginario cristiano”. Un documento
d’epoca. Ma un’arte non significante a distanza, neanche come proposito, come
arte dialettica. Per quanto ingegnosa nell’uso di materiali. Manca a distanza
anche la sorpresa, l’ingrediente delle performances. Tanto più negli
impossibili, forse ingestibili parallelepipedi di Zaha Hadid adibiti a Maxxi.
Spazi enormi vuoti e mostre su per scalette, corridoi, alte pareti, piccole
didascalie. Spazi che impediscono ogni immedesimazione o emozione, solo di
fastidio. Perfino per l’aria condizionata, pure benefica nella calura di Rma,
per il dispendio che si presume di energia, tra riscaldamento e
condizionamento di quegli spazi enormi, inutili, e quindi anche ingestibili. Un’opera in
“PVC, nylon, tubi, T-Shirt dipinte e bianche, acqua, compressore radiale,
schiuma, valvole, ganci, legno.”, promette la locandina.
L’esposizione è nel quadro della mostra “Ambienti 1956-2010. Environments by
Women Artists II”, ideata e realizzata da Andrea Lissoni come “un’inedita
ricerca sul contributo femminile, spesso trascurato, nella storia e nella
creazione di ambienti immersivi” – il 2020 è stato scelto come termine perché
si ultimava la costruzione del Maxxi. |
Léa Lublin, Penetraciòn/Expulsiòn (del Fluvio Subtunal), 1970, Maxxi Roma
|
venerdì 6 settembre 2024
Il cappio del rating
“L’Italia è un debitore onorabile” – non onorevole,
onorabile. Detta da Mattarella, la cosa ha ancora un senso. Ma da tempo, da molto
prima della tempesta sul debito italiano scatenata dai ribassisti nel 2011, si
è saputo che le agenzie di rating, americane, sono an forma di “gestione
del mercato” del debito, non ne sono lo specchio.
Il lamento del presidente della Repubblica
riflette questo ordine di valutazioni. S&P valuta l’Italia un po’ peggio di
Bulgaria, Cipro, Perù, Filippine, Indonesia, Messico, un po’ meglio di Perù,
Colombia, Kazakistan.
Moody’ mette l’Italia alla pari con il Paraguay. Un
po’meglio della Grecia. Peggio di Cipro e le Filippine, l’Indonesia, il Messico
e il Kazakistan. Molto peggio del Perù e dell’Uruguay. Malgrado gli stati di
emergenza politica in molti di questi paesi.
L’Italia
viene al 62mo posto nella media delle tre valutazioni (con S&P e Moody’s si
calcola anche DBRS). In una numerazione media fra le tre valutazioni che va da 100,
il massimo, a 20.
Molto più dell’Italia sono valutati pagatori attendibili
Malesia e Botswana – si investe nel debito del Botswana?
La destra al potere anche in Francia
Al primo
ministro più giovane, Attal, che passa nella “riserva della Repubblica” per
prepararsi alla successione presidenziale fra due anni, Macron fa succedere il
primo ministro più anziano della Quinta Repubblica, l’ultrasettantenne Barnier,
gollista (Les Républicans), l’ex commissario a Bruxelles. Ma non è questa la
novità: con Barnier primo ministro si conclude a sorpresa la lunga crisi istituzionale
in Francia, aperta da Macron chiamando a sorpresa le elezioni, con la caduta
della clausola ad excludendum, dell’ostracismo al Rassemblement
National, al lepenismo. Barnier, il premier scelto dal presidente Macron dopo
lunghissime consultazioni con tutti i partiti in Parlamento, avrà un
occhio benevolo in Parlamento - dove non ha una maggioranza precostituita, fra
Repubblicani e Macroniani – di Marine Le Pen.
È la prima volta per i Le Pen, dopo quarant’anni di presenza politica
ingombrante ma alla macchia.
La scelta
era forse necessaria, poiché è nei numeri. Il Rassemblement di Marine Le Pen è
il partito più largamente rappresentativo, se si escludono le città (Parigi,
Lione, Bordeaux, Nantes, Le Havre, Rennes, Strasburgo - ma Marsiglia e Nizza
sono lepeniste): alle legislative è andato al ballottaggio in quasi tutte le circoscrizioni,
mentre i macroniani solo in 321 circoscrizioni su 577 e le sinistre unite in
414. Ed è andato al ballottaggio al primo posto in 297 circoscrizioni, quasi il
triplo delle legislative di due anni prima, 110.
Una piattaforma
o un traguardo, un successo da cui si può solo perdere? Marine Le Pen vira, se
non verso il centrismo, per un abbandono deciso del radicalismo, anti-immigrati,
anti-Europa, anti-Ucraina. Alcune grandi famiglie sono, con i media da esse
controllati, per un’apertura della destra gollista al Rassemblement – tra esse le
più note sono i Bollorè e i Dassault.
Il ricatto al potere, femminista
Una ricattatrice
che si fa fustigatrice di ignoti ricattatori (presumibilmente ministeriali,
pensare...) è roba da farsa. Una vicenda da ridere. Che invece eccita a pensieri
pensosi e preoccupazioni giganti la migliore opinione italiana. Non si sa più
ridere, ma questo si sa. Ora non si capisce più niente, è come uno che fosse
preso calci nello scroto e se la ride.
Ancora
oggi, venerdì, quinto o stesso giorno del “Boccia event”, sei pagine “la
Repubblica”, cinque il “Corriere della sera”, compresa la prima. Senza mai dire
di Boccia quello che è, una ricattatrice.
Si può fare l’opposizione al governo scatenando una persona e una rete palesemente
intesi al ricatto, della politica – quanti ami gettati prima del credulo
ministro?
Una storia
da “Bulli e pupe”, quella di Sangiuliano con la dama gialla di Pompei, a generi
rovesciati, tra lui e lei, di maschi timidi e femmine feroci. La ricattatrice è
infatti la fronte emergente di una rete di “relazioni umane”, cioè di
affarucci, femminili e femministi. Uno, un uomo, che va in giro con occhiali spia,
per registrare le donne con cui si accompagna, non è immaginabile – non si è
mai sentito di un toyboy che lavora con occhiali spia. Molto femminismo
va ripensato – c’era, c’è, vendicativo, distruttivo, già nel patriarcato.
Non ci fa
gran figura il ministro della Cultura nella sua avventura con la dama di Pompei
che tanto gli è costata: le dimissioni non lo salvano, sembra un allocco (la dama avrà i suoi richiami
segreti, ma irresistibili?) – e da come si giustifica lo è. Si spiega solo così
la protezione che la moglie gli accorda, su due mesi di spese straordinarie per
la circe con gli occhiali spia. Ma perché Meloni, che vuole “fare la storia”, ha difeso un giovane cinquantenne come questo, poco cresciuto? Qualcuna delle virtù
di destra, la lealtà per esempio, va misurata: la connivenza non è intelligente,
mentre invece bisogna – bisognava – dire all’amico che è stupido, se fa lo
stupido. Innamorarsi della mantide di Pompei è colpa grave. E il ridicolo può uccidere, questo Meloni lo saprà.
Lamine e Nico Williams isolano Vox
È bastata una piccola mossa al Partito Popular, la
Dc spagnola, per liberarsi di Vox nei cinque governi regional nei quali aveva
accolto il movimento di estrema destre per esorcizzarlo. Le regioni hanno
acceduto alla richiesta del governo centrale di prendersi qualche centinaio di
minorenni immigrati dei seimila stipati nelle Canarie, e Vox scandalizzata ha
sbattuto la porta – uscendo anche dal raggruppamento conservatore europeo, quello
di Meloni, atlantista, per fare massa con Orbàn, tra i (pochi) filo-russi.
Il partito Popolare ha agito perché si ritiene coperto
a destra dall’Europeo di calcio. Che per la Spagna hanno vinto, con un bel calcio
e nel tripudio di tutto il paese, due baby immigrati. Il minore catalano figlio
di un marocchino e di una guineana, Lamine Yamal, ha portato la Spagna alla finale.
Che un navarrino figlio di due ghanesi, Nico Williams, ha vinto. E non c’è
stata più partita.
Oh l'amore, non c’è
Due
atti unici, brevi, del repertorio esile di Natalia Ginzburg, sul tema
dell’amore è cieco, che lo Stabile di Torino ha voluto esumare la passata
stagione e Nanni Moretti si è assunto il compito di mettere in scena e in tour.
Con un certo successo, forse per il richiamo Moretti e la bravura degli
interpreti - Valerio Binasco, Daria Deflorian, Alessia Giuliani, Arianna
Pozzoli, Giorgia Senesi.
Due
commedie svelte, a una sola scena. Due dialoghi di fatto, senza drammaturgia, se
non spiegata – due raccontini dialogati. Di vita borghese, sotto la vecchia forma
connotante della tresca.
Il
secondo è una gag da cabaret – stand-up comedy: lei confessa a
lui di avere una storia col vicino, che invece sta partendo in vacanza con la
moglie e lascia alla coppia il cane da accudire. “Fragole e panna”, più
articolato, con una serva padrona e due coniugi che convivono per abitudine,
mette in scena l’innamoramento folle di una giovane, madre, sposa, per lui,
l’uomo della coppia abitudinaria, che non ne vuole sapere, senza drammi, anche
questo giocato sull’“allegria”.
L’amore
“allegro” di N. Ginzburg, qui come altrove, si segnala per la sua
inesistenza-inconsistenza – è abitudine, fantasticheria, scemenza. Specie in
famiglia: Natalia
Ginzburg, sposa felice due volte, madre di molti figli, storica-narratrice di
grandi famiglie, non ama molto le famiglie. Moretti l’avrà riproposta per
questo, da vecchio lupo solitario, nel quadro di una generale misantropia.
Di curioso c’è il
femminicidio. “Ma no, i mariti nn ammazzano mai”, dice un personaggio donna
alla giovane moglie che teme il marito tradito. “Veramente;” obietta la moglie
dell’amante della giovane, “di mariti che ammazzano le mogli sono pieni i
giornali”, nel 1966.
“Fragole
e panna” è precedente a “Ti ho sposato per allegria”, la commedia per cui
l’autrice è ricordata, e sarà sceneggiato, dice la quarta di copertina, alla Rai
nel 1975 (ma Teche-Rai, che tiene una documentazione particolareggiata degli
sceneggiati, non ne dà traccia). “Dialogo”, 1970, sarebbe stato scritto per la
televisione (neanche di questo c’è traccia negli archivi Rai).
Natalia
Ginzburg, Fragole e panna – Dialogo, Einaudi, pp. 77 € 10
giovedì 5 settembre 2024
Letture - 556
letterautore
Calvino – “Se avesse voluto
avrebbe potuto darci il grande romanzo della nostra epoca”, diceva Giulio Bollati
di Italo Cavino, compagno di lavoro di una vita alla casa editrice Einaudi, in
un’intervista con la redazione della rivista “Idra”, fine 1991 (n.4\1991).
Continuando, quasi lamentoso, che il meglio ha dato in “Le città invisibili”,
“libro perfetto” ma “remoto”, di altri mondi.
Leopardi – Una sorta di
ultra-Cristo ateo, se-poiché il suo “Infinito” è ultra-Vangelo – il meglio-del-meglio
del Vangelo? È l’ipotesi di Piero Boitani nella critica del lungo saggio dello
storico del cristianesimo Gaetano Lettieri, “Dulce naufragium. Desiderio infinito
e ateofania in Leopardi”. Prima del verso che chiude l’infinito”, “e ilnaufragr
l’è dolce in questo mare”, viene il distico: “Così tra questa\ immensità
s’annega il pensier mio”. L’argomento di Lettieri come sintetizzato da Boitani:
“Leopardi come un’opera gigantesca di «vanificazione» del cristianesimo”, ma
l’infinità è divina – come aveva argomentato Gregorio di Nissa, Dio essendo
l’infinito per eccellenza, l’unico infinito.
Lo stesso il “voto seren” de “La Ginestra”: “Poeta patiens nel
deserto de La ginestra, Leopardi fa esperienza dell’«ateofania», per cui
“quello leopardiano «più che un anti-vangelo»”, continua Boitani con le parole
di Lettieri, “si rivela «un ultra-vangelo, intento a custodire il nucleo patico
della tradizione cristiana»”.
Marcia nuziale – “Ha mai notato
come rassomiglia a una marcia funebre?”, chiede l’ispettore capo Mason al
giovane giornalista Michael Quigly che lo segue, nel giallo di E. Wallace
“Maschera bianca”: “Basta rallentare un po’ il ritmo”.
Mediterraneo – Un personaggio del “Minotauro” di Benjamin
Tammuz, un giovane greco diventato filologo in Spagna, ricordando una notte
l’adolescenza, ha una visione del Mediterraneo. Ascolta la sorella cantare “le
parole di una canzone greca, una canzone d’amore e di morte, una lunga storia
raccontata da una melodia ripetitiva”, con “ritornello infinito”, che ora
individua come “un miscuglio ben dosato di musica liturgica ebraica, flamenco
spagnolo, canzone napoletana, e un flebile ricordo del lamento del coro
dell’antica tragedia greca”. Un miscuglio che aveva ritrovato “in tutto il
Mediterraneo”. E ora si dice il perché: “La loro origine è nei canti dei marinai
fenici i quali, migliaia di anni fa, spingendo i remi e spiegando le vele, erano salpati dalla riva le cui acque ora
lambivano il giardino della loro casa, ed erano arrivati all’oceano; e in ogni posto
avevano la sciato un segno e un ricordo, che nei secoli avrebbe fatto di questo
mare l’anima della cultura. Ebrei, elleni, mussulmani e cristiani si sarebbero
incontrati e divisi, si sarebbero massacrati e poi avrebbero avuto nostalgia
gli uni degli altri, e alla fine, uno dopo l’altro, sarebbero usciti di scena”.
Ma non finisce
qui: “Se ne sarebbero andati per poi tornare, ciclicamente, in una
terrorizzante fuga, tra grida di dolore e distruzione…. Poi ci sarebbe stato un
lungo silenzio, come se si levassero dalla tomba e ritornassero, nell’odore
dell’arrosto di agnello, nelle canzoni che si trascinano stanche, lunghe e
disperate”.
Melodramma – Russo,
cubofuturista? “Com’è noto i cubofuturisti, e Pasternàk ne fornisce l’esempio in liriche come Marburgo e nei
poemi, non furono alieni dalle cadenze, dai modi e dalle tirate del melodramma”
– Angelo Maria Ripellino, introduzione a B. Pasternàk, “L’infanzia di Zenja Ljuvers”.
Pasto nudo – “Titolo
misterioso e di gran fascino originato da un refuso, si parlava in realtà di Naked
Lust, nuda libidine”, invece che Naked Lunch, pasto nudo, il romanzo
messicano di William Burroughs, scrittore beat un po’ a disagio – Mariarosa
Mancuso, “La Lettura”.
Ma anche queer, il tema del libro, la passione libidinosa di un
anziano per un ragazzo, si presta a equivoco. “Queer” è il titolo del film che
Luca Guadagnino
ha tratto dal romanzo. Ricevendone a Venezia, sulla prima pagina del “Corriere
della sera”, un titolo come il seguente: “«Queer», l’amore tossico di Guadagnino”.
Illustrato da una foto del regista con i suoi due interpreti, Daniel Craig e
Drew Starkey, tre personaggi famosi tutt’e tre in occhiali neri, la sera, sul
“tappeto rosso” delle celebrità - queer a chi?
Romanticismo italiano – Contestualizzando gli umori instabili della sua “Crestomazia italiana”,
l’antologia cui Leopardi volle dedicarsi a tutti i costi negli anni 1820 benché
da tutti sconsigliato, Giulio Bollati rileva che il lavoro, molto personale e per
più aspetti anche bislacco (non c’è il Trecento - Dante, Petrarca - né il
Quattrocento), si svolge “in corrispondenza della massima caduta della
corrispondente curva romantica fornita agli italiani dalla Staël, dagli
Schlegel, dal Bouterwerk” e dal Sismondi (“L’invenzione dell’Italia moderna”,
p. 12). Il romanticismo “fornito” agli italiani?
Sacro – È scomparso, sia
la pratica (religiosa), col “vasto patrimonio di conoscenze” connesso, “non importa
se credenti o no”, sia il concetto. È la conclusione di Marco Ventura su “La
Lettura”. Rileggendo e chiosando il “Rapporto sull’analfabetismo religioso in
Italia”, curato dieci anni fa dallo storico del cristianesimo Alberto Melloni.
Società civile - Non più in uso, fu dizione specialmente
usata sul finire del Novecento, accompagnando la nascita dell’Ulivo-Pd, come
dei “belli-e-buoni” della Repubblica. Ma ha origini antiche, soprattutto, come
tutto ciò che concerne la politica moderna, britanniche, in uso a Londra. Già
una ispettrice di Scotland Yard che veniva dal popolo, si chiede a un certo punto
nel giallo di P.D.James “La stanza dei delitti”, 2003, se “non era il ceto medio
facoltoso, istruito, progressista che, alla fin fine, controllava le loro
vite”. Aprendosi a una lunga lamentela, non del tutto reazionaria, o da invidia
sociale: “Ci criticano per reazioni grette e meschine che loro non avranno mai
bisogno di sperimentare. Loro non sono costretti a vivere in uno di quei
quartieri di case popolari con l’ascensore vandalizzato e una costante violenza
incipiente. Non fanno frequentare ai figli scuole dove le aule sono campi di
battaglia e l’ottanta per cento degli allievi non è in grado di parlare
l’inglese. Se i loro ragazzini sono delinquenti vengono mandati da uno
psichiatra, non in un tribunale per minori. Se hanno bisogno di cure mediche
urgenti sono sempre in grado di pagarsele privatamente. Non c’è da
meravigliarsi che possano permettersi di essere così maledettamente
progressisti”. Permettersi di essere progressisti? Maledettamente? P.D.James, funzionario poi dirigente del ministero
dell’Interno a Londra, per meriti
letterari nominata alla camera dei Lord dalla regina Elisabetta, era di
orientamento conservatore. Ma il suo detective, l’ispettore Dalgliesh, era un
indeciso e un poeta.
Treno - I treni “corrispondono
nell’arte pasternakiana ai vascelli di Blok, emblema della speranza”, A.M.Ripellino,
intr. a B. Pasternàk, “L’infanzia d Zenja Ljuvers”, XI.
I treni saranno importanti nel “Dottor Živago”.
Specie nel film, le scene più strazianti tra Julie Christie e Omar Sharif.
letterautore@antiit.eu
L’Europa violenta alle frontiere
L’ultima scena è solare.
Piena di luce, di persone ben vestite e affabili, che s’incontrano quasi festive,
alle, stazioni, nelle piazze, agli aeroporti, a colori, con la didascalia:
marzo 2022, la Polonia ha dato asilo a due milioni di rifugiati ucraini. Il
primo episodio vede una famiglia siriana, nonno, figlio, con nuora e nipoti, in
volo verso Minsk, Bielorussia, con regolare visto: hanno liquidato le loro
attività in patria per sfuggire alle vessazioni dello Stato Islamico, e da
Minsk in qualche modo giungere in Svezia, dove un fratello ha organizzato il
trasferimento. A Minsk hanno per cellulare le istruzioni sul passaggio della frontiera
organizzato. Ma alla frontiera la famiglia, cui si è aggiunta un’afghana,
viene vessata dalla polizia bielorussa, “trecento dollari”, e poi buttata materialmente
oltre il filo spinato, nella terra di nessuno con la Polonia. Il seguito è un crescendo
di violenza, da film dell’orrore. Nelle luci di un bianco e nero livido, di
fango, freddo, fame.
Altri episodi vedono in
azione i gruppi polacchi di giovani, un po’ strafottenti, impegnati nel
soccorso gli immigrati, specie se clandestini. Una psicologa cambia attività scoprendoli,
e combinerà molti colpi a effetto. L’afghana non sa far valere il suo statuto
di rifugiata politica in Polonia, e perde, disperata, inconsolabile, il figlio
adolescente del la famiglia siriana, che si è legato a lei per imparare l’inglese.
Il lito fine sarà casuale, per un raptus di un giovane militare polacco di frontiera,
che chiude gli occhi al passaggio verso la Svezia.
Un film dall’impianto ambizioso,
si direbbe si volesse la storia in fieri dell’immigrazione in Europa.
Dell’insipienza europea, delle tragedie che vi avvengono senza una ragione, un
motivo qualsiasi. Dura due ore e mezzo. Ma naviga a vista – come se la regista
in fase di montaggio non abbia voluto rinunciare a niente delle scene girate. Un
po’ è questa la non-politica europea, oscillante. Tra la violenza, le ruberie e
la generosità. Ma il racconto non lega, eccetto che nella storia della famiglia
siriana. Il governo polacco che si denuncia come para-nazista alla fine è quello
che accoglie miracolosamente e bene due milioni di rifugiati in pochi giorni.
Agniezka Holland, Green
Border, Sky cinema 2, Now
mercoledì 4 settembre 2024
Problemi di base letterari bis - 819
spock
“Poesia è
tutto ciò che si perde in traduzione”, Robert Frost?
“Si traduce
poesia attraverso la poesia”, Ottavio Fatica?
Dickens sì, De
Amicis no?
“I memorialisti sono quelli che hanno troppo poca
immaginazione per scrivere romanzi e troppo
cattiva memoria per scrivere la verità”, Arthur Freeman?
“Abbiamo l’Arte per non morire di Verità”, F. Nietzsche?
“Un (giornale) quotidiano è
come fare un figlio al giorno”, Gianni Agnelli?
spock@antiit.eu
L'ideale d'Italia in Leopardi e Manzoni
Si
ripropone, in chiave commemorativa di un personaggio tra i più amabili dell’editoria
del secondo Novecento, lettore attento delle proposte che finivano sul suo
tavolo, epistolografo diffuso e partecipe, memoria quindi grata per molti, una
serie di suoi dotti e acuti - oggi più di prima, degli euforici anni 1960 - saggi.
Questo “Leopardi, Manzoni e altre imprese ideali prima dell’Unità”, è la sua “opera”,
la raccolta di una ricerca puntigliosa e ingegnosa sulla formazione
intellettuale dell’Italia. Analizzando gli autori centrali del secolo precedente
l’unità e specialmente, in dettaglio, nella scrittura, nel contesto, nelle polemiche,
Leopardi e Manzoni, come i due numi della patria da fare, ma anche Cattaneo, Alfieri
e Pietro Verri, arriva a una conclusione a tutti visibile ma non percepita, della
pascoliana “proletaria”, il Grande Paese che il mondo imperialista non ci
riconosce. L’Italia arriva all’unità senza fare tesoro dell’illuminismo, e
spesso anzi in polemica (Leopardi, Manzoni). Con l’esito negativo che tuttora
dura: incapace all’origine di scollarsi di dosso il mito confuso del “primato”,
morale e civile direbbe Gioberti, continua ad arrancare nelle sfide contemporanee.
Un tema che
Bollati ha ripreso in un paio di interventi trent’anni fa sulla rivista “Micromega”.
I testi qui riuniti sono del 1965, “Le tragedie di Alessandro Manzoni” (prefazione
all’edizione Einaudi delle tragedie); del 1968, “La «Crestomazia italiana. La
prosa» di Giacomo Leopardi”, introduzione alla pubblicazione Einaudi della “Crestomazia.
La prosa”; del 1985, “Vittorio Alfieri e la Rivoluzione francese”, “Alessandro Manzoni
e la Rivoluzione francese”, due voci del volume collettivo “L’albero della Rivoluzione”;
del 1995 “La prosa morale e civile. Da Verri a Cattaneo”.
L’esito, o la
chiave, è l’insistenza, intellettuale prima che sociale o politica. sulla “diversità”,
sulla “specificità”, oggi più che mai forte col populismo in cattedra. Che ha
impedito e, bizzarramente, continua a impedire, alla cultura italiana di
entrare nella modernità senza complessi e quindi con intelligenza, senza remore
preliminari. Un esito specialmente visibile nell’ambito culturale, o intellettuale,
che lo ha determinato: dall’opinione pubblica alle scienze umane, dal giornalismo
cioè all’accademia (ricerca), l’Italia è fuori degli schemi, ma complessivamente
a disagio – costante è la domanda di “riconoscimento”.
Giulio
Bollati, L’invenzione dell’Italia moderna, Bollati Boringhieri, pp. 195 €24
martedì 3 settembre 2024
Nostalgia di un’Europa russo-tedesca
C’è la Russia al cuore della ex Germania Est? Non
si direbbe, visto che il Muro nel 1989 è stato abbattuto dall’Est, dai tedeschi
della Germania Est. Ma se non c’è nostalgia della Russia in Germania, ce n’è
invece per la Russia grande partner della Germania. Per un’Europa russo-tedesca
di fatto – in Turingia la poesia del Reno è sconosciuta. Dev’essere così se il partito
socialdemocratico, Spd, del cancelliere in carica è stato doppiato domenica dal
Bsw, “Patto di Sahra Wagenknecht”, che ne è una costola ma su un punto è agli
antipodi: la politica anti-russa.
C’entreranno, non sarebbe una novità, gli umori
oscillanti dell’elettorato tedesco, tipo gregge. Ma due punti sono fatti e non umori.
La Germania è un paese continentale, grande, tra la Francia e la Russia, e all’Est
vede più la Russia: il Reno, la Francia, la Repubblica Federale di Bonn sono
lontane dall’Est tedesco – più lontani, per dire, che dalla Lombardia o dal Veneto.
La seconda ragione è che la Germania ha prosperato, dopo un lungo periodo di
crisi successivo alla riunificazione, negli anni del cancellierato Schroeder e
successivi, per il rapporto privilegiato instaurato con la Russia, soprattutto favorevole
per i costi dell’energia - oltre che con quella sorta di unione doganale con la Cina ora da smantellare (gli scambi con gli Usacsono già tornati al primo posto). Una rendita svanita con la guerra in Ucraina, il primo
motore del successo travolgente dell’estrema destra.
L’estrema destra secondo partito in Germania
Il successo di Afd e Bsw in Turingia e Sassonia è un fatto localizzato, per ora limitato a due piccoli Laender, due (come il Brandeburgo, prossimo Land al voto, dal 1990 governato dai socialisti) e quattro milioni. Ma sono Laender di grande tradizione e cultura, in Turingia sono Weimar, Gotha, Erfurt, e i Bach, la Sassonia è la regione di Dresda, Lipsia, Chemnitz. E il voto potrebbe fare breccia in Baviera, Land da sempre conservatore in politica, il più numeroso dopo la Renania, tredici milioni. Peggio, può già portare Afd dall’11-12 per cento nazionale al 20 e oltre, secondo partito più votato dopo i Cristiano-Demcratici (Cdu-Csu), più dei Verdi e dei Socialdemocratici.
L’opinione prevalente è che Afd non ci arriverà. Che beneficia del ruolo di opposizione unica, mentre tutti gli altri partiti sono al governo, e questo è vero. E che il successo in Turingia e Sassonia suonerà da allarme nella coscienza dell’elettorato - questo non certo, storicamente l’elettorato segue la corrente, è portato al plebiscitarismo. Oggi
la guerra senza soluzione di continuità all’Est lascia in realtà aperto ogni esito.
In più peserà la crisi economica, che tradizionalmente
in Germania ha avvantaggiato le destre, se all’opposizione. E accanto a Afd,
benché su presupposti opposti, è in corsa ora anche il movimento di Sahra
Wagenknecht, che si liquida come rosso-bruno, cioè di un’estrema sinistra fascistoide,
ma di fatto ha richiamo tra i ceti professionali e gli intellettuali.
Il libero arbitrio sul libero arbitrio
Ci si può fermare alla
prefazione, critica, di Sergio Quinzio: “Una vittora di Pirro”, se “l’ideale
erasmiano di un umanesimo cristiano si è dimostrato, storicamente, un equivoco…..
Il conciliazionismo, il pluralismo, il relativismo che Erasmo intendeva
affermare nell’orizzonte del Vangelo, riconducendo in qualche modo tutto ad
esso, oggi si affermano in un orizzonte in cui prevale un paganeggiante
scetticismo, o addirittura la caotica riduzione di qualsiasi verità a precaria
e labile opinione”.
Un capolavoro dialettico
di Erasmo, in contesa vittoriosa col negazionista Lutero, ripieno anche di
molti saperi, teologici e filosofici, di metodo, di ricerca, si legge oggi come
inutile. Non utile, quindi non significante, se non in astratto. Alieno da ogni
e qualsiasi riflessione del momento presente. Peraltro poco pensieroso, forse per
niente, anche a non voler dare ragione all’apocalittico Quinzio – che ne
scriveva nel 1989, c’era ancora la Repubblica, cosiddetta Prima, dove la politica
aveva un senso. Oggi non ci sarebbe stato duello tra Erasmo e Lutero, l’epoca
essendo volgarmente materialista, da centro commerciale – non ha essa travolto
anche il luteranesimo?
Ma poi, anche a contestualizzare
la disputa, a rileggere Erasmo come un libro di storia, come non dirla
bizzarra? Molta teologia, e molta sapienza - discernimento, critica – ma come
sempre una discussione del genere il libero arbitrio non lo presuppone?
Erasmo da Rotterdam, Sul libero arbitrio,
Edizioni Studio Tesi, pp. 123 € 12
lunedì 2 settembre 2024
Ombre - 735
Dunque, l’inchiesta
sule intercettazioni abusive della Procura Nazionale Antimafia non dormiva,
come si lamentava in questa rubrica qualche settimana fa: c’è addirittura pendente la richiesta
di arresto per il sostituto Procuratore Nazionale Antimafia Laudati e per il
suo braccio destro, il tenente della Finanza Strano. Manca il nobiluomo napoletano
Cafiero de Raho, il Procuratore Antimafia, dal quale Laudati dipendeva. E l’uso
delle informazioni per lo scandalismo grillino - con il quale Cafiero de Raho
si è assicurata la pensione alla Camera, eletto in pompa in Emilia.
Il russo
Ildar Abdrazakov, “il miglior basso oggi
in circolazione, eludendo i veti politici che gli impediscono attualmente in
esibirsi in Occidente, potrà invece di nuovo farsi ascoltare dal pubblico di
Tokyo”, nell’“Attila” di Verdi, che il maestro Muti promuove - Carla Moreni, “Sole 24 Ore Domenica”. In effetti,
Netrebko canta perché ha perso la nazionalità austriaca. Eyvazov, peraltro nato
in Algeri, perché è azero. Ma le sanzioni al basso come se fosse un boiardo di regime
un po’ fanno ridere.
“Toti registrato per
tre anni”, il presidente della Regione Liguria, sui telefoni e con le cimici in
ufficio e nelle abitazioni, e anche in video. Tanto che il server della Procura
è in tilt, come al flipper, incapace di fornire il materiale
d’imputazione alla difesa. La polizia giudiziaria ha giudicato peraltro di suo,
fornendo alla Procura solo alcuni materiali, quelli a suo giudizio
criminosi. Sembra una commedia e invece è
l’inchiesta di Genova - come ricostruita da “la Repubblica”, il giornale, si
direbbe, della pubblica accusa in Italia e anche a Genova.
Ma. ci sono voluti
te anni per trovare un capo d’imputazione valido contro questo Toti? O i giudici
sono lavativi? O si erano dimenticati di avere dato alla questura l’ordine d’intercettarlo,
in ogni singolo atto, anche non parlato. Naturalmente non è più l’Italia in cui
la polizia giudiziaria (Polizia o Carabinieri o Guardia di Finanza)
autonomamente incolpa qualcuno – non c’è regime di polizia in Italia.
“Da cattolico
trovo offensivo che si ipotizzino cattolici buoni e cattivi, così cattivi da
pianificare di lasciar morire di fame i primi”. Zaia è un politico, sa usare il
linguaggio, ma il suo uppercut è da ko, rispetto ai politicanti della
Cei – Zuppi è un buon uomo, ma cardinale?
Ora si vuole fare
di Durov, l’inventore e padrone di Telegram, un martire di Putin, un uomo in fuga
che si consegna per protezione alla polizia francese, dicendo “arrestatemi”. È la tesi dei servizi francesi, a copertura della
magra che hanno fatto obbedendo alla Cia, per conto degli affaristi americani
che vogliono Telegram gratis. Non è più un pedopornografo. Strano che i giornali
italiani, “la Repubblica”, “Corriere della sera”, pubblichino tal quale l’imbeccata
quotidiana. O non è strano?
L’Ucraina vince, l’Ucraina
perde, sullo stesso giornale, anche nella stessa giornata, giusto in pagine differenti,
persino con la stessa firma. È la guerra che fa perdere il senno? Non si può fare cronaca della guerra con
giudizio?
“La Ferrari vince
il GP dei mercati”, non vincendo mai una gara (prima di Monza, erano anni).
Sunseri fa il conto: “La capitalizzazione di mercato ha toccato quota 84
miliardi di euro, quasi il doppio di Stellantis. Colossi industriali come
l’Eni, l’Enel o Leonardo valgono molto di meno”. Il mercato è una favola.
“La
premier e Tajani hanno preso più voti di Macron e Scholz, a Roma un ruolo
forte”: il “Corriere della sera” dà risalto a Manfred Weber, il presidente dei
Popolari europei, intervistato da Guerzoni. I Popolari guardano a destra, i
problemi in corso si risolvono lì, per evitare lo slittamento dell’elettorato
all’estrema destra, come è già avvenuto nella ex Ddr, la Germania Orientale. E non
da ora: lo stesso Weber era venuto cinque anni a corteggiare Salvini, dopo il
suo exploit alle politiche e alle europee. L’estrema destra è un pericolo
reale, e si combatte con la destra moderata. Non chiudendo gli occhi, magari
eleggendosi “società civile”.
La sinistra
ridicolizza la maestra Salis, ora eurodeputata. perché vuole l’occupazione
delle case, “contro la speculazione” in agguato. Ma non la voleva e la praticava,
da giudice, anche Kamala Harris a San Francisco, quando era giudice (era
giudice Dem, cioè nominata e votata come candidata Democratica)?
Si continua a
propalare la politica monetaria delle banche centrali (tassi su-tassi giù) come
obbligata e dirimente. Ma la Federal Reserve, contro un’inflazione in netto
calo, non ha ridotto i tassi. La Banca centrale europea, contro un’inflazione
un tantino più resistente di quella americana, invece si. Ed
ecco allora la Federal Reserve precipitarsi ad annunciare, mentre le Borse cominciavano
a tremare sotto gli attacchi ribassisti, il taglio dei tassi. Il preannuncio è
già una politica monetaria, in grado di muovere montagne di capitali, ed è tutto
dire – la politica monetaria è la politica
del denaro.
La vita oltre la morte