sabato 26 ottobre 2024
Problemi di base di verità - 826
Il giubileo degli appalti
Si celebra l’anno santo,
periodicamente, come un’occasione di redenzione. Ed è un’occasione benedetta
per molti, anche se non di tipo celestiale: Roma, epicentro della celebrazione,
ne fa in ogni angolo una sagra della corruzione. Ognuno lo vede: cantieri
farlocchi per opere invisibili, da uno o due milioni. Di che riempire le casse
di un paio di migliaia di “aziende” o studi professionali (ingegneri\architetti).
E del Pd romano. Equanime nella fattispecie: Agere e Acer si spariscono gli “appalti”,
metà “de sinistra” e metà “de destra”.
Il modello equanime fu inaugurato
da Bettini, allora dominus del Pd nella capitale, col giubileo del Millennio,
con la giunta Rutelli di cui era il patrono. Non si fecero nemmeno cause - il
modello ha questo merito: evita i ricorsi subito dopo l’appalto. All’epoca si appaltarono
anche le grattatine dalle Mura Aureliane dei capperi – che poi naturalmente
ricrebbero più rigogliosi. Ora la specialità sono i marciapiedi: un mese di
cantiere in media per dieci-venti metri di marciapiede, non molto largo.
Ma, bisogna dire anche, si vede che
ora la mano di Bettini non c’è. I soldi dello Stato sono gli stessi, 4
miliardi. Ma allora si rifecero piazze e si costruirono monument enormi – anche
chiese e musei, a l’ancora incredibile Parco della Musica, ora solo briciole
(elemosine?).
Meloni a lezione di Machiavelli
Sotto
l’occhiello “the tightrope walker”, l’equilibrista, un curioso endorsement della
rivista, che non è mai stata tenera con la destra in Italia. Breve, ma robusto. Perfino sul tema
che apre l’articolo: “La politica in Italia è da tempo intrappolata in un ciclo
di aspri scontri tra giudici e procuratori da un lato e dall’altro i politici
conservatori”. Bene la “gestione governativa dell’economia” – “piuttosto sensata”.
Bene il budget 2025 – “potrebbe essere stato scritto a Bruxelles”. Sotto controllo
la coalizione, tra i moderati e i radicali, senza difficoltà. E a Bruxelles si
è permessa di non votare von der Leyen, per non metterla in difficoltà con la
sua maggioranza di centro-sinistra, salvo subito dopo riagganciarla, sulla gestione
dei fondi Pnrr, e dell’immigrazione.
Punti
deboli? Il prof. Orsina dice che “fa tutto da sé, potrebbe perdere il contatto
con la realtà”. Sarà. “Ma per il momento la realtà è che Ms Meloni gode di un
tasso di approvazione di oltre il 40 per cento - due volte più alto di quelli del
presidente Emmanuel Macron di Francia e del cancelliere Olaf Scholz di
Germania. Non male per un primo ministro che si avvicina al punto di medio termine
quando la popolarità dei leader spesso crolla”.
Giorgia
Meloni would make Machiavelli proud,
“The Economist”
venerdì 25 ottobre 2024
Ombre - 743
Ci sono due guerre, si elegge un presidente
americano tra due candidati improbabili
(roba “da basso impero”), la Cina vuole Taiwan, grossi comparti industriali (automotive
sopra tutti) sono in difficoltà, e gli indici di Borsa corrono ai massimi di
tutti i tempi. Non solo le banche – Intesa raddoppia di valore, Unicredit quadruplica
(sic!). Incoscienza dei risparmiatori? Ma il mercato non lo fa il “parco buoi”.
L’eonomia ha sempre una logica, la finanza poi di più.
“L’economia americana è più
grande e in miglior forma che mai”, ricorda l’“Economist”. Periodicamente, ogni
pochi anni nel lungo dopoguerra, o epoca della pax americana, si succedono
analisi di debolezza e declino dell’America. Viene il sospetto che siano alimentate
dagli Stati Uniti, un trucco per governare meglio il mondo.
Anche affidare la presidenza a Trump
o Harris rientra nello stesso schema?
E dunque l’8 novembre il Consiglio Europeo farà proprio il piano Draghi, ma senza il punto di forte e qualificante innovazione, la creazione di debito europeo. Non ci sarà un Treasury europeo, Francoforte non diventerà una piazza finanziaria in grado di attrare i capitali del mondo intero, l’euro rimarrà la denominazione di moneta di corso nella Ue. Business as usual, l’Europa si sente comoda come provincia dell’impero.
“Gli sbarchi cresceranno, la soluzione non
è respingere ma prepararsi ad accogliere: il neo cardinale Reina, titolare del
potentissimo vicariato di Roma, l’unico soggetto di affari spediti e sicuri in
tutta Italia, non ha dubbi: incrementare il mercato dell’accoglienza: ci
vogliono più immigrati per fare più soldi – 35 euro al giorno non sono molti, il
margine è ristretto, bisogna aumentare i volumi.
Non ci si pensa, ma l’America va al voto fra
dieci giorni come in una normale competizione elettorale. Mentre il nuovo presidente
sarà o un uomo d’affari imprevedibile, oppure una figlia di famiglia portata alla
vicepresidenza, dove non ha fatto bene e anzi male, in quote rosa e
colorata. L’Occidente sarà governato - è
la parola giusta, dati i poteri del presidente americano, un imperatore all’uso
antico romano - da uno di questi due.
Il Consiglio d’Europa accusa la polizia italiana di razzismo, abusi contro le minoranze, eccetera. Scandalo, a cominciare dal capo dello Stato. Non senza ragioni. Ma nell’apposita commissione del Consiglio, Ecri (commissione europea contro il razzismo e l’intolleranza) siede un professore Gambino, rispettato giurisperito peraltro, designato dal governo italiano – dal governo in carica. Il professore non sa il francese? Non ama Strasburgo, anche lui come gli eurodeputati?
Sale a 123 miliardi il conto del Superbonus,
il regalo, a debito, che tutti abbiamo fatto ad alcuni proprietari di case –
senza nemmeno beneficio per la transizione verde, perché la “ricopertura” non
lascia respirare i muri esterni. Mentre il gradimento del governo Conte bis, grazie
al reddito di cittadinanza (tutto a debito) al Superbonus (id.) saliva al
record del 62 per cento. La democrazia è ambigua: un esercizio di efficienza arduo,
più facili gli errori, camuffati.
Incredibile anche la lievità con cui la
notizia viene registrata, accanto a commenti lunghi e velenosi sull’indebitamento
dell’Italia.
“In ‘Modì’ di Johnny Depp (uomo di gentilezza
rara) sono la migliore amica di Modigliani”, Luisa Ranieri spiega a Valerio
Cappelli (per un’intervista che finalmente ha portato Cappelli in prima sul “Corriere
della sera”). Depp, l’attore che ha subito un processo per violenza domestica
sulla ex moglie Amber Heard. Due anzi, uno in Inghilterra, che naturalmente ha
perso poiché sfidava “The Sun”, bibbia locale, più forte della Famiglia reale,
tre milioni di copie e molte “forme” femminili in terza pagina, quella che più
si vede aprendo il giornale. C’è un mercato delle violenze domestiche? La
pratica americana degli avvocati a percentuale fa sfracelli.
Richiamo in prima con foto, e una pagina intera
molto illustrata sul “Corriere della sera” per Saviano che ai celebra vittima di
Meloni alla Fiera del Libro in Germania: “La Germania dalla mia parte”. A proposito
di che? Saviano, grande cacciatore di mafie, non sa che ce ne sono varie
sull’immigrazione? Da trenta e forse quarant’anni.
I russi in Moldavia (“noi diciamo Moldova”,
fa Francesco Merlo su “la Repubblica”, “Moldavia sa di russo”) mettono in minoranza
alle presidenziali la president uscente Maia
Sandu. Non hanno bloccato il sì alla Ue, che la stessa Sandu proponeva
in un referendum, ma per pochi voti.
Le nazionalità non russe dell’ex impero russo
e sovietico se ne allontanano, la Moldavia e la Georgia dopo I Baltici, e il tentativo
ceceno, e la Ue fa loro da sponda. Senza però valutare vantaggi e rischi, per
le stesse popolazioni: l’irredentismo è un’esigenza, e un’arma, delicata.
La “fuga di notizie dal Pentagono” sui nuovi
armament fa venire allo scoperto un G Five Eyes, la concertazione degli Stati Uniti
su temi e armi sensibili, con Australia e Nuova Zelanda, oltre che con Londra e
il Canada. Gli Stati Unit, cioè, sono proiettati sul “confront” con la Cina.
Meraviglia che spingano, in questa ottica, la Russia verso la Cina – il deep
state americano non è così brillante?
Nella mail contro il governo il giudice
Paternello dice a un certo punto che la magistratura è “isolata nella società”. Che
non è opera del governo. Ma lui non lo sa – non si chiede il perché. E neanche
i giornali che lo difendono - giudicando anch’essi che Meloni, non essendo attaccabile
sul piano personale, è per questo “più pericolosa”, come sempre Paternello dice?
E strano che una persona di così
scarso senso politico (o non di giudizio? non capisce quello che dice) sia un
alto magistrato.
Sulle questioni aperte in tema immigrazione
illegale, la causa contro Salvini, la sentenza contro la soluzione Albania della
presidente di Magistratura Democratica, l’opposizione pensa di ottenere dei
vantaggi politici. Dei vescovi forse sì, per il mercato dell’accoglienza. Ma
l’opinione è a favore di Meloni: l’immigrazione illegale non si può tollerare.
I vescovi si distinguono, che
pure sanno di che si tratta (ci sono nunzi in ogni paese africano, che sano nomi
e cognomi dei trafficanti): invece di proporre soluzioni, si adagiano sull’opposizione
al governo. Per una diaria di 40 euro invece di 35? Ma per questo non andranno
in paradiso, nemmeno alle elezioni.
L’Italia è il Paese che più
contribuisce alle missioni militari Onu, alle missioni Nato e alle missioni Ue,
in effettivi e in spesa – che non taglia nemmeno in casi di budget difficili da
quadrare, come questo del 2025, dopo le follie 5 Stelle, il Superbonus e il reddito
di cittadinanza. Con risultati nulli, su tutti i fronti.
Nell’ultima infornata di cardinali,
per un concistoro ormai tutto di sua nomina in poco più di dieci anni di
pontificato, il papa argentino ha nominato un centenario (99 anni), Angelo Acerbi,
già cappellano dell’Ordine di Malta, e un gruppo di cinquantenni. L’organizzatore
dei suoi viaggi, Koovakad, un indiano titolare di una diocesi fantasma di Caldei
in Turchia. L’agrigentino Baldassarre Reina, quello del business dell’accoglienza, improvvisato vicario
di Roma. E Francis Leo, di famiglia napoletana, che un anno fa aveva fatto arcivescovo
di Torino. Il papa che si vuole francescano è pur sempre un gesuita, un
manipolatore del sacro.
“Sapresti passare il test britannico
di cittadinanza?, chiede l’“Economist”? E risponde: “Se sei un nativo
britannico no”. Hastings può andare, più o meno tutti dovrebbero saperlo, quando
fu combattuta (1066) e chi la vinse (Guglielmo il Conquistatore). Anche Agincourt
(1515, Enrico V). Con Boford Field cominciano i problemi (1485, Enrico VII).
Con la battaglia di Boyne è il buio. E quanti britannici saprebbero collocare
Bradford sula cartina geografica? O sapere cos’è un “Ulster Fry” (una ricetta? un
crimine?). E chi era Kenneth Mac Alpine (un immobiliarista?)”.
I francesi del Canada, uno spasso
Una commediola francese
in salsa americana, anzi canadese. Parlata in quebecois, un francese di
quialche secolo fa, da tipi analoghi, francesi all’antica, con spunti anche divertenti
– il film si vuole comico. La ragazza “francese”, cuoca aspirante chef,
torna a casa da New York col fidanzato americano, insegnante (fantasioso, spettacolare)
di scuola media. Che a Québec City scopre che la fidanzata ha avuto una storia
con la direttrice della catena alberghiera che mette in palio il posto di chef,
e poi ne è stata abbandonata.
La sfida della gelosia
fra la neo direttrice e l’insegnante si concluderà come sappiamo. Ma gli aneddoti
di vita vissuta e linguaggi franco-canadesi sorprendono, gradevolmente –
avranno sorpreso i due registi, anglo-canadesi del Québec.
James A. Wood-Nicolas
Wright, French Girl, Sky Cinema
giovedì 24 ottobre 2024
I Brics non sono per ridere
Si sottovaluta il vertice dei Brics
in corso in Russia, come una manifestazione di propaganda di Putin nella guerra
contro l’Ucraina. Sono governi democratici, più o meno, del 40 per cento della
popolazione mondiale, quattro miliardi di persone, e di un terzo - il 30-32
per cento - del pil globale. Soprattutto si sottovaluta il rapporto, che non
c’era prima della guerra e ora è stretto, della Russia con la Cina. Che sarebbe catastrofico nel caso di una confrontation aperta tra Stati Uniti e
Cina – che gli Stati Uniti non escludono, chiunque vinca fra Harris e Trump, e
per certi aspetti preparano.
A meno di una crisi di questo
genere, i Brics sono un’altra cosa. Non sono un fronte politico. Non
anti-occidentali – India, Brasile e Sudafrica hanno rapporti molto più stretti
con l’Occidente che con la Cina, e tanto meno con la Russia. Così come i nuovi
entranti Emirati Arabi, Egitto et al., e l’osservatore Arabia Saudita.
Sono – erano alla creazione – un altro modo di essere in Occidente, alla
ricerca di ragioni di scambio migliori, in quanto grandi esportatori, di
manufatti o materie prime, minerarie e agricole, e terre rare. Da qui anche la
“sfida al dollaro”, altrimenti insensata, per rapporti di cambio meno
penalizzanti.
Oggi la protesta monetaria parte
dalla Russia. Per il congelamento dei fondi della sua banca centrale a Fort Knox
e in euro, 300 miliardi di dollari, di cui si minaccia la confisca - un fatto
senza precedenti nel diritto internazionale, e nei mercati finanziari (li
porterebbe al collasso, la fuga generalizzata: la Cina ha somme colossali in Treasury
Usa), la Russia non essendo in guerra con gli Stati Uniti né con l’Europa. Ma la
protesta si limita a un’alternativa allo swift, da cui la Russia è stata
esclusa - il sistema internazionale dei pagamenti basato su dollaro e euro.
Verso uno swift alternativo
Uno swift, sistema di pagamenti
internazionali, parallelo, non più basato sul dollaro, non è per oggi. L’India certamente
non vorrà commerciare in yuan, tanto meno in rubli. Potrebbe però realizzarsi
rapidamente se lo scontro tutti azimut aperto dagli Stati Uniti contro la Cina
dovesse tracimare dal de-coupling, dale nazionalizzazioni larvate
(Huawei, TikTok) e dai dazi e contingenti alla finanza (sono colossali gli asset
cinesi in Treasury Usa) o addirittura alle armi.
Il circuito parallelo di pagamenti
internazionali si configura, d’altra parte, non su una moneta alternativa al dollaro,
ma su su una moneta nominale, analoga ai diritti speciali di prelievo che
tennero il campo cinquant’anni fa - dopo la crisi petrolifera, che moltiplicò
la “dollarizzazione” degli scambi: una “valuta di conto” (i dsp, coniati
nel 1969 dal Fmi per valutazioni interne, oggi fanno perno, con diversi pesi, su
dollaro, euro. yuan, yen e sterlina).
Cronache dell’altro mondo elettorali-spionistiche (298)
“La competizione presidenziale è
un’opportunità privilegiata per le intromissioni straniere. Il conteggio dei
voti non presenta rischi, anche se Trump vorebbe convicervi che le urne
elettorali sono manipolate. La minaccia reale di interferenze elettorali sta nelle
piraterie e le intromissioni, bots e
trolls, pagamenti sottomno, falsi IA, e attacchi pubblicitari mirati – in
provenienza da Iran, Russia e Cina.
“In un reportage rigoroso David D.
Kirkpatrick ha parlato con esponenti dell’Intelligence,
inclusi quelli del Foreign Malign Influence Center, per valutare il pericolo
che i nemici usino queste tattiche per distorcere l’opinione, screditare
il voto, e condizionare i suoi esiti.
Chi ha il compito di proteggere il
voto presidenziale dalla manipolazione di potenze straniere deve trovare il
modo di mettere l’opinione in guardia quando il danno è manifesto – senza rivelare
i suoi metodi e le fonti”.
(“The New Yorker”)
C’è un ufficio americano che si
chiama Centro dell’Influenza Maligna Straniera. È stato creato due anni fa.
Nel 2016 Obama ha creato anche un
Global Engagement Center al Dipartimento di Stato, per “riconoscere, valutare,
denunciare e contrastare la propaganda straniera statale e non statale e la
disinformazione mirate a minare o influenzare le politiche, la sicurezza o la
stabilità degli Stati Uniti, dei suoi alleati, e le nazioni partner”.
L’apice del complottismo - che la
rivista depreca - è la denuncia del complottismo?
Ecobusiness
Nel pieno della “transizione verde”
si producono quantità sempre maggiori di rifiuti, per quanto differenziati, e
quindi in parte riciclati. Ma non si interviene sull’industria del packaging, di plastiche e cartoni, che
ne producono i maggiori quantitativi.
Si vende il vino ormai solo in bottiglia,
invece di quello spillato dal vinaio, molto migliore e meno caro. Si consumano
quantità sterminate di acque minerali –l’Italia è la prima consumatrice al
mondo, pro capite e in assoluto – pur disponendo di acqua di fonte (di
rubinetto) assolutamente “minerale”.
Si viaggia in automobili, comprese
quelle elettriche, dai volumi tre e quattro volte superiori a quelli di
trent’anni fa. Con impiego tre e quattro volte superiore di metalli e vernici,
e produzione accresciuta di poveri sottili, per una maggiore aderenza stradale, e
della stessa CO2 per effetto del peso. Con carreggiate stradali sempre più
allargate da 3,25 ai 4 metri, un ingombro in bitume accresciuto di quasi un
quarto.
Oblomov a Roma
Film d’esordio dello
sceneggiatore, scritto, diretto e interpretato da lui. Sul vecchio aneddoto:
chi sta tra due sedie cade per terra.
Prima lui corteggia,
s’innamora e seduce una bruna. Poi una bionda. Mancandole entrambe all’appuntamento
più importante – è uno che dorme sodo, non si sveglia. Un amico gli fa da sprone,
spiegandogli i fatti, ma non c’è niente da spiegare.
Una specie di Oblomov
romano? O forse un film generazionale, di ragazzi (maschi) abulici e di ragazze
semplici, attive, e anche accudenti, un po’. Forse solo un esercizio da content
creator online, di imagini per l’immagine, senza misura o economia
d’insieme – senso della storia.
Lanciato alla Festa
del Cinema a Roma e lodato da molte recensioni, con pochi spettatori,
pochissimi.
Filippo
Barbagallo, Troppo azzurro, Sky Cinema, Now
mercoledì 23 ottobre 2024
Ma che partite vedono i cronisti del calcio
Capita di impigliarsi a vedere di
seguito, proposte dalla cara (costosa) emittente, due irritanti partite della
Juventus, la squadra di calcio. Contro la Lazio in 11 contro 10, e contro lo Stoccarda,
squadra tedesca di media classifica reduce da uno 0-4 in campionato. Due partite in casa propria, di fronte al proprio pubblico. Irritanti,
perché la Juventus palesemente non sa giocare. Non una, due volte: non ha agonismo,
non ha tecnica, non ha schemi di gioco, sa solo indietreggiare – toccheggia davanti
al suo portiere, la “costruzione dal basso”. Con un centravanti sperduto a
centro campo – nei 100 minuti ormai rituali della partita non tocca palla. E due
alette leggere che hanno un solo gioco, l’uno “a rientrare” col piede destro, l’altro
“a rientrare” col piede sinistro. Con un allenatore che non ha un’idea sua di gioco,
né sa adattarsi, all’avversario e alla partita, malgrado i 25 campioni a sua disposizione
- campioni d’ingaggio, si legge, e di trasferimenti multimilionari. Contro la
squadra tedesca ha perso per un solo gol, ma ha subito una ventina di tiri in
porta, da tutte le posizioni, in tutte le combinazioni possibili, contro nemmeno
uno suo nella porta avversaria – uno solo, un solo tiro.
Frastornante, irritante. Umiliante
anche, a prescindere dal caro-canone. Ma i telecronisti fanno finta di non
vedere – nel loro gergo “super-tecnico” dicono tutto e non dicono nulla. I
telecronisti si possono capire, devono impedirci di cambiare canale. Ma non lo
dicono nemmeno i giornali il giorno dopo. Giusto un po’ di disappunto, negare
l’evidenza non si può. Ma l’allenatore era e resta bravissimo, pratica un gioco
offensivo – e come no. E i calciatori della rosa rinnovata sono tutti campioni.
Anche se deboli di muscoli e di testa – la giustificazione dell’incapacità di giocare
sono gli infortuni. Quindi encomi piegati in due al direttore sportivo che li
ha ingaggiati, anche a costo di pagarli caro e carissimo.
Questo club ha così abili manipolatori
online? Li pagherà altrettanto bene che i fuoriclasse che vanta? Un club di
tromboni, allora.
Secondi pensieri - 476
zeulig
Filosofia - Arnauld promise al duca di Louynes
d’insegnare a suo figlio a pensare in cinque giorni. E ci riuscì: L’arte di pensare redasse con
Pierre Nicole in sei giorni, niente è impossibile, e poi la ridusse a quattro
quadri di quattro giorni (capire, giudicare, ragionare, ordinare)
– a Gombrowicz bastano sei ore e un quarto,
ma non si ride.
Globalizzazione – (In termini desueti, prima dell’evento, se ne potevano delineare
presupposti e esiti. Utili da riprendere ora che il vento politico va in senso
inverso, dovendo\volendo gli Stati Uniti bloccare il fenomeno Cina): L’impresa
multinazionale pulsa della vita del mondo, nel quale il suo corpo è sparso, sia
pure il cervello o il cuore radicato in un punto. Quando l’impresa capirà di
nuovo se stessa e l’epoca, l’esigenza di portare alla storia gli esclusi,
allora sarà un fuoco d’artificio incessante. La democrazia si radica nell’economia,
il mercato è il luogo delle idee. Gli in ingredienti del mercato, mano
invisibile, trasparenza, egualizzazione, ne fanno una filosofia al di là dello
scambio: la domanda e l’offerta non sono numeri ma ipotesi. Nel loro disegno, e
nelle intersezioni, sono giudizi e non fatti, occasioni tra infinite
possibilità. È così che il denaro è la rivoluzione: scardina le società senza
neppure fare pum! col dito. E metterà il Terzo mondo alle costole
dell’Occidente adiposo, esso e non gli aruspici terzomondisti - che più sono rumorosi
dove l’imperialismo è dichiarato, in Francia e negli Usa. L’impresa artiglierà il
Terzo mondo, lo imboccherà, ne irrobustirà i pettorali in palestra: ha bisogno
di vendere, dovrà renderlo capace di comprare.
Ozio
– Rousseau, che voleva l’uomo “naturalmente ozioso”, in questo ci
coglie - è incredibile quanto l’uomo è ozioso pure in questa epoca laboriosa, è
per riposare che si fatica: “È la pigrizia che rende laboriosi”.
Politica - Se l’uomo è animale
politico, è imbarazzante non essere d’un partito, non più. Ma, non lo diceva
Goethe?, la coerenza è un valore sociale: gli altri vogliamo che siano
coerenti, noi ci godiamo l’incertezza. Per la mimesis, processo di creazione letteraria per eccellenza poiché lo
vuole Aristotele, e dunque obbligato: rifare l’azione, organizzare l’evento.
Che è, guardando, vedere lo scheletro. Non al modo di Bradbury, il signor
Harris che si scopre dal radiologo. Ma piuttosto della lince, o Baudelaire, o papa
Innocenzo III, Lotario dei conti di Segni, che sotto la bellezza vedono lacerti
sanguinolenti. E si finisce in politica kantiani, attestati sulla pratica negativa.
Costernati dalla
moltitudine di Platone: “Ai molti molte cose paiono vere”.
È pure semplice, non attendendosi nulla dallo Stato, che etico non è, solo un mazzo
di politici. Il diritto è al più “un ostacolo agli ostacoli della libertà”. Gli
uomini tutti politica fanno senso, più dei sentimentali. Sono animali che
errano nel bosco, tanto imponenti quanto irresoluti.
Politicamente corretto – Ma non è un catechismo?
Storia - “La
storia”, opina Lorenzo Valla, “ci fa partecipi e senza danno giova all’uomo,
inseguendo la verità per così dire con le navi e i cavalli”.
La rivoluzione è credere che la storia vada a
un fine. Ma che storia è questa?
La storia non spiega la bellezza: non la natura, né il rapporto
con gli altri.
Fu – è –
l’arma del colonialismo. che fu soprattutto espansivo in campo
gentilizio. Per la superfetazione della storia in forma di tradizione, e la
fabbrica dei nobili. Moltiplicandone il seme nell’esercito, la scuola, lo
sport, per l’epica della caccia e la guerra, e nel terziario. Il trafficante ci
tiene, e lo ufficiale, il funzionario, il giudice, l’agricoltore - il medico e
l’ingegnere no, che si applicano, né il negoziante, che è greco, asiatico,
ebreo, ed è concreto, il commercio è genere faticativo, ingrato. Lo scoprirono
con gioia gli stessi socialisti quarantottardi o comunardi, deportati in
Algeria o al Capo: divenuti agricoltori si atteggiarono a gentiluomini di
campagna. Tutti nobili gli africani dopo le colonie, è il lascito più durevole:
pochi stimano la libertà, l’autostima dei lavoratori. L’invenzione della
tra-dizione vi fu fertile, degli anziani contro i giovani, gli uomini contro le
donne, una tribù contro l’altra, e c’è un pedigree
pure per gli ascari.
La nostra
storia riproduce il primo monologo del Faust,
niente di più, quando Faust vorrebbe lasciare i libri per il vasto mondo, e
sfoglia Nostradamus. Ma basta evitare il retromondo di Nietzsche che le persone
in condizione abietta si fabbricano, paradisi terrestri e sfere angeliche, il
realismo è più necessario della creazione. Del
superuomo di Nietzsche, che si vuole più che un uomo per il desiderio di
assoluto, aveva detto san Paolo agli ateniesi, lodandone l’altare al Dio Ignoto.
Se non che il professore di Basilea, dice Solov’ëv, ha preso a scrivere sul
superuomo “in generale”, come il gogoliano Tentetnikov, il quale scriveva sui
“generali in genere”, secondo quanto gli prospettava l’anima persa Cìcikov.
Ora, il metodo Cìcikov può andare bene per il pubblico dei disturbati, che se
piove si disperano, e se c’è il sole. O per il Bonce d’Isaac Peretz, che “visse
come un grano di sabbia incolore sulla spiaggia, confuso tra mille suoi
simili”. Si può menare vanto di essere inattuali, più lunghi delle spanne della
storia. Ma per chi? Non per la storia. O del troppo amore. Di cui Aristotele
però annota: “La sensibilità rivolta a più oggetti è meno sensibile alle
singole realtà”. Cioè non è sensibile.
Le novità accelerano la storia. O la deragliano? Anche.
Può la
storia deragliare, da quale percorso? In realtà non può deragliare, perché non
va su un binario, può derapare, come un’automobile su una pista ghiacciata – e sbattere.
Ma può anche non avanzare, senza rischio: la tecnica ciclistica del surplace
si addice alla storia, come paura di riflessione, momento e luogo di osservazione
– la storia sa fare tutte queste cose insieme, ha mille occhi.
Tempo – “Perdere il tempo” naturalmente non si può, il tempo non è nostro, di proprietà.
Verità - La rivoluzione può essere un caso del bene che non è vero, e dispiacere a Socrate e Platone, i quali il bene identificano con la verità.
Anche la
verità di una rivoluzione può non essere un bene. E tutto questo può essere, è,
conservatore e reazionario. Ma non in una prospettiva critica, nella quale si
cerca la verità. La verità è nel vocabolario, secondo Foucault.
“La verità vuol star di sopra”, è assioma di Bertoldo: non importa sopra chi ma deve cavalcare.
“Impugnare la verità conosciuta” era, ed è, uno dei sei peccati contro lo Spirito Santo.
zeulig@antiit.eu
Milady al massacro
Un guazzabuglio.
Caratteri spenti o contraddittori, compresa Milady. Vicende aggrovigliate, sia
a corte che tra i moschettieri, che non si capisce come si stanno svolgendo e a
opera di chi – le facce sono insondabili, del re, di suo fraello, di Richelieu,
di un primo Talleyrand.
Tanto era veloce,
diretto, e innovativo, nelle vicende personali, le psicologie e le avventure dei
moschettieri il primo episodio, “D’Artagnan”, tanto è confusa questa “Milady”. È
come se il regista si divertisse per fatti suoi senza occuparsi degli spettatori - o la produzione, con gli scarti del primo film? Un massacro – della stessa Milady alla fine, senza alcuna cavalleria.
Martin Bourboulon,
I tre moschettieri – Milady, Sky Cinema
martedì 22 ottobre 2024
Il business dell’immigrazione “non c’è”
Molte
pagine sull’immigrazione, in connessione con l’Albania e in assoluto, nella
diatriba fra governo e giudici, ma niente, nemmeno una breve, sull’Operazione “Levante”
della Guardia di Finanza, su disposizione della Procura di Crotone. Sull’esistenza
accertata di vere e proprie “agenzie di viaggio” costosissime, da diecimila euro
in su, per migranti irregolari dal Medio Oriente. Con tanto di sportelli in Turchia,
documenti falsi, e assistenza in Italia - dopo lo sbarco sulla rotta jonica,
fra Roccella e Crotone - per i migranti “non richiedenti asilo”, non per ragioni
umanitarie. Attraverso i Cara, come tutti sanno – nella fattispecie il Cara di
Isola Capo Rizzuto. Per il proseguimento del viaggio verso la Francia e altrove.
Silenzio
dei grandi giornali in sintonia. In pool, fra cronisti giudiziari, o per
decisione dei direttori. Malgrado i tanti risvolti curiosi e nuovi della
vicenda. Compreso il fatto che non è affare di mafie, di ‘ndrangheta. Ma la
cosa resta: c’è un’organizzazione, varie organizzazioni, delle migrazioni
clandestine, di non perseguitati politici. Che sono, spiega la Guardia di Finanza,
un affare molto lucroso. Con il sostegno, a questo punto, dei grandi giornali, della
grande editoria? Certamente no. Ma: che cos’è giornalismo?
Ma la giustizia politica è di destra
Si
sbracciano i media “coscienza della nazione”, specie i giornali, “Corriere della
sera”, “la Repubblica”, anche un po’ “Il Messaggero”, a difendere le perorazioni
anti-governo del giudice di Cassazione Paternello – “Meloni
non ha inchieste giudiziarie a suo carico e quindi non si muove per interessi
personali ma per visioni politiche e questo la rende molto più forte, e anche
molto più pericolosa”. Dire “pericolosa” un capo del
governo per il solo fatto di essere stata eletta in libere elezioni è una forzatura,
ed è violenta – intimamente violenta, malgrado il piglio sindacale della
forzatura. Ma soprattutto manca, alle giustificazioni, l’essenziale: che la
giustizia “politica” è fascista, anche se esercitata a sinistra. Come è avvenuto
in Italia fino a Mani Pulite, e dopo contro la destra, contro Berlusconi e ora
contro Meloni.
Il
potere della legge è violento, la giustizia è violenta: è l’esercizio della
forza da parte dello Stato, delle istituzioni – lo Stato ha il monopolio legale
della violenza. Ma tipicamente vi si riconosce la destra politica, autoritaria
- “la Legge”, per dire i Carabinieri, è metonimia corrente al Sud, ma in questo
caso corretta (giuridicamente e costituzionalmente pertinente).
C’è
– c’era, avrebbe dovuto esserci – un dovere di resistenza anche in ambito
giudiziario a fronte di regimi politici dittatoriali. Ma questo non è il caso
dell’Italia repubblicana, dove i regimi politici (i governi) sono elettivi, periodicamente,
e costituzionali. Questi pronunciamenti alla Paternello, per quanto giustificabili,
perfino se fossero giustificati, spostano sulla giustizia, sui giudici, la
carica violenta della legge.
Mal d’Africa – vecchio e nuovo
Il mal d’Africa è sempre l’idea di un
ventre rosa vivo, cedevole, caldo, tanto più sotto la scorza scura. Per il
madamismo che molti rovinò – non le africane, da tempo libere, in regime di
matriarcato, mentalmente e progettualmente: l’obbligo del matrimonio a tempo per
poter avere una fidanzata locale, traducendosi in ripudio automatico alla fine
del periodo, porta alla ripetizione compulsiva – come di chi divorzia spesso.
Il
madamismo è rapporto classico, è già nel diritto romano, e potrebbe chissà
risolvere il problema dell’amore nell’età dell’inappetenza. Rapporto civile,
poiché si stabiliscono prima le condizioni patrimoniali, senza inseguirsi poi
con acrimonia per la vita. Mentre nulla impedisce che perdurando l’accordo si
continui il rapporto. Esso però introduce nel rapporto affettivo l’artificio
della legge. Senza peraltro, in società e culture di solido virtuismo borghese,
quella liberazione terapeutica che assicurano i matrimoni a tempo con le
squillo al Cairo, per esempio, per una settimana o una notte. Questo non è
terzomondismo, ma è leale.
L’Africa da troppo tempo è la Grande Madre, pur
mutando colore – era bianca quella di Graves originaria, che non può essere
l’Europa, ultimo continente emerso. E i più confonde, pur essendo semplice. Perfino
bianca sotto la scorza nera. ben prima che padre Brando e le opposte scuole di
paleoantropologia ne facessero il paradiso terrestre: nera fu la prima formica,
che giocava coi dinosauri.
L’Africa è di tutti perché si pensa
sempre vuota e ognuno se l’appropria, lo schiavismo è istinto indomabile. Il
colonialismo è stato detto più volte missionario, ma ci sono colonie buone.
Quella di Focea a Elea fu eletta, popolata da Senofane, Parmenide, Zenone.
Senofane, che Elea creò, veniva da Efeso, in Turchia, dove c’era Eraclito,
superba filosofia. Ci devono essere coloni, per la pedagogia d’obbligo, che è
innesto di culture.
Braudel trova nella Grammatica della civiltà che “per la comprensione del
mondo nero la geografia fa premio sulla storia”. Speriamo di no. O sì, la
natura è storia. Benché lenta, agli effetti pratici immobile. Lévi-Bruhl
analizza la mentalità primitiva in centinaia di pagine, per dirla indecifrabile.
Confuso forse dal
confusissimo Freud, che confonde, in Totem
e tabù, primitivo, selvaggio, malato e sano - uno inetto, nonché a Dio,
alla storia e all’evoluzione e tutti ci fa malati, selvaggi, primitivi. Ci
appropriamo di tutto – anche se da un po’ ci ridono dietro. Gli amati
neri che ballano e cantano gli studi peraltro mettono da parte, intontiti dalla
decolonizzazione e in disarmo. Preda d’ogni brigante di passo, anche solo
turista o cooperante, loro che amano la guerra. “Che volete che vi dica di
qui?”, Rimbaud da Gibuti scrive ai familiari: “Che ci s’annoia, ci s’abbrutisce”.
E Amin, poco distante, ha potuto dire di sé: “Sono l’eroe dell’Africa”, un
caporale padrone dell’Uganda, il paese delle quattro primavere. Dumas vi
troverebbe con difficoltà “la gentilezza e l’esibizionismo della gente di
colore”. Ma è pure vero che nell’eterna primavera niente matura.
L’Africa suo malgrado
Mi raccomando,
“stai sempre dalla parte dell’elefante”. Il saggio del titolo ironizza sulla “scrittura
dell’Africa” da parte di non africani –
impersonati da un patroneggiante Kapuściński. Sui pregiudizi e luoghi comuni, decine,
centinaia, migliaia di pregiudizi, o meglio modi di dire, compresa la sorta di politicamente
corretto qual è il naturalismo.
“Il potere
dell’amore”, altro saggio importante della raccolta, è una denuncia avvolgente,
sarcastica nei fatti, ogni riga una sorpresa, del business della Cooperazione:
“Le risorse versate sono incredibili: decine di migliaia di 4x4 stanno straziando
il Paese alla ricerca di un progetto da amare”. Il cooperante tipo, un ragazzotto,
è sbarcato zaino in spalla, ex barista a Londra, “e ora fa consulenza per le
Nazioni Unite a 5 mila dollari al mese…. mentre i laureati del Kenya vendono
frutta a bordo strada per un dollaro al giorno”. Tutta la rubrica tenuta per il
settimanale sudafricano “Mail&Guardian” è una polemica serrata, ironica ma
argomentata, con fatti straordinariamente veri, sulla cooperazione. Non solo i giovanotti
sena mestiere a caccia di esperienze esotiche ben pagate, ma, poi, i progetti!
Come la lavorazione del pesce per la quale i norvegesi hanno costruito una fabbrica,
nel deserto kenyota.
La polemica non è
nuova, è vecchia già di mezzo secolo e oltre, di quando le Nazioni Unite dichiaravano
gli anni 1960 la “Decade dello Sviluppo”, grazie agli “aiuti” internazionali –
l’Italia si affacciò a questo mercato vent’anni più tardi, con una legge del
1983 voluta da Pannella e votata da tutti, che creava la Cooperazione italiana,
gestita dal ministero degli Esteri (da allora la maggiore occupazione del
ministero), con an dotazione di duemila miliardi, rimasta poi immutata (oggi è un
miliardo). Si seppe subito che ne beneficiavano solo le economie “donatrici”, sia
degli aiuti bilaterali sia di quelli multilaterali, attraverso le numerose
agenzie dell’Onu, e la stessa Banca Mondiale, creata a questo scopo. Compresi i
loro cooperanti, giovani ambosessi a caccia di esotismi remunerativi, della borsa
e della personalità. Wainana si fa leggere perché sa condire golosamente il sarcasmo.
Solo l’ironia è efficace contro le anime buone degli “aiuti all’Africa”, come
dire ai selvaggi.
La scoperta dell’Africa,
diceva un insegnante alle medie, è stata fatta prima di Gesù Cristo (“hai fatto
la scoperta dell’Africa, la quale è stata fatta….”). Ma in che modo? Quella di
Wainana, lo scrittore kenyota-sudafricano morto cinque ani fa, è di nemmeno
cinquant’anni fa. Il racconto più lungo e più famoso della raccolta, “Scoprire
casa”, è letteralmente la scoperta del Kenya, dove Wainana è nato e cresciuto –
lo scopre dopo avere studiato e vissuto in Sudafrica. Premiato, ma è un racconto
semplice, di cose viste, fuori Nairobi, tra le varie tribù, con varie usanze, sorprendenti
anche per lui, specie fra le donne, anzi fra le lolite. E questo dà da pensare
– al lettore, non a Wainana, che la sua scoperta propone come uno schiaffo ai
non-africani che blaterano di Africa.
Il saggio fu scritto
in polemica con Kapuściński, e con Bono Vox. Fu pubblicato su “Granta”, ebbe
eco vasta –ancora oggi è il saggio più letto della rivista inglese – e gli
procurò un paio di cause. Ma, se così è, si conferma lo stato pietoso in cui giace
l’Africa, anche nelle tenzoni letterarie.
Dell’Africa reale
un solo accenno Wainana dà nell’antologia, indirettamente, nella postfazione di
Achal Prabala, lo scrittore e amico indiano che ha curato l’antologia (e ha
provveduto a sistemare i saggi per tema, con una breve presentazione per ogni
gruppo). Con “Scoprendo casa” si candidò al Cane Prize per la letteratura
africana. “Gli organizzatori lo rifiutarono, spiegando che il loro era un premio
serio e che quindi ammettevano soltanto scrittori seri pubblicati su giornali
seri”. Al che Wainana poté obiettare: “Ah sì? In Africa nell’ultimo anno è
stata pubblicata una sola antologia cartacea. Dove pensate di trovarli, i racconti?”
Con i soldi del premio, Wainana poi fondò la “rivista letteraria che avrebbe voluto
leggere”, che chiamò “Kwani”, embé? E subito poi ebbe fama internazionale in
ambito anglosassone col saggio del titolo, pubblicato anche questo su “Granta”.
Di sé Wainana testimonia
qui l’“erotomania culinaria”. Sa cucinare, ha riproposto decine di piatti africani,
pescati qua e là nelle tante tradizioni locali del continente, e ne ha fatto
pure la sua attività, per alcuni anni in Sud Africa, con un proprio ristorante
in società con amici. Molte annotazioni culinarie ricorrono nei racconti. Ma di
più ricorrono le storie di madre e di figlie. Più in generale la “diversità”
dell’Africa racconta attraverso ritratti e ritrattini, ance solo lampi, femminili.
Non c’è un problema di femminismo in Africa, di rivalsa – ma questo si sapeva
dalla vecchia antropologia, l’Africa è matrilineare. Con una piccola rivalsa. Al
tempo dell’imperialismo europeo c’era l’“odore dell’Africa”, se non
dell’africano, al quale gli africani ribattevano che l’uomo bianco “puzza di cadavere”.
Wainana non ne fa una discriminante, ma nota che “l’odore della ragazza bianca”
è “come ragnatela nelle narici”.
Procede così, per
frammenti, per lampi. Anche nei racconti più lunghi, elaborati. È così che è celebrato
in ambito anglosassone per aver e destabilizzato il “discorso sull’Africa”, i
modi di dire, anche i più partecipi. Sull’Africa senza fìgli africani. Delle anime
buone della cooperazione come di ogni altro viaggiatore, analista, scrittore.
Con molti racconti
nel racconto. Le ragazze Masai che si sposano a tredici anni per accumulare,
presto e molto, a spese del marito. Le dame tutsi del Ruanda che non devono
fare sforzi – in loro vece li fanno le serve hutu. La Grande Famiglia che si
ritrova in Uganda per le nozze di diamante dei nonni materni, un centinaio di persone
che non si conoscono – e la sorella amata della mamma che, vecchia, arriva da
New York incrollabile tra mille incidenti. Altri testi sono per qualche verso scontati,
meno sorprendenti. Haye-onWye in Galles, il paese delle mille librerie. La
circoncisione, tra i kikuyu e le altre tribù, semprer varia. La personale “scoperta”
delle tante tribù del Kenia, in aggiunta ai kikuyu della politica e degli
affari, dei kalengju, dei masai, dei turkana, dei kamba. Dolo di sfuggita si dice
della madre che è una tutsi – per dire che è, anche in età, una bella donna. Ma
si pone il vecchio quesito imperialista: “Come si crea una nazione partendo da
una quarantina di tribù”, di lingue, di usi?
Con rispetto per i
riti cattolici, che la mamma pratica, meno per l’islam – a un certo punto si dice
un amico corrotto da “tremila anni di frollatura mussulmana”. Con qualche
scurrilità. Rara, ma aiuta a capire l’enigma del postumo incompleto (rielaborato
lungamente) “Franza”, della pur timorata Ingeborg Bachmann: “donne tedesche arrapate”
ricorrono, anche “bionde scandinave”, alla caccia dell’uomo nero. E c’è chi ricorre
alla “DolceMamminaRicca in Germania” per promettere sfracelli a letto al
prossimo incontro, mentre chiede soldi per “mantenere saldo il totem”.
Una raccolta
rinfrescante. Di grande lettura, sempre per un qualche verso, anche per chi non
sa o non vuole sapere di Africa. Di cose viste e di divagazioni. La “Donna
Nandi” per cominciare che si ritrova sui muri in casa, la donna-divinità della tribù
Nandi di cui infine scopre il mistero: è una “Gioconda” africana, una copia-adattamento.
Il trapasso in cielo dopo morto, che è un discendere sulla terra, apre la raccolta
– e qui è meglio il paratesto: Wainana ci teneva ma no lo ritrovava, avendolo
confidato a un sito secondo lui poi scomparso, purification.com – che invece
esisteva, ma si chiamava Pure Fiction.
Con un glossario, e
alcune note bio-bibliografiche di orientamento. E con un’omissione. Chiunque
può riconoscersi nelle decine, centinaia di modi di operare, dire, pensare l’Africa,
anche in Africa, di cui Wainana fa la caricatura. Ma Wainana non dice - dieci
anni fa. non un’eternità - l’essenziale: lo stato comatoso dell’Africa a quaranta,
cinquanta, settant’anni dall’indipendenza. In Kenya, il suo paese, e in Sudafrica,
dove ha vissuto felice, è un po’ meno vero – visse a Nairobi e a Città del
Capo, che sono come tutte le città – ma anche lì tra prepotenze e corruzione. Questo
sito dava cinque anni fa una lista deprimente della politica in Africa, all’insegna
delle dittature di f atto, tutte più o meno corrotte:
http://www.antiit.com/2019/02/il-mondo-come-366.html
Pensare come avrebbe
potuto essere la Costa d’Avorio, o il Senegal, il Dahomey-Benin, il Camerun, l’Angola,
la Tanzania. O la Nigeria, che arrivava all’indipendenza col potenziale degli
Stati Uniti nell’Ottocento, perfino con le stesse spinte secessioniste:
popolazione, istruzione, territorio, e con la stessa “buona dose” di robber
barrons, di attività furfantesche, ma redditizie e accumulative, ed è
finita nella delinquenza minuta, dalla prostituzione alla moschea - mentre le
casse nazionali dopo ogni elezione finiscono in Svizzera. E poi è vero che
canto e ballo sono africani, non è un’offesa, sono belli da ascoltare e da
vedere, anche sui campi di calcio.
Binyavaga Wainana,
Come scrivere dell’Africa, 66thand2nd,
pp. 420 € 18
lunedì 21 ottobre 2024
B&b come la peste
I centri città si sono spopolati nell’ultimo
decennio. Specialmente di giovani. Specialmente nelle città caratterizzate da grande
afflusso turistico, per prime Roma e Firenze. ma un po’ dappertutto altrove. Per
la “gentrificazione” che si accompagna al fenomeno degli affitti brevi: B&B,
Case vacanza, camere a giornata o a settimana.
Fra i residenti residui dei centri città
la stragrande maggioranza è di anziani, proprietari della casa di abitazione. Niente
più giovani, e soprattutto niente più coppie, per il caro affitto, peraltro rari,
e nell’impossibilità di acquistare casa per il caro immobili.
A Roma i residenti nel Centro storico si
sono ridotti nell’ultimo decennio di due quinti, il 40 per cento. E, spiega l’Istat
che ha effettuato la rilevazione, “nel centro geografico della città si
concentrano le aree con più popolazione in età avanzata: Foro Italico, Prati,
XX Settembre, Centro storico”. Pochissimi i giovani, meno di uno su cinque
residenti:cinue rt esidenti:
tra “Ostiense, Centro Storico, Testaccio e Trastevere
risiedono meno di 18 individui al di sotto dei 25 anni ogni cento residenti -
meno di 15 nella zona del Foro Italico che ha solo 642 abitanti”.
Si può dire quello dei b&b un
disastro. Sugli affitti, introvabili. Sulla questione demografica – si restringe
la possibilità di mettere su famiglia. E sulla mobilità: il Sud non va più al
Nord nelle professioni pubbliche, lo stipendio di insegnanti, infermieri, amministrativi
risultando insufficienti, per il solo costo degli affitti, peraltro introvabili,
con gli squilibri già noti nell’istruzione pubblica e la sanità al Nord.
A Firenze questa estate, “culla del mordi e fuggi”, si contavano “oltre
12 mila” gestori di alloggi, o affittacamere. Per un numero incalcolabile di b&b
– quelli censiti attraverso gli annunci erano 17 mila. In Toscana si contavano “almeno”
60 mila alloggi per affitti brevi”; era la regione con più
strutture del tipo b&b, quasi il 13 per cento del totale (il 12,9). Più della
Lombardia (11,1 del totale), che ha popolazione quasi tripla. Molti più del Lazio,
malgrado Roma (il Lazio ha l’8,3 di tutti i b&b, dati di luglio 2024). A Roma in un anno, tra 2023 e 2024, le cosiddette strutture extralbeghiere si sono raddoppiate, da 18 mila a 32 mila.
Cronache dell’altro mondo – obese (297)
Per la prima volta in oltre una decade,
le statistiche del National Health and Nutrition Examination Survey, l’osservatorio statistico americano sulle
condizioni di salute e nutrizionali, indicano che “l’epidemia di obesità” negli
Stati Uniti non è più in crescita. Un anno fa, ad agosto 2023, i dati raccolti
tra il 2021 e il 2023 davano solo il 40,3 per cento della popolazione americana
adulta, circa 100 milioni di persone, rispondenti alla definizione clinica di
obesità.
Negli anni tra il 2017 e il 2020 il
numero degli obesi era calcolato al 41,9 per cento della popolazione.
Il calo relativo dell’obesità è attributo
all’uso sempre più largo di dei nuovi medicinali per il trattamento del diabete
e dell’obesità, Ozempic, Mounjato “e altri”.
(“The Atlantic”)
La presenza di un’assenza – all’ombra di Pavese
“Non hai altra
esistenza che attraverso la tua impronta sulla mia”. Ma indicibile,
inconoscibile, solo scritta, “creata”. Con pochi reperti: una conversazione
casuale carpita, un paio di foto, rari ricordi di rare cugine.
La scoperta a dieci
anni, ascoltando distrattamente la madre che scambiava i saluti con una signora
di passaggio, di avere avuto una sorella. Premorta – “quella sì che era
gentile, non questa diavolessa”. Una domenica d’agosto, che la rinvia al diario
di Pavese, alla domenica di agosto quando si uccise – Pavese è un rinvio
costante nell’opera di Ernaux. Una morte a cui deve la sua vita, riflette ora, giacché
in famiglia il motto era: “Non si potrebbe fare per due ciò che si può fare per
uno”. Una scoperta a cui si sovrappone il ricordo della morte evitata, per
tetano, da bambina, infezione a cui quasi nessuno sopravvive – come se la morta
doppiamente l’abbia voluto viva (un miracolo, che la madre celebrò con un viaggio
di ringraziamento a Lourdes, malgrado la guerra e le restrizioni). La sorella
mai conosciuta diventa di volta in volta una figura del “repertorio personale
dell’immaginario”, “la santa”, “l’ombra malefica della mia infanzia”.
Un ulteriore
tributo alla madre, di fatto, dopo “Una donna”. E a Pavese: la rimemorazione di
un’esistenza scoperta per caso una domenica dì agosto, “forse quella in cui
Pavese si suicidava in una casa di Torino”, sono le ultime parole – di una sorella
che si chiamava Ginette, come la Ginia di Pavese.
Annie Ernaux, L’altra
figlia, L’Orma, pp. 81 ill. € 10
domenica 20 ottobre 2024
Ombre - 742
Al Sud, “il Delta del Mississippi in particolare,
ci sono famiglie he hanno le fogne che si riversano nel cortile. Ma la povertà
è molto più radicata in città come Los Angeles e New York, dove fino all’80 per
cent del reddito viene speso per l’affitto….”
– Mathew Desmond, “Povertà, in America”. Poveri vecchi e nuovi che non votano:
ma si capisce perché, se lo fanno, votano per Trump. Perché la democrazia ha fallito.
’Aquatic Sports
Integrity Unit punisce la nazionale italiana di pallanuoto per il gesto di
Parigi, per aver voltato le spalle mentre si suonavano gli inni nazionali, per protesta
contro un errore arbitrale decisivo a suo danno nella partita precedente. La
protesta era sbagliata. Ma l “errore” arbitrale che aveva condannato la squadra
italiana era voluto. C’è sempre meno sportività nell’Olimpiade, una fiera per
gli affari.
Paolino Iorio,
ingegnere, insegnante di Elettronica negli istituti Tecnici, arrestato per
tangenti, era in Sogei direttore generale con l’incarico di Disaster Recovery
Image. Recupererà l’immagine sua, o della Sogei?
Ma c’è anche l’immagine
della Procura di Roma, che non ha resistito a metterci dentro anche Elon Musk –
Resistenza Resistenza.
“Riceviamo
notifiche per tutto”, obietta giustamente Zaia, il presidente della Regione
Veneto, “ma non quando c’è un accesso al nostro conto in banca”. In effetti,
che ci vuole? Soprattutto se chiunque può avere accesso al conto –magari non a
“disporre” ma a vedere evidentemente sì.
Il sindaco di Reggio Calabria, Falcomatà, è assolto
dopo quattro anni di processi a catena – l’uno a seguire all’assoluzione dal primo.
Cioè dopo la sindacatura – i processi, per la legge della signora Severino,
ministro del nefasto governo Monti, portano automaticamente alla sospensione dal
mandato. Falcomatà è di grande famiglia Pd. A Catanzaro invece assoluzione dopo
quattro anni del presidente del consiglio regionale, Domenico Tallini, di Forza
Italia. Giustizia equa?
Solo che Tallini è stato messo ai domiciliari – la giustizia
Pd è più cattiva.
Il sindaco di Roma
Gualtieri recupera a capo della segreteria (il Pd impone a Gualtieri di
recuperare) Albino Ruberti, il bulldozer
dei Dem romani, che due anni fa aveva dovuto licenziare perché sorpreso a
minacciare di morte Vladimiro De Angelis, altro potente Dem romano, ex
assessore regionale. Ma niente scandalo: la Procura di Roma non ha perseguito
Ruberti per le minacce, anzi non lo ha nemmeno indagato: chiacchiere di tifo
calcistico, si disse, e bastò.
Colombo come Shakespeare
cambia spesso personalità – lui anche nazionalità: le celebrità sono attaccapanni
per chi ne va in cerca, come la formica che si pavoneggia sull’elefante. Sono i
pericoli o guasti dell’ermeneutica, più ancora, della filosofia, peggio, della
storiografia. Quando non si sa cos’altro dire.
Fallimentare in America,
per la destra e per la sinistra, il film contro Trump, “The Apprentice”, entusiasma
in Italia, entusiasma i critici, a colpi di tre, quattro e anche cinque stelle.
Sempre nel mito della Resistenza, canteremo “Bella ciao” alle proiezioni? In un
paese che di sinistra non ha nemmeno l’ombra, compresi i Grandi Giornali dei
Grandi Editori.
Fa flop in America
il film contro Trump. I film politici non piacciono, si diceva una volta, per
comune esperienza. Nanni Moretti vantò un successo col “Caimano”, il film contro
Berlusconi, perché ebbe tuti i premi possibili e incassò anche – fu il ventesimo
della stagione per incassi. Ma costò anche tanto: se ne fecero 600 copie, per
intasare i cinema due-tre settimane prima del voto.
Chi ricorda i
pigs?”, chiede ironicamente “L’Economia”, i paesi mediterranei aggrediti nella
crisi del debito 2011, ora che “Santander e Intesa Sanpaolo hanno scalzato Bnp
Paribas al vertice della classifica in Borsa”, e Unicredit è lì. Ma non si tratta
di numeri, si tratta di “culture”, di politica: Francia e Germania sono in crisi,
da tempo, ma contano sempre (e solo) loro.
“Non è colpa
nostra se il modello di sicurezza euro-atlantico, nell’ambito del quale la
Russia collaborava con la Nato e con la Ue, ha perso ogni significato”, lo dice
l’ambasciatore russo Paramonov ma è vero.
L’Europa è ora un
modello d’insicurezza, appesa alla benevolenza degli Stati Uniti, e non lo sa
nemmeno.
La guerra è lunga?
Non si sa, non si ricorda, ma l’insorgenza palestinese ha fatto quest’anno
settant’anni. Nel 1954 nasceva Al Fatah, il primo gruppo di resistenza armata. Cresciuto
dieci anni dopo nella Olp, Organizzazione per la Liberazione della Palestina.
Che ha gestito il movimento per quasi mezzo secolo. Poi soppiantata dalla più
radicale Hamas. Che è stata in grado, infine, di sfidare Israele con una vera e
propria guerra.
Netanyahu si vuole
prendere Gaza oltre alla Cisgiordania, e un pezzo del Libano fino al Litani? Lo
dicono gli antisionisti (anti-Israele), ma Netanyahu non li contraddice, fa come
se.
Hobbes in Aspromonte
Malviventi nuovi e
vecchi si danno la caccia. Stritolando gli innocenti.
La “carne” è
quella, senza prezzo, della “malacarne”, delle pulci insidiose che tormentano la
vita in Aspromonte – una montagna pure serena, la Montagna sul mare, aperta a
tutti da tutti i lati. Quattro ragazzotti hanno l’idea di chiedere 50 milioni a
tre o quattro maggiorenti del paese. Cinquanta milioni l’uno. Con una semplice
telefonata – una volta, con la lettera anonima, bisognava saper scrivere in qualche
modo. Seguita dall’“avvertimento”: una bomba disattivata all’uscio di casa, o un
animale morto, etc. All’ingegnere Gino Parisi – di cui Gangemi fa il suo alter
ego, per occupazione, età, sobrietà – e a un paio di imprenditori di vario e
dubbio passato. Un intrico di famiglie più o meno onorate ne segue, con
concertazioni, dissidi e tranelli, e infine assassinii, in successione.
La ristampa del primo romanzo,
probabilmente, pubblicato da Gangemi, 1995 – col titolo più appropriato, anche
se non di richiamo, “Un anno in Aspromonte”. E si sente. Un po’ affastellato,
di nomi e di persone, con pedigree e “a parte” di cui è arduo tenere le
fila. Resta, si legge per questo, come reperto di una società sempre e
variamente terremotata, impossibilitata a costruire – sono anche gli anni dei
sequestri di persona (qui è adombrato quello del ragazzo Casella, che fu lungo
due anni). Più che un romanzo, l’incubo di chi si risveglia in un mondo che non
è più il suo, ordinato, pulito, borghese – nel senso della borghesia come
ascensore sociale.
Seguire la vicenda – le vicende,
sono tantissime – è impossibile, ma l’immagine è circostanziata e duratura dell’isterilimento
di un mondo. È compreso pure il circolo dei notabili, gli “avvocati”, “dottori”,
“professori”, che più spesso si sono divertiti a Napoli o a Roma senza mai dare
un esame, e sarebbe la borghesia intellettuale, destinata all’eclisse –
parassita, pettegola, stupidamente piena di sé. A fronte dell’abbozzo di borghesia
produttiva contro cui si scagliano i giovinastri telefonisti, che guida,
potrebbe guidare, la comunità, se la legge la proteggesse: l’ingegnere Gino,
naturalmente, ma anche chi ha fatto qualche soldo in America e ritorna e investe
e produce.
Seppure probabilmente casuale, il
sottinteso è: la Repubblica – la politica, i Carabinieri, le banche – ha annientato
il vecchio ceto borghese. “Se hanno i soldi paghino”, “non siamo qui a
proteggere la proprietà”, è stato il leitmotiv della Repubblica, e da allora l’Aspromonte
naviga all’indietro. Senza l’ascensore borghesia, senza ceto dirigente né osmosi
sociale, sono nate le mafie, e le bande sterminatrici – le mafie sono hobbesiane,
della “guerra di tutti contro tutti”. Un’analisi a tutti evidente, eccetto ai
tanti storici e banditori delle mafie.
In chiaro, Gangemi è qui molto
critico verso i Carabinieri, come del resto è ognuno. Compresa la sceneggiata
che si faceva per la tv ai tempi dei rapimenti, sempre la stessa: dei Cacciatori
d’Aspromonte, formazione speciale dei Carabinieri, tutti in nero, che periodicamente
“assaltavano” a beneficio di telecamera sempre lo stesso posto, il Crocefisso
di Zervò, al piano dello Zìllastro.
Un tributo a Domenico Zappone la
festa della santa patrona illuminata dal “ballo dell’asino imbottito di fuochi
d’artificio”.
Mimmo Gangemi, Il prezzo della carne, Rubbettino, pp.
269 € 16