sabato 2 novembre 2024
Problemi di base letterari ter - 828
spock
Polsi, il luogo di culto con più tradizione in Europa – 2
Polsi è un santuario, all’interno
dell’Aspromonte, che è stato un luogo di culto, della Madonna della Montagna,
per secoli per molte popolazioni, della bassa Calabria e di Messina al di là dello
Stretto – tutt’ora lo è, seppure in forme meno caratterizzanti (il ballo in
chiesa, il “sacrificio” dei capri, le fazioni in contesa) e per una pietà religiosa molto
più circoscritta e meno viva. Ancora nel primo Novecento, il “viaggio a Polsi” ricorre
immancabile negli scrittori dell’Aspromonte, Alvaro, Perri, Seminara, Zappone,
Delfino. Sulle orme degli antichi – ottocenteschi – “viaggiatori” dell’Aspromonte,
da E. Lear a N. Douglas.
Gemelli, medico di suo, è
stato cultore fertile di storia locale. Di istituzioni mediche, e di usi e
costumi. Su Polsi si è superato: analizza tutte le fonti storiche del culto e
del santuario, e le colloca “nella terra e nel popolo in seno ai quali il santuario
è sorto e si è sviluppato”. Un raro repertorio, molto documentato – raro in
Calabria, che non cura la ricerca storica. Lasciando però scoperta la domanda
principale: sì, ma perché a Polsi, luogo remoto da qualsiasi abitato e “inaccessibile”
- di difficile accesso (ancora oggi): al centro della montagna, a 800-900 metri
ma al fondo di uno strapiombo dal Montalto, 2000 m.?
La pratica dei luoghi, e
un minimo di riflessioni, aveva indotto qualche anno fa, successivamente alla
ricostituzione delle fonti storiche operata da Gemelli, e da altri sulla sua
traccia (la prima pubblicazione di questo Gemelli è del 1978, ed. Parallelo 38),
a collegare i tanti misteri persistenti del culto, e la collocazione del
santuario, in area remota e quasi inaccessibile, ai culti dendrici dell’antica
Grecia. Il che farebbe di Polsi il luogo di più antica tradizione religiosa e continuità
in Europa – uno dei primi post di questo sito
http://www.antiit.com/2007/09/polsi-il-luogo-di-culto-con-pi.html
è quello che ha
raccolto più visualizzazioni, alcune migliaia, specie in aree di emigrazione,
come gli Stati Uniti e l’Australia. Il culto nasce con l’“Aspromonte”, il nome
e la saga. Cioè col poema commissionato dai Normanni in occasione della Terza Crociata,
o Crociata dei Re, che riunì a Messina a fine Duecento i regnanti dell’Europa in
partenza per la Terrasanta - la “Chanson d’Aspremont”, poi volgarizzata e romanzata
(e ampliata) da Andrea da Barberino.
Con qualche “mancanza” tipografica - grave a p. 563 (che si sarebbe potuto correggere come nella vecchia editoria, con un foglio errata corrige).
Salvatore Gemelli, Storia Tradizioni e Leggenda a Polsi d’Aspromonte, Gangemi, ill. pp. 578 € 25
venerdì 1 novembre 2024
Ombre - 744
“7” rievoca la strage di Gorla 80 anni fa esumando un articolo di Bertoldi per i 40 anni. Esplicito contro “i bombardieri venuti a colpire non i tedeschi, ma Milano”. Un pilota di un raid americano contro impianti industriali mancò l’obiettivo e si alleggerì al rientro sganciando le bombe a caso. Una colpì l’elementare di Gorla, “Francesco Crispi”: 184 bambini uccisi in un solo colpo, e 19 tra insegnanti e bidelli.
Oggi non si potrebbe scrivere: la guerra aerea non è onorevole, ma è l’unica che gli americani sanno fare, e la storia non si può dire.
La presidente della Regione Umbria Tesei, di
destra, che si ricandida il 17 novembre, è denunciata da anonimo per abuso d’ufficio.
L’abuso d’ufficio non è più reato e quindi la denuncia viene archiviata. Con l’archiviazione
se ne viene a conoscenza, e ed è la sua condanna.
La giustizia in Italia è la “notizia di reato”,
i giudici sono furbi, non la condanna.
Ma: è il Pd che fa politica con le lettere
anonime, oppure i grillini?
Si cerca la carta vincente di Bucci a
Genova, che da sindaco di destra della città diventa presidente di destra della
Regione, e si trova nella sua sfida alla malattia – un tumore? Un’arrampicata
sugli specchi, dopo la crociata giudiziaria contro il predecessore di Bucci
alla Regione, sempre di destra. Il voto, astensioni comprese, è stato contro i
giudici - contro la Procura e contro il Gip. Soprattutto le astensioni: che andiamo a
votare a fare?
Ranucci, Rai 3, fa uno scoop col naufragio questa
estate di un barcone dalla Turchia, “un naufragio rivelato da “Report””, dice
il comunicato Rai. Ma noto a tutti a suo tempo – perfino questo sito lo aveva
registrato, per spiegare che la Turchia è una “piccola Libia” ma non si dice. E
senza colpe dei soccorritori. Uno scoop solo per consentire una “interrogazione
urgente” Pd al governo, che ne “renda conto” in Parlamento – sottinteso: renda
conto delle sue colpe. È un’informazione che crede gli spettatori-elettori
cretini? Poi dice che vince la destra.
Però, è vero che con “l’ennesima strage
occultata”, oppure con Giuly?, Rai 3 ha fatto un boom di ascolti, con numeri quasi
da Rai 1, più di quelli del concorrente Fazio. Dire – non dire, insinuare - la destra fascista, violenta cioè e stupida, è
ancora un’attrattiva forte. Una consolazione, anche se come arma evidentemente
è spuntata. Ci sono cioè ancora comunisti trinariciuti - gente seria: non capisce
cosa succede, ma se non altro è incazzata.
“In risposta alla recente lettera «Via
Donizetti, l’auto dimenticata», questo Comando Generale ha provveduto”. L’auto
“dimenticata” è una di quelle che usa a Roma abbandonare, vecchie, per incassare
l’assicurazione, ancorché modesta, dietro denuncia di furto. Il “Comando Generale”
è quello dei vigili urbani. E assicura Conti, il rubrichista molto seguito del “Corriere
della sera-Roma” che “gli addetti del II Gruppo Parioli…. erano già intervenuti
in maggio per gli accertamenti sul veicolo descritto”. Ma in 5 mesi, forse 6,
non sono riusciti a rimuoverlo. Troppa fatica?
Israele bombarda Baalbek – non è la prima volta.
C’erano, e ci sono, gli Hezbollah sotto la coltre cristiana? Improbabile. Si
direbbe Netanyahu invidioso dei Talebani, che, ignoranti pure come artificieri,
provarono a illustrarsi a Bamyan. O si prepara a colonizzare anche la valle, la
Bekaa – un tempo era dei Cananei...
Vince in Georgia il partito filorusso. E
allora le elezioni sono state truccate, anche se con un una presidenza e un
governo anti-russi. La cosa non riguarda l’Europa. Ma l’Unione Europea va al
fronte anti-voto russo. Si direbbe che la Ue non sa di che si occupa.
La cosiddetta sinistra (Conte è di sinistra?
da quando? non governava con Salvini?), dopo avere dossierato il dossierabile,
in proprio e tramite alcune Procure e alcuni giornali, chiama in giudizio
Meloni su Gallo e soci: “Venga a riferire in Parlamento”. Bau?
Va Cacciari nelle scuole e spiega l’evidenza,
che la guerra ucraina è una guerra civile, tra ucraini-ucraini e ucraini-russi.
Come in Jugoslavia, aggiunge, una guerra tra slavi, dalle identità miste.
Questa vola con la Russia a difesa dei suoi slavi, mentre in Jugoslavia gli
Stati Uniti - e l’Italia – intervennero contro gli slavi filorussi. Che gli Stati
Uniti usino gli odi fra slavi è comprensibile, che l’Europa li cavalchi anch’essa,
essendone vittima, si capisce meno.
“Trimestrali, le banche portano l’Italia
sul tetto d’Europa”: Italia + 20,7 per cento, Germania – 2,3 per cento,
Francia -10,4 per cento”. Chissà se la
Vigilanza Bce si è ora attivata, come quando bastonava Unicredit a ogni stress
test.
Però, il ministro dell’Economia Giorgetti
qualche ragione ce l’aveva, col prelievo sugli extraprofitti.
Il “Washington Post” e il “Los Angeles
Times” non si schierano nella competizione fra Trump e Harris. Cioè non si schierano
per Harris. Bezos, proprietario del “Washington Post”, si allinea con Elon
Musk, indirettamente, nel sostegno a Trump. Davvero è un’elezione, questa di martedì,
che non è come ce la raccontano.
Si difende un gallerista che “Report”, Rai
3, anticipa si sia esibito in un saluto romano. Fabrizio Russo, “noto gallerista”,
ci tiene a smarcarsi. “E quel saluto romano?”, gli viene chiesto prima della strombazzata
puntata di “Report”: “Il giornalista di ‘Report’ mi provocava e ho reagito con
un gesto teatrale. Ho provocato a mia volta. Mi è mancata malizia”. Non sa che il
giornalista può montare il saluto dove gli fa comodo.
Un’intera strada a Roma, via Baiamonti,
dove aggettano centinaia di abitazioni private, è chiusa dalla Corte dei Conti,
che vi ha alcuni uffici, per proprio uso privato di parcheggio. Gli inquilini fanno
ricorso. Il Tar dà ragione alla Corte dei Conti. Non è il primo caso di uffici
giudiziari che si recintano spazi pubblici per il proprio uso - la Cassazione
già da decenni si è chiusa una parte della carreggiata che la circonda. I giudici
sono sopra la legge.
Noiosissima puntata di Crozza
venerdì 25, quasi una rassegna stampa, su Meloni e i suoi – mai un guizzo, una
battuta. Ma il programma fa il suo picco di ascolti, 100mila spettatori in più
rispetto alla sua media di 1,1 milioni, e uno o due decimali in più di audience,
6,2. Odiare interessa più che ridere.
Giallo persiano - riflessivo
Battiston flemmatico – Stucky
come il Molino veneziano, ma è di origini persiane … - pratico di osterie
(siamo a Treviso, dove fa l’ispettore di polizia) e fumatore di toscano vince
progressivamente la sfida contro di noi, che sappiamo (quasi) tutto, della
morte, se non del perché. Giallo a procedimento molto originale – è la sfida del creatore
del personaggio, Fulvio Ervas.
Una miniserie, sceneggiata
con qualche divagazione di troppo. Ma Battiston, che sembra anche fisicamente
il personaggio (lo ha impersonato nel primo adattamento dei romanzi di Ervas,
al cinema, una mezza dozzina di anni fa), da solo tiene su la curiosità.
Intervallato efficacemente da Trabacchi e Dionisi, le facce sempre cattive
delle nostre serie – e questo non va bene, uno subito dubita di loro. E da
Barbara Bobulova, che ormai accetta accetta anche ruoli marginali, per la gioia
dei produttori, che illumina con poco.
Chi è stato Stucky lo
scoprirà fra due mercoledì– sono sei puntate, due per sera.
Questo debutto
soprattutto si segnala perché non fa decollare Rai 2, pur essendo stato la cosa
migliore da vedere mercoledì sera: viene quarto nella rilevazione auditel - dietro perfino “Chi l’ha visto?”, che da tempo ormai non ha più nessun segreto.
La creatività non paga in tv? Rai 2 non sa vendere?
Valerio Attanasio, Stucky,
Rai 2
giovedì 31 ottobre 2024
A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (575)
Giuseppe Leuzzi
Nove dei dieci saggi che
componevano nel 1975 la raccolta di Ernst Jünger intitolata “Il contemplatore
solitario” sono ambientati nel Mediterraneo. Quasi tutti, direttamente o indirettamente,
in Italia, nel Sud, Sicilia e Sardegna in particolare. Non al modo dei viaggiatori
del Grand Tour, del primitivo e del pittoresco, ma come temi e occasioni di riflessioni
- di vivere la propria vita di europeo, tedesco, mago (analista) del profondo. “La
suite meridionale è gaia e distesa”, può notare
il curatore della raccolta, il germanista francese Henri Pilard.
Si
riciclano le cifre del “sorpasso” del Sud: nel ‘24 il pil cresciuto del’1,2 per
cento, e al Nord solo dello 0,5, “grazie anche al sostegno del turismo straniero”
- una miniera in effetti a cielo aperto al Sud, se solo si volesse servire un
piatto di pasta come ovunque altrove. Ma ora non ci si nasconde che “all’orizzonte
si profilano due rischi: gli scarsi consumi e lo spopolamento”. Come dire
niente? Lo spopolamento? Il reddito basso - i consumi seguono il reddito?
Antimafia da correzionale
Con
l’inchiesta milanese sui dati rubati da Carmine Gallo veniamo a sapere dell’esistenza
di uno strumento, Ma.Cr.O., Mappe Criminalità Organizzata, riservato “solo a
pochissimi operatori sul territorio nazionale”, come scrive il “Giornale di
Calabria”, “all’interno del quale sono riportati tutti i nominativi dei
soggetti affiliati ad organizzazioni criminali di stampo mafioso, con
indicazione dei ruoli dagli stessi ricoperti all’interno delle rispettive
organizzazioni, famiglie, cosche, clan, ‘ndrine, locali”. Ma non si sapeva, per
esempio, del Bellocco che, condannato a nove anni, gestiva a Milano – ci
tentava – la “curva” dell’Inter, tanto da finire sparato. Come non sappiamo,
s’immagina, dei fornitori di cocaina al più grande mercato europeo, sempre
Milano. E più in generale della partenogenesi delle mafie. Specie di quella
meno illustre o meno sanguinaria, la ‘ndrangheta calabrese, gestita da personaggi
di poco e pochissimo conto, elevati dai Servizi e Saviano a Fantomas, Houdini, con
un pizzico di Cagliostro e di Arsenio Lupin.
Ma
non c’è solo il Ma.Cr.O.. Lo stesso Carmine Gallo è stato un superpoliziotto specialista,
sempre a Milano, di ‘ndrangheta. Al punto da riuscire a liberare, da solo?, senza
riscatto?, la rapita Alessandra Sgarella. Gallo lavorava a Milano quando Maria
Serraìno, una donna semianalfabeta di Cardeto, sotto Gambarie sull’Aspromonte, moglie
di un contrabbandiere di sigarette condannato 65 volte in 35 anni, detta “La
Signora” e “Mamma eroina”, sempre a Milano praticava di tutto, dalla
ricettazione allo spaccio e all’usura, liberamente in casa sua, in piazza Alpi –
ha potuto farlo per trent’anni. Con sfoggio di fuoriserie e stravaganze dei
figli, specie del primogenito, che liberamente intermediava i fornitori
sudamericani a Marbella, la Forte dei Marmi spagnola. Indisturbata, fino a che
una figlia, in crisi di eroina, non crollò, si sfogò, e gli arresti furono
obbligati.
Un’antimafia del “catalogo
è questo”? Leggerina, mozartiana? Un’antimafia da correzionale – in superficie,
per peccati veniali?
Sudismi\sadismi – la
strage e l’oblio
Grandi titoli e grandi articoli
sui giornali della Calabria, “Giornale di Calabria”, “Gazzetta del Sud”, e “LaCNews24.it”,
sull’“ennesima strage occultata” – si presume dal governo, o forse dalla
Marina. In Calabria, sennò dove altro – è in Calabria che la memoria è corta,
anzi non c’è, la storia “non esiste”. Si è scoperta attraverso l’avventurosa
Rai 3 in cerca di ascolti, la trasmissione d’inchiesta o scandalistica “Report”.
Una “tragedia occultata” che gli stessi media calabresi avevano invece spiegato
per molti giorni quando avvenne, a giugno – chiunque ne trova i testi e le
immagini online, dal 17 al 26 giugno (il ripescaggio dei cadaveri fu
difficoltoso, il naufragio era avvenuto in mare aperto).
Il “Giornale di Calabria”
fa di più. Ricorda di essersene occupato ampiamente a giugno, ma sempre gridando
alla strage occultata. E questo ancora si può capire: il quotidiano reca ancora
qualche traccia di Giacomo Mancini, il socialista che lo ha patrocinato alla fondazione,
e quindi prova a pressare il governo di destra. Ma collude. Il giornalismo, non
sapendo fare informazione, si vuole “d’assalto”, ha cioè bisogno di bastioni da
prendere. Ma quale bersaglio migliore dell’immigrazione “nascosta”, sulla costa
magnogreca, da Roccella a Capo Rizzuto, con sbarchi settimanali se non
giornalieri? La rotta jonica. Dalla Turchia, dove ogni singolo metro quadro è
controllato occhiutamente. Da Smirne in Turchia, il porto più grande e più
controllato. Dalla Turchia di Erdogan, che prende dall’Unione Europea tre o sei
miliardi l’anno - non si riesce a sapere - per un primo controllo (come quello
che Meloni vorrebbe delegare all’Albania) dell’immigrazione dal Medio Oriente.
Come non detto: se non c’è l’imbeccata non c’è nemmeno
giornalismo – non in Calabria, come si vede?
Il Sud, il meglio del peggio
Sarà
vero che quest’anno, come l’anno scorso, e il 2022?, il pil del Sud cresce più
del dato italiano complessivo – che il Sud trascina. Però, la realtà è
scoraggiante. Meglio di tutti lospiega l’Ansa, che vale trascrivere:
“Eurostat, Sud Italia maglia nera in Ue per l’occupazione
In Campania, Sicilia e Calabria meno della metà
occupata
Nel 2023, l’Italia meridionale si conferma maglia nera in Ue per il
tasso di occupazione, la percentuale di persone occupate tra i 20 e i 64 anni rispetto alla
popolazione totale (della stessa età).
Lo rileva Eurostat certificando il tasso di occupazione dell'Ue nel
complesso al 75,3%, in aumento di 0,7% rispetto al 2022.
Se nella regione della capitale polacca di Varsavia si osservava il
tasso di occupazione più alto lo scorso anno, pari all'86,5%, in tre regioni italiane meno della metà
della popolazione in età
lavorativa era occupata, rispettivamente Calabria e Campania (entrambe
con un tasso del 48,4%) e Sicilia (48,7%).
L’ufficio statistico dell’Ue assegna all’Italia anche il primato delle
disparità regionali più elevate, con un coefficiente di variazione del 16,3%, davanti a Belgio (8,5%) e
Romania (7,7%). Guardando alle percentuali regionali, a far meglio la Val d’Aosta (con un tasso
del 77,3%), Emilia Romagna (75,9%), seguite da Veneto (75,7%), Trento (75,6%), Lombardia (74,6%),
Toscana (74,5%), Friuli Venezia Giulia (73,8%), Marche (72,6%), Piemonte e Liguria (entrambi a
72,2%), Umbria (71,8%), Lazio (68,1%) e Abruzzo (66%). Seguono infine Molise (60,9%), Sardegna
(59,9%), Basilicata (59,1%), Puglia (54,7%)”.
Anche mettendo nel conto il lavoro nero la cosa non migliora.
Considerando poi che la Polonia trent’anni fa partiva da zero (arava
coi buoi…).
Cosa cresce allora? Il lavoro povero. Vale per il Sud specialmente quello
che Prometeia, il centro studi creato da Prodi a Bologna, e Alessandro Profumo spiegano nell’ultimo
numero del settimanale
“L’Economia”: il lavoro, dove c’è, è in settori a bassa produttività, l’edilizia,
il turismo, e quindi con bassi salari: più addetti, e più ore lavoro, per lo stesso
prodotto, di scarsa qualità o valore aggiunto. Si crea “lavoro povero”, spiega Alessandro Profumo, “aumenta
l’occupazione ma non il reddito” – e non s’innesca l’elica ascensionale della crescita,
economica e sociale insieme, il mix di capitale, infrastrutture. capacità manageriale e reddito diffuso.
Il colpo d’occhio di Profumo è da considerare, un manager di esperienza
e di successo, già a capo di Finmeccanica-Leonardo, e prima ancora grande banchiere, creatore di Unicredit,
di cui ha fatto la prima banca transborder in Europa, con acquisizioni
in Austria, Germania e altrove presto rivalutate (ora Unicredit è in corsa perfino per l’acquisizione di
Commerzbank, la seconda più grande banca tedesca), aggregando al Credito Italiano
molte realtà locali (purtroppo non meridionali): “Il piccolo è bello se cresce”. Il lavoro non cresce? “Si
tratta di lavoro povero. Sta aumentando l’occupazione”, nell’edilizia e nei servizi, “ma non il reddito
disponibile”.
La Fiera campionaria delle intercettazioni
Si può
pensare dei dossieraggi a tappeto denunciati a Milano che sono la vecchia
agenzia di indagini, degli investigatori privati. Di corna, liti in famiglia, liti tra soci, padri in ansia
per le figlie, piccole vendette. In grande, gli strumenti essendosi modificati:
non più appostamenti, teleobiettivi, effrazioni, pedinamenti, basta sedersi a
un tavolino davanti al computer con un mouse. Con pochi collaboratori esterni “specializzati”
in qualcosa, sempre mal pagati. Anche l’uomo che ha inventato il dossieraggio
telematico e lo gestisce rientra nel vecchio quadro del detective privato o
agenzia d’investigazioni: un ex poliziotto, di molto mestiere e ancora qualche
entratura. Ma c’è un ma. Che l’azienda è stata creata, ed è di proprietà, dell’uomo
chiave del business milanese per eccellenza – che ha fatto grande Milano: la
Fiera. Le decine, centinaia di fiere, generaliste (esposizioni universali comprese)
e superspecializzate, che hanno fatto di Milano la grande piazza commerciale e finanziaria
che è. L’esito di otto-nove secoli di incessante attività fieristica - dalle
tante fiere medievali sparse per l’Europa, Inghilterra compresa, di cui i lumbard erano il cuore (solo per un paio di secoli
con la concorrenza dei fiorentini).
Il Sud non è verde – e povero
Si
lega il Sud, l’immagine del Sud, isole comprese, al mare e al verde. Non è
così. L’ultimo rapporto “Ecosistema Urbano 2024” di Legambiente documenta anzi
che quanto a “verde” il Sud va peggiorando – si dice verde per il più comprensivo
green, la vivibilità ambientale urbana. Se ne fa
una graduatoria, e uno studio, sulla base di venti indicatori, che coprono i sei
principali componenti ambientali della vita in città: qualità dell’aria, acqua,
rifiuti, mobilità, energia, ambiente propriamente inteso (sanità, scuole, numero di alberi di
proprietà pubblica, etc,). Tra le prime 50 città meglio amministrate solo tre
sono del Sud: Cosenza al 13mo posto, Cagliari al 24mo, Enna al 43mo. Tra le dieci
peggiori otto città sono invece meridionali. In questo ordine decrescente:
Caserta, Catanzaro, Vibo Valentia, Palermo, Napoli, Crotone, Reggio Calabria, Catania
– con Imperia prima di Caserta e Fermo prima di Vibo.
I dati
sono negativi in particolare per la gestione dell’acqua. Le perdite degli acquedotti
si aggravano invece di ridursi, come si penserebbe data la vetustà della “questione
acqua”, sollevata da Franco Tatò quando era all’Enel, quindi quarant’anni fa - se
non altro per contrastare la siccità. E per i rifiuti, il consumo del suolo, la
mobilità, specie regionale, le energie rinnovabili.
Un fatto
in particolare penalizza le città calabresi: la mancanza di dati Arpa sulla qualità
dell’aria, che l’Agenzia regionale protezione ambientale monitora, o dovrebbe
monitorare. In una regione dove pure la qualità dell’aria, “a naso”, è migliore
che in tante altre città, se non altro per effetto della circolazione e dell’attività
produttiva ridotte.
Catanzaro
perde più di 30 posizioni rispetto al precedente Rapporto. Cosenza, Vibo Valentia
e Reggio scendono di 6 posizioni, Crotone di 4. Catanzaro, in particolare, si
distingue per gli altissimi “consumi” di acqua, 280 litri pro capite al giorno,
per la metà dispersi, e per le troppe costruzioni (consumo di suolo non proporzionato
alle esigenze residenziali, secondo il Rapporto).
Quest’ultimo
punto riapre il quesito: c’è tanta ricchezza (se si costruisce tanto, in
eccesso) nella povertà? Come e quanto sono reali i dati sulla povertà?
leuzzi@antiit.eu
L’immigrato a corte – o il piccolo Mozart della bacchetta
L’anno
scorso Sir Antonio Pappano ha diretto la musica per l’incoronazione di re
Carlo, nel 1969 era un ragazzino di dieci anni che accompagnava al pianoforte
gli allievi della scuola di canto di suo padre, a Londra. A 65 anni la “vita in
musica” del figlio di immigrati giovani poveri dal Sannio, musicista autodidatta,
è piena di fascino, ben raccontato.
Le
memorie partono, con molta intensità, dalla madre e dal padre, giovani in vario
modo fuggiti di casa a Londra ai vent’anni – il padre dopo la madre, contro l’avversione
della sua propria mamma, al congedo dal servizio militare. È la parte più
intensa e accattivante, questa iniziale. Del vecchio mondo che la coppia si lasciava
dietro – che Antonio, col fratello Patrizio, sperimentarono per un anno di persona,
affidati ai nonni al paese, uno a quelli paterni l’altro a quelli materni, per lasciare
liberi i genitori di lavorare di più, per guadagnare di più. Insieme col racconto,
e la meraviglia persistente, ancora oggi, della determinazione della coppia. Che
a un certo punto, nel 1973, decide di riemigrare, da Londra negli Stati Uniti. A
Bridgeport nel Connecticut.
E
qui segue un altro capitolo avvincente: di Antonio che cresce musicalmente,
sempre come pianista, sotto al guida di Norma Verrilli, “così alta e sicura di
sé” – Pappano non è alto di statura. Norma è la figlia della “signora Anna”, che
come la figlia dava lezioni di musica e insieme gestiva un suo negozio di
articoli musicali. Una conoscenza decisiva, nata dalla vicinanza del negozio
con la casa della zia materna di Antonio, che li aveva preceduti a Bridgeport e
li ospitava: Norma suona musica antica con l’ex marito, aprendo un mondo ad Antonio,
e insieme fa musica contemporanea - l’ex marito era assiduo di Hindemith - e anche
pop.
Una
storia sempre di casualità ma solidali. Di solidarietà identitarie se si vuole,
ma molto produttive. Con Pappano, ora uno dei maestri più seguiti, perfino
eccezionale.
L’unica
istruzione formale (scolastica) in musica di Pappano sarà stata quella ricevuta
alle elementari, che i genitori vollero facesse nella scuola (privata) delle suore
Ministre della Carità di San Vincenzo, le suore (allora) del cappellone, della “terribile
suor Claire”. Non è proprio così, la sola Norma successivamente bastava per un
conservatorio, ma è vero che Pappano è un autodidatta. Che con la sua singolare
preparazione è forse il miglior specialista del canto in musica. E, nemmeno lui
si spiega il perché, nella sua solitaria formazione ha sviluppato una “energia
indomabile”. Che lo ha molto aiutato nella conduzione - e specialmente (lui non
lo dice ma si sa) nella conduzione per vent’anni dell’orchestra di Santa
Cecilia, di cui ha fatto un complesso di prestigio, oltre che,
contemporaneamente del Covent Garden.
Una
discografia lunga quaranta pagine testimonia del rilievo di Pappano nel mondo
musicale. Musicista dalle curiosità inesauribili, segnalano gli editori dell’originale
inglese, “da Mozart a Birtwistle e Mark Anthony Turnage, come alle arti sonore
a alla musica da camera” – nonché all’“esercizio virtuoso del piano”, col quale
è cresciuto.
Le
memorie corrono veloci per lo sguardo sempre umano, puntuale, fattuale, curioso,
che porta su di sé e sulle persone e gli eventi che via via incontra nel suo percorso. A New York, in Danimarca, in Norvegia, a Bayreuth, in Israele - Daniel Barenboim è il suo mentore decisivo, nella piazza di Wagner e a Tel Aviv. In modo del tutto naturale, spontaneo, traccia anche involontariamente un repertorio
socio-psicologico dell’emigrazione italiana degli anni 1960-1970 – non sentimentale
e tuttavia commovente. Sullo sfondo, non detto ma richiamo irresistibile, del bambino
pianista per antonomasia, Mozart, di analoghe ristrettezze e analoga energia.
Antonio
Pappano, La mia vita in musica, Marsilio, pp. 320, ill. € 20
mercoledì 30 ottobre 2024
Letture - 562
letterautore
Baltici – Hjalmar
Schacht, il presidente della Reinchsbank (ora Bundesbank) e ministro dell’Economia
del primo governo Hitler, ricorda Hitler in uno degli incontri insoddisfatto degli
eccessi di Rosenberg, il teorico dell’arianesimo: “Ho fatto di Rosenberg, che
viene da Riga, il direttore del ‘Völkische Beobachter’, e dopo appena tre mesi
tutta la redazione è strapiena di suoi compatrioti baltici” – il “Völkische
Beobachter” era il giornale del partito Nazista. Secondo Schacht, Hitler
rimproverava a Rosenberg eccessi di “arianesimo”.
Schacht continua il ricordo nelle memorie con una sua interlocuzione consolatoria:
“Non è una novità, cancelliere. Lo stesso Goethe diceva: “i Baltici si tengono insieme
come colla”, alle Balten zum Trotz sich erhalten, tutti i Baltici
malgrado tutto si preservano. Curiosa
citazione, nonché errata: Schacht – che si pregiava di rimette e giochi di
parole - adatta ai baltici due versi di una poesiola del Singspiel (Festspiel
mit Gesang und Tanz“) “Lila”, composto da Goethe nel 1777 per i vent’anni
della duchessa Louise di Sassonia-Weimar-Eisenach. “Contro ogni violenza (allen
Gewalten zum Trutz) tieniti forte”. Ma adatta i versi originali in senso
scherzoso questa volta senza dirlo, come se fosse una citazione.
Questa la
poesiola:
“Feiger Gedanken\ Bängliches
Schwanken,\ Weibisches Zagen,\ Ängstliches Klagen\ Wendet kein Elend,\ Macht
dich nicht frei.
“Allen Gewalten\ Zum
Trutz sich erhalten,\ Nimmer sich beugen,\ Kräftig sich zeigen,\ Rufet die Arme\ Der
Götter herbei!”
Antisemitismo – Hitler trovava
solidi appoggi, oltre che in Lutero, nella migliore filosofia tedesca – Heidegger
non ha inventato neanche questo. In una celebre frase di Schopenhauer, “Parerga
e paralipomena”, di cui nel “Mein Kampf” fa tesoro del primo passaggio: “Gi ebrei
soni i grandi maestri del mentire”. Seguito dalla prima teorizzazione del
complotto mondiale: “Se qualcuno pesta i piedi a un ebreo a Francoforte, l’intera
stampa internazionale da Mosca a San Francisco alzerà la voce in lamentazione”.
Ma il copyright era di Kant, della non abbastanza celebre “Antropologia”
avventurosa, che insegnò tutta la vita: gli ebrei sono “una nazione di
ingannatori”.
Ecce Bombo – “Il titolo del
film (di Mor etti, n.d.r.) era un’espressione che la mia compagna Benedetta
Bini aveva sentito spesso dalla finestra gridata da uno straccivendolo” – Alberto
Abruzzese (“era il 1978, conoscevo Nanni che mi scelse per una particina nel
film… Interpretavo l’intellettuale un po’ trombone e frustrato”).
Germania-Italia - Presentando
i saggi di Ernst Jünger che ha riunito sotto il titolo “Il contemplatore solitario”,
il germanista francese Henri Plard notava nel 1975 che “i saggi seguenti hanno
tutti un tema meridionale, e con una sola eccezione - le pagine recenti su una
giornata passata a Lisbona – mediterraneo. Ancora una volta, un conoscitore della
letteratura tedesca evocherà esempi illustri, e quel grande movimento che, attraverso
i millenni, ha trascinato i Tedeschi (in italiano, n.d.r.. nel saggio francese)
verso l’Italia – tema inesauribile, che parte dal Medio Evo e dagli imperatori
Staufen a Dürer, a Winckelmann, a Goethe, a Nietzsche soprattutto, e a
centinaia di signori minori, senza parlare delle folle vacanziere”.
Mussolini – “Il nuovo M.
di Scurati è già sul podio”, appena uscito al primo posto per le vendite – un
volumone di 6-700 pagine. Come già i tre precedenti, altrettanto spessi e
altrettanto di successo, uno l’anno. Anche se raccontano le storie già note –
già raccontate dozzine e probabilmente centinaia di volte. Per generazioni ormai molto lontane da
Mussolini e dal fascismo. Dopo la biografia politica in otto volumi, seimila fitte
pagine, dello storico Renzo De Felice cinquant’anni fa.
Mussolini resta
il soggetto di lettura, più o meno storicizzato, preferito in Italia. Mentre si
pubblicano ricordi, foto e racconti di familiari, anche non di linea diretta. E
si fanno spettacoli teatrali sempre esauriti. Anche se la storia dovrebbe ormai
essere stata digerita ampiamente, da tutti. “M. Il figlio del secolo”, il promo
volume di Scurati sceneggiato da Popolizio, ha fatto il pieno all’Argentina di Roma,
per un mese di programmazione, trenta giorni, la “corta” settimanale inclusa - poi
per due settimane al Piccolo di Milano, che ha una capienza da quasi mille
posti.
Nievo – Stanislao,
l’ultimo della progenie, nato a Milano da Antonio, titolare di una fabbrica di
bottoni, e da Xavierine Nasalli Rocca, di ascendenze nobili, annoverava nella
biografia Treccani una nutrita ascendenza letteraria. Fra i tanti Erasmo di
Valvassone, Ciro di Pers, Ermes di Colloredo e Ippolito Nievo per la parte
paterna, e per quella materna nientemeno che Joseph e Xavier de Maistre.
A Colloredo di
Montalbano, Udine, si trova – o si trovava – “l’antico castello di proprietà
della famiglia”.
Prataioli – Sono i poeti sentimentali per il ventenne Ippolito Nievo al suo esordio
come narratore, “Antiafrodisiaco per l’amor platonico”.
Putin – “Il più occidentale
di tutti i russi”, secondo Al Bano, il cantante, che in Russia è molto popolare,
e più volte ha cantato davanti a Putin. A Roberta Scorranese che gli chiede
(“Corriere della sera” di martedì 29): “Lei ha conosciuto Putin”, Al Bano
risponde: “Molto bene, ho cantato davanti a lui tante volte. Posso dire che è
il più occidentale di tutti i russi, penso che sia stato mal consigliato”.
È così, nei 25 anni di vita politica Putin è sato sicuramente “il più
occidentale” dei governanti russi, sulla scia di Primakov, il diplomatico che
lo precedette a capo del governo. Ma è occidentale anche nell’aggressione all’Ucraina,
in Crimea dapprima e poi nel Donbass. L’irredentismo è ben occidentale, anche
se esercitato imperialmente – la Polonia vincitrice a danno della Germania,
p.es.: lo spirito tribale è ben all’origine dell’Occidente.
Whatever it takes – Il
mantra cult di Draghi in difesa dell’euro ha un antecedente, bizzarramente
quasi eguale nell’inglese in cui è stato anch’esso tradotto, come quello di
Draghi, nelle memorie di Hjalmar Schacht, “Confessions of «The Old Wizard»”. A p. 303 Schacht a colloquio
da Hitler, che voleva sondarlo per il
ritorno alla presidenza della Reichsbank, a metà maro 1933, quindi col primo
governo Hitler, del partito Nazista con lo Zentrum, richiesto con quale somma
(investimenti pubblici) a suo avviso la Reichsbank, la banca centrale, avrebbe potuto
o dovuto contribuire alla lotta alla disoccupazione, afferma: “La Reichsbank
deve fornire qualsiasi somma necessaria (“whatever will be necessary”) a
togliere dalla strada l’ultimo disoccupato”.
Schacht tornò alla Reichsbank, finanziò un numero vasto di lavori
pubblici, comprese le (allora nuove) autostrade – e divenne pure ministro
dell’Economia.
letterautore@antiit.eu
Tra velocità e resistenza
La ricostruzione
del Mondiale auto di Rally del 1983, quando la Lancia vinse, attraverso una serie
di gare su strada emozionanti, contro la superfavorita Audi. Grazie a un modello
di Delta molto leggero. E all’organizzazione di Cesare Fiorio, da vent’anni direttore
sportivo della Lancia, che allora era un’azienda viva.
Un film di genere
hollywoodiano, dello sportivo che si afferma a sorpresa, contro ogni handicap. Che
però si presta anche a letture europee, il tentativo è riuscito – sull’onda del
“Ferrari”, il film di Michael Mann. Benché un po’ ripetitivo, e con accelerazioni
manierate, senza sorprese.
Fiorio non sarà altrettanto
fortunato successivamente con la gestione della Ferrari, pur raccogliendo in
pochi mesi decine di podi e di vittorie in Gran Premio. Di suo però pluricampione
di motonautica, europeo e mondiale.
Un sequel
sarà l’altra impresa per la quale Fiorio è ricordato, ben più emozionante dei rally?
La traversata atlantica record, che stabilì dieci anni dopo – il Nastro
Azzurro, record che tuttora detiene. Col “Destriero”, motoscafo gigante speciale
costruito dalla Fincantieri, per lo Yacht Club Costa Smeralda. Leggero, in
alluminio, e superveloce, da 6.000 cv. Per due giorni e mezzo di navigazione
(58 ore, 34 minuti e 50 secondi), a una velocità media di 53 nodi, per 3.106
miglia nautiche tra il faro di Ambrose, New York, e il faro di Bishop Rock,
sulle Isole Scilly in Inghilterra.
Stefano
Mordini, Race for Glory, Sky Cinema
martedì 29 ottobre 2024
L’Italia ricca è povera
La disoccupazione è ai minimi, “ma il
tasso di occupazione è ancora basso”. E “che tipo di lavori stanno aumentando”? “La risposta è che si tratta di lavoro povero.
Lo dimostrano i consumi interni”, fiacchi, di basso prezzo, da paese povero: “Sta
aumentado l’occupazione ma non il reddito disponibile”. Alessandro Profumo, ex
banchiere (Unicredit, Mps), poi amministratore delegato di Finmeccanica-Leonardo,
in entrambe le posizioni di grande esperienza internazionale, si fa le domande
e si dà le risposte, in conversazione con Dario Di Vico, su “L’Economia”.
L’Italia in realtà espelle lavoro
qualificato. Espelle “cervelli” e si riempie ogni anno di mezzo milione di manovali
e braccianti senza mestiere e aiuti domestici non qualificati, col problema
della lingua – da poter pagare così anche meno. Ha scelto trent’anni fa, al momento
della globalizzazione, un profilo produttivo da paese emergente, unica bussola
della competitività l’esportazione a costi inferiori, e non ne esce.
La competitività fonda solo su un
costo del lavoro compresso, spiega Profumo. Esito “di una strategia della
competitività centrata sui costi e non sul valore aggiunto, anche se ottenuto
lavorando in nicchie di mercato”. Si esporta comprimendo i costi, più che per qualità
e innovazione – creazione di valore.
È
così che l’Italia con più occupati e con più esportazioni resta il parente (sempre
più) povero dell’Europa. Quello cioè che, fondatore e tutto dell’Unione Europea,
fra le maggiori economie del continente, secondo solo alla Germania per
industria ed esportazioni, è il pase meno democratico in termini di produzione
e di reddito. Quello, dice Eurostat oggi, dove “l’ascensore sociale” è fermo:
nel 2024 un terzo degli adulti poveri viene da famiglie povere (all’estremo opposto,
la Danimarca, meno di uno su dieci). Chi è nato povero ha una “buona” possibilità
di restarlo - peggio dell’Italia, in tutta l’Europa, si vede solo in Romania e
in Bulgaria. ed è tutto dire.
L'Italia
non è un Paese povero, metà Paese ha beni e consumi da ricchi. Ma non sa far
crescere la ricchezza: i nuovi produttori, i nuovi consumatori, regionalmente il
Sud, socialmente le periferie e la provincia scollegata.
Troppe piste tra le nevi
Gli
ascolti premiano la riedizione della miniserie “I casi di Teresa Battaglia”.
Elena Sofia Ricci è trascinante, per un personaggio complesso e senza glamour
- capo della Mobile contestata dal suo proprio capo, dallo sguardo ciononostante
sempre acuto, ma rosa dalla solitudine al limite dell’ipocondria, fino alle
prime perdite della memoria (si fa un obbligo di scrivere sempre tutto). Con
comprimari ognuno preciso e spontaneo nel suo ruolo, Gobbi navigato disarmante,
Spata preciso e imbranato. Le location anche aiutano, le distese di
neve, le irte cime della Val Resia, la festa di paese in costume, le malghe
isolate. E i cani intelligenti. Ma intrecciare quattro o cinque vicende, o sei?
Vicende
s’intrecciano difficili da seguire al montaggio frammentato, intervallate peraltro
da pubblicità ogni venti minuti. Una fatica più che un coinvolgimento – vediamo
se sono capace di seguirle tutte: chi è chi (le identità sono tutte contradittorie
- giusto, ma tutte?), chi ha ucciso chi, chi era chi, tra morti, ascendenti,
discendenti, cugini e altri parenti vari, confidenze, segreti, un ragazzo disadattato che (non) si recupera, qualche foto d’epoca
sparsa. A un certo punto si deduce che nel Friuli tutti hanno un lato Frankenstein
– e qui si aggiunge anche Teresa battaglia, che già l’anno scorso nascondeva un
segreto, ma qui sembra addirittura essere stata sposata, forse, al suo nuovo, e nemico, capo.
In
breve, ci troviamo in una storia di droghe, una di un dipinto con sangue
umano, storioni familiari vari, complicata dalla Nuova Famiglia, quella che si
scioglie, e si ricompone, appena creata, forse anche tra la commissaria e il commissario capo, che si odiano, storie di eredità, odi paesani di lungo
periodo, dalla guerra civile 1943-1945?, traffici di opere d’arte, assassini-e
mascherati-e, amiche-nemiche… Sembra un
discount, un’offerta plurima, quattro-cinque per uno, una beneficenza, una
cornucopia, e invece toglie il respiro – con le immagini in movimento bisogna
andare veloci.
Sono
le trame di Ilaria Tuti, la creatrice di “Teresa Battaglia”? Ma a leggere si fa
meno fatica – si può sempre tornare indietro, per trovare un raccordo. Un artificio
per tenere alti gli ascolti anche stasera, per il seguito? Ma poi si annuncia
una terza puntata, fra una settimana, c’è da aspettare – senza dimenticare (prendere
appunti?). Gli sceneggiatori avevano paura di non essere interessanti - in quelle latitudini, su quegli sfondi?
Kiko
Rosati, Ninfa dormiente, Rai 1
lunedì 28 ottobre 2024
Problemi di base visivi (827)
spock
Sappiamo
perché vediamo, anche ciechi?
Ma vediamo che
cosa, se non sappiamo?
Vediamo perché
abbiamo già visto?
O (non) si nasce
imparati – innatismo?
La
tradizione è dove si esercita la libertà?
È la tradizione che ispira il mutamento?
spock@antiit.eu