sabato 2 novembre 2024

Problemi di base letterari ter - 828

spock

“Il linguaggio non ci ha che troppo insegnato a disprezzare le cose”. E. Jünger, “Lettera  dalla Sicilia al buonuomo sulla Luna”?
 
“Il libro ha un legame inconsapevole con l’eternità”, Massimo Turchetta?
 
“Le lingue straniere ringiovaniscono i pensieri”, B. Constant?
 
“Mi sveglio sempre in forma\ e\ mi deformo\ attraverso gli altri”, Alda Merini?
 
“L’arte non progredisce. Alcuni dei primi dipinti sono ancora oggi i migliori”, David Hokney?
 
“L’arte ci aiuta a vedere da almeno trentamila anni”, id.?


spock@antiit.eu

Polsi, il luogo di culto con più tradizione in Europa – 2

Polsi è un santuario, all’interno dell’Aspromonte, che è stato un luogo di culto, della Madonna della Montagna, per secoli per molte popolazioni, della bassa Calabria e di Messina al di là dello Stretto – tutt’ora lo è, seppure in forme meno caratterizzanti (il ballo in chiesa, il “sacrificio” dei capri, le fazioni  in contesa) e per una pietà religiosa molto più circoscritta e meno viva. Ancora nel primo Novecento, il “viaggio a Polsi” ricorre immancabile negli scrittori dell’Aspromonte, Alvaro, Perri, Seminara, Zappone, Delfino. Sulle orme degli antichi – ottocenteschi – “viaggiatori” dell’Aspromonte, da E. Lear a N. Douglas.
Gemelli, medico di suo, è stato cultore fertile di storia locale. Di istituzioni mediche, e di usi e costumi. Su Polsi si è superato: analizza tutte le fonti storiche del culto e del santuario, e le colloca “nella terra e nel popolo in seno ai quali il santuario è sorto e si è sviluppato”. Un raro repertorio, molto documentato – raro in Calabria, che non cura la ricerca storica. Lasciando però scoperta la domanda principale: sì, ma perché a Polsi, luogo remoto da qualsiasi abitato e “inaccessibile” - di difficile accesso (ancora oggi): al centro della montagna, a 800-900 metri ma al fondo di uno strapiombo dal Montalto, 2000 m.?
La pratica dei luoghi, e un minimo di riflessioni, aveva indotto qualche anno fa, successivamente alla ricostituzione delle fonti storiche operata da Gemelli, e da altri sulla sua traccia (la prima pubblicazione di questo Gemelli è del 1978, ed. Parallelo 38), a collegare i tanti misteri persistenti del culto, e la collocazione del santuario, in area remota e quasi inaccessibile, ai culti dendrici dell’antica Grecia. Il che farebbe di Polsi il luogo di più antica tradizione religiosa e continuità in Europa – uno dei primi post di questo sito
http://www.antiit.com/2007/09/polsi-il-luogo-di-culto-con-pi.html
è quello che ha raccolto più visualizzazioni, alcune migliaia, specie in aree di emigrazione, come gli Stati Uniti e l’Australia. Il culto nasce con l’“Aspromonte”, il nome e la saga. Cioè col poema commissionato dai Normanni in occasione della Terza Crociata, o Crociata dei Re, che riunì a Messina a fine Duecento i regnanti dell’Europa in partenza per la Terrasanta - la “Chanson d’Aspremont”, poi volgarizzata e romanzata (e ampliata) da Andrea da Barberino.

Con qualche “mancanza” tipografica - grave a p. 563 (che si sarebbe potuto correggere come nella vecchia editoria, con un foglio errata corrige).

Salvatore Gemelli, Storia Tradizioni e Leggenda a Polsi d’Aspromonte, Gangemi, ill. pp. 578 € 25

venerdì 1 novembre 2024

Ombre - 744

“7” rievoca la strage di Gorla 80 anni fa esumando un articolo di Bertoldi per i 40 anni. Esplicito contro “i bombardieri venuti a colpire non i tedeschi, ma Milano”. Un pilota di un raid americano contro impianti industriali mancò l’obiettivo e si alleggerì al rientro sganciando le bombe a caso. Una colpì l’elementare di Gorla, “Francesco Crispi”: 184 bambini uccisi in un solo colpo, e 19 tra insegnanti e bidelli. 

Oggi non si potrebbe scrivere: la guerra aerea non è onorevole, ma è l’unica che gli americani sanno fare, e la storia non si può dire.


La presidente della Regione Umbria Tesei, di destra, che si ricandida il 17 novembre, è denunciata da anonimo per abuso d’ufficio. L’abuso d’ufficio non è più reato e quindi la denuncia viene archiviata. Con l’archiviazione se ne viene a conoscenza, e ed è la sua condanna.
La giustizia in Italia è la “notizia di reato”, i giudici sono furbi, non la condanna.
Ma: è il Pd che fa politica con le lettere anonime, oppure i grillini?
 
Si cerca la carta vincente di Bucci a Genova, che da sindaco di destra della città diventa presidente di destra della Regione, e si trova nella sua sfida alla malattia – un tumore? Un’arrampicata sugli specchi, dopo la crociata giudiziaria contro il predecessore di Bucci alla Regione, sempre di destra. Il voto, astensioni comprese, è stato contro i giudici - contro la Procura e contro il Gip. Soprattutto le astensioni: che andiamo a votare a fare?
 
Ranucci, Rai 3, fa uno scoop col naufragio questa estate di un barcone dalla Turchia, “un naufragio rivelato da “Report””, dice il comunicato Rai. Ma noto a tutti a suo tempo – perfino questo sito lo aveva registrato, per spiegare che la Turchia è una “piccola Libia” ma non si dice. E senza colpe dei soccorritori. Uno scoop solo per consentire una “interrogazione urgente” Pd al governo, che ne “renda conto” in Parlamento – sottinteso: renda conto delle sue colpe. È un’informazione che crede gli spettatori-elettori cretini? Poi dice che vince la destra.
 
Però, è vero che con “l’ennesima strage occultata”, oppure con Giuly?, Rai 3 ha fatto un boom di ascolti, con numeri quasi da Rai 1, più di quelli del concorrente Fazio. Dire – non dire, insinuare -  la destra fascista, violenta cioè e stupida, è ancora un’attrattiva forte. Una consolazione, anche se come arma evidentemente è spuntata. Ci sono cioè ancora comunisti trinariciuti - gente seria: non capisce cosa succede, ma se non altro è incazzata.
 
“In risposta alla recente lettera «Via Donizetti, l’auto dimenticata», questo Comando Generale ha provveduto”. L’auto “dimenticata” è una di quelle che usa a Roma abbandonare, vecchie, per incassare l’assicurazione, ancorché modesta, dietro denuncia di furto. Il “Comando Generale” è quello dei vigili urbani. E assicura Conti, il rubrichista molto seguito del “Corriere della sera-Roma” che “gli addetti del II Gruppo Parioli…. erano già intervenuti in maggio per gli accertamenti sul veicolo descritto”. Ma in 5 mesi, forse 6, non sono riusciti a rimuoverlo. Troppa fatica?
 
Israele bombarda Baalbek – non è la prima volta. C’erano, e ci sono, gli Hezbollah sotto la coltre cristiana? Improbabile. Si direbbe Netanyahu invidioso dei Talebani, che, ignoranti pure come artificieri, provarono a illustrarsi a Bamyan. O si prepara a colonizzare anche la valle, la Bekaa – un tempo era dei Cananei...
 
Vince in Georgia il partito filorusso. E allora le elezioni sono state truccate, anche se con un una presidenza e un governo anti-russi. La cosa non riguarda l’Europa. Ma l’Unione Europea va al fronte anti-voto russo. Si direbbe che la Ue non sa di che si occupa.
 
La cosiddetta sinistra (Conte è di sinistra? da quando? non governava con Salvini?), dopo avere dossierato il dossierabile, in proprio e tramite alcune Procure e alcuni giornali, chiama in giudizio Meloni su Gallo e soci: “Venga a riferire in Parlamento”. Bau?
 
Va Cacciari nelle scuole e spiega l’evidenza, che la guerra ucraina è una guerra civile, tra ucraini-ucraini e ucraini-russi. Come in Jugoslavia, aggiunge, una guerra tra slavi, dalle identità miste. Questa vola con la Russia a difesa dei suoi slavi, mentre in Jugoslavia gli Stati Uniti - e l’Italia – intervennero contro gli slavi filorussi. Che gli Stati Uniti usino gli odi fra slavi è comprensibile, che l’Europa li cavalchi anch’essa, essendone vittima, si capisce meno.
 
“Trimestrali, le banche portano l’Italia sul tetto d’Europa”: Italia + 20,7 per cento, Germania – 2,3 per cento, Francia -10,4 per cento”. Chissà se la Vigilanza Bce si è ora attivata, come quando bastonava Unicredit a ogni stress test.
Però, il ministro dell’Economia Giorgetti qualche ragione ce l’aveva, col prelievo sugli extraprofitti.
 
Il “Washington Post” e il “Los Angeles Times” non si schierano nella competizione fra Trump e Harris. Cioè non si schierano per Harris. Bezos, proprietario del “Washington Post”, si allinea con Elon Musk, indirettamente, nel sostegno a Trump. Davvero è un’elezione, questa di martedì, che non è come ce la raccontano.
 
Si difende un gallerista che “Report”, Rai 3, anticipa si sia esibito in un saluto romano. Fabrizio Russo, “noto gallerista”, ci tiene a smarcarsi. “E quel saluto romano?”, gli viene chiesto prima della strombazzata puntata di “Report”: “Il giornalista di ‘Report’ mi provocava e ho reagito con un gesto teatrale. Ho provocato a mia volta. Mi è mancata malizia”. Non sa che il giornalista può montare il saluto dove gli fa comodo.
 
Un’intera strada a Roma, via Baiamonti, dove aggettano centinaia di abitazioni private, è chiusa dalla Corte dei Conti, che vi ha alcuni uffici, per proprio uso privato di parcheggio. Gli inquilini fanno ricorso. Il Tar dà ragione alla Corte dei Conti. Non è il primo caso di uffici giudiziari che si recintano spazi pubblici per il proprio uso - la Cassazione già da decenni si è chiusa una parte della carreggiata che la circonda. I giudici sono sopra la legge.
 
Noiosissima puntata di Crozza venerdì 25, quasi una rassegna stampa, su Meloni e i suoi – mai un guizzo, una battuta. Ma il programma fa il suo picco di ascolti, 100mila spettatori in più rispetto alla sua media di 1,1 milioni, e uno o due decimali in più di audience, 6,2. Odiare interessa più che ridere.

Giallo persiano - riflessivo

Battiston flemmatico – Stucky come il Molino veneziano, ma è di origini persiane … - pratico di osterie (siamo a Treviso, dove fa l’ispettore di polizia) e fumatore di toscano vince progressivamente la sfida contro di noi, che sappiamo (quasi) tutto, della morte, se non del perché. Giallo a procedimento molto originale – è la sfida del creatore del personaggio, Fulvio Ervas.
Una miniserie, sceneggiata con qualche divagazione di troppo. Ma Battiston, che sembra anche fisicamente il personaggio (lo ha impersonato nel primo adattamento dei romanzi di Ervas, al cinema, una mezza dozzina di anni fa), da solo tiene su la curiosità. Intervallato efficacemente da Trabacchi e Dionisi, le facce sempre cattive delle nostre serie – e questo non va bene, uno subito dubita di loro. E da Barbara Bobulova, che ormai accetta accetta anche ruoli marginali, per la gioia dei produttori, che illumina con poco.
Chi è stato Stucky lo scoprirà fra due mercoledì– sono sei puntate, due per sera.  
Questo debutto soprattutto si segnala perché non fa decollare Rai 2, pur essendo stato la cosa migliore da vedere mercoledì sera: viene quarto nella rilevazione auditel - dietro perfino “Chi l’ha visto?”, che da tempo ormai non ha più nessun segreto. La creatività non paga in tv? Rai 2 non sa vendere?
Valerio Attanasio, Stucky, Rai 2

giovedì 31 ottobre 2024

A Sud del Sud - il Sud visto da sotto (575)

Giuseppe Leuzzi


Nove dei dieci saggi che componevano nel 1975 la raccolta di Ernst Jünger intitolata “Il contemplatore solitario” sono ambientati nel Mediterraneo. Quasi tutti, direttamente o indirettamente, in Italia, nel Sud, Sicilia e Sardegna in particolare. Non al modo dei viaggiatori del Grand Tour, del primitivo e del pittoresco, ma come temi e occasioni di riflessioni - di vivere la propria vita di europeo, tedesco, mago (analista) del profondo. “La suite meridionale è gaia e distesa”, può notare il curatore della raccolta, il germanista francese Henri Pilard.
 
Si riciclano le cifre del “sorpasso” del Sud: nel ‘24 il pil cresciuto del’1,2 per cento, e al Nord solo dello 0,5, “grazie anche al sostegno del turismo straniero” - una miniera in effetti a cielo aperto al Sud, se solo si volesse servire un piatto di pasta come ovunque altrove. Ma ora non ci si nasconde che “all’orizzonte si profilano due rischi: gli scarsi consumi e lo spopolamento”. Come dire niente? Lo spopolamento? Il reddito basso - i consumi seguono il reddito?
 
Antimafia da correzionale
Con l’inchiesta milanese sui dati rubati da Carmine Gallo veniamo a sapere dell’esistenza di uno strumento, Ma.Cr.O., Mappe Criminalità Organizzata, riservato “solo a pochissimi operatori sul territorio nazionale”, come scrive il “Giornale di Calabria”, “all’interno del quale sono riportati tutti i nominativi dei soggetti affiliati ad organizzazioni criminali di stampo mafioso, con indicazione dei ruoli dagli stessi ricoperti all’interno delle rispettive organizzazioni, famiglie, cosche, clan, ‘ndrine, locali”. Ma non si sapeva, per esempio, del Bellocco che, condannato a nove anni, gestiva a Milano – ci tentava – la “curva” dell’Inter, tanto da finire sparato. Come non sappiamo, s’immagina, dei fornitori di cocaina al più grande mercato europeo, sempre Milano. E più in generale della partenogenesi delle mafie. Specie di quella meno illustre o meno sanguinaria, la ‘ndrangheta calabrese, gestita da personaggi di poco e pochissimo conto, elevati dai Servizi e Saviano a Fantomas, Houdini, con un pizzico di Cagliostro e di Arsenio Lupin.
Ma non c’è solo il Ma.Cr.O.. Lo stesso Carmine Gallo è stato un superpoliziotto specialista, sempre a Milano, di ‘ndrangheta. Al punto da riuscire a liberare, da solo?, senza riscatto?, la rapita Alessandra Sgarella. Gallo lavorava a Milano quando Maria Serraìno, una donna semianalfabeta di Cardeto, sotto Gambarie sull’Aspromonte, moglie di un contrabbandiere di sigarette condannato 65 volte in 35 anni, detta “La Signora” e “Mamma eroina”, sempre a Milano praticava di tutto, dalla ricettazione allo spaccio e all’usura, liberamente in casa sua, in piazza Alpi – ha potuto farlo per trent’anni. Con sfoggio di fuoriserie e stravaganze dei figli, specie del primogenito, che liberamente intermediava i fornitori sudamericani a Marbella, la Forte dei Marmi spagnola. Indisturbata, fino a che una figlia, in crisi di eroina, non crollò, si sfogò, e gli arresti furono obbligati.
Un’antimafia del “catalogo è questo”? Leggerina, mozartiana? Un’antimafia da correzionale – in superficie, per peccati veniali?
 
Sudismi\sadismi – la strage e l’oblio
Grandi titoli e grandi articoli sui giornali della Calabria, “Giornale di Calabria”, “Gazzetta del Sud”, e “LaCNews24.it”, sull’“ennesima strage occultata” – si presume dal governo, o forse dalla Marina. In Calabria, sennò dove altro – è in Calabria che la memoria è corta, anzi non c’è, la storia “non esiste”. Si è scoperta attraverso l’avventurosa Rai 3 in cerca di ascolti, la trasmissione d’inchiesta o scandalistica “Report”. Una “tragedia occultata” che gli stessi media calabresi avevano invece spiegato per molti giorni quando avvenne, a giugno – chiunque ne trova i testi e le immagini online, dal 17 al 26 giugno (il ripescaggio dei cadaveri fu difficoltoso, il naufragio era avvenuto in mare aperto).
Il “Giornale di Calabria” fa di più. Ricorda di essersene occupato ampiamente a giugno, ma sempre gridando alla strage occultata. E questo ancora si può capire: il quotidiano reca ancora qualche traccia di Giacomo Mancini, il socialista che lo ha patrocinato alla fondazione, e quindi prova a pressare il governo di destra. Ma collude. Il giornalismo, non sapendo fare informazione, si vuole “d’assalto”, ha cioè bisogno di bastioni da prendere. Ma quale bersaglio migliore dell’immigrazione “nascosta”, sulla costa magnogreca, da Roccella a Capo Rizzuto, con sbarchi settimanali se non giornalieri? La rotta jonica. Dalla Turchia, dove ogni singolo metro quadro è controllato occhiutamente. Da Smirne in Turchia, il porto più grande e più controllato. Dalla Turchia di Erdogan, che prende dall’Unione Europea tre o sei miliardi l’anno - non si riesce a sapere - per un primo controllo (come quello che Meloni vorrebbe delegare all’Albania) dell’immigrazione dal Medio Oriente.
Come non detto: se non c’è l’imbeccata non c’è nemmeno giornalismo – non in Calabria, come si vede?  
 
Il Sud, il meglio del peggio
Sarà vero che quest’anno, come l’anno scorso, e il 2022?, il pil del Sud cresce più del dato italiano complessivo – che il Sud trascina. Però, la realtà è scoraggiante. Meglio di tutti lospiega l’Ansa, che vale trascrivere:
“Eurostat, Sud Italia maglia nera in Ue per l’occupazione
In Campania, Sicilia e Calabria meno della metà occupata
Nel 2023, l’Italia meridionale si conferma maglia nera in Ue per il tasso di occupazione, la percentuale di persone occupate tra i 20 e i 64 anni rispetto alla popolazione totale (della stessa età).
Lo rileva Eurostat certificando il tasso di occupazione dell'Ue nel complesso al 75,3%, in aumento di 0,7% rispetto al 2022.
Se nella regione della capitale polacca di Varsavia si osservava il tasso di occupazione più alto lo scorso anno, pari all'86,5%, in tre regioni italiane meno della metà della popolazione in età
lavorativa era occupata, rispettivamente Calabria e Campania (entrambe con un tasso del 48,4%) e Sicilia (48,7%).
L’ufficio statistico dell’Ue assegna all’Italia anche il primato delle disparità regionali più elevate, con un coefficiente di variazione del 16,3%, davanti a Belgio (8,5%) e Romania (7,7%). Guardando alle percentuali regionali, a far meglio la Val d’Aosta (con un tasso del 77,3%), Emilia Romagna (75,9%), seguite da Veneto (75,7%), Trento (75,6%), Lombardia (74,6%), Toscana (74,5%), Friuli Venezia Giulia (73,8%), Marche (72,6%), Piemonte e Liguria (entrambi a 72,2%), Umbria (71,8%), Lazio (68,1%) e Abruzzo (66%). Seguono infine Molise (60,9%), Sardegna (59,9%), Basilicata (59,1%), Puglia (54,7%)”.    
Anche mettendo nel conto il lavoro nero la cosa non migliora.
Considerando poi che la Polonia trent’anni fa partiva da zero (arava coi buoi…).
Cosa cresce allora? Il lavoro povero. Vale per il Sud specialmente quello che Prometeia, il centro studi creato da Prodi a Bologna, e Alessandro Profumo spiegano nell’ultimo numero del settimanale
“L’Economia”: il lavoro, dove c’è, è in settori a bassa produttività, l’edilizia, il turismo, e quindi con bassi salari: più addetti, e più ore lavoro, per lo stesso prodotto, di scarsa qualità o valore aggiunto. Si crea “lavoro povero”, spiega Alessandro Profumo, “aumenta l’occupazione ma non il reddito” – e non s’innesca l’elica ascensionale della crescita, economica e sociale insieme, il mix di capitale, infrastrutture. capacità manageriale e reddito diffuso.
Il colpo d’occhio di Profumo è da considerare, un manager di esperienza e di successo, già a capo di Finmeccanica-Leonardo, e prima ancora grande banchiere, creatore di Unicredit, di cui ha fatto la prima banca transborder in Europa, con acquisizioni in Austria, Germania e altrove presto rivalutate (ora Unicredit è in corsa perfino per l’acquisizione di Commerzbank, la seconda più grande banca tedesca), aggregando al Credito Italiano molte realtà locali (purtroppo non meridionali): “Il piccolo è bello se cresce”. Il lavoro non cresce? “Si tratta di lavoro povero. Sta aumentando l’occupazione”, nell’edilizia e nei servizi, “ma non il reddito disponibile”.
 
La Fiera campionaria delle intercettazioni
Si può pensare dei dossieraggi a tappeto denunciati a Milano che sono la vecchia agenzia di indagini, degli investigatori privati. Di corna, liti in famiglia, liti tra soci, padri in ansia per le figlie, piccole vendette. In grande, gli strumenti essendosi modificati: non più appostamenti, teleobiettivi, effrazioni, pedinamenti, basta sedersi a un tavolino davanti al computer con un mouse. Con pochi collaboratori esterni “specializzati” in qualcosa, sempre mal pagati. Anche l’uomo che ha inventato il dossieraggio telematico e lo gestisce rientra nel vecchio quadro del detective privato o agenzia d’investigazioni: un ex poliziotto, di molto mestiere e ancora qualche entratura. Ma c’è un ma. Che l’azienda è stata creata, ed è di proprietà, dell’uomo chiave del business milanese per eccellenza – che ha fatto grande Milano: la Fiera. Le decine, centinaia di fiere, generaliste (esposizioni universali comprese) e superspecializzate, che hanno fatto di Milano la grande piazza commerciale e finanziaria che è. L’esito di otto-nove secoli di incessante attività fieristica - dalle tante fiere medievali sparse per l’Europa, Inghilterra compresa, di cui i lumbard erano il cuore (solo per un paio di secoli con la concorrenza dei fiorentini).
 
Il Sud non è verde – e povero
Si lega il Sud, l’immagine del Sud, isole comprese, al mare e al verde. Non è così. L’ultimo rapporto “Ecosistema Urbano 2024” di Legambiente documenta anzi che quanto a “verde” il Sud va peggiorando – si dice verde per il più comprensivo green, la vivibilità ambientale urbana. Se ne fa una graduatoria, e uno studio, sulla base di venti indicatori, che coprono i sei principali componenti ambientali della vita in città: qualità dell’aria, acqua, rifiuti, mobilità, energia, ambiente propriamente inteso (sanità, scuole, numero di alberi di proprietà pubblica, etc,). Tra le prime 50 città meglio amministrate solo tre sono del Sud: Cosenza al 13mo posto, Cagliari al 24mo, Enna al 43mo. Tra le dieci peggiori otto città sono invece meridionali. In questo ordine decrescente: Caserta, Catanzaro, Vibo Valentia, Palermo, Napoli, Crotone, Reggio Calabria, Catania – con Imperia prima di Caserta e Fermo prima di Vibo.
I dati sono negativi in particolare per la gestione dell’acqua. Le perdite degli acquedotti si aggravano invece di ridursi, come si penserebbe data la vetustà della “questione acqua”, sollevata da Franco Tatò quando era all’Enel, quindi quarant’anni fa - se non altro per contrastare la siccità. E per i rifiuti, il consumo del suolo, la mobilità, specie regionale, le energie rinnovabili.
Un fatto in particolare penalizza le città calabresi: la mancanza di dati Arpa sulla qualità dell’aria, che l’Agenzia regionale protezione ambientale monitora, o dovrebbe monitorare. In una regione dove pure la qualità dell’aria, “a naso”, è migliore che in tante altre città, se non altro per effetto della circolazione e dell’attività produttiva ridotte.
Catanzaro perde più di 30 posizioni rispetto al precedente Rapporto. Cosenza, Vibo Valentia e Reggio scendono di 6 posizioni, Crotone di 4. Catanzaro, in particolare, si distingue per gli altissimi “consumi” di acqua, 280 litri pro capite al giorno, per la metà dispersi, e 
per le troppe costruzioni (consumo di suolo non proporzionato alle esigenze residenziali, secondo il Rapporto).

Quest’ultimo punto riapre il quesito: c’è tanta ricchezza (se si costruisce tanto, in eccesso) nella povertà? Come e quanto sono reali i dati sulla povertà?
 
leuzzi@antiit.eu

L’immigrato a corte – o il piccolo Mozart della bacchetta

L’anno scorso Sir Antonio Pappano ha diretto la musica per l’incoronazione di re Carlo, nel 1969 era un ragazzino di dieci anni che accompagnava al pianoforte gli allievi della scuola di canto di suo padre, a Londra. A 65 anni la “vita in musica” del figlio di immigrati giovani poveri dal Sannio, musicista autodidatta, è piena di fascino, ben raccontato.
Le memorie partono, con molta intensità, dalla madre e dal padre, giovani in vario modo fuggiti di casa a Londra ai vent’anni – il padre dopo la madre, contro l’avversione della sua propria mamma, al congedo dal servizio militare. È la parte più intensa e accattivante, questa iniziale. Del vecchio mondo che la coppia si lasciava dietro – che Antonio, col fratello Patrizio, sperimentarono per un anno di persona, affidati ai nonni al paese, uno a quelli paterni l’altro a quelli materni, per lasciare liberi i genitori di lavorare di più, per guadagnare di più. Insieme col racconto, e la meraviglia persistente, ancora oggi, della determinazione della coppia. Che a un certo punto, nel 1973, decide di riemigrare, da Londra negli Stati Uniti. A Bridgeport nel Connecticut.
E qui segue un altro capitolo avvincente: di Antonio che cresce musicalmente, sempre come pianista, sotto al guida di Norma Verrilli, “così alta e sicura di sé” – Pappano non è alto di statura. Norma è la figlia della “signora Anna”, che come la figlia dava lezioni di musica e insieme gestiva un suo negozio di articoli musicali. Una conoscenza decisiva, nata dalla vicinanza del negozio con la casa della zia materna di Antonio, che li aveva preceduti a Bridgeport e li ospitava: Norma suona musica antica con l’ex marito, aprendo un mondo ad Antonio, e insieme fa musica contemporanea - l’ex marito era assiduo di Hindemith - e anche pop.
Una storia sempre di casualità ma solidali. Di solidarietà identitarie se si vuole, ma molto produttive. Con Pappano, ora uno dei maestri più seguiti, perfino eccezionale.  
L’unica istruzione formale (scolastica) in musica di Pappano sarà stata quella ricevuta alle elementari, che i genitori vollero facesse nella scuola (privata) delle suore Ministre della Carità di San Vincenzo, le suore (allora) del cappellone, della “terribile suor Claire”. Non è proprio così, la sola Norma successivamente bastava per un conservatorio, ma è vero che Pappano è un autodidatta. Che con la sua singolare preparazione è forse il miglior specialista del canto in musica. E, nemmeno lui si spiega il perché, nella sua solitaria formazione ha sviluppato una “energia indomabile”. Che lo ha molto aiutato nella conduzione - e specialmente (lui non lo dice ma si sa) nella conduzione per vent’anni dell’orchestra di Santa Cecilia, di cui ha fatto un complesso di prestigio, oltre che, contemporaneamente del Covent Garden.

Una discografia lunga quaranta pagine testimonia del rilievo di Pappano nel mondo musicale. Musicista dalle curiosità inesauribili, segnalano gli editori dell’originale inglese, “da Mozart a Birtwistle e Mark Anthony Turnage, come alle arti sonore a alla musica da camera” – nonché all’“esercizio virtuoso del piano”, col quale è cresciuto.
Le memorie corrono veloci per lo sguardo sempre umano, puntuale, fattuale, curioso, che porta su di sé e sulle persone e gli eventi che via via incontra nel suo percorso. A New York, in Danimarca, in Norvegia, a Bayreuth, in Israele - Daniel Barenboim è il suo mentore decisivo, nella piazza di Wagner e a Tel Aviv. In modo del tutto naturale, spontaneo, traccia anche involontariamente un repertorio socio-psicologico dell’emigrazione italiana degli anni 1960-1970 – non sentimentale e tuttavia commovente. Sullo sfondo, non detto ma richiamo irresistibile, del bambino pianista per antonomasia, Mozart, di analoghe ristrettezze e analoga energia.
Antonio Pappano, La mia vita in musica, Marsilio, pp. 320, ill. € 20


mercoledì 30 ottobre 2024

Letture - 562

letterautore


Baltici
– Hjalmar Schacht, il presidente della Reinchsbank (ora Bundesbank) e ministro dell’Economia del primo governo Hitler, ricorda Hitler in uno degli incontri insoddisfatto degli eccessi di Rosenberg, il teorico dell’arianesimo: “Ho fatto di Rosenberg, che viene da Riga, il direttore del ‘Völkische Beobachter’, e dopo appena tre mesi tutta la redazione è strapiena di suoi compatrioti baltici” – il “Völkische Beobachter” era il giornale del partito Nazista. Secondo Schacht, Hitler rimproverava a Rosenberg eccessi di “arianesimo”.
Schacht continua il ricordo nelle memorie con una sua interlocuzione consolatoria: “Non è una novità, cancelliere. Lo stesso Goethe diceva: “i Baltici si tengono insieme come colla”, alle Balten zum Trotz sich erhalten, tutti i Baltici malgrado tutto si preservano.  Curiosa citazione, nonché errata: Schacht – che si pregiava di rimette e giochi di parole - adatta ai baltici due versi di una poesiola del Singspiel (Festspiel mit Gesang und Tanz“) “Lila”, composto da Goethe nel 1777 per i vent’anni della duchessa Louise di Sassonia-Weimar-Eisenach. “Contro ogni violenza (allen Gewalten zum Trutz) tieniti forte”. Ma adatta i versi originali in senso scherzoso questa volta senza dirlo, come se fosse una citazione.
Questa la poesiola:
“Feiger Gedanken\ Bängliches Schwanken,\ Weibisches Zagen,\ Ängstliches Klagen\ Wendet kein Elend,\ Macht dich nicht frei.
“Allen Gewalten\ Zum Trutz sich erhalten,\ Nimmer sich beugen,\ Kräftig sich zeigen,\ Rufet die Arme\ Der Götter herbei!”
 
Antisemitismo
– Hitler trovava solidi appoggi, oltre che in Lutero, nella migliore filosofia tedesca – Heidegger non ha inventato neanche questo. In una celebre frase di Schopenhauer, “Parerga e paralipomena”, di cui nel “Mein Kampf” fa tesoro del primo passaggio: “Gi ebrei soni i grandi maestri del mentire”. Seguito dalla prima teorizzazione del complotto mondiale: “Se qualcuno pesta i piedi a un ebreo a Francoforte, l’intera stampa internazionale da Mosca a San Francisco alzerà la voce in lamentazione”.
Ma il copyright era di Kant, della non abbastanza celebre “Antropologia” avventurosa, che insegnò tutta la vita: gli ebrei sono “una nazione di ingannatori”.
 
Ecce Bombo
– “Il titolo del film (di Mor etti, n.d.r.) era un’espressione che la mia compagna Benedetta Bini aveva sentito spesso dalla finestra gridata da uno straccivendolo” – Alberto Abruzzese (“era il 1978, conoscevo Nanni che mi scelse per una particina nel film… Interpretavo l’intellettuale un po’ trombone e frustrato”).
 
Germania-Italia
- Presentando i saggi di Ernst Jünger che ha riunito sotto il titolo “Il contemplatore solitario”, il germanista francese Henri Plard notava nel 1975 che “i saggi seguenti hanno tutti un tema meridionale, e con una sola eccezione - le pagine recenti su una giornata passata a Lisbona – mediterraneo. Ancora una volta, un conoscitore della letteratura tedesca evocherà esempi illustri, e quel grande movimento che, attraverso i millenni, ha trascinato i Tedeschi (in italiano, n.d.r.. nel saggio francese) verso l’Italia – tema inesauribile, che parte dal Medio Evo e dagli imperatori Staufen a Dürer, a Winckelmann, a Goethe, a Nietzsche soprattutto, e a centinaia di signori minori, senza parlare delle folle vacanziere”.
 
Mussolini – “Il nuovo M. di Scurati è già sul podio”, appena uscito al primo posto per le vendite – un volumone di 6-700 pagine. Come già i tre precedenti, altrettanto spessi e altrettanto di successo, uno l’anno. Anche se raccontano le storie già note – già raccontate dozzine e probabilmente centinaia di volte.  Per generazioni ormai molto lontane da Mussolini e dal fascismo. Dopo la biografia politica in otto volumi, seimila fitte pagine, dello storico Renzo De Felice cinquant’anni fa.
Mussolini resta il soggetto di lettura, più o meno storicizzato, preferito in Italia. Mentre si pubblicano ricordi, foto e racconti di familiari, anche non di linea diretta. E si fanno spettacoli teatrali sempre esauriti. Anche se la storia dovrebbe ormai essere stata digerita ampiamente, da tutti. “M. Il figlio del secolo”, il promo volume di Scurati sceneggiato da Popolizio, ha fatto il pieno all’Argentina di Roma, per un mese di programmazione, trenta giorni, la “corta” settimanale inclusa - poi per due settimane al Piccolo di Milano, che ha una capienza da quasi mille posti.  
Nievo – Stanislao, l’ultimo della progenie, nato a Milano da Antonio, titolare di una fabbrica di bottoni, e da Xavierine Nasalli Rocca, di ascendenze nobili, annoverava nella biografia Treccani una nutrita ascendenza letteraria. Fra i tanti Erasmo di Valvassone, Ciro di Pers, Ermes di Colloredo e Ippolito Nievo per la parte paterna, e per quella materna nientemeno che Joseph e Xavier de Maistre.

A Colloredo di Montalbano, Udine, si trova – o si trovava – “l’antico castello di proprietà della famiglia”.
Prataioli – Sono i poeti sentimentali per il ventenne Ippolito Nievo al suo esordio come narratore, “Antiafrodisiaco per l’amor platonico”.
 
Putin – “Il più occidentale di tutti i russi”, secondo Al Bano, il cantante, che in Russia è molto popolare, e più volte ha cantato davanti a Putin. A Roberta Scorranese che gli chiede (“Corriere della sera” di martedì 29): “Lei ha conosciuto Putin”, Al Bano risponde: “Molto bene, ho cantato davanti a lui tante volte. Posso dire che è il più occidentale di tutti i russi, penso che sia stato mal consigliato”.
È così, nei 25 anni di vita politica Putin è sato sicuramente “il più occidentale” dei governanti russi, sulla scia di Primakov, il diplomatico che lo precedette a capo del governo. Ma è occidentale anche nell’aggressione all’Ucraina, in Crimea dapprima e poi nel Donbass. L’irredentismo è ben occidentale, anche se esercitato imperialmente – la Polonia vincitrice a danno della Germania, p.es.: lo spirito tribale è ben all’origine dell’Occidente.
 
Whatever it takes – Il mantra cult di Draghi in difesa dell’euro ha un antecedente, bizzarramente quasi eguale nell’inglese in cui è stato anch’esso tradotto, come quello di Draghi, nelle memorie di Hjalmar Schacht, “Confessions of  «The Old Wizard»”. A p. 303 Schacht a colloquio da Hitler,  che voleva sondarlo per il ritorno alla presidenza della Reichsbank, a metà maro 1933, quindi col primo governo Hitler, del partito Nazista con lo Zentrum, richiesto con quale somma (investimenti pubblici) a suo avviso la Reichsbank, la banca centrale, avrebbe potuto o dovuto contribuire alla lotta alla disoccupazione, afferma: “La Reichsbank deve fornire qualsiasi somma necessaria (“whatever will be necessary”) a togliere dalla strada l’ultimo disoccupato”.
Schacht tornò alla Reichsbank, finanziò un numero vasto di lavori pubblici, comprese le (allora nuove) autostrade – e divenne pure ministro dell’Economia.

letterautore@antiit.eu

Tra velocità e resistenza

La ricostruzione del Mondiale auto di Rally del 1983, quando la Lancia vinse, attraverso una serie di gare su strada emozionanti, contro la superfavorita Audi. Grazie a un modello di Delta molto leggero. E all’organizzazione di Cesare Fiorio, da vent’anni direttore sportivo della Lancia, che allora era un’azienda viva.
Un film di genere hollywoodiano, dello sportivo che si afferma a sorpresa, contro ogni handicap. Che però si presta anche a letture europee, il tentativo è riuscito – sull’onda del “Ferrari”, il film di Michael Mann. Benché un po’ ripetitivo, e con accelerazioni manierate, senza sorprese.
Fiorio non sarà altrettanto fortunato successivamente con la gestione della Ferrari, pur raccogliendo in pochi mesi decine di podi e di vittorie in Gran Premio. Di suo però pluricampione di motonautica, europeo e mondiale.
Un sequel sarà l’altra impresa per la quale Fiorio è ricordato, ben più emozionante dei rally? La traversata atlantica record, che stabilì dieci anni dopo – il Nastro Azzurro, record che tuttora detiene. Col “Destriero”, motoscafo gigante speciale costruito dalla Fincantieri, per lo Yacht Club Costa Smeralda. Leggero, in alluminio, e superveloce, da 6.000 cv. Per due giorni e mezzo di navigazione (58 ore, 34 minuti e 50 secondi), a una velocità media di 53 nodi, per 3.106 miglia nautiche tra il faro di Ambrose, New York, e il faro di Bishop Rock, sulle Isole Scilly in Inghilterra.
Stefano Mordini, Race for Glory, Sky Cinema

martedì 29 ottobre 2024

L’Italia ricca è povera

La disoccupazione è ai minimi, “ma il tasso di occupazione è ancora basso”. E “che tipo di lavori stanno aumentando”?  “La risposta è che si tratta di lavoro povero. Lo dimostrano i consumi interni”, fiacchi, di basso prezzo, da paese povero: “Sta aumentado l’occupazione ma non il reddito disponibile”. Alessandro Profumo, ex banchiere (Unicredit, Mps), poi amministratore delegato di Finmeccanica-Leonardo, in entrambe le posizioni di grande esperienza internazionale, si fa le domande e si dà le risposte, in conversazione con Dario Di Vico, su “L’Economia”.
L’Italia in realtà espelle lavoro qualificato. Espelle “cervelli” e si riempie ogni anno di mezzo milione di manovali e braccianti senza mestiere e aiuti domestici non qualificati, col problema della lingua – da poter pagare così anche meno. Ha scelto trent’anni fa, al momento della globalizzazione, un profilo produttivo da paese emergente, unica bussola della competitività l’esportazione a costi inferiori, e non ne esce.
La competitività fonda solo su un costo del lavoro compresso, spiega Profumo. Esito “di una strategia della competitività centrata sui costi e non sul valore aggiunto, anche se ottenuto lavorando in nicchie di mercato”. Si esporta comprimendo i costi, più che per qualità e innovazione – creazione di valore.
È così che l’Italia con più occupati e con più esportazioni resta il parente (sempre più) povero dell’Europa. Quello cioè che, fondatore e tutto dell’Unione Europea, fra le maggiori economie del continente, secondo solo alla Germania per industria ed esportazioni, è il pase meno democratico in termini di produzione e di reddito. Quello, dice Eurostat oggi, dove “l’ascensore sociale” è fermo: nel 2024 un terzo degli adulti poveri viene da famiglie povere (all’estremo opposto, la Danimarca, meno di uno su dieci). Chi è nato povero ha una “buona” possibilità di restarlo - peggio dell’Italia, in tutta l’Europa, si vede solo in Romania e in Bulgaria. ed è tutto dire.
L'Italia non è un Paese povero, metà Paese ha beni e consumi da ricchi. Ma non sa far crescere la ricchezza: i nuovi produttori, i nuovi consumatori, regionalmente il Sud, socialmente le periferie e la provincia scollegata.

Troppe piste tra le nevi

Gli ascolti premiano la riedizione della miniserie “I casi di Teresa Battaglia”. Elena Sofia Ricci è trascinante, per un personaggio complesso e senza glamour - capo della Mobile contestata dal suo proprio capo, dallo sguardo ciononostante sempre acuto, ma rosa dalla solitudine al limite dell’ipocondria, fino alle prime perdite della memoria (si fa un obbligo di scrivere sempre tutto). Con comprimari ognuno preciso e spontaneo nel suo ruolo, Gobbi navigato disarmante, Spata preciso e imbranato. Le location anche aiutano, le distese di neve, le irte cime della Val Resia, la festa di paese in costume, le malghe isolate. E i cani intelligenti. Ma intrecciare quattro o cinque vicende, o sei?
Vicende s’intrecciano difficili da seguire al montaggio frammentato, intervallate peraltro da pubblicità ogni venti minuti. Una fatica più che un coinvolgimento – vediamo se sono capace di seguirle tutte: chi è chi (le identità sono tutte contradittorie - giusto, ma tutte?), chi ha ucciso chi, chi era chi, tra morti, ascendenti, discendenti, cugini e altri parenti vari, confidenze, segreti, un ragazzo disadattato che (non) si recupera, qualche foto d’epoca sparsa. A un certo punto si deduce che nel Friuli tutti hanno un lato Frankenstein – e qui si aggiunge anche Teresa battaglia, che già l’anno scorso nascondeva un segreto, ma qui sembra addirittura essere stata sposata, forse, al suo nuovo,  e nemico, capo.
In breve, ci troviamo in una storia di droghe, una di un dipinto con sangue umano, storioni familiari vari, complicata dalla Nuova Famiglia, quella che si scioglie, e si ricompone, appena creata, forse anche tra la commissaria e il commissario capo, che si odiano, storie di eredità, odi paesani di lungo periodo, dalla guerra civile 1943-1945?, traffici di opere d’arte, assassini-e mascherati-e, amiche-nemiche…  Sembra un discount, un’offerta plurima, quattro-cinque per uno, una beneficenza, una cornucopia, e invece toglie il respiro – con le immagini in movimento bisogna andare veloci.
Sono le trame di Ilaria Tuti, la creatrice di “Teresa Battaglia”? Ma a leggere si fa meno fatica – si può sempre tornare indietro, per trovare un raccordo. Un artificio per tenere alti gli ascolti anche stasera, per il seguito? Ma poi si annuncia una terza puntata, fra una settimana, c’è da aspettare – senza dimenticare (prendere appunti?). Gli sceneggiatori avevano paura di non essere interessanti - in quelle latitudini, su quegli sfondi?
Kiko Rosati, Ninfa dormiente, Rai 1

lunedì 28 ottobre 2024

Problemi di base visivi (827)

spock

Sappiamo perché vediamo, anche ciechi?
 
Ma vediamo che cosa, se non sappiamo?
 
Vediamo perché abbiamo già visto?
 
O (non) si nasce imparati – innatismo?
 
La tradizione è dove si esercita la libertà?
 
È la tradizione che ispira il mutamento?

spock@antiit.eu

Il primo amore, che poesia

Un Nievo in carattere: spiritoso – come poi sarà, tra le pieghe, qualche anno dopo nell’ultimo (e vero) romanzo, le “Confessioni di un ottuagenario”. Qui si racconta nel primo innamoramento. A distanza. Da qui l’invenzione del neologismo “antiafrodisiaco”, che il Battaglia, il Grande Dizionario della Letteratura Italiana, registrava come “termine tecnico”. Il racconto in realtà di due amori, per due sorelle, in contemporanea. Che il curatore dice reale, trovandovi precise corrispondenze nell’epistolario nieviano.
Il curatore, Armando Balduino, fa l’esempio del cap. XV, della risposta positiva dell’amata al narratore: il sì arriva in forma di bigliettino, al centro di un voluminosissimo e robustissimo incarto di parecchi colle, sigilli e spaghi grossi – lo stesso enorme pacco che Nievo descriveva subito dopo la ricezione del sì a un amico per lettera. La storia vera (epistolario) vuole l’idillio interrotto bruscamente quando Ippolito improvvido manda in regalo Balzac, “Fisiologia del matrimonio”.
Un racconto ironico, divertito. Contro la moda romantica dei poeti “prataiuoli” – non propriamente un neologismo questo, si dice dei funghi, ma sì per i poeti. Nievo “nasce” umorista. Non di proposito, ma non sa raccontare senza humour. Alternando “giocoletti”, altro neologismo, con scene dal vero. Anche scurrili, con strusciamenti e altri contatti più intimi – seppure non con l’amata: in un viaggio in carrozza in Toscana gliene occorrono un po’ meno parolai. Un po' alla moda di Sterne - una indagine sulla lettura di Sterne in Italia, a cominciare per esempio da Foscolo, che lo tradusse già nel 1813, non trascurerebbe sicuramente Nievo: una presa in giro di se stesso, prima che degli amori più o meno platonici.
Il primo “romanzo” di Nievo, a vent’anni. Lui stesso specifica, in una nota premessa alla novella, redatta un anno dopo, di averla “condotta a termine nell’aprile del 1851 “sotto l’impressione di avvenimenti spiacevoli e di rabbie puerili”. Una divagazione umoristica, satirica, privata, mentre a Mantova, dove risiedeva l’amata, si svolgeva la tragedia dei Martiri di Belfiore, i tanti patrioti fatti poi impiccare, tra il 1852 e il 1855, da Radetzky. Un’eco degli eventi Nievo ha introdotto nei capitoli centrali, sotto forma di rimprovero per lasciarsi impegnare da una vicenda privata mentre erano in gioco interessi e passioni tanto più disinteressate ed elevate.
Una presa in giro di se stesso, prima che degli amori, ancorché platonici. Non pubblicato, il testo è stato recuperato nel 2011, spiega Armando Balduino che ne ha curato la pubblicazione, in forma manoscritta dalla vedova di Stanislao Nievo - ma lo stesso Balduino, il trecentista veneto specialista anche di Foscolo e Nievo, precisa che una prima edizione era stata pubblicata nel 1956, da Carlo Bascetta e Vincenzo Gentili, anche quella basata su “un manoscritto, messo a loro disposizione da Antonio Nievo”, il padre di Stanislao (evidentemente lo stesso).
Ippolito Nievo, Antiafrodisiaco per l’amor platonico
, Marsilio, pp. 163 € 15

domenica 27 ottobre 2024

Torna in Germania la paura del nazismo

Si discute in Germania se e come dichiarare incostituzionale Afd, il partito di estrema destra Alternative für Deutschland, nato liberale appena una dozzina di anni fa e finito paranazista. Un’ipotesi chiaramente impraticabile, ma misura il timore che l’insorgenza di una destra ingovernabile stia imponendosi nell’elettorato.
È l’effetto, più che dei tre voti regionali, in Länder dell’ex Germania Democratica, ritenuti poco significativi nazionalmente data l’esiguità della base elettorale, per la preoccupazione insorta dopo il voto austriaco: a Vienna un partito (quasi) dichiaratamente neonazista è risultato il secondo alle elezioni politiche, a pochi voti dietro i Popolari, la locale Democrazia Cristiana.
D’altra parte, anche se il voto in Sassonia. Turingia e Brandeburgo non è significativo nazionalmente, per la ristretta base elettorale – e per il peso di fattori specifici - è un fatto che l’opinione in Germania, a poco più di due anni dall’ultimo voto politico, che ha portato alla cancelleria un socialista, si è spostata verso destra. Dai Popolari (Cdu-Csu) a Afd, con i Liberali, e con la nuova formazione rosso-bruna di Sahra Wagenknecht, la destra, moderata e non, viaggia sul 70 per cento delle propensioni di voto, e forse  lo supera, mentre le sinistra, socialdemocratici, verdi e Linke, non arrivano al 30 per cento. Per reazione alla guerra, che non si vorrebbe contro la Russia, alla immigrazione senza controlli,  e alla deflazione dopo la minaccia inflazione.  

Napoli allo specchio, sotto la pioggia

Quattro giorni di pioggia a Napoli, come spesso avviene in autunno e inverno nella “città d’o sole” - “la pioggia di Napoli che non cade mai e quasi mai, ma che quando cade poi non la smette più”. E le frane al Vomero, in via Tasso e in via Aniello Falcone, come erano di fatto avvenute poco prima che lo scrittore le raccontasse, e strani sortilegi di cui si vocifera, di bambole che un vigile attesta colorate, vive e cattive nei sotterranei del Maschio Angioino, allertando sindaco e prefetto, fanno da sfondo a una galleria di personaggi, per una volta, allo specchio. Per una volta ma nelle occupazioni ordinarie, ripetitive e trascurabili di ogni giorno, in ogni momento. Come per tutti, come sempre: come avviene, che in ogni momento facciamo somme e sottrazioni, di soddisfazioni e malumori, filosofiche e pratiche, tragiche, comiche. Cognome, nome e professione, come all’anagrafe, o in caserma quando c’era la naja, e via alle conversazioni che sempre facciamo con noi stessi, radendoci, se uomini, o indossando la divisa o la giacca-e-cravatta per la giornata lavorativa, di letto più spesso se donne e giovani – grasse queste, non le giovani, le storie, e non solo immaginate.

La galleria si riempie così di storie ordinarie-eccezionali. Eccezionali nella loro ordinarietà. La donna sola in casa a Posillipo, la sera del matrimonio del suo unico figlio. Sorrentino Luisa, la giovane d’ufficio del Prefetto, sperduta dietro le immagini di toccamenti e penetrazioni col fidanzato. Le fantasie, o racconti di fatti avvenuti, si ripeteranno con altre ragazze in ardore - il racconto-fantasia più particolareggiato, lungo, erotizzante, è di Speranza Giovannella, la ragazza di famiglia che esce di casa per andare con la scuola al funerale di una compagna vittima della frana di via Aniello Falcone e passa la mattinata in un casolare col suo uomo. Ci sono già, decenni in anticipo, i “forconi”, contadini disgustati che prendono d’assalto il Consiglio comunale, razza di profittatori, al Maschio Angioino.
Sui fatti realmente accaduti, i quattro giorni di pioggia, le frane al Vomero, l’acqua alta del mare che ci fu anch’essa un’estate, le storie ordinarie prendono le forme di straordinarie, memorabili. La  rasatura mattutina di Andreoli Carlo, giornalista, alter ego dell’autore, è la più lunga e la più fantasmatica-divertente - è anche uno che sa, beffa dello scrittore alla fine del racconto, che le cose che succedono, benché strane, sono irrilevanti. L’eccitazione sessuale soprattutto cresce nella fantasia della segretaria che aspetta, come sempre invano, l’autobus sotto la pensilina che la ripara dalla pioggia, accanto a un vecchio incappottato, e non fantasioso: ha le tette grosse, che ora con sorpresa ha scoperto essere una dote, a stdio, con un avvocato, 
“se lo accarezzava di dietro gli si alzava davanti” niente a che vedere con “i ragazzini melensi tipo Marco", che le scriveva letterine. 

Un racconto filosofico, col piglio di volta in volta dello scrittore drammatico, ironico, sentimentale, anche scontato. Pugliese fa un’arte dello storytelling-narrastorie tradizionale, paesano, familiare (il fratello Armando, recentemente scomparso, era più noto regista di teatro). Una narrazione che stregò Calvino appena la lesse nel 1977, e la pubblicò e ripubblicò.
La storia di Pugliese che Francesco Palmieri racconta nell’introduzione a questa riedizione (un racconto fascinoso in sé), è dello scrittore di un solo romanzo, subito dopo il quale, per sua scelta, isolato in un borgo irpino, abbandonando Napoli e la professione di giornalista, tradizionale in famiglia – solo una raccolta di racconti è repertoriata dopo questo “Malacqua,” dopo trent’anni, una smilza raccolta di otto brevi racconti, a spese dell’autore, nel 2008, quattro anni prima della morte. Un’opera di immaginazione forte, tante piccole storie, una sorta di pendant prosastico dello “Spoon River”, costruite con un misto di fantasia e di quotidianeità - la quotidianeità di ognuno fantasmatizzata.
Nicola Pugliese,
Malacqua, Bompiani, pp. 183 € 16