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Il Futurismo eccolo qui
Una mostra incredibilmente
ben montata, con didascalie discrete ma sapienti, e un linea storicizzante non
imposta ma convicente, dal divisionismo della prima sala alla spazialità e all’arte
materica e\o povera del tardo Novecento. Di una vitalità che forse il futurismo
– i futuristi italiani, le loro filosofie e pubblicazioni - non ha avuto, ma
nella mostra sì. Specialmente sul rapporto, o contemporaneità, con la scienza e
la tecnologia. Una sorta di vindicatio del rivoluzionarismo futurista, tra
macchinizzazione dell’umano e umanizzazione della macchina.
La documentazione
della letteratura futurista, qui ricchissima, finisce anche per rivalutarla.
Non più parole libere al vento, comprese le tantissime, e spesso indigeste, di
Marinetti, ma intuizioni e ripensamenti premonitori dei nuovi assetti della
conoscenza e della comnicazione. E delle nuove “frontiere”, e funzioni, delle
arti. Fuoriuscendo dal visionarismo fine a se stesso spesso rimproverato al futurismo
come a ogni avanguardia artistica.
Una mostra ben
disposta – visibile, vivibile. E ricca di prestiti da più dozzine di istituzioni,
e da moltissimi collezionisti.
Di fronte a tanto
splendore si resta più che perplessi alle polemiche che hanno preceduto la mostra
e la accompagnano. C’è mai stato niente di meglio nelle tante celebrazioni
italiane del futurismo? C’era qualcosa che si poteva fare di ancora più interessante?
Il mercato delle curatele è così agguerrito – che vuole dire, che ci “si marcia”?
Una mostra tanto
interessante che non si riesce a “vedere” tutto di filato, c’è bisogno di un intervallo.
Il biglietto di un giorno lo consente, ma forse di due entrate in giorni diversi
sarebbe stato più gradevole: di tempo comunque ne richiede molto, bisogna
averne.
Gabriele
Simongini (a cura di), Il tempo del Futurismo, Galleria
Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea
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