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Il giuramento d’Ippocrate e il paziente assassino
Il penitente del
titolo è un anziano psichiatra la cui vita viene sconvolta quando un suo
giovane paziente, omosessuale, fa una strage a scuola. Dapprima fatto bersaglio
della stampa, che gli imputa una condanna biblica dell’omosessualità da lui mai
pronunciata – una campagna a cui non c’è rimedio. Poi vittima di se stesso. In un
primo momento quando decide che il giuramento d’Ippocrate - e la Bibbia di cui
è diventato d’improvviso lettore e credente, cioè Dio - gli vieta di
testimoniare in tribunale come perito nella difesa dell’attentatore. In un secondo
e ultimo momento per un particolare che non conviene svelare. Nelle more viene a
sapere che sua moglie ha una relazione col loro avvocato e migliore amico – lo viene
a sapere dalla stessa moglie, anche lei in guerra contro l’ostinazione del marito.
Un personaggio da
tragedia greca, che Barbareschi sa impersonare in tutte le chiavi, dallo
svagato al polemico, al difensivo, al distrutto. Sfoggiando un’incredibile
somiglianza con Eugenio Scalfari, dalla scansione alla capigliatura, alla barba
e al portamento, e fin nei dettagli dell’abbigliamento – eccetto che per la kippah:
lo psichiatra-vittima si vuole anche ebreo, da agnostico o ateo improvvisamente
ebraizzante, citatore della “Torah” e perfino della “Cabbalah”. Coadiuvato da attori
inglesi. Come lui di teatro, quindi bravi attori. Specie Catherine McCormack,
che impersona la moglie, e Adrian Lester, l’implacabile Pubblico Accusatore del
secondo o terzo tempo.
Una prova di
attori. Per una vicenda in ogni momento appassionante. Se non che il film si avvale
della sceneggiatura di David Mamet, autore di teatro, che verosimilmente si è
limitato a riproporre il testo e le scene del suo dramma. Che quindi si svolge ripetitivo
– al cinema stancamente. A volte anche incomprensibile, p.es. nella serrata ma
lunga scena a due in cui il Pubblico Accusatore contesta allo psichiatra il suo
recente, opportunista?, biblismo: in teatro s’immagina faccia drizzare le orecchie,
nei tempi del cinema è una corsa, superficiale per un tema profondo.
Una pièce
nata da un caso reale, di una studentessa californiana, Tanya Tarasoff, uccisa nell’ottobre
del 1969 da un coetaneo indiano, compagno di studi all’università e suo stalker.
Che, in cura presso un psicologo, gli aveva spiegato che voleva ucciderla e come
avrebbe fatto. I genitori di Tanya Tarasoff fecero causa e il precedente fu
stabilito, dalla Corte Suprema della California, che gli specialisti mentali hanno
l’obbligo di avvertire le eventuali terze parti quando ritengono
che un paziente rappresenta per loro una minaccia.
Luca Barbareschi,
The penitent, Sky Cinema, Now
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