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giovedì 16 gennaio 2025

Il ritorno di Craxi, nelle guerre fra editori

Curioso libro su Craxi per i trent’anni dalla morte. Dove aprendolo si legge che Craxi è “fuggito ad Hammamet…. con il suo carico di avvisi di garanzia, di condanne, di sfide alla giustizia…. I suoi fax, le sue minacce, la sua sete di rivalsa”, da “re della vecchia oligarchia…. al di là delle responsabilità penali”. Al centro di “una famelica corte”, “un clan che fu potente e arrogante”, e di “una famiglia, quella dei Craxi, di fatto trasferitasi con lui ad Hammamet” mentre “appare e scompare, inghiottito in un labirinto di prestanome, il fantomatico «tesoro di Craxi»”. Mentre Craxi fu condannato per il “non poteva non sapere” della giustizia meneghina, e il “tesoro” si sa da tempo che non è stato trovato perché non esisteva – era invenzione di Di Pietro, che aveva anche provato a farsi la gita a Hong Kong, o alle Caimane.
Curiosa riedizione di un libro del 1995, con Craxi ancora in vita, molto anti-Craxi ma anche molto datato. Un libro che l’autore oggi dice essere stato scritto quasi in collaborazione con Craxi: “Incontrai Craxi più volte, dopo che aveva perso il potere”, e “nel periodo della latitanza ad Hammamet: una lunghissima conversazione notturna nella sua villa tunisina”. Nonché, in precedenza, “all’hotel Raphaël…. Dove risiedeva, e dove all’ultimo fu bersagliato dalle monetine di una folla scalmanata che manifestava la sua rabbia contro un leader additato come simbolo principale del malaffare politico”. Senza dire – per il giornalista peccato grave - che la “folla scalmanata” era stata organizzata dal partito Comunista, con avvisatori sull’uscita e le monetine comprese.  
L'editore dice che il libro è stato aggiornato. Ma questo è l’aggiornamento: le otto pagine d’introduzione, di cui qui ai virgolettati, non danno voglia di andare oltre. E il fulcro è il vecchio libro, è rimasto come si ricordava: un atto d’accusa. Alle pagine centrali l’autore, utilizzando citazioni di Marcello Veneziani e dell’ineccepibile galantuomo Giuliano Ferrara, continua ad ascrivere indirettamente a Craxi, ai socialisti, l’autoassoluzione: tutto è male in politica, e quindi noi siamo male e bene. Autoassoluzione che era invece, ed è, il vangelo democristiano. Craxi aveva provato a rovesciarla, e questo ha fatto la sua condanna - la “questione morale” di Berlinguer ok, chi se ne frega, ma la “democrazia come alternanza” di Bobbio no, sostituirsi nelle posizioni di potere.
Un’ottima “novità” sarebbe stata a questo punto aprire aprire un varco nel fumo di Mani Pulite. Del famoso, ben andreottiano, “non poteva non sapere”. Applicato selettivamente. E non di nascosto, con sfrontatezza - una vindicatio di Andreotti contro Forlani e Craxi il giorno dopo che non lo fecero presidente della Repubblica. Una “rivoluzione” che della Dc lasciò incorrotta solo la corrente più esposta (Enimont compresa, con Bonifazi et al.), quella di Andreotti. A opera del suo Procuratore Capo a Milano Borrelli - nominato col suo patrocinio. Con l'ausilio di un corrotto (uno che non si è potuto non dire corrotto dopo che aveva vinto ben 250 cause, o 300?, per diffamazione, ma che già all’epoca dei fatti aveva preteso “prestiti” per centinaia di milioni di lire da suoi inquisiti – a uno pretestando di averli restituiti, i 100 milioni, in biglietti da diecimila, in “una scatola da scarpe”), di un missino, e di due comunisti di sacrestia che poi si sono vergognati di se stessi, D’Ambrosio e Colombo. Ma Franco, entrato nel giornalismo con De Mita, l’ha presto abbandonato, facendosi studioso e alfiere di Andreotti e del Vaticano, il potere intramontabile.
Curioso libro contro Craxi: dov’è la novità? Anche il sottotitolo, “Perché l’ombra di Bettino Craxi incombe ancora sull’Italia”, è bizzarro - una minaccia, non una buona promozione. Ma anche insensato: un manifesto contro Craxi? oggi? e chi è Craxi? Oppure: si rifà Zorro, si rifà il conte di Montecristo, e quindi si rifà Craxi? Craxi? e quando è stato “fatto”?
La riedizione ha tutta l’aria di un ripescaggio tirato per i capelli, dell’editore Solferino, cioè Urbano Cairo, per occupare in qualche modo il mercato, contro Cazzullo, che pure è il pilastro del “Corriere della sera” dello stesso editore. Perché Cazzullo, numero uno delle vendite a ogni suo libro (perfino di uno sulla Bibbia), ha scritto un Craxi molto più nuovo, e strapieno di foto, ma l’ha pubblicato con altro editore - l’aggiunta a questa riedizione di foto sembra confermarlo (ma sono poche e le solite, antipatizzanti, mentre Cazzullo esibisce un Craxi perfino con i capelli).
Massimo Franco, Il fantasma di Hammamet
, Solferino, p.223 € 18,90

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