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martedì 28 gennaio 2025

Maschio cattivo – oppure no

Una rilettura di testi canonici, da Boccaccio all’Ariosto, Manzoni naturalmente (il titolo è detto da Lucia all’Innominato), le “Confessioni di un ottuagenario”, “La coscienza di Zeno”, “Il gattopardo”, “Il bell’Antonio”, Fenoglio (“Una qestione privata”), Buzzati (“Un amore) e Starnone (“Via Gemito”), tutti romanzi di maschi, scritti da autori maschi. Da un punto di vista particolare: enucleare il “modello maschile” storico nella letteratura. La premessa sottintesa essendo: un maschio credibile non può essere creato che da un romanziere maschio.
La conclusione è premessa: “Nei libri che ho scelto di raccontare”, Piccolo anticipa, “tutti fanno la guerra, si incazzano, diventano furiosi, litigano, sono gelosi, minacciosi, e usano al forza in modo esplicito, picchiando, violentando”. E quelli della letteratura che non ha scelto di raccontare? Un contributo al filone: la violenza è maschile.
Piccolo parte da un’idea estrema, un’illuminazione – cui è indotto da Simone Weil quando analizza l’ “Iliade” come poema della forza: “La letteratura è fondativa del mito del maschio”. È la letteratura che ha reso forte – violento – il maschio. Un’idea, da saggio breve. Condivisibile: certo che c’è una letteratura del maschio violento. Ma non può non esserci. E senza pregiudicare il resto: la violenza prima, e quindi fuori, della letteratura - e la violenza senza sesso, comunque non maschile. Allargando l’obiettivo la cosa si complica.
Piccolo si premunisce, del maschio parlando come “è inteso”. Il ragionamento però resta monco: c’è la tesi, c’è la sintesi, non c’è l’antitesi – maschio in confronto a che, a chi? E, paradossalmente, ottiene l’effetto di difenderlo: il lettore è portato a difendersi, la lettrice a difenderlo.
Francesco Piccolo, Son qui. m’ammazzi, Einaudi, pp. X -148 € 15

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