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giovedì 9 gennaio 2025

Monumentale Leopardi, giovane, seducente e determinato

Un altro Leopardi. Vivace oltre che vivo, e attivo, anzi intraprendente al limite dell’incoscienza, sempre padrone di se stesso. In tutto determinato: ponderato, riflessivo, ma poi determinato, senza concessione o compromesso possibile. Nelle eresie delle “Operette morali” e in ogni altra opinione o posizione critica e\o politica. E sempre giovane, da bambino e da adulto. Sempre solare, anche negli eventi e le situazioni drammatiche. Perfino bello (come di fatto era! secondo ogni canone): inventivo, allegro, seducente, sentimentale a suo modo. Senza soffermarsi sulla scoliosi, o su gli altri problemi fisici, giusto la poca vista – che ne accentua la seduttività.
Un approccio al monumento Leopardi non meno filologico di quello consueto, del poeta gobbo, malaticcio e isolato. Sotto la ferula paterna – uno che per venti dei suoi pochi anni se ne tenne lontano, benché sprovvisto di mezzi… E, come per i rapporti familiari, con molte più verità storiche accessorie. Del poeta che fu la bandiera dei liberali risorgimentali di Milano, Bologna, Firenze negli anni 1820-1830, e un po’ anche a Napoli. Dell’erudito colto e autorevole, e per questo forse imbrigliato socialmente, confuso tra sentimenti e risentimenti, impedito negli slanci del cuore. I sensi vivendo con la meraviglia del bambino implume. L’intellettuale fermissimo nel suo credo materialista e disperato, su vita e morte, Dio e mondo, libertà e tirannia, e sempre duro, sulla politica compresa.
Geniale, in questa ricostruzione storicamente infine attendibile, l’affiancamento a contrasto, nelle due parti del film, di Igino Giordani prima e poi di Antonio Ranieri. Di due figure storicamente acclarate. Parmigiano l’uno napoletano l’altro, esuberanti bon vivant. E invadenti nel nome della devota, ammirata, amicizia.
Una produzione generosa, che resuscita i fasti degli sceneggiati storici della Rai, delle stagioni di D’Anza, Majano, Bolchi: “L’amaro caso della baronessa di Carini” “Il mulino del Po”, i romanzi russi, “Il piccolo Lord”- anni luce dalle asfittiche serie delle n piattaforme che ci perseguitano, di pochi takes moltiplicati al computer per un’ora o due, passatempi da cellulare (che curiosamente i critivi tv propagandano). Per una regia inventiva e ricca. Tanto forte narrativamente quanto apparentemente invisibile – classica. Sviluppatta su soggetto e sceneggiatura dello stesso Rubini, col genialoide Pasquini. Dopo una scelta miracolosa dei visi e personaggi che reggono le quattro ore: Leonardo Maltese, che riesce ad essere sempre credibile nei vent’anni di vita in cui impersona Giacomo, un Caccamo che sembra Antonio Ranieri fatto persona, sempre vivo, e Giusy Buscemi nella seconda parte, Fanny Targioni Tozzetti. Tutti scelti e perfetti, attori di mestiere, comprimari “precisi”: Boni (il conte Monaldo), Pennacchi (lo stampatore Stella), Preziosi (un parroco), Lidi (Tommaseo). Indovinate anche le Paoline (Maria Vittoria Dallasta la sorella di Giacomo, Roberta Lista quella di Antonio), e la cantante Marianna Brighenti (Emma Fasano), musa di Giacomo degli anni di Bologna - il cui padre, patriota e buon maestro di canto, finisce delatore. E la “cugina Geltrude” (Serena Iansiti), fatta segno, sorpresa, del primo sboccio della sensualità. Grande inventiva, dunque, anche nei personaggi secondari – ma bastava documentarsi un po’.                                      
Fanny è uno dei tanti personaggi nuovi e “giusti” del film, che Rubini e Pasquini tratteggiano a tutto tondo: è ben la “Aspasia” del “ciclo di Aspasia”. Nobildonna regina dei circoli di Firenze, moglie e madre esemplare ma in cerca d’amore, scoprirà in morte del poeta quanto è stata amata. Per il “ciclo di Aspasia” che prima disprezzava, e per l’abnegazione di Giacomo, di fronte al di lei trasporto, fisico, disperato, per il farfallone Ranieri, di farla sentire amata. Un ultimo, poeticissimo, controcanto all’“incapacità di amare” del poeta amabile, filosofo disperato. Del riserbo intimo, o animalità inespressa, del determinatissmo ma irricettivo ragazzino Leopardi.
Sergio Rubini, Leopardi – Il poeta dell’infinito
, Rai 1, Raiplay

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