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Parte il partito della crisi
Meloni andrà
all’Inauguration Day di Trump, mezza riga, nel “pastone” politico. È iniziato
il conto alla rovescia per il suo governo? Era già iniziato con la liberazione della giornalista Sala – “protesta l’America”, si è scritto con particolari, mentre
non ha protestato nessuno. È già successo a Craxi, e a Renzi: quando c’è un
governo performante dopo un po’ lo si abbatte.
È una prassi. Agli
inizi si poteva pensare una fisima di Giorgio Rossi, indimenticabile notista politico,
nelle pause del tennis, che quando copriva il Parlamento per “la Repubblica”
vaticinava ogni pochi giorni la caduta del governo – “tanto, prima o poi cadrà”.
E invece no. Non è neanche un uso scandalistico della politica, come le corna o
le cosce delle celebrità, per vendere una copia in più - della politica al lettore
non gliene “po’ frega’ de meno”. No, l’arte della crisi è ancorata a interessi
solidi. Che non si dicono e non si mostrano ma si sentono.
Craxi fu colpevole
di avere abbattuto l’inflazione. Meloni è colpevole di avere contenuto il debito?
Renzi provò a dare al governo – alla vecchia benemerita Funzione Pubblica – un
po’ di efficienza: silurato. Comincia da qui la disgrazia di Meloni? Fatto sta
che l’offensiva parte a un certo punto, ed è congiunta. E il conglomerato
media-giudici non perdona.
Sembra bizzarro
che sia il partito della crisi: con un governo migliore non tornerebbe l’ottimismo?
E con la fiducia si venderebbero meno o più copie, i giudici farebbero meno o più
carriera? No, non è una questione di
interessi – gli interessi sono ragionevoli. È una questione di potere, che è
invece irragionevole.
A meno che. I governi
solidi non vanno bene alla speculazione. Ma è talmente estesa la forza degli
speculatori? È vero che alcuni (si) sono dichiarati benefattori.
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