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Amore – L’amore moderno è amore dell’amore, perfino
in assenza dell’essere amato. E si torna alla pesatura dei sentimenti: io ho
detto, ho fatto, tu hai fatto, o non hai fatto. Sarà l’amore controversistico.
È un artificio diabolico questa parità dei sentimenti, la pesa, lo scambio. Il
sentimento è personale, si può amare una persona senza ottenere che lei ci ami,
non nella stessa intensità e maniera, non negli stessi momenti. È l’effetto
della verità, del progresso, della rivoluzione-rivelazione. La democrazia dello
scambio dei sentimenti è un artificio doppio, anzi triplo: lo scambio è il
mercanteggiamento che si vorrebbe abolito dal mondo.
Complotto – La logica del complotto è imbattibile,
poiché incita alla difesa, che sempre è nobile. E poi la leggenda non mente.
Emozione – È casual? Fortuita, involontaria? “L’emozione ce la dà solo il riconoscimento
esistenziale”, annota il romanziere Carlo Cassola nel suo “Fogli di diario” sul
“Corriere della sera (alla data 24 ottobre 1971), “e il riconoscimento
esistenziale, come spiega Proust, è frutto della memoria involontaria, deve
venire all’insaputa, direi quasi a dispetto dell’io cosciente. Si arriva così
al paradosso che ciò di cui avevamo custodito gelosamente il ricordo non ha più
nessuna importanza per noi; mentre si rivela importante quello di cui non
avevamo fatto tesoro”.
Esistenzialismo – “L’esistenzialismo
è la concezione propria a chi manca d’immaginazione”, lo scrittore Carlo
Cassola, “Fogli di diario”, 15 marzo 1972: “La realtà non può non apparire amorfa
a chi manca d’immaginazione”. Il paesaggio (la natura) come l’uomo e le sue
azioni. “Realtà e immaginazione non sono agli antipodi”, argomenta il
romanziere: “Questo divorzio tra fantasia e realtà, tra sogno e realtà, fu
l’aberrazione propria ai romantici come ai classicisti”. E “l’equivoco si è
perpetuato. Si crede ancora che chi è provvisto di una ricca fantasia sia un «sognatore»,
che manchi quindi di «realismo»”. Per realtà intendendosi il “senso pratico”.
Nell’opinione comune. Nella cultura le “cose materiali” – il sesso, il denaro,
il potere.
Ancora Cassola,
“Fogli di diario”, 10 marzo 1973: “L’esistenza e la vita non possono coincidere.
L’esistenza è indeterminata, la vita è determinata. L’esistenza è senza carattere,
la vita ne ha sempre uno. L’esistenza è immobilità e immutabilità, la vita è
movimento e mutamento”.
Heidegger - Anche in Dante la vita è “un correre alla morte”.
Innatismo – Prima che in Chomsky si trova argomentato da E. Jünger nel
preambolo a “Linguaggio e anatomia”, un saggio del 1949, una galoppata da Vico
ai Padri della Chiesa: “In quanto il linguaggio non è soltanto rivelazione e
dono, ma anche opera e espressione, dei tratti dell’essere umano vi si
disegnano, come le lettere in un libro. Si può risalire da essi alla sua
evoluzione e alla sua vita, come dalle impronte nello scisto alle forme di
animali del tutto scomparsi.
“È in modo simile che il corpo
dell’uomo ha lasciato nel linguaggio trace che convergono alla riflessione,
all’interpretazione. Seguendo questo abbrivio, forse otterremo, con più
scoperte nel campo del linguaggio, acquisizioni più nobili”.
Pentimento – È operazione reazionaria, su cui si
misurano l’Occidente, il papa, Freud, l’imperialismo, e i delinquenti in genere?
Per i benefici di legge, quindi per le leggi. Mentre “non pentirsi di
nulla è la saggezza suprema”, Kierkegaard dopo Spinoza sostiene con più verità.
Pentirsi per deprecare, denunciare, cioè giudicare, la colpa degli altri, di
fatto è non pentirsi, pentimento è cancellarsi, giusto la metafora della
prigione.
Storia – È soggettiva. È
d’autore, e circostanziale. “La presunzione dello storico non l’ho mai
compresa”, può argomentare il giudice e giurisperito tedesco Fritz Bauer nel
1966, a proposito di una causa celebra, il diritto oppure no alla pubblicazione
di un romanzo a chiave di Klaus Mann, “Mephisto”, su personaggi e vicende reali
degli anni del nazismo: “Ogni interpretazione, che si tratti di Wallenstein o
di Johann Wolfgang von Goethe (di un personaggio e del suo autore, n.d.r.) è
sempre un fatto soggettivo, la verità pura non può essere stabilita, la verità
scaturisce solo da una discussione”. La verità evidentemente processuale -ma
anche in assoluto? Da un confronto, dalle pezze d’appoggio. Ma in un puzzle
polimorfo.
Non
si può rinunciare alla storia: la storia divenuta reale non ha più fine, l’ha
capita pure Debord. Si va per accumulo, soverchiando i segni meno.
È la fine di Dio, o a lui rinvia? Simone Weil è
radicale, nel III volume dei “Quaderni”: “Il
primo cristianesimo ha fabbricato il veleno della nozione di progresso con
l’idea della pedagogia divina che forma gli uomini per renderli capaci di
ricevere il messaggio del Cristo... Il cristianesimo ha voluto cercare
un’armonia nel-la storia. È il germe di Hegel e Marx. Mi sembra che poche idee
siano più completamente false: cercare l’armonia nel divenire, in ciò che è il
contrario dell’eternità”. E ancora: “L’idea di progresso è l’idea atea per
eccellenza, e la negazione della prova ontologica sperimentale, giacché implica
che il mediocre può di per sé produrre il meglio. Tutta la scienza moderna
concorre alla distruzione dell’idea del progresso”. Dunque Dio è la scienza
moderna – è ancora la verità e la vita. E la fine della storia è al di là. “Il
progresso è un sintomo”, dice Turgenev. Della fine della storia?
Verità – Il mito, tema obbligato della poesia e la
tragedia, limita la fantasia. Euripide lo buttò in melodramma, ma ebbe paura di
essere esplicito. E subito Socrate, o Platone, diedero l’illusione della
verità. Viviamo tra il mito convenzionale e i concetti aristotelici di telos,
il fine, e entelechia, la completa
realizzazione delle potenzialità. – Non gli si può dare torto, da tempo la
filosofia è senza corpo, e quindi senza amore. Aristotele faceva della ricerca
della verità impegno di vita. Platone dimostrò che non c’è nesso tra la vita e
la verità se non amore. Rapimento, sospensione, una forma di rapporto costante
con l’altro e di ascesi. Ora la filosofia, senza rapporto con la vita,
s’ingegna di revisionare la verità, o riformarla.
C’è
una potenza nel linguaggio, che non è la verità: il sicomoro, per esempio, non
è altro che un falso platano.
Mitra,
dio di Verità e Lealtà, aveva mille orecchi e diecimila occhi. Non gli bastava nulla.
C’è verità nel linguaggio, ma suo malgrado.
La verità del linguaggio può essere bugiarda. La rosa più delicata in colore e
profumo è detta canina nei vocabolari, o rugosa, selvaggia, di macchia, e
grattaculo. L’occhio di giaietto non è la stessa cosa che l’occhio di gavazzo,
anche se ha lo stesso lampo. Venere, Lucifero e Vespero sono la stessa stella,
ma non la stessa cosa. Ci sono verità che sovrastano la capacità del singolo,
sia esso scienziato o scrittore, e linguaggi traditori. E coscienze confuse, come
a Mosca nelle purghe, che vittime e testimoni credono ciò che dicono, non ciò
che hanno visto o sentito o fatto. La cornice ordina la visione, deve
aver detto Leonardo. E non la altera? Alma Tadema le cornici fa parte del quadro, il bello della merce è
anche l’esposizione.
zeulig@antiit.eu
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