La chiesa alla ricerca di sé
Nell’età
dei mass-media non solo il cerimoniale e la comunicazione, anche la funzione
papale si è trasformata. Il papa non si limita a gestire la curia – non ne è pigioniero –
ma ha immediato personale contatto con tutte le realtà, religiose e non. A
partire da Giovanni XXIII, che nel 1958 ha convenuto il mondo a Roma per il
Concilio Vaticano II. Il successore, Paolo VI, è stato a Bombay, Gerusalemme,
New York, Bogotà. Giovanni Paolo II in tutto il mondo.
Elie,
professore alla Georgetown University a Washington, comincia con un aneddoto.
Il 13 dicembre 1931 il “New York Times” riportava da Roma che il papa Pio XI
aveva cancellato l’udienza accordata a Gandhi, “il leader nazionalista
indiano”, perché temeva di essere criticato “se riceveva il visitatore nel suo
solito sciatto abbigliamento”. Lo scorso dicembre, continua Elie, lo stesso giornale
pubblicava un estratto dell’autobiografia del papa Francesco intitolato “C’è
fede nello humour” sulle barzellette raccontate dai e sui preti, per dire che
che non ci sono soltanto “preti tristi, amareggiati”.
È
cambiata anche la lingua. Sono cambiati i riti, e la liturgia. Sono cambiate
tutte le funzioni religiose per I fedeli, battesimi, comunioni, matrimoni. Ma la chiesa, questo il succo della riflessione, non ha ancofra trovato un modo di
essere. Conoscibile, adottabile, comune ai fedeli. Va per tentativi. Che è un
paradosso: un’istituzione magisteriale che si cerca.
Paul
Elie, The Pope’s Role has changed in our time. But has the Church?, “The
New Yorker”
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