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sabato 8 febbraio 2025

La guerra-macello e la critica-netflix

Il racconto di tre amici e sodali, di buona borghesia, che nella sanità, dietro le trincee affollate di morti, nella Grande Guerra, si confrontano autodistruggendosi col problema del rifiuto della guerra. Le trincee sono ammassi di cadaveri. Gli ospedali da campo, dove i tre operano, due capitani medici e la comune amica crocerossina, peraltro lindi e asettici come non il migliore ospedale romano di oggi, rigurgitano di coscritti delle aree più diverse d’Italia che, magari amputati, magari mezzo ciechi, sognano la smobilitazione. Bisogna aiutarli, o non invece mandarli in trineca, disfattisti – sono, o possono essere stati, autolesionisti?
Un film duro. All men, se non per due sole figure femminili, deboli - si direbbe sceme, da poche scene. Una requisitoria contro la guerra, in ogni sua forma. Senza assolvere la simulazione, l’autolesionismo – il simulatore più abile si rivelerà il trafficante più spregiudicato. Ma tutto succede – ammassi di morti, mutilazioni, fucilazioni di renitenti, denunce, tradimenti, di ogni sentimento - nell’“anno della Vittoria”. Dietro un prologo, o scena di apertura, che è lo lo scandaglio di ammassi di morti o moribondi alla ricerca di qualcosa da trafugare, un accendino, una medagliett, un portafogli da poche lire.
Un fim non truce, malgrado grondi sangue e sofferenza. Molto ben argomentato nella dialettica tra i due medici, il riflessivo e il fanatico. Borghi e Montesi – specialmente il primo, irriconoscibile, tanto è compenetrato nel ruolo.
Una mega-produzione, per una volta, del cinema made in Italy, costata dodici milioni, che non ha raccolto in sala più di un decimo. Sono possibili ormai filmetti svelti, tipo serial? Non è un fim “facile”, da passaparola, ma anche la critica ormai ha perso ogni sensibilità – e ruolo, da portavoce netflix?
Gianni Amelio, Campo di battaglia, Sky Cinema

 

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