L’esame del golden power si fa su Padoan
A che punto è la disamina del Dica, il dipartimento coordìnamento amministrativo
di palazzo Chigi, dell’ops Unicredit su Bpm? A nessun punto, la valutazione del
Dica viene ex post. La decisione è politica, e anche i tempi sono dettati
dalle convenienze politiche.
Nella fattispecie l’avocazione del golden power sulla ops è ridicola: Unicredit
è ben italiana, e opera nell’interesse di tutti gli stakeholder, di chi
ci ha un interesse, azionisti, dipendenti, clienti. Poiché vanta bilanci
ottimi, e una proprietà diffusa, non soggetta a controlli. Lo è di fatto, e di
statuto. Una “public company” come proclama il sito, “controllata per oltre l’85
per cento da investitori professionali”. Investitori “di cui la maggioranza è
ubicata fuori dall’Italia”, è vero, ma come titolo di merito, di soggetti cioè
non politici, non di sottogoverno – “la banca non ha un azionista o un gruppo
di Azionisti di maggioranza, così come non è presente un patto di sindacato o
qualsiasi forma di patto di consultazione”.
E allora, perché il ministro del Tesoro Giorgetti, che ha ambizioni di
statista ma è lì come esponente della Lega, non è contento? Perché il presidente
di Unicredit è pur sempre Padoan, l’ex ministro del Tesoro degli ultimi governi
Pd, Renzi e Gentiloni, dal 2014 al 2018.
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