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A memoria – “Della ‘Divina
Commedia’ conosco gran parte dei canti a memoria”, dice lo scultore Di Stefano,
infanzia contadina in Abruzzo, a San Giovanni di Cagnano Amiterno,”a una
quindicina di chilometri dal Gran Sasso”. E nota: “Sarà un retaggio contadino”.
La poesia è orale.
Convergenze parallele - Così fu detto il primo centro-sinistra “organico”, 1963, fra la Democrazia
Cristiana e il partito Socialista, con i socialisti cioè al governo, non più soltanto
sostenitori in Parlamento La locuzione ironica è di Eugenio Scalfari, e non di
Aldo Moro come comunemente si crede – per un centro-sinistra cioè che Moro aveva
preteso di presiedere in qualità di “garante per la destra” del suo partito,
che non ne voleva sapere - Aldo Cazzullo, “Craxi, l’ultimo vero politico”, p.
98.
Europa – “L’Europa è in
uno stato deplorevole. L’insaziabile desiderio di infinito, che è anche il
cuore della poesia, è stato sostituito da un volgare tentativo di battere
l’altro per ottenere un piccolo beneficio”, Michae1 Krüger, il poeta tedesco, nella
prolusione in qualità di vincitore del premio Nonino. L’infinito o immensità,
di Ungaretti che lo stregò ragazzo, e il mercantilismo di cui l’Europa
s’infarina – ma è l’Europa franco-tedesca, più tedesca che francese.
Foscolo – Dimenticato “figlio
della rivoluzione”, quale si voleva, della rivoluzione italiana. Carlo Emilio Gadda
non ne aveva buona opinione, del “basetta Foscolo”, di cui fa ripetutamente
oggetto di vituperio, e specie in “ Il guerriero, l’amazzone, lo spirito
della poesia nel verso immortale del Foscolo”. Foscolo gli è antipatico, dice
in una finta intervista con il “Radiocorriere Tv”, perché è “un campione del
distillato spirito” dell’autore, di se stesso, “delle sue ragioni e dei suoi
umori”. Gadda si voleva indisposto dalla “lindura faraonizzata” del poeta
dei “Sepolcri”, come in genere dalla “poesia dei Vati”,
Frammento – Depreca Aldo
Gasso, a proposito del racconto sportivo per highlight, che ne sia
rimasto vittima il “riassunto” dei cronisti. Con una falsa narrazione: “È un
montaggio di frammenti, secondo una logica di scrittura che ha fatto del
frammento la sua unità di significato”. Con un esito falsato: “Attraverso gli highlight
ogni partita sembra spumeggiane, anche se è stata noiosa”. Non solo:
“Attraverso gli highlight non si capisce come gioca una squadra”.
Ma è un frammento d’immagine, è qui l’inganno. È
come con la Var, che s’impunta su falli, eventi, inciampi che non ci sono, un rimbalzo, un
urto, l’ombra di un dito fuorigioco. Il frammento in sé ha un potere evocativo, narrativo: teorizzato
da Philippe Sollers negli anni 1970-1980 con la sua rivista “Tel Quel”, titolo alla Valéry, praticato
in italiano da scrittori sensibili, Alberto Santacroce, Jacqueline Risset, “la ragazza ‘Tel Quel’
che sapeva Dante”, Antonella Santacroce in francese su “Chimères”, la rivista di Deleuze e
Guattari, et al.
Erminia Fuà – Rodigina, è la
promotrice delle fortune letterarie di Ippolito Nievo: è lei che si è presa
cura delle “Confessioni di un Italiano”, impegnandosi a lungo per la pubblicazione
e la valorizzazione del romanzo. Non visse molto, poco più di quarant’anni,
1834-1876, ma fu patriota, attiva e nota, poetessa, e riformatrice dell’istruzione
femminile, al ministero e al Magistero, oltre che “creatrice” di Nievo scrittore.
Sposa a 22 anni di Arnaldo Fusinato, poeta affermato, vedovo, ma di 17 anni più
vecchio, contro la volontà della famiglia. Del padre, contrario per la differenza
d’età, e di religione – in realtà di etnia: ebrea lei, benché di famiglia non religiosa,
cattolico Fusinato. Gli zii paterni però la sostennero, e presso uno di essi, a
Venezia, si rifugiò per celebrare il matrimonio in chiesa. Con “viaggio di nozze”
nella tenuta friulana di Nievo, amico del marito.
Dieci anni dopo il matrimonio si trasferì col marito a Firenze, la nuova
capitale, dove tenne salotto frequentato, di patrioti e scrittori, Carducci, Tommaseo,
Capponi, Mamiani. Fu ispettrice delle scuole femminili, e dal 1872 professore
di Morale a Magistero a Roma. Alla morte di Nievo, nel 1861, si era assunta l’impegno
di pubblicare le “Confessioni di un Italiano”. Ci riuscì nel 1867, dopo sei
tentativi inutili. Il romanzo fu pubblicato da Le Monnier – che cambiò il
titolo in “Confessioni d’un ottuagenario”, perché il pubblico non sospettasse
una “pappolata politica” (già allora il patriottismo era indigesto?). In due
volumi, curati dalla stessa Fuà. Il titolo originario sarà restaurato solo nel
1931, in un’edizione filologica, più o meno, curata dal linguista Ferdinando
Palazzi.
Linguaggio - “Il linguaggio è, di tutti gli edifici, il più solido e il più
antico castello fiabesco, con i suoi labirinti e le sue oubliettes, i
suoi osservatori e i suoi saloni, le cui alte finestre danno su vasti paesaggi di
storia e di preistoria” - Ernst Jünger, preambolo a “Linguaggio e anatomia”,
1949 (ora in “Il contemplatore solitario”).
Risorgimento – “Il viaggio
intorno al Risorgimento parte da lontano e da un romanzo che racconta una
rivoluzione mancata o, piuttosto, una rivoluzione tradita. Questo romanzo è ‘Le
ultime lettere di Jacopo Ortis’, scritto da un autore che poteva definire se
stesso «figlio della rivoluzione»” - Matteo Palumbo, intr. a I.Nievo, “Trecento
giorni con il Generale”.
Scrittura – “La scrittura
come una gelosia del reale”, adombra Annie Ernaux gelosa, in “L’occupation”.
O anche: “Scrivere è anzitutto non essere visti” – in deshabillé,
con i brufoli, nell’incertezza.
Torino – È l’“unica
città dell’adolescenza” per Carlo Levi, “L’orologio”, ricordando Pavese.
“Città della fantasticheria, per la sua aristocratica compiutezza
composta di elementi nuovi e antichi; città della regola, per l’assenza
assoluta di stonature nel materiale e nello spirituale; città della passione, per
la sua benevola propizietà agli ozi; città dell’ironia, per il suo buon gusto
nella vita; città esemplare, per la sua pacatezza ricca di tumulto. Città
vergine in arte, come quella che ha già visto altri fare l’amore e, di suo, non
ha tollerato sinora che carezze, ma è pronta ormai se trova l’uomo, a fare il
passo. Città infine, dove sono nato spiritualmente, arrivando di fuori: mia
amante e non madre né sorella. E molti altri sono con lei in questo rapporto.
Non le può mancare una civiltà, ed io faccio parte di una schiera. Le
condizioni ci sono tutte.” Cesare Pavese, una delle prime annotazioni del
diario, “Il mestiere di vivere”, 17 gennaio 1935.
Wagenbach – Il poeta Michael
Krüger, premio Nonino, celebra nella prolusione Ungaretti, che diciottenne lo
introdusse alla poesia, col celebre distico “M’illumino\ d’immenso”, e Klaus
Wagenbach, “a quel tempo un editore molto di sinistra”, che lo introdusse all’editoria.
Insieme cofondarono e diressero la rivista “Tintenfisch”, calamaro, “per proteggere
l’idea di letteratura dalla supremazia politica e ideologica che a quei tempi
era dominante”, anzi 1970-1980. Wagenbach,
gande editore tedesco molto italianista, di doleva, alla Fiera del Libro a Torino
nel 1992, che non ci fosse più “letteratura italiana”: “Si pubblicano solo
giornalisti”. Il che non è più vero: si pubblicano anche le scuole di scrittura
- dipende dall’impegno, da quanto si investe nei professori-agenti.
letterautore@antit.eu
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