In contrasto - in forte contrasto - con l’immagine che ne proiettano i
media italiani, Meloni continua a godere in Europa di molte attenzioni
politiche, a Bruxelles, in Germania, e a Parigi e Londra, e anche di buona
stampa – e più ne dovrebbe avere dopo il voto in Germania il 23, se l’esito
ricalcherà i sondaggi. Come esponente di una destra che risponde alle domande
dell’elettorato, in tema di immigrazione e guerra, senza scivoloni politici,
autoritari o di altro genere.
“È una voce importante in Europa” per il ministro francese degli Affari
europei, Benjamin Haddad, un esponente del partito di Macron. Che aggiunge: “Abbiamo
molto da costruire con l’Italia”, nel quadro in un rilancio dell’industria degli
armamenti, e del contenimento dell’immigrazione irregolare.
Bruxelles ne ha interinato le politiche dissuasive dell’immigrazione
selvaggia. Per l’effetto deterrente, sull’organizzazione dei trasbordi abusivi
in Libia, Tunisia e nella stessa Turchia, e sull’opinione nei paesi di
partenza. E nell’attuazione pratica: impedire il più possibile l’ingresso
abusivo in Italia come ingresso nell’area Schengen, l’ingresso in Europa – da
qui l’“invenzione” dell’Albania.
Nella pratica Meloni è messa in scacco dai giudici. Ma la metodologia ha
fatto scuola. Il premier britannico Starmer, laburista, l’ha subito adottata e
messo in pratica. Il candidato cancelliere tedesco la studia.
Più in generale - immigrazione, rigore fiscale, Ucraina - resta immutato
il rapporto speciale di Meloni con von der Leyen, e in generale con le
istituzioni europee, Consiglio compreso. E dovrebbe accrescersi col ritorno
alla cancelleria dopo il 23 dei cristiano-democratici, il partito della stessa
presidente della Commissione. Il prospettato futuro cancelliere Merz avrebbe
già contatti, tramite il capo dei Popolari europei Manfred Weber, con Meloni per
quanto riguarda le politiche di controllo dell’immigrazione, e il tema Russia,
anche questo molto sensibile in Germania.
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