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giovedì 6 febbraio 2025

Quanta pittura, antifuturista

La “deformazione” non c’entra. Neanche l’espressionismo - c’entra poco, pochissimo, solo in qualche proponimento programmatico. È la mostra della pittura “altra” degli anni tra le due guerre, con propaggini postbelliche, fino a Emilio  Vedova, l’Arte povera, un po’ d’informale. Altra cioè che Futurista e Novecento. Del gruppo di Corrente, della Scuola romana di via Cavour, Mafai, Raphaël, Scipione, di Guttuso giovane, e di un lungo elenco di pittori attivi tra Milano e Torino. Ognuno con molti quadri esposti: Cassinari, Cantatore, Badodi, Valenti, Sassu, Morlotti, Pirandello, Treccani, Birolli, Carlo Levi, e perfino De Pisis. Con Manzù, Mazzacurati e Fontana, scultore anche lui, agli inizi.  
Una mostra politica, afascista se non antifascista. Programma che molti dei pittori qui recuperati condividevano e non. Messi da parte i presupposti politici – l’eterno, incancellabile, polemismo fascismo-antifascismo (ma chi è stato fascista? anche ora, per esempio, non ci sono (stati) più comunisti, tutti erano liberali, un po’ anche cattolici, al massimo socialisti, anzi liberaldemocratici….), un’occasione per vedere pittori e quadri ormai praticamente invisibili. Poco presenti nelle gallerie, molto nelle collezioni private. E di vederli tutte insieme, con oltre 130 quadri esposti, da una quarantina di collezioni – soprattutto da quella dell’avvocato Jannaccone.
Una mostra senza curatori. Anche se lo sforzo organizzativo dev’essere stato complicato. Ma bene ordinata. Con didascalie minime, ma ben redatte. Purtroppo rinchiusa negli spazi angusti in cui continua a essere ospitata la Galleria d’Arte Moderna della città di Roma, stanze e stanzette, chiuse e sfalsate, senza luce, senz’aria.  
Estetica della deformazione. Protagonisti dell'Espressionismo Italiano,
Galleria d’Arte Moderna, Roma

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