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Quanta pittura, antifuturista
La “deformazione” non c’entra. Neanche
l’espressionismo - c’entra poco, pochissimo, solo in qualche proponimento
programmatico. È la mostra della pittura “altra” degli anni tra le due guerre,
con propaggini postbelliche, fino a Emilio Vedova, l’Arte povera, un po’ d’informale.
Altra cioè che Futurista e Novecento. Del gruppo di Corrente, della Scuola
romana di via Cavour, Mafai, Raphaël, Scipione, di Guttuso giovane, e di un lungo elenco di pittori
attivi tra Milano e Torino. Ognuno con molti quadri esposti: Cassinari, Cantatore, Badodi, Valenti, Sassu,
Morlotti, Pirandello, Treccani, Birolli, Carlo Levi, e perfino De Pisis. Con Manzù, Mazzacurati e Fontana, scultore anche lui, agli inizi.
Una mostra politica, afascista se non antifascista. Programma
che molti dei pittori qui recuperati condividevano e non. Messi da parte i presupposti
politici – l’eterno, incancellabile, polemismo fascismo-antifascismo (ma chi è
stato fascista? anche ora, per esempio, non ci sono (stati) più comunisti,
tutti erano liberali, un po’ anche cattolici, al massimo socialisti, anzi liberaldemocratici….),
un’occasione per vedere pittori e quadri ormai praticamente invisibili. Poco presenti
nelle gallerie, molto nelle collezioni private. E di vederli tutte insieme, con
oltre 130 quadri esposti, da una quarantina di collezioni – soprattutto da
quella dell’avvocato Jannaccone.
Una mostra senza curatori. Anche se lo sforzo
organizzativo dev’essere stato complicato. Ma bene ordinata. Con didascalie
minime, ma ben redatte. Purtroppo rinchiusa negli spazi angusti in cui continua
a essere ospitata la Galleria d’Arte Moderna della città di Roma, stanze e
stanzette, chiuse e sfalsate, senza luce, senz’aria.
Estetica della deformazione.
Protagonisti dell'Espressionismo Italiano, Galleria d’Arte Moderna, Roma
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