Se russo è pazzo
Molto sesso, più o meno aggrovigliato, solitamente
d’impeto, una furia breve, per oltre due ore, e poco altro eccetto la follia,
del notevolissimo personaggio che è stato Eduard “Limonov” (Ėduard Veniaminovič Savenko), poeta, auto-narratore e attivista
politico russo, morto quattro anni fa. Esule volontario da giovane, in America
e a Parigi, spregiatore del “vecchio rottame” Solgenitsin, e della parolaia intellighentsia
moscovita, rimpatriato volontario con la perestrojka, la
liberalizzazione del regime sovietico, e poi sempre all’opposizione, di Yeltsin
da sinistra, di Putin da destra, e poi da sinistra, più o meno. Dopo essere
stato volontario in Serbia nella guerra della Serbia contro tutti alla dissoluzione
della Jugoslavia. Un “nazionalista moderato”, un “socialista della linea dura”,
da ultimo un “attivista dei diritti costituzionali”, e perfino un fascista, autoproclamato. Creatore, col pensatore
putiniano, teorico dell’Eurasia, Aleksandr Dugin di un Partito
Nazionalbolscevico. Poi di un altro partito, L’Altra Russia, su posizioni
analoghe. Avversario politico di Putin, e anche dei “neocomunisti”.
Un vero russo, imprevedibile. Una “bomba a
mano” – lo pseudonimo non si lega ai limoni ma alla limonka, gergale per
bomba a mano, che è, è stato, il simbolo del partito L’Altra Russia nello stemma
elettorale (“Limonka” era anche il titolo del giornale del partito). Un personaggio
troppo complesso per una narrazione – a meno di non farlo un pazzo? Però Carrère
c’è riuscito, nel saggio-romanzo “Limonov” bestseller quindici anni fa. Serebrennikov, antiputiniano, al punto da interrompere la lavorazione del film a Mosca allo scoppio del guerra, poi completata fuori, è come se avesse voluto dare un quadro problematico del fare politica in Russia.
Kirill Serebrennikov, Limonov, Sky Cinema,
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