Tutti i possibili
significati, le proprietà, i ricorsi (non tutti, questi: in appendice un repertorio
lungo quattro o cinque pagine, costruito trent’anni fa per il romanzo “In virtù
della follia”), del numero forse più ricorrente di questa curiosa serie, dall’1
al 12, ideata da Umberto Bottazzini, “Storie di numeri” (“alfabeto di ogni
civiltà, i numeri esprimono la misura del cammino umano). Un numero debordante
nella numerologia ovviamente, ma di più nel linguaggio profetico, ebraico, e
nel calendario. O nelle geografie mentali: la natura “sette bellezze” del poema
omonimo di Nezāmī, la “Settimana di bontà” di Max Ernst, il Teatro della Memoria
di Giulio Camillo. Con le sette età della vita, per esempio di Shakespeare, “Così
è se vi pare”. Un numero ubiquo
Un volumetto denso
- Ebgi, storico della filosofia, è versato in molte discipline. Che alla fine
pone il problema invece di risolverlo. Perché sette è un problema: perché tanta
“popolarità” del sette e non di un altro numero? Si, indivisibile, etc., “il numero della
totalità (dell’unione di cielo, il 3, e terra, il 4); … il numero dell’intelligenza
(assieme maschile, il 3, e femminile, 4) che vuole contenere in sé tutto l’universo”,
si, ma poi?
Raphael Ebgi, Sette, Il Mulino, pp. 185 € 13
Appendice
Un
repertorio ampio del numero sette, nemmeno esaustivo, avevamo potuto compilare
nel romanzo “In virtù della follia”:
Il
pellegrinaggio delle Sette Chiese era stato da poco restaurato da Filippo Neri,
scrive l’oratoriano Carlo Gasbarri nella Visita filippina
delle Sette Chiese. La tradizione prevedeva un “giro
simbolicamente sintetico dell’Orbe cristiano”, San Pietro rappresentando il
patriarcato di Costantinopoli, San Paolo quello di Alessandria, San Lorenzo
quello di Gerusalemme, Santa Maria Maggiore Antiochia, “cioè i capi del mondo
fedele, cui sovrastava il Laterano, sede del Sommo Pastore, che tutti in sé riassumeva”. Alle cinque soste originarie Filippo aggiunse due intermedie, a
San Sebastiano — fra San Paolo e San Giovanni in Laterano — e a Santa Croce,
anch’essa in Gerusalemme — fra San Giovanni e San Lorenzo. Per un certo periodo
si arrivò a nove ma poi, spiega Gasbarri, “ci si polarizzò sulle sette
basiliche, che nel numero altamente simbolico e nel percorso di oltre sedici
miglia costituivano una discreta penitenza”.
San
Sebastiano era il punto centrale del pellegrinaggio. Paesaggio all’epoca
“georgico e riposante”, secondo un memorialista, “di armoniose linee
classiche”, era ancora campagna aperta, ma non estranea alle vicende umane.
“Non vi è palmo di terra”, ha scritto l’abate Carlo Bartolomeo Piazza negli Hyeroxenia, “sotto il quale non sia stata abitazione tra
quegli Antri, Grotte, Tombe, Arenari], e Cimiteri]', quasi Steccato di Cristiana
Fortezza, e Pazienza. Da queste sotterranee Caverne, e nascondigli d’anime
grandi, a guisa di Fornaci di Paradiso, uscirono beati incendij di Amore, e di
Carità”.
Della
pia pratica e del numero sette scrisse il pontefice Sisto Peretti (1585-1590)
nella bolla Egregia Populi Romani Pietas: “E
sono esse (le chiese) veramente celeberrime per l’antichità, per il culto, per
le venerande reliquie dei Martiri, per le sacre indulgenze, e infine per il
mistico senso del numero settenario. Come l’apostolo Giovanni, scrivendo la
mirabile sua Apocalisse alle sette Chiese dell’Asia, volle adombrare la Chiesa
universale, che Dio adorna con i sette doni celesti dello Spirito Santo, e
nella quale soltanto dimora e riposa, così sette Chiese in Roma si
stabilirono, con grande arcano del numero stesso, affinché più chiaramente
apparisse l’unione e la perfezione nel capo stesso da cui promana l’unità della
Chiesa tutta”.
L’arcano, volendolo, si poteva dire
sciolto da una lunga tradizione, di cui era stato sistematore nel primo secolo
il dotto ebreo Filone d’Alessandria. Sul solco probabilmente dei “Proverbi”,
9,1: “La saggezza ha
fabbricato la sua casa, ha lavorato le sue colonne, in numero di sette”. Filone,
il conciliatore della fede e della filosofia, attribuiva al numero sette
“valore divino”. La potenza del numero, scrisse diffusamente, si esplicava in
aritmetica, geometria, biologia, astronomia, cosmologia, musica, moto, cicli
della luna (i numeri da 1 a 7, sommati, danno 28). E ancora: sette sono i
cerchi del cielo e le schiere dei pianeti, le età dell’uomo (secondo Ippocrate;
secondo Solone, invece, le età dell’uomo sono dieci, ma di sette anni ciascuna)
e i sensi (ai cinque canonici vanno aggiunti il sesso e la lingua), le
secrezioni del corpo (lacrime, muco, saliva, sudore, sperma, cacca, urina) e le
sue parti, quelle visibili (testa, tette, braccia, gambe), quelle invisibili
(stomaco, cuore, polmone, milza, fegato, reni) e quelle della testa (occhi,
orecchie, narici, bocca). E l’unico numero che “non genera e non è generato”,
assimilato dai filosofi a Vittoria-Atena, “che è vergine, non ha madre, e si
racconta essere nata dalla testa di Zeus”, e dai pitagorici alla Guida dell’universo.
Un
numero ubiquo, insomma. Centrale nella numerologia semitica.
Che lo trasmise alla cultura greca, secondo Nietzsche, “Il servizio divino
degli dei”, che ne fa minuto elenco per un paio di pagine. In relazione con i
pianeti, con la scala dei suoni, dei colori, dei giorni della settimana. È
numero primo privilegiato dalla Bibbia, nonché dall’“Apocalisse”, la Cabala e
la Massoneria, ma anche da Auguste Comte, il re dei positivisti. È la base
della sua “Synthèse subjective”, il finale “poema dell’Umanità” in ottocento
pagine. Il poema Comte lasciò suddiviso in sette capitoli. Ogni capitolo si
compone di tre parti, ognuna delle quali è però suddivisa in sette sezioni.
Formate a loro volta ognuna da sette gruppi di frasi.
La
tradizione religiosa ricorda le sette stanze di Moloch, le sette porte o gradi
di iniziazione di Mitra, le sette vacche belle e grasse, e le sette brune e
molto magre, le sette spighe piene e rilucenti, e le sette vuote e arse, i
sette anni di abbandono, e i sette di carestia, che salvarono Giuseppe nella
Bibbia, repertorio massimo del numero (sette è “la semitica totalità”, afferma
Ceronetti — e lo conferma la Cabbala, con i sette santuari e i sette sentieri,
le sette dimore impure, i sette bracci della menorah, i
sette cieli del Talmud, e il Dio dello Zohar, Libro dello Splendore,
il quale non procede che per sette: “Il Santo benedetto Egli sia, si trova nel
settimo di tutto” — mentre per il commentatore delle Edizioni Paoline il sette
“nelle Scritture indica un numero grande, e moltiplicato indica un numero
indefinito”), i sette altari, i sette giovenchi e i sette montoni di Balaam, i
sette mariti che lasciarono infelice Sara, morendo la notte stessa in cui si
proponevano di accostarsi a lei, i sette fratelli, mariti sterili di una sola
moglie, della casuistica sadducea, i sette santi, i sette dormienti di Efeso
(che secondo Louis Massignon sono gli stessi di prima), le sette piaghe, i
sette re d’Egitto, i sette diavoli di Maddalena, le sette parole di Cristo in
croce, oggetto di appassionata trattazione di san Roberto Bellarmino. O, più
antiche, le sette sorelle e le sette stelle del sogno di Kassi, più moderne,
le litanie settiformi, la settemplice fraternità rosacroce, i sette gradini
della scala di sant’Agostino per valutare la capacità di comprensione
dell’anima, i sette capi del dragone purpureo seduttore del mondo, che è
Satana, dell’apocalittico Innocenzo III. Sette gli Inni dei “Mattutini”, che
scandivano la vita monastica, sette quelli delle “Laudi”, e Sette dei “Vespri”,
che avevano come tema i sette giorni della creazione.
Tutto
è sette in Gilgamesh, romanzo dell’amore
uranico, e nell’Apocalisse (Sigilli,
Angeli, Trombe, Segni, Lampade, Chiese, Coppe versate), opera di san Giovanni
di Patmos patrono della massoneria, che il pio Renan definì “libello radicale
contro l’impero romano” e l’erotologo inglese D.H. Lawrence, figlio di
minatore, “un’orgia di mistificazione al lavoro da quasi duemila anni” per
minare l’aristocrazia del Cristo, o il carattere individuale della salvezza,
mediante la sobillazione delle masse (è “metafora del crollo del capitalismo”,
dirà H.M. Enzensberger).
I cigni girarono sette volte attorno a Delo,
sottolinea Anaerobio, al momento della nascita di Apollo, il dio della lira,
strumento a sette corde. Sette le esistenze di Tiresia. Sette anche i figli e
le figlie di Niobe, i re di Roma e i colli, i pilastri della saggezza, le
meraviglie del mondo, le porte di Tebe, i santi patroni di Marrakesh, sette i
giorni della luna, i raggi del sole, i colori dell’arcobaleno, i sacramenti, i
vizi capitali, stranamente monchi, le virtù (tre più quattro), le arti liberali,
che secondo Marziano Capella conducono l’uomo in cielo, gli anni della Montagna incantata.
Sette i Dolori di Maria il venerdì
successivo alla prima domenica di Quaresima, oppure il 15 settembre,. le opere
di misericordia corporale e quelle di misericordia corporale. Sette i
personaggi dei compianti, attorno al Cristo morto. Con il setticlavio. I Sette
di Chicago – che erano otto, ma uno fu dimenticato dal giudice che doveva
condannarli. E i sette del Franck Report, che prima di Hiroshima ne provò le
devastazioni. Sette i nani di
Biancaneve dei fratelli Grimm, “E lo specchio magico le rispose : «Al di là dei sette monti, al di là
delle sette valli c'è la casa dei sette nani, in cui vive Biancaneve che è
ancora più bella di te»”. i
viaggi di Sinbad il marinaio, le sorelle del petrolio, le cinta del castello
dell’anima, i gradi della perfezione, le note musicali, le vocali del greco
antico, i petali della rosa, le stelle dell’Orsa e le Pleiadi, le colline del
Reno, i savi di Roma, dell’Ellade e d’altrove, le vite dei gatti, le
donne di Barbablù, i sette anni di riflessione e gli altri sette di disgrazia,
che fa quattordici, un buon titolo.
Arrivando a
noi, vanno ricordati II settimo sigillo,
Sette spose per sette fratelli, I sette fratelli, Sette storie gotiche, I
sette tipi d'ambiguità,
i settennati presidenziali, passando ovviamente per Kafka (“chiesi se dietro i
sette mari ci fossero i sette deserti e dietro a quelli le sette montagne,
sulla settima montagna il castello e...”). Il numero è ricorrente anche al
gioco delle carte, con primiera, settebello e sette e mezzo, e dell’occulto,
sotto il segno di Pietro d’Abano. J.Roth ricorda, celebrando “La quercia di
Goethe a Buchenwald”, il “böse Sieben”, il sette cattivo, del Kaiserspiel,
antico gioco di carte tedesco Il sette che anche nelle carte tedesche è
migliore di tutte le altre, il sette pigliatutto, ma è raffigurato nelle
sembianze di una strega:
Ha
tradizione in Francia (il Colloquium
Heptaplomeres di Jean
Bodin, il teorico dello Stato moderno, della tolleranza, e della caccia alle
streghe, l’Heptameron di Margherita, energica sorella e
compagna di svaghi del re Francesco I) e senso universale. E la chiave del
segreto di Dante per Renè Guenon.
“Al
tre, numero dello spirito e della germinazione di ogni forma, si aggiunga il
quattro, numero della materia, e si avrà la completezza, il sette, proprio dei
nani costruttori”: così Elémire Zolla presenta II signore degli anelli.
Ma il quattro, aggiunge, è meglio, è la triade benefica, calore luce e aria,
corpo anima e spirito, Padre Figlio e Spirito, più il demonio, significato che
una data storica confermerebbe, il 16 aprile 1616, scelta da Shakespeare e
Cervantes insieme per riunirsi nell’aldilà - contro il parere di Jonathan
Swift, il quale, apologeta del numero tre, riteneva il quattro “cabbalistico e
superstizioso”. Quattro le stagioni, i punti cardinali, gli elementi, i
fluidi vitali (bile nera, bile gialla, flegma, sangue – e lo sperma?), le parti
del giorno, le età della vita. La tetraktys
di Pitagora. E Schopenahuer pitagorico Sulla
quadruplice radice del principio di ragion sufficiente. Il Geviert di Heidegger, il quadripartito,
la quadratura, il quadrato, la “raccolta dei quattro”, la terra, il cielo, i
divini, gli umani. Quattro le virtù cardinali, e i peccati che gridano vendetta
al cospetto di Dio.
Il
tre viene prima – “omne trium est perfectum”, da Proclo a Binswanger. Ma il
sette ha più mistero – a partire dal “bau-sette-te infantile. Sette i santi di
Firenze, i sette santi fondatori, dal 1888 – di che, dell’Italia massonica? Il
Settenario simboleggia per Guénon, Il
Demiurgo”, i sette Elohim, i quali rappresentano l’insieme delle forze
naturali”, o le sette sfere planetarie
Fu il numero di Hitler. Che vanterà la tessera numero sette della
Deutsche Arbeitspartei di Anton Drexler, i laburisti tedeschi, alla quale si
iscrisse da neofita in politica nel 1920, mentre invece era
cinquantacinquesimo. Sette è l’eletto?
Paolo Legrenzi, Non occorre essere stupidi per non fare sciocchezze”: “La specie
umana ha una memoria di lavoro che può contenere 7 “+ o – 2” informazioni, cioè
normalmente 7, ma comunque non più di 9.Quest vuol dire che, da giovani,
possiamo ricordarci, fino a quando non lo trascriviamo, un numero telefonico di
7 cifre (alcuni si fermano a 5 ed altri arrivano a 9, ma non si va al di là di
questi limiti). E analogamente: sette mosse se giochiamo a scacchi, sette
cambiamenti di direzione se ci muoviamo in una città sconosciuta, sette
sequenze di mosse se pratichiamo uno sport, sette persona appena conosciute a
un ricevimento, sette oggetti se diamo un’occhiata a un tavolo su cui ce ne
sono tanti”.
Quattro
e sette in realtà sono concorrenti nelle perfezioni, e la controversia resterà
viva a lungo: quando Galileo annunciò i quattro satelliti di Giove, le accuse
di sacrilegio vennero dai fautori del numero sette quale metro divino per la
regolazione del sistema planetario — li conforterà la cosmologia di Hegel —,
mentre gli entusiasti furono coloro che avevano elevato il quattro a cifra
metafisica.
Sette,
secondo la Constitutio criminalis
dell’imperatrice progressista Maria Teresa, le fiaccole per le peinliche Fragen, la tortura mediante “quesiti penosi”,
ovvero scottatura dei fianchi, dei seni e delle ascelle. Malcolm X dirà nell’Autobiografia: “U sette è sempre stato il mio numero
preferito”. Fino a Beast in view, il capolavoro
di Margaret Millar: “Aspettando la risposta fece la somma dei numeri, 15115.
Tredici. Aggiungendo uno e dividendo per due ebbe sette. Tutto fa sette. Anche
se la gente non lo sa”. Millar riecheggiava sant’Agostino, il quale ha visto il
numero sette, “simbolo ordinario di universalità”, anche nel dodici, il numero
dei patriarchi e degli apostoli, come prodotto di tre per quattro, o di quattro
per tre, e nei dieci comandamenti, che sono tre più sette, ma ha ammonito: “Ci
sarebbe molto da dire, sulla perfezione del numero sette. Ma questo libro (La città dì Dio) è già abbastanza prolisso, e potrebbe
sembrare che voglia prendere l’occasione per esibire finezze culturali a scopi
di nessun interesse invece che a vantaggio delle lettere”.
L’astronomia e la Cabala, secondo la
scuola di Gerona, danno al mondo sette cicli di settemila anni, 49 mila anni in
tutto. Dopo sette millenni il mondo va in sabbatico e si distrugge. Distrugge
gli esseri, mantenendo il cielo e la terra. Ma dopo i sette cicli il caos è
totale. Tutto ha una fine.
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