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lunedì 17 febbraio 2025

Se tutto è sette

Tutti i possibili significati, le proprietà, i ricorsi (non tutti, questi: in appendice un repertorio lungo quattro o cinque pagine, costruito trent’anni fa per il romanzo “In virtù della follia”), del numero forse più ricorrente di questa curiosa serie, dall’1 al 12, ideata da Umberto Bottazzini, “Storie di numeri” (“alfabeto di ogni civiltà, i numeri esprimono la misura del cammino umano). Un numero debordante nella numerologia ovviamente, ma di più nel linguaggio profetico, ebraico, e nel calendario. O nelle geografie mentali: la natura “sette bellezze” del poema omonimo di Nezāmī, la “Settimana di bontà” di Max Ernst, il Teatro della Memoria di Giulio Camillo. Con le sette età della vita, per esempio di Shakespeare, “Così è se vi pare”. Un numero ubiquo
Un volumetto denso - Ebgi, storico della filosofia, è versato in molte discipline. Che alla fine pone il problema invece di risolverlo. Perché sette è un problema: perché tanta “popolarità” del sette e non di un altro numero?  Si, indivisibile, etc., “il numero della totalità (dell’unione di cielo, il 3, e terra, il 4); … il numero dell’intelligenza (assieme maschile, il 3, e femminile, 4) che vuole contenere in sé tutto l’universo”, si, ma poi?

Raphael Ebgi, Sette, Il Mulino, pp. 185 € 13


Appendice

Un repertorio ampio del numero sette, nemmeno esaustivo, avevamo potuto compilare nel romanzo “In virtù della follia”:


Il pellegrinaggio delle Sette Chiese era stato da poco restaurato da Filippo Neri, scrive l’oratoriano Carlo Gasbarri nella Visita filippina delle Sette Chiese. La tradizione prevedeva un “giro simbolicamente sintetico dell’Orbe cristiano”, San Pietro rap­presentando il patriarcato di Costantinopoli, San Paolo quello di Alessandria, San Lorenzo quello di Gerusalemme, Santa Ma­ria Maggiore Antiochia, “cioè i capi del mondo fedele, cui so­vrastava il Laterano, sede del Sommo Pastore, che tutti in sé riassumeva”. Alle cinque soste originarie Filippo aggiunse due intermedie, a San Sebastiano — fra San Paolo e San Giovanni in Laterano — e a Santa Croce, anch’essa in Gerusalemme — fra San Giovanni e San Lorenzo. Per un certo periodo si arrivò a nove ma poi, spiega Gasbarri, “ci si polarizzò sulle sette basiliche, che nel numero altamente simbolico e nel percorso di ol­tre sedici miglia costituivano una discreta penitenza”.

San Sebastiano era il punto centrale del pellegrinaggio. Paesag­gio all’epoca “georgico e riposante”, secondo un memorialista, “di armoniose linee classiche”, era ancora campagna aperta, ma non estranea alle vicende umane. “Non vi è palmo di ter­ra”, ha scritto l’abate Carlo Bartolomeo Piazza negli Hyeroxenia, “sotto il quale non sia stata abitazione tra quegli Antri, Grotte, Tombe, Arenari], e Cimiteri]', quasi Steccato di Cristia­na Fortezza, e Pazienza. Da queste sotterranee Caverne, e na­scondigli d’anime grandi, a guisa di Fornaci di Paradiso, usciro­no beati incendij di Amore, e di Carità”.

Della pia pratica e del numero sette scrisse il pontefice Sisto Peretti (1585-1590) nella bolla Egregia Populi Romani Pietas: “E sono esse (le chiese) veramente celeberrime per l’antichità, per il culto, per le venerande reliquie dei Martiri, per le sacre indulgenze, e infine per il mistico senso del numero settenario. Come l’apostolo Giovanni, scrivendo la mirabile sua Apocalisse alle sette Chiese dell’Asia, volle adombrare la Chiesa universa­le, che Dio adorna con i sette doni celesti dello Spirito Santo, e nella quale soltanto dimora e riposa, così sette Chiese in Ro­ma si stabilirono, con grande arcano del numero stesso, affin­ché più chiaramente apparisse l’unione e la perfezione nel capo stesso da cui promana l’unità della Chiesa tutta”.

L’arcano, volendolo, si poteva dire sciolto da una lunga tradi­zione, di cui era stato sistematore nel primo secolo il dotto ebreo Filone d’Alessandria. Sul solco probabilmente dei “Proverbi”, 9,1: “La saggezza ha fabbricato la sua casa, ha lavorato le sue colonne, in numero di sette”. Filone, il conciliatore della fede e della filosofia, attribuiva al numero sette “valore divino”. La potenza del numero, scrisse diffusamente, si esplicava in arit­metica, geometria, biologia, astronomia, cosmologia, musica, moto, cicli della luna (i numeri da 1 a 7, sommati, danno 28). E ancora: sette sono i cerchi del cielo e le schiere dei pianeti, le età dell’uomo (secondo Ippocrate; secondo Solone, invece, le età dell’uomo sono dieci, ma di sette anni ciascuna) e i sensi (ai cinque canonici vanno aggiunti il sesso e la lingua), le secrezioni del corpo (lacrime, muco, saliva, sudore, sperma, cacca, urina) e le sue parti, quelle visibili (testa, tette, braccia, gambe), quel­le invisibili (stomaco, cuore, polmone, milza, fegato, reni) e quelle della testa (occhi, orecchie, narici, bocca). E l’unico numero che “non genera e non è generato”, assimilato dai filosofi a Vittoria-Atena, “che è vergine, non ha madre, e si racconta essere nata dalla testa di Zeus”, e dai pitagorici alla Guida del­l’universo.

Un numero ubiquo, insomma. Centrale nella numerologia semitica. Che lo trasmise alla cultura greca, secondo Nietzsche, “Il servizio divino degli dei”, che ne fa minuto elenco per un paio di pagine. In relazione con i pianeti, con la scala dei suoni, dei colori, dei giorni della settimana. È numero primo privilegiato dalla Bibbia, nonché dall’“Apocalisse”, la Cabala e la Massoneria, ma anche da Auguste Comte, il re dei positivisti. È la base della sua “Synthèse subjective”, il finale “poema dell’Umanità” in ottocento pagine. Il poema Comte lasciò suddiviso in sette capitoli. Ogni capitolo si compone di tre parti, ognuna delle quali è però suddivisa in sette sezioni. Formate a loro volta ognuna da sette gruppi di frasi.

La tradizione religiosa ricorda le sette stanze di Moloch, le set­te porte o gradi di iniziazione di Mitra, le sette vacche belle e grasse, e le sette brune e molto magre, le sette spighe piene e rilucenti, e le sette vuote e arse, i sette anni di abbandono, e i sette di carestia, che salva­rono Giuseppe nella Bibbia, repertorio massimo del numero (sette è “la semitica totalità”, afferma Ceronetti — e lo confer­ma la Cabbala, con i sette santuari e i sette sentieri, le sette di­more impure, i sette bracci della menorah, i sette cieli del Tal­mud, e il Dio dello Zohar, Libro dello Splendore, il quale non procede che per sette: “Il Santo benedetto Egli sia, si trova nel settimo di tutto” — mentre per il commentatore delle Edizioni Paoline il sette “nelle Scritture indica un numero grande, e moltiplicato indica un numero indefinito”), i sette altari, i sette giovenchi e i sette montoni di Balaam, i sette mariti che lascia­rono infelice Sara, morendo la notte stessa in cui si proponeva­no di accostarsi a lei, i sette fratelli, mariti sterili di una sola moglie, della casuistica sadducea, i sette santi, i sette dormienti di Efeso (che secondo Louis Massignon sono gli stessi di pri­ma), le sette piaghe, i sette re d’Egitto, i sette diavoli di Mad­dalena, le sette parole di Cristo in croce, oggetto di appassiona­ta trattazione di san Roberto Bellarmino. O, più antiche, le set­te sorelle e le sette stelle del sogno di Kassi, più moderne, le lita­nie settiformi, la settemplice fraternità rosacroce, i sette gradini della scala di sant’Agostino per valutare la capacità di compren­sione dell’anima, i sette capi del dragone purpureo seduttore del mondo, che è Satana, dell’apocalittico Innocenzo III. Sette gli Inni dei “Mattutini”, che scandivano la vita monastica, sette quelli delle “Laudi”, e Sette dei “Vespri”, che avevano come tema i sette giorni della creazione.

Tutto è sette in Gilgamesh, romanzo dell’amore uranico, e nell’Apocalis­se (Sigilli, Angeli, Trombe, Segni, Lampade, Chiese, Coppe ver­sate), opera di san Giovanni di Patmos patrono della massone­ria, che il pio Renan definì “libello radicale contro l’impero ro­mano” e l’erotologo inglese D.H. Lawrence, figlio di minatore, “un’orgia di mistificazione al lavoro da quasi duemila anni” per minare l’aristocrazia del Cristo, o il carattere individuale della salvezza, mediante la sobillazione delle masse (è “metafora del crollo del capitalismo”, dirà H.M. Enzensberger).

I cigni girarono sette volte attorno a Delo, sottolinea Anaero­bio, al momento della nascita di Apollo, il dio della lira, stru­mento a sette corde. Sette le esistenze di Tiresia. Sette anche i figli e le figlie di Niobe, i re di Roma e i colli, i pilastri della saggezza, le meraviglie del mondo, le porte di Tebe, i santi patroni di Marrakesh, sette i giorni della luna, i raggi del sole, i colori dell’arcobaleno, i sa­cramenti, i vizi capitali, stranamente monchi, le virtù (tre più quattro), le arti liberali, che secondo Marziano Capella condu­cono l’uomo in cielo, gli anni della Montagna incantata.

Sette i Dolori di Maria il venerdì successivo alla prima domenica di Quaresima, oppure il 15 settembre,. le opere di misericordia corporale e quelle di misericordia corporale. Sette i personaggi dei compianti, attorno al Cristo morto. Con il setticlavio. I Sette di Chicago – che erano otto, ma uno fu dimenticato dal giudice che doveva condannarli. E i sette del Franck Report, che prima di Hiroshima ne provò le devastazioni. Sette i nani di Biancaneve dei fratelli Grimm, E lo specchio magico le rispose : «Al di là dei sette monti, al di là delle sette valli c'è la casa dei sette nani, in cui vive Biancaneve che è ancora più bella di te»”. i viaggi di Sinbad il marinaio, le sorelle del pe­trolio, le cinta del castello dell’anima, i gradi della perfezione, le note musicali, le vocali del greco antico, i petali della rosa, le stelle dell’Orsa e le Pleiadi, le colline del Reno, i savi di Ro­ma, dell’Ellade e d’altrove, le vite dei gatti, le donne di Barbablù, i sette anni di riflessione e gli altri sette di disgrazia, che fa  quattordici, un buon titolo.

Arrivando a noi, vanno ricordati II settimo sigillo, Sette spose per sette fratelli, I set­te fratelli, Sette storie gotiche, I sette tipi d'ambiguità, i settennati presidenziali, passando ovviamente per Kafka (“chiesi se die­tro i sette mari ci fossero i sette deserti e dietro a quelli le sette montagne, sulla settima montagna il castello e...”). Il numero è ricorrente anche al gioco delle carte, con primiera, settebello e sette e mezzo, e dell’occulto, sotto il segno di Pietro d’Abano. J.Roth ricorda, celebrando “La quercia di Goethe a Buchenwald”, il “böse Sieben”, il sette cattivo, del Kaiserspiel, antico gioco di carte tedesco Il sette che anche nelle carte tedesche è migliore di tutte le altre, il sette pigliatutto, ma è raffigurato nelle sembianze di una strega:

Ha tradizione in Francia (il Colloquium Heptaplomeres di Jean Bodin, il teorico dello Stato moderno, della tolleranza, e della caccia alle streghe, l’Heptameron di Margherita, energica sorel­la e compagna di svaghi del re Francesco I) e senso universale. E la chiave del segreto di Dante per Renè Guenon.

“Al tre, numero dello spirito e della germinazione di ogni for­ma, si aggiunga il quattro, numero della materia, e si avrà la completezza, il sette, proprio dei nani costruttori”: così Elémire Zolla presenta II signore degli anelli. Ma il quattro, aggiunge, è meglio, è la triade benefica, calore luce e aria, corpo anima e spirito, Padre Figlio e Spirito, più il demonio, significato che una data storica confermerebbe, il 16 aprile 1616, scelta da Shakespeare e Cervantes insieme per riunirsi nell’aldilà - con­tro il parere di Jonathan Swift, il quale, apologeta del numero tre, riteneva il quattro “cabbalistico e superstizioso”. Quattro le stagioni, i punti cardinali, gli elementi, i fluidi vitali (bile nera, bile gialla, flegma, sangue – e lo sperma?), le parti del giorno, le età della vita. La tetraktys di Pitagora. E Schopenahuer pitagorico Sulla quadruplice radice del principio di ragion sufficiente. Il Geviert di Heidegger, il quadripartito, la quadratura, il quadrato, la “raccolta dei quattro”, la terra, il cielo, i divini, gli umani. Quattro le virtù cardinali, e i peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio.

Il tre viene prima – “omne trium est perfectum”, da Proclo a Binswanger. Ma il sette ha più mistero – a partire dal “bau-sette-te infantile. Sette i santi di Firenze, i sette santi fondatori, dal 1888 – di che, dell’Italia massonica? Il Settenario simboleggia per Guénon, Il Demiurgo”, i sette Elohim, i quali rappresentano l’insieme delle forze naturali”, o le sette sfere planetarie  Fu il numero di Hitler. Che vanterà la tessera numero sette della Deutsche Arbeitspartei di Anton Drexler, i laburisti tedeschi, alla quale si iscrisse da neofita in politica nel 1920, mentre invece era cinquantacinquesimo. Sette è l’eletto?

Paolo Legrenzi, Non occorre essere stupidi per non fare sciocchezze”: “La specie umana ha una memoria di lavoro che può contenere 7 “+ o – 2” informazioni, cioè normalmente 7, ma comunque non più di 9.Quest vuol dire che, da giovani, possiamo ricordarci, fino a quando non lo trascriviamo, un numero telefonico di 7 cifre (alcuni si fermano a 5 ed altri arrivano a 9, ma non si va al di là di questi limiti). E analogamente: sette mosse se giochiamo a scacchi, sette cambiamenti di direzione se ci muoviamo in una città sconosciuta, sette sequenze di mosse se pratichiamo uno sport, sette persona appena conosciute a un ricevimento, sette oggetti se diamo un’occhiata a un tavolo su cui ce ne sono tanti”.

Quattro e sette in realtà sono concorrenti nelle perfezioni, e la contro­versia resterà viva a lungo: quando Galileo annunciò i quattro satelliti di Giove, le accuse di sacrilegio vennero dai fautori del numero sette quale metro divino per la regolazione del sistema planetario — li conforterà la cosmologia di Hegel —, mentre gli entusiasti furono coloro che avevano elevato il quattro a ci­fra metafisica.

Sette, secondo la Constitutio criminalis dell’imperatrice progressista Maria Teresa, le fiaccole per le peinliche Fragen, la tortura mediante “quesiti penosi”, ovvero scottatura dei fianchi, dei seni e delle ascelle. Malcolm X dirà nell’Autobiografia: “U sette è sempre stato il mio numero preferito”. Fino a Beast in view, il capola­voro di Margaret Millar: “Aspettando la risposta fece la somma dei numeri, 15115. Tredici. Aggiungendo uno e dividendo per due ebbe sette. Tutto fa sette. Anche se la gente non lo sa”. Millar riecheggiava sant’Agostino, il quale ha visto il numero sette, “simbolo ordinario di universalità”, anche nel dodici, il numero dei patriarchi e degli apostoli, come prodotto di tre per quattro, o di quattro per tre, e nei dieci comandamenti, che so­no tre più sette, ma ha ammonito: “Ci sarebbe molto da dire, sulla perfezione del numero sette. Ma questo libro (La città dì Dio) è già abbastanza prolisso, e potrebbe sembrare che voglia prendere l’occasione per esibire finezze culturali a scopi di nes­sun interesse invece che a vantaggio delle lettere”.

L’astronomia e la Cabala, secondo la scuola di Gerona, danno al mondo sette cicli di settemila anni, 49 mila anni in tutto. Dopo sette millenni il mondo va in sabbatico e si distrugge. Distrugge gli esseri, mantenendo il cielo e la terra. Ma dopo i sette cicli il caos è totale. Tutto ha una fine.  

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