Una festa piena di grazia
Un lungometraggio in forma di documentario
su fede, nientemeno, religiosità, e radicamento sociale di fede e religiosità.
Ma svolto con semplicità, con serentà perfino. E coinvolgente. Opera di una regista
che si trovava a Palmi per caso, aiuto dei Manetti Bros per il film “U.S
.Palmese”, e ne ha approfittato invece per ricavarne una storia semtplie e profonda.
Da agnostica peratro, non personalmente sensibile alle tematiche che fa
rivivere.
L'occasione è una festa religiosa, che ogni
pochi anni si tiene a Palmi in agosto, in cui la Madonna viene portata in processione
sotto forma di “animella”, Maria Vergine supponendosi bambina. Rappresentata da
una bambina vera, max 10-11nne, prescelta per ogni manifestazione, che oscillerà
quindi in processione su un trono ogni volta più imponente, ora su 15 metri, con
un san Pietro altrettanto vivente e alcune angele a farne ornamento, lungo
tutto il percorso della processione. Una festa ora patrimonio dell’Unesco e
attrazione turistica, ma sempre di grande devozione: le confraternite sono sempre
numerose, di Artigiani, Bovari, Carrettieri, Contadini, Marinai, l’affiliazione
è ambita, la devozione radicata. Una festa che Palmi, come tutto, ha preso in prestito
da Messina, la città sorella al dl là dello Stretto – ma Messina ha sostituto Animella
e angeli con statuine di cartongesso.
Il fotografo-videomaker locale, all’origine
forse dell’idea del film, un’Animella di cinquant’anni fa, una di otto o dieci anni
fa, ora milanese, che molto non ci crede, sindaci e organizzatori dell’evento, sarte
e ricamatrici, e molte scene dal vivo animano il film. La candidature delle ragazze.
La precernita in una vasta sala del Comune, con una terna esito del voto dei
presenti. Come la terna prescelta si prepara alla decisione finale – senza trucchi,
senza astii: se non il buon animo delle concorrenti, lo impedisce il fondo religioso.
La scelta con una consultazione popolare nella villa comunale, affacciata sullo
Stretto, una Domenica - si contano oltre tremila voti, più che per un’elezione
politica.
Nicole, Giada e Mariateresa sono le tre
ragazze prescelte, tutt’e tre di undici anni, che raccontano l’attesa e le
attese. Non con “profondità”, però con buonsenso, e senza invidie.
La Varia serviva anche a “dotare” una
bambina povera – nei cinque secoli della tradizione questo era l’aspetto
principale. Ora questo aspetto non c’è più – ci sono solo regali, anche ricchi,
ma come ex voto. Non c’è più la povertà, evidentemente. O Lucini non se ne
occupa – ha scelto il terreno meno attraente, della religiosità infantile
sposata all’amore - all’amore virginale. E ne ottiene una favola, bizzarramente,
contemporanea.
Senza spocchia, anche un racconto di antropologia.
Lucini, dice Antonio Manetti presentando il film, “si è impadronita di Palmi, in
ogni piega, delle persone più inverosimili, di cose che nemmeno noi sapevano
benché ci siamo cresciuti”, con la madre.
Andrée Lucini, Piena di grazia
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