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lunedì 31 marzo 2025

C'è affarismo in America

L’America di Trump un secolo e mezzo fa? O è l’America di sempre? Ciclica naturalmente, con alti e bassi e deviazioni, come tutto, con aperture e chiusure, generosa e truce, onesta e corrotta, puritana e svergognata, democratica e non. Però, questo sì, sempre America dal destino speciale, non uno fra i tanti. Un po’ missionaria si direbbe - anche nel faceto Twain, di questo e altri libri.
“The Gilded Age” è il titolo, l’età dell’oro, ma non nel senso classico, dell’eden, in quello proprio, del materiale, della ricchezza. Un romanzo che ha dato il nome a un’epoca, gli anni 1870, che si sarebbero meglio detti in America della Ricostruzione, poiché successivi alla guerra civile, ma furono invece anni di corsa all’arricchimento facile e di corruzione. Gli anni delle due presidenze di Ulysses Grant (1869-1877), dell’affarismo, della corruzione politica, della “conquista del West”, violenta - lo stesso Twain, fra i tanti mestieri, aveva fatto anche il cercatore d’oro. Già sanzionata dal padre riconosciuto della patria poetica Walt Whitman, e successivamente da altro poeta celebrato, James Russell Lowell, nella “Ode al Quattro Luglio”.
Nel 1871 Whitman, già cantore dell’American Dream, del sogno americano o dell’innocenza, della natura e della purezza di spirito, aveva sporto denuncia con grande violenza verbale in quello che è considerato uno dei primi saggi moderni di politica comparata, “Visioni democratiche”.  Già contro il “partitismo”, contro cui si eserciterà la scienza politica di metà Novecento, “i partiti che usurpano il governo, selvaggi e voraci”. E contro il materialismo: “Non c’è mai stato qui, forse, più vuoto al cuore di oggi, qui negli Stati Uniti. I sentimenti genuini sembrano averci abbandonato”. Un appello ad “abbandonare i partiti; sono stati utili” ma “con viene non sottomettersi ai loro dittatori”. Contro l’affarismo si formò pure un partito, dei Riformatori Liberali, un partito d’opinione, e aristocratico, della deriva facendo carico alla politica di massa, cioè, in sostanza, all’egualitarismo, ma non isolato.
Il romanzo è molto altro, ma è soprattutto questo. È il primo romanzo di Mark Twain, scritto in tre mesi, così si vuole, e subito pubblicato. Tutto nel 1873. Scritto con l’amico Warren, giornalista introdotto e saggista, di famiglia puritana. Si finge scritto dai due amici su istigazione delle mogli, stanche delle loro lamentele sullo stato delle lettere in America: “Scrivetevelo da voi, il libro buono!” E tratta di molte cose: le famiglie, le “stranezze” femminili, la corsa al West. In una sorta di frenesia del fare, senza sentimenti morali - tanto più per il puritano Warner?
È un romanzo umoristico, quindi troppo lungo. Ma oggi risuona quasi contemporaneo.
Era uno dei vecchi volumoni Casini, curato da Luigi Berti, il dimenticato scrittore e poeta elbano, sodale di Luzi, Landolfi, Macri, negli ultimi sprazzi di Firenze, e di Quasimodo, traduttore importante di Dylan Thomas, Melville, Robert Penn Warren.
Mark Twain- Charles Dudley Warner, L’età dell’oro, Mattioli 1885, pp. 560 € 16
Elliot, kindle, pp. 670 € 9
Casini, pp. XII- 678 € 10,38

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