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giovedì 20 marzo 2025

Da Istanbul a Riad, l’Occidente col velo sunnita

L’Arabia Saudita, e per essa il principe ereditario Mohammed bin Salman, cui si addebita un assassinio feroce, fa la pace in Ucraina. Il Qatar quella in Medio Oriente. L’Arabia Saudita media pure fra Trump e Xi, fra gli Stati Uniti e la Cina, per prevenire o alleviare la guerra commerciale. Gli Emirati hano fatto gli “accordi di Abramo”, con Israele, uno schema di pace dei governi arabi con lo Stato sionista. Prima del principe Mbs si accreditava mediatore di pace in Ucraina un altro sunnita eminente, il presidente turco Erdogan – uno che a ogni elezione presidenziale fa arrestare i concorrenti, e tra una elezione e la successiva incarcera i giornalisti e licenziavgiudici e accademici.  
Cinquant’anni fa i principati della penisola arabica erano quello che erano stati per secoli, deserti popolati da scarse tribù. Il Kuwait provava a sedentarizzarli e scolarizzarli, con pensioni e case di abitazione gratuite, che però per lo più restavano disabitate – più successo avevano le licenze dei taxi, sui quali il beduino provava subito a vendere il whisky proibito a 100 dollari la bottiglia, nel 1968. Nessun saudita, kuwaitiano, emiratino, qatariota lavorava, orgoglio di beduino. Lavoravano in Kuwait edili, carpentieri, falegnami, idraulici, etc. iracheni. Negli Emirati, fino al 1971 protettorato inglese, lavoravano gli inglesi – nel 1972 il console britannico contava 2.000 espatriati muratori, carpentieri, meccanici, etc.. I principi si reggevano con le royalties del petrolio, la regalizia delle compagnie petrolifere, e col contrabbando verso l’India.
In Arabia Saudita non c’erano scuole, se non coraniche. Non c’era la televisione. Il re Feisal - uno dei tanti re-zii dell’attuale principe ereditario - che aprì la televisione, per la lettura del Corano, e una scuola per le ragazze, con due aule e un insegnante cieco, fu ucciso in una congiura di palazzo (si disse da un nipote squilibrato). Ai lavori edili o ai (rari) servizi domestici erano adibiti adibiti somali, eritrei e altri africani. A quelli amministrativi, in Arabia Saudita come negli altri principati della penisola, erano adibiti egiziani, libanesi e palestinesi.
Con la quadruplicazione dei prezzi del petrolio a fine1973 l’economia povera della penisola si è trasformata in boom permanente. E un po’ anche la società è cambiata. Gli stanchi habitués dei caffè si sono trasformati in abili commercianti e finanzieri, le economie sono diventate ricche e ricchissime, città verticali si moltiplicano vertiginose. Nel 1973 a Riad non c’era l’albergo, solo un “villaggio svizzero”, fuori mano, di chalet di seconda mano, con la moquette vecchi, stinta e puzzolente, e alcune camere sopra un ferramenta, dove la maniglia della porta non funzionava, il falegname l’aveva montata male, si entrava dalla finestra balcone su una terrazza, e la luce veniva da una lampadina appesa a un filo.
Ora la penisola è un mondo graveolente semmai di ricchezza, e di modernità. Ma politicamente – istituzionalmente – è rimasta al 1973, una comunità di Stati che Max Weber dice “patrimoniali”, cioè di proprietà privata. L’Arabia Saudita, che in pochi decenni ha triplicato e forse quadruplicato al popolazione, e ha una superficie immensa, non ha uno Stato, delle istituzioni. Si regge su un patto familiare tra i discendenti del fondatore della dinastia, Saud Abdelaziz - il futuro re Mohammed bin Salman bin Abdelaziz, “figlio di Salman figlio di Abdelaziz”, sarà il primo di terza generazione, dopo una lunga serie di fratellastri figli di Abdelaziz. Della politica del fondatore, di imparentarsi per matrimonio con le maggiori tribù dell’Heggiaz (Mecca, Medina, Taif) e del Neged (petrolio) - ma non 'è una Camera delle Famiglie, delle Tribù.
Come questo mondo è diventato l’ombelico del mondo, occidentale?
E il presidente turco Erdogan? Che è un dittatore a tutti gli effetti, benché la Turchia abbia e mantenga istituzioni democratiche. Ma s’impone, ed è creduto, in tutte le partite “democratiche”: la lotta al terrorismo islamista, la liberazione della Siria dalla dittatura sciita, e variamente il fronte anti-Putin, ora con l’esercito che difenderà l’Europa. Anche lui, a che titolo?
Erdogan era amico “fraterno” di Berlusconi. È la “fraternità” che unisce, ora allargata anche a Trump, insieme con i molti soldi? Una fraternità sunnita, dunque. Curioso finale dell’Occidente, col velo.

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