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sabato 8 marzo 2025

La storia non si addice alla Calabria, le controstorie sì

Una “controstoria” necessaria, perché la storia della Calabria è afflitta da preconcetti, essenzialmente laico-unitari, e poi, per il breve-lungo dopoguerra, da quelli presunti marxisti – la storia delle formule vuote. In parte umorale, per quanto documentata, come è nel carattere dell’autore, sanguigno polemista di Soverato, classicista (grecista) tourné filologo, anche se di grande capacità applicativa.
Un saggio di spunti, di umori, per lo più controcorrente. Però, bisogna dire rivoltando il giudizio d’insieme, con una documentazione nuova notevolissima. Bastino le nomenclature, topo e onomastiche, greche, arabe, gli elenchi (i santi greci, i cenobi bizantini…), le personalità
Tratteggiate, Cassiodoro, qui per una volta in dettaglio, o i maestri di greco del Trecento, del papato e di Petrarca e Boccaccio), il ruolo e i luoghi dei Longobardi, l’elenco delle “ville” e dei presidi romani.
Singolare all’apparenza, ma molto veritiero, l’assunto che che in Calabria non si fece cultura, popolare, diffusa, perché non ci fu il feudalesimo – né poi la signoria: “Alcuni baroni furono degni di nota per azioni di guerra o buona amministrazione; i più, non lasciarono alcuna memoria”, e “tanto meno stimolarono o pagarono poeti e pittori” – al punto che delle gesta della “Chanson d’Aspremont” e del romanzo “Aspramonte”, Due-Trecento, “leggiamo sì, ma nei versi del Boiardo e dell’Ariosto di Ferrara”.
La Calabria è ed è stata molte cose diverse, e senza continuità, nei quattro millenni della storia che conosciamo. Anche perché “mole volte è successo che si interrompesse ogni continuità”. E, si può aggiungere, non ha avuto e non ha un centro, una capitale, un governo, un indirizzo, che dia un indirizzo e con cui confrontarsi. Nisticò, vagando, ne riempie parecchi vuoti, con piglio sempre, di lettura.
Le controstorie, si sa, non sono documentabili, o difficilmente e parzialmente.  Questa non è diversa. Ma l’impressione è di una scoperta corroborata da situazioni di fatto quando riscontrabili all’esperienza personale o a conoscenze specifiche. Di una Calabria infine liberata dal “pittoresco” dei viaggiatori, e dalla sociologia disperante del dopoguerra - specie da quella inesauribile delle mafie.

Il modo di procedere delle tante “controstorie”, o “controspigolature” – “controanagrafe”, “controantropologia,”, “controaoristo”, ce ne sono una trentina - è questo: non è vero che “nell’Italia settentrionale ci fu e c’è una tradizione comunale e da noi no…. c’era il feudalesimo”. Per esempio Catanzaro, “città industriale e perciò a prevalenza popolare”, nel 1473 si è data e poi ha conservato degli statuti democratici di prim’ordine. Documentati punto per punto, per una decina di pagine. Ma il resto delle Calabrie? E così via.

Ulderico Nisticò, Controstoria delle Calabrie, Rubbettino, pp. 213 € 14

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