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Allen Ginsberg – “Sono andata a
una lettura eco-femminista”, a Boulder, Colorado, scrive Lucia Berlin nel “Diario
del Naropa Institute,1990”, un frammento incluso in “Una nuova vita”: “Credevo
c’entrasse qualcosa con il riciclo degli assorbenti. Magari. Mi hanno presentato
Allen Ginsberg per qualcosa come la decima volta. L’ho conosciuto nel 1959 nel
suo appartamento del Lower East Side. Poi sono stata due ore con lui, tenendoci
per mano in metropolitana mentre andavamo alla prima lettura di Ed a New York
nel 1960. Abbiamo passato del tempo insieme anche ad Albuquerque, San Francisco
e Bolinas. Quel bastardo non ha mai letto niente di mio e non ricorda di avermi
mai incontrata”.
Poi, però, alla pagina seguente, dopo la lettura-conferenza, si ricrede:
“Allen Ginsberg irradia una forza pacata, è un uomo pacatamente forte, gentile
e caloroso. È stata la sorpresa più grande, con quella sua dolce autorevolezza.
Un santo?”.
A. Ginsberg soffriva - come tutti i poeti? o\e come i santi? - di miopia
cognitiva, cieco fuori del suo perimetro?
Camilleri – “Praticava il culto dell’amicizia ed era
prodigo di attenzione”, è il ricordo di Bruno Gambarotta, a lungo colonna della
Rai, tv e radio: “Un affabulatore meraviglioso. I suoi racconti orali erano
ipnotici.”. E aggiunge: “Da ragazzo sognava di diventare ammiraglio. Più Conrad
che Montalbano”.
Hispanidad – Trump ha espunto
dal sito della Casa Bianca la versione in spagnolo. Il re di Spagna Felipe non
ha protestato - si è detto “sorpreso”, ma insieme confidando che la
rimozione sia “temporanea”. La Spagna ha
da tempo riscoperto, con la nuova monarchia, i nessi e il valore della hispanidad.
Ma già negli anni 1960, dopo il lungo isolamento dalle invasioni napoleoniche e fino all’albagia franchista, un secolo e
mezzo di storia, si interrogava sulle sue “due anime”: l’oceanica e la continentale.
Col rientro nel consesso civile dopo la morte di Franco, in mezzo secolo o
meno, ha rimesso in marcia rapidamente le due “anime”, protagonista in Europa,
riferimento di molta America Latina – con i cui capi, compreso il dittatore Chavez,
il padre di re Felipe, Juan Carlos, restauratore della monarchia, regalmente si
dava del tu.
Malaparte – La “New York
Review of Books” ne pubblica e pubblicizza anche la biografia, di Maurizio
Serra. Ha già in catalogo “La pelle”, “Kaputt”, “Il ballo del Cremlino” e “Diario
di uno straniero a Parigi”.
Oscar – Ieri, girono dei
premi Oscar, il “New Yorker” con accurate critiche ha bocciato uno per uno tutti
i film “nominati”, arrivati alla scelta finale, specie quelli poi vincitori, “Anora”
e “Io sono ancora qui”. Tutti, eccetto “I ragazzi della Nickel” e “The Substance”,
che non hanno vinto niente.
Pasolini –Bruno Gambarotta, autore Rai a lungo a
Roma, ricorda con Antonio Gnoli su “Robinson” di essere stato una volta a casa
sua, alla casa dell’Eur, quindi dopo il 1963, per accompagnare Adriano Aprà, il
critico cinematografico. E di averne un solo ricordo, delle scarpe. “Ho una
vaghissima memoria dei complicati discorsi che imbastì sul tema dello strutturalismo,
moda culturale appena arrivata in Italia, mentre mi si stagliano vivi nella
memoria i suoi mocassini in pelle di leopardo.” Anche per il prezzo: “Ne avevo
visti un giorno prima un paio uguali esposti in via Condotti, costavano 220
mila lire. Il mio stipendio di allora”.
Roma – “Questa città non vi aspetta e non vi
teme: non vi accoglie e non scaccia; non vi combatte e non sdegna di accettare
la battaglia. La sua forza, la sua potenza, la sua attitudine è in una virtù quasi
divina: l’indifferenza”, Matilde Serao, “La conquisa di Roma”, romanzo, 1885.
Roma repubblicana – “The
New Yorker”, “The Atantic” e altri media
culturali negli Stati Uniti apprezzano anche “Gladiatore 2” come un omaggio
alle virtù repubblicane di Roma – che l’imperatore Marco Aurelio in morte avrebbe
provato a instaurare. Un film di cassetta, per il grande pubblico. L’America è sempre
fedele al mito di Roma, della Roma imperiale e repubblicana - semplice, onesta,
virile. Una fedeltà radicata a suo tempo nei Senati, organi saldamente ancorati
in tutti gli Stati e statuti, come assemblea degli “ottimati”, per l’interesse
superiore comune, e nei campidogli disseminati in tutte le città capitali di
Stato.
Torino - Si distingue per la “sprezzatura”, la
capacità di trattare “di cose profonde o complesse con naturalezza e
familiarità”, spiega l’astigiano Bruno Gambarotta (“Robinson” 23 febbraio),
“nascondendo l’arte e la fatica di ciò che fanno. Penso a Roberto Longhi, che
era di Alba, a Gianfranco Contini che veniva da Domodossola, a Umberto Eco
cresciuto ad Alessandria. E ai torinesi: Carlo Dionisotti, Giacomo Debenedetti,
Norberto Bobbio, Luigi Firpo, Massimo Mila”. E Pavese naturalmente, torinese
d’adozione, e Guido Ceronetti”. O il suo compaesano, coetaneo e amico Paolo
Conte, naturalmente. E Fenoglio, che era di Alba?
Venezia – “Se adesso noi
del W20 e delle numerose associazioni femminili”, argomenta Fabiana Giacomotti,
francesista e veneziana, sul “Foglio” domenica, “ ci vantiamo nei congressi
internazionali che le italiane potessero stipulare contratti societari a metà
del Trecento e avviare attività in proprio come le vedove Uliana e Caterina che
avviarono un laboratorio di profumi o Marietta Barovier che, è cosa nota,
inventò la perla rosetta e guidava una fornace, lo facciamo sapendo di mentire.
Non erano italiane, erano veneziane”. Come lo erano Eisabetta Caminer (1751-1796),
“filosofa e prima editrice conosciuta, cognata di Gioseffa Cornoldi che avrebbe
fondato la prima rivista femminile italiana, «La donna galante ed erudita»; un
secolo prima la Laguna aveva tenuto a battesimo la prima laureata al mondo,
Elena Cornaro Piscopia”, teologa (ma questo primato si contesta, n.d.r .: Bettisia
Gzzadini si sarebbe laureata in diritto canonico a Bologna nel 126, Costanza
Calenda in medicina a Napoli nel 1422, Isabella Losa in teologia a Cordova nel
Cinquecento, e Juliana Morrell sempre in teologia nel 1608 ad Avignone).
Venezia che “un secolo e mezzo prima aveva dato alle stampe e fatto circolare
il dialogo «Il merito delle donne» di Modesta Pozzo de’ Zorzi, nom de plume
Moderata Fonte, fra i primi manifesti femministi dopo la «Cité des dames» di
Christine de Pizan, poetessa e storica tardo trecentesca, che comunque era nata
a Venezia anche lei”. E “c’erano leggi a tutela del patrimonio e della potestà.
Malgrado la società veneziana fosse di stampo maschile e venisse
governata esclusivamente da uomini, fino alla caduta della Serenissima la
libertà e le possibilità di cui godeva il genere femminile non ebbero eguali in
nessun altro luogo d’Europa e del mondo: le donne godevano di diritti sui figli
e sui propri beni personali (ai maschi di famiglia era vietato persino star
loro d’attorno mentre redigevano il testamento o siglavano contratti), avevano
libertà nella vita sociale e nella gestione di attività economiche e nell’arte”.
22 – L’invasione dell’Ucraina fu vaticinata “l’anno
prima da Zhirinovsky, il deputato russo”, spiega Elena Kostioukovitch a Francesco
Battistini su “7”: “Disse, alle 4 del mattino del 22 febbraio 2022 vedrete
qualcosa…”. Non avrebbe dovuto dire: alle 2 di febbraio 2002, tutto in 2? “Il numero
22 fu un numero caro a Hitler”, spiega la scrittrice-traduttrice russo-ucraina,
“una data esoterica, propizia per iniziare le guerre”. Infatti, attaccò l’Urss
un 22, di giugno, 1942. Ma un altro 22, sempre di giugno, due anni dopo, gli fu
fatale: iniziava l’attacco Bangration dell’Armata Rossa, che lo sconfiggerà.
letterautore@antiit.eu
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