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Anna Karenina – Le eroine dei
film che fanno la stagione, “Emilia Pérez”, “The Substance”, “Anora”, onusti di
premi, hanno “il finale ottocentesco in cui, comunque, alla fine, la ragazza
soccombe”, s’indigna Annalena Benini sul “Foglio” domenica scorsa, “la vita precedente
le presenta il conto”. Non è un fatto, “è la maledizione dei romanzi dell’Ottocento,
in cui fuori dalle regole, ragazza, non ti puoi salvare” – “ancor a non le
abbiam perdonate, queste ragazze, ancora dobbiamo assistere al salto nel
precipizio di Thelma e Louise”.
Batiouschkismo - Resta menzionato,
in due secoli, da Alessandra “Licy” Wolff von Stomersee a Tomasi di Lampedusa,
suo marito, in una lettera come lenitivo nel “caso S.”, un caso di scuola di psicoanalisi
condotto dalla stessa Licy. Il riferimento è a Konstantin Batjuškov, poeta russo del primo Ottocento, che molto
influenzò Puškin con la sua predicazione di una lingua russa con sonorità “italiane”,
dolci, aperte.
Dante – È gioachimita.
Questa non è una novità, ma Ulderico Nisticò, “Controstorie delle Calabrie”,
p.59, ci trova ragioni precise: per il pensiero, per la “disposizione triadica che
domina il poema”, e per “l’influenza dei simboli gioachimiti in quegli aspetti per
noi in parte oscuri che sono le immagini, i colori, le allegorie”.
Anche machiavellico? Ci pensa Cacciari, “Le sette parole di Cristo”, p.
6: “Dante è poeta dell’umanesimo, sia nel timbro armonizzante, neoplatonico,
che in quello tragico, machiavellico, che caratterizza il pensiero italiano tra
Petrarca e l’inizio del XVI secolo.
Sicuramente è musicologo. Ci pensa il maestro Muti, a dialogo con Cacciari,
pp.24-25: “Dante nel XIV canto del Paradiso ci dona in questi versi - una
dele poche cose che so a memoria – la spiegazione, la più precisa, perfetta, di
che cos’è la musica:
E come giga e arpa, in tempra tesa
di molte corde, fa dolce tintinno
a tal da cui la nota non è intesa,
così da’ lumi che lì m’apparinno
s’accogliea per la croce una melode
che mi rapiva, senza intender l’inno.
Qui Dante non si riferisce soltanto a coloro che non sanno «tecnicamente»
distinguere le note prodotte dagli
strumenti musicali, ma intende esprimere l’emozione che ogni comprensione che
rapisce chiunque ascolta la melodia, pur essendo questa perfettamente composta
sulla base della propria sintassi. La musica è un mondo finto e infinito
insieme”.
Dioniso – “Non è ‘uno’
ma ‘molti’”, Giampiero Moretti, “il Foglio” domenica scorsa: “I suoi miti raccontano
vicende differenti a seconda delle zone della Grecia, dell’A sia Minore, e fino
in India”.
Gattopardo – Non un
romanzo, ma tre novelle? Cosi Tomasi di Lampedusa ne annunciava la scrittura al
miglior amico Guido Lajolo, che si era trasferito in Brasile: “Mi sono seduto a
tavolino ed ho scritto un romanzo: per meglio dire tre lunghe novelle collegate
tra loro” – “l’Espresso”, 8 gennaio 1984, ora in C. Cardona, “Un matrimonio
epistolare”, p.3.
Italo-americani – Sono un’altra etnia – hanno altra identità.
In cucina per esempio, “come nel caso degli spaghetti con le polpette o della
cotoletta con pomodoro e parmigiano”, e nelle “pasta con sugo di finocchi” di
Lady Gaga: “Negli Stati Uniti si sta formando una nuova identità culinaria…. La
cucina italo-americana parla una lingua diversa da quella dele sue origini ed è
giusto così: pur vantando radici italiane ha ormai acquisito una propria autonomia”,
Luca Cesari, “Il Sole 24 Ore Domenica”.
Anche perché gli ingredienti in vario modo
sono diversi – anche quando sono gli stessi.
Liala – Il genere è sempre
prospero – “le donne leggono molto più degli uomini, in prevalenza romanzi” –
ma modificato: non si basa più “sulla tradizionale figura del principe azzurro”,
o non soltanto, deve “offrire anche la realizzazione professionale”, spiega
Lucetta Scaraffia sul “Foglio” dopo vasta lunga disamina. Con un handicap: dopo
la lettura, “la frustrazione al moment del ritorno alla realtà sarà ancora più
forte”.
Omertà – Il dizionario
Treccani (e la Crusca?) la dice una “variante napol. di umiltà,
dalla «società dell’umiltà», nome con cui fu anche indicata la camorra per il
fatto che i suoi affiliati dovevano sottostare a un capo e a determinate
leggi”. Ulderico Nisticò, “Controstoria delle Calabrie”, ne ha una più persuasiva:
“Dal latino homo, che nel linguaggio medievale indica il vassallo armato
di un signore”. Un etimo che la lega a ‘ndrangheta, “in origine «atteggiamento
di andreia, valore guerriero». E anche di condizione servile, bisogna aggiungere.
Pet – Il cane domina
la corrispondenza di Tomasi di Lampedusa, da Palermo, con la moglie Alessandra “Licy”
Wolff von Stomersee: Crab soprattutto (Craboutzko, Craboutkinsky), cocker nero “dalle
“pattes comme du velours”, Poppy, un bracchetto, e altri. Lui vive a Palermo
col cane (con Crab passerà il capodanno del 1942) – di cui racconta alla moglie
in dettaglio i pasti (“pasta e broccoli”), gli appetiti, le moine, le emozioni.
Delle non molte fotografie dell’autore del “Gattopardo”, e di lui con la
moglie, molte sono col cane. L’alano Bendicò, fedele alleato del Principe di
Salina nel romanzo, è detto da Tomasi (in una lettera del 30 maggio del 1957 all’amico
barone Enrico Merlo di Tagliavia, la chiave di lettura del romanzo stesso: la sfiducia
negli uomini, la pace con l’animale, fedele.
I cani erano l’occupazione anche dei cugini Piccolo - l’occupazione pratica,
le giornate passavano tra spiritismo, snobismo, e ingegnosità artistiche e poetiche.
In particolare della sorella, Giovanna Agata, che era anche la primogenita, esperta di cucina, e
lo spirito dominante sui fratelli Casimiro e Lucio. Per loro resta un cimitero da
lei allestito sotto il villino di Capo d’Orando, un quadrato recintato, con
lapidi in pietra grigia, ognuno con la sua targa, con nome e date.
Poesia - Ce n’è tanta –
si fa (scrive), si pubblica – e non ce n’è più. Il paradosso è di Berardinelli,
recente autore dell’antologia critica “L’ultimo secolo di poesia italiana”. Che
se lo spiega con la scomparsa della critica: “La nuova poesia, dagli anni Settanta
in poi, è stata una poesia senza critica e senza vera continuità culturale con
le varie tradizioni precedenti”. Dagli anni, cioè, “a partire dalla mia generazione,
quella che esordì intorno al 1975-1980: i poeti si sono riprodotti e moltiplicati
senza freno per ubbidire a un malinteso diritto a una creatività indifferenziata
e senza confini” Tutti poeti – un “diritto alla creatività”?
Proust – Il tono “lento
e svogliato” della “Ricerca” che li aveva “rapiti” nella lettura congiunta che
ne avevano fatto per la Pasqua del 1932, nella vacanza che Alessandra Wolff von
Stomersee aveva passato a Palermo, innamorando perdutamente Tomasi di Lampedusa,
è da questi ricordato nelle lettere appassionate che le scrisse quando fu ritornata
nella sua residenza in Lettonia.
Società civile – O dei “belli-e-buoni”,
erede cioè della καλοκαγαθία greca, si può dire ritratta da Voltare in “Jannot
et Coline” come “persone di qualità (che) tutto sanno senza avere imparato nulla”?
Comunque, ne scrivono ai giornali – ai tempi di Voltaire non si poteva, non c’era
la rubrica dei lettori.
letterautore@antiit.eu
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