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lunedì 24 marzo 2025

Letture - 574

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Bona – Così chiamava la madre Tomasi di Lampedusa, di cui era figlio unico (una primogenita era morta di tre anni), la tirannica Beatrice “Bice” Mastrogiovanni Tasca di Cutò, donna possessiva e ultimativa, che, in varie lettere, si indirizza al figlio con costruzioni femminili. “Cara” lo interpella in una delle ultime lettere, quando il figlio è già cinquantenne, o anche “bona” - e un  “Pony mia cara e bona”. Tomasi, che le è stato sempre devoto e sottomesso, si scoprirà scrittore solo dopo la sua morte, a luglio del 1946, di 76 anni. Vivendo per questo fino a quella data lungamente separato dalla moglie, per i primi quattordici anni di matrimonio. “Mia Bonissima Bona” la interpella nelle lettere strappalacrime che le scrisse a fine agosto 1932, quando decise di sposarsi (C. Cardona, “Un matrimonio epistolare”, 65-69), per richiederne la benedizione, che non ebbe.
Prima di molte sorelle e un fratello, “Bice” ebbe una storia da sposata, anzi ancora a 36 anni, quando il figlio ne aveva 10, con Ignazio Florio. Il diario di Tina Whitaker registra il 17 marzo 1906: “Ho notato che Bice indossava il braccialetto che le ha regalato Ignazio Florio: povera Franca (Florio)”. E la biografa di Franca Florio, Costanza Afan de Rivera, “L’ultima leonessa”: “La famosa collana di perle era giunta (a Franca, n.d.r.) a seguito dell’ennesimo adulterio, la lunga relazione segreta con Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò”.
Una sorella di “Bice”, Teresa, era la madre dei Piccolo. Un’altra, Maria, era morta suicida. Giulia, sposa del conte Romuazldo Trigona di Sant’Elia (che Ignazio Florio aveva portato a sindaco di Palermo), dama di corte della regina Elena, morì assassinata dal suo amante, un ufficiale di cavalleria, in un alberghetto romano della stazione Termini - un caso che fece epoca.
L’unico fratello maschio, Alessandro, erede di tutti i beni di famiglia, li dilapidò - morirà in miseria, nel 1943.  Era detto a Palermo “il principe rosso”, poiché esibiva propositi socialisti.   
 
Canto
- La voce è lo strumento ideale, spiega Muti a Cacciari ne “Le sette parole di Cristo”, 45: “Lo strumento ideale, perfetto, è il canto; nel canto lo strumento è in te, ti esprimi attraverso il tuo corpo; quindi è lo strumento più emotivo e, in questo senso, anche il più fragile - le due cose vanno insieme. La voce è strumento e suono interiore, questo rappresenta un pericolo e un privilegio a un tempo”.
 
Checca – Era il primo titolo in italiano (Adelphi), nel 1985, della traduzione del racconto “Queer” (di lunga lavorazione, 1951-1953) di William Burroughs, ora ripubblicato col titolo originale, in occasione dell’uscita del film che ne ha tratto  Luca Guadagnino.
 
Dante - Un lussurioso lo dice Boccaccio nel “Trattatello in laude”, verso la fine, nel lungo capitolo, il XXV, sul carattere: “In questo mirifico poeta trovò ampissimo luogo la lussuria, e non solamente ne’ giovani anni, ma ancora ne’ maturi”. Tale che l’autore del “Decameron”, non altri, non può che riprovare: “Il quale vizio, comeché naturale e comune e quasi necessario sia, nel vero non che commendare, ma scusare non si può degnamente”.
 
Epilettico o narcolettico è stato anche voluto. Ma per poco. Sull’onda positivista, lombrosiana.  
Maggiore teorico ne è stato l’antropologo Fabio Frassetto, lombrosiano, con cattedra a Bologna per quasi mezzo secolo, incaricato nel 1921 dal Comitato Dantesco Ravennate, a conclusione delle celebrazioni epe il sesto centenario della morte di una nuova ricognizione, con aggiornati strumenti di indagine, delle ossa del poeta ritrovate nel 1865. Ci lavorò per una dozzina d’anni, dando alla luce nel 1933 il lavoro per cui è rimasto nella dantistica, “Dantis Ossa. La forma corporea di Dante - Scheletro, ritratti, maschere e busti”. Il naso affilato e il grande pomo d’Adamo l’antropologo dice “segni indubbi della virilità sua che fu sì grande” - forse sulla traccia di Boccaccio. Fra le tante ipotesi sulla fisionomia di Dante ripete “scientificamente” quelle del “Trattatello” di Boccaccio, § XX, “Fattezze e costumi di Dante”. Ma avanzando l’ipotesi di epilessia, o più probabilmente narcolessia. Per le ansie, il “tremar le vene e i polsi”, le quasi convulsioni, gli svenimenti nel viaggio d’oltretomba.

Il narcolettismo è stato derivato recentemente, e vagamente, dalla chiusa del canto III dell’“Inferno” (Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate…”), “e caddi come l’uom cui sonno piglia”. In un saggio del 2013 del neurologo Giuseppe Plazzi, anche lui con cattedra a Bologna, “Dante’s Description of Narcolepsy” (in «Sleep Medicine», vol. 14, 2013, fasc. 14, pp. 1221-23), e in uno pubblicato nel 2016 da ricercatori di Zurigo, “Dante Alighieri’s Narcolepsy”, sulla rivista “Lancet - Neurology” (F.M.Galassi, M.E. Habicht, F.J. Rühli, “Dante Alighieri's Narcolepsy”, «The Lancet Neurology», vol. 15, fasc. 3, p. 245), si argomenta “tecnicamente” questa possibilità. Ma è un’ipotesi, tratta dalla biografia di Marco Santagata, “Dante. Il romanzo della sua vita”, 2012, p. 32, là dove commenta le crisi psicofisiche descritte nella canzone “E’ m’incresce” - senza menzionar e Frassetto: “Nulla hanno a che vedere con la concezione dell’amore come patologia … diffusa nella scienza medica del tempo, ma …. sono unicamente dantesche, mostrano tutti i sintomi di un attacco apoplettico o epilettico” - e ancora:”La precisione e la partecipazione emotiva con le quali Dante rappresenta quegli attacchi lasciano intendere che al testo letterario soggiaccia una forte dose di vissuto. Della malattia sembra aver sofferto fin dalla prima infanzia”.
 
Mimi - “Mimi”, senza l’accento scritto ma pronunziato alla francese (la corrispondenza si svolgeva in francese), è il vezzeggiativo dell’autore del “Gattopardo”, Giuseppe Tomasi di Lampedusa usato dalla moglie Alessandra - Mimì è diminutivo di Domenico, ma qui è un vezzeggiativo - nella lunga corrispondenza postmatrimoniale che la coppia intrattenne dopo il matrimonio, separata per la maggior parte del tempo. Lei, Alessandra Wolff von Stomersee, detta familiarmente, nella famiglia d’origine, “Licy”, è da lui invece interpellata col vezzeggiativo Murili.
 
Machiavelli - “La genialità delle opere di Machiavelli” celebra Hegel nel saggio “La costituzione della Germania”, § “Gli Stati nel resto d’Europa” - nell’antologia “Gli scritti politici (1798-1806” messa a punto da Armando Plebe nel 1961. L’ultima parte di questo saggio è un lungo ripetuto elogio di Machiavelli. In polemica con “L’Anti-Machiavel” del re di Prussia Federico II, di cui denuncia l’ipocrisia: contrappone a Machiavelli “delle massime morali, la cui vacuità ha mostrato egli stesso attraverso la sua condotta e anche espressamente nelle sue opere di scrittore”.  
 
Marx - Un borghese. Non solo per estrazione e condizione sociale. Alexandre Koyré ne sintetizza la natura - il pensiero - senza citarlo in nota al saggio “La quinta colonna”, p.21: “I fenomeni politici sono quasi sempre ridotti o spiegati da fattori economici; la prevalenza dell’economico è un tratto caratteristico della società borghese, e soprattutto capitalista, e il materialismo economico - contrariamente a quanto credevano i suoi creatori - ne esprime perfettamente la mentalità”.
 
Murili - È il vezzeggiativo con cui Tomasi di Lampedusa si rivolgeva alla moglie Alessandra nella lunga corrispondenza che intrattennero nei primi tredici anni di matrimonio - Alessandra era detta Licy” in famiglia. La coppia visse separata la più parte del tempo perché Alessandra non era gradita alla madre di Tomasi. E nemmeno alla parentela siciliana - gli stessi cugini Piccolo, con cui Tomasi era intimità, la chiamavano tra di loro “l’orsa baltica”.
 
Svevo – “Svevo è grandissimo”, Magris dichiara a Aldo Cazzullo sul “Corriere della sera” domenica in una mega-intervista (dove però Cazzullo lo fa studioso di Philip Roth, e non di Joseph): “Al confronto, Joyce è un autore di serie b. L’ultima pagina che scrisse Svevo è grandiosa….Una pagina stupenda. La spiaggia estrema del nichilismo occidentale”.

letterautore@antiit.eu

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