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Bona – Così chiamava
la madre Tomasi di Lampedusa, di cui era figlio unico (una primogenita era morta
di tre anni), la tirannica Beatrice “Bice” Mastrogiovanni Tasca di Cutò, donna
possessiva e ultimativa, che, in varie lettere, si indirizza al figlio con
costruzioni femminili. “Cara” lo interpella in una delle ultime lettere, quando
il figlio è già cinquantenne, o anche “bona” - e un “Pony mia cara e bona”. Tomasi, che le è stato
sempre devoto e sottomesso, si scoprirà scrittore solo dopo la sua morte, a
luglio del 1946, di 76 anni. Vivendo per questo fino a quella data lungamente
separato dalla moglie, per i primi quattordici anni di matrimonio. “Mia
Bonissima Bona” la interpella nelle lettere strappalacrime che le scrisse a
fine agosto 1932, quando decise di sposarsi (C. Cardona, “Un matrimonio epistolare”,
65-69), per richiederne la benedizione, che non ebbe.
Prima di molte sorelle e un fratello, “Bice” ebbe una storia da sposata,
anzi ancora a 36 anni, quando il figlio ne aveva 10, con Ignazio Florio. Il
diario di Tina Whitaker registra il 17 marzo 1906: “Ho notato che Bice
indossava il braccialetto che le ha regalato Ignazio Florio: povera Franca
(Florio)”. E la biografa di Franca Florio, Costanza Afan de Rivera, “L’ultima leonessa”:
“La famosa collana di perle era giunta (a Franca, n.d.r.) a seguito dell’ennesimo
adulterio, la lunga relazione segreta con Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò”.
Una sorella di “Bice”, Teresa, era la madre dei Piccolo. Un’altra, Maria,
era morta suicida. Giulia, sposa del conte Romuazldo Trigona di Sant’Elia (che
Ignazio Florio aveva portato a sindaco di Palermo), dama di corte della regina
Elena, morì assassinata dal suo amante, un ufficiale di cavalleria, in un
alberghetto romano della stazione Termini - un caso che fece epoca.
L’unico fratello maschio, Alessandro, erede di tutti i beni di famiglia,
li dilapidò - morirà in miseria, nel 1943.
Era detto a Palermo “il principe rosso”, poiché esibiva propositi
socialisti.
Canto - La voce è lo
strumento ideale, spiega Muti a Cacciari ne “Le sette parole di Cristo”, 45: “Lo
strumento ideale, perfetto, è il canto; nel canto lo strumento è in te, ti esprimi
attraverso il tuo corpo; quindi è lo strumento più emotivo e, in questo senso,
anche il più fragile - le due cose vanno insieme. La voce è strumento e suono
interiore, questo rappresenta un pericolo e un privilegio a un tempo”.
Checca – Era il primo
titolo in italiano (Adelphi), nel 1985, della traduzione del racconto “Queer”
(di lunga lavorazione, 1951-1953) di William Burroughs, ora ripubblicato col titolo
originale, in occasione dell’uscita del film che ne ha tratto Luca Guadagnino.
Dante - Un lussurioso
lo dice Boccaccio nel “Trattatello in laude”, verso la fine, nel lungo capitolo,
il XXV, sul carattere: “In questo mirifico poeta trovò ampissimo luogo la
lussuria, e non solamente ne’ giovani anni, ma ancora ne’ maturi”. Tale che
l’autore del “Decameron”, non altri, non può che riprovare: “Il quale vizio,
comeché naturale e comune e quasi necessario sia, nel vero non che commendare,
ma scusare non si può degnamente”.
Epilettico o narcolettico è stato anche voluto. Ma per poco. Sull’onda
positivista, lombrosiana.
Maggiore teorico
ne è stato l’antropologo Fabio Frassetto, lombrosiano, con cattedra a Bologna
per quasi mezzo secolo, incaricato nel 1921 dal Comitato Dantesco Ravennate, a
conclusione delle celebrazioni epe il sesto centenario della morte di una nuova
ricognizione, con aggiornati strumenti di indagine, delle ossa del poeta
ritrovate nel 1865. Ci lavorò per una dozzina d’anni, dando alla luce nel 1933
il lavoro per cui è rimasto nella dantistica, “Dantis Ossa. La forma corporea
di Dante - Scheletro, ritratti, maschere e busti”. Il naso affilato e il
grande pomo d’Adamo l’antropologo dice “segni indubbi della virilità sua che fu
sì grande” - forse sulla traccia di Boccaccio. Fra le tante ipotesi sulla
fisionomia di Dante ripete “scientificamente” quelle del “Trattatello” di Boccaccio,
§ XX, “Fattezze e costumi di Dante”. Ma avanzando l’ipotesi di epilessia, o più
probabilmente narcolessia. Per le ansie, il “tremar le vene e i polsi”, le
quasi convulsioni, gli svenimenti nel viaggio d’oltretomba.
Il narcolettismo
è stato derivato recentemente, e vagamente, dalla chiusa del canto III dell’“Inferno”
(Lasciate ogni speranza o voi ch’entrate…”), “e caddi come l’uom cui sonno
piglia”. In un
saggio del 2013 del neurologo Giuseppe Plazzi, anche lui con cattedra a
Bologna, “Dante’s Description of Narcolepsy” (in «Sleep
Medicine», vol. 14, 2013, fasc. 14, pp. 1221-23), e in uno pubblicato nel 2016
da ricercatori di Zurigo, “Dante Alighieri’s Narcolepsy”, sulla rivista “Lancet
- Neurology” (F.M.Galassi, M.E. Habicht, F.J. Rühli, “Dante Alighieri's
Narcolepsy”, «The Lancet
Neurology», vol. 15, fasc. 3, p.
245), si argomenta “tecnicamente” questa possibilità. Ma è un’ipotesi, tratta dalla
biografia di Marco Santagata, “Dante. Il romanzo della sua vita”, 2012, p. 32, là
dove commenta le crisi psicofisiche descritte nella canzone “E’ m’incresce”
- senza menzionar e Frassetto: “Nulla hanno a che vedere con la concezione
dell’amore come patologia … diffusa nella scienza medica del tempo, ma …. sono
unicamente dantesche, mostrano tutti i sintomi di un attacco apoplettico o
epilettico” - e ancora:”La precisione e la partecipazione emotiva con le quali
Dante rappresenta quegli attacchi lasciano intendere che al testo letterario
soggiaccia una forte dose di vissuto. Della malattia sembra aver sofferto fin
dalla prima infanzia”.
Mimi - “Mimi”, senza l’accento
scritto ma pronunziato alla francese (la corrispondenza si svolgeva in francese),
è il vezzeggiativo dell’autore del “Gattopardo”, Giuseppe Tomasi di Lampedusa usato
dalla moglie Alessandra - Mimì è diminutivo di Domenico, ma qui è un
vezzeggiativo - nella lunga corrispondenza postmatrimoniale che la coppia intrattenne
dopo il matrimonio, separata per la maggior parte del tempo. Lei, Alessandra Wolff
von Stomersee, detta familiarmente, nella famiglia d’origine, “Licy”, è da lui
invece interpellata col vezzeggiativo Murili.
Machiavelli - “La genialità
delle opere di Machiavelli” celebra Hegel nel saggio “La costituzione della
Germania”, § “Gli Stati nel resto d’Europa” - nell’antologia “Gli scritti
politici (1798-1806” messa a punto da Armando Plebe nel 1961. L’ultima parte di
questo saggio è un lungo ripetuto elogio di Machiavelli. In polemica con “L’Anti-Machiavel”
del re di Prussia Federico II, di cui denuncia l’ipocrisia: contrappone a
Machiavelli “delle massime morali, la cui vacuità ha mostrato egli stesso attraverso
la sua condotta e anche espressamente nelle sue opere di scrittore”.
Marx - Un borghese.
Non solo per estrazione e condizione sociale. Alexandre Koyré ne sintetizza la
natura - il pensiero - senza citarlo in nota al saggio “La quinta colonna”,
p.21: “I fenomeni politici sono quasi sempre ridotti o spiegati da fattori economici;
la prevalenza dell’economico è un tratto caratteristico della società borghese,
e soprattutto capitalista, e il materialismo economico - contrariamente a quanto
credevano i suoi creatori - ne esprime perfettamente la mentalità”.
Murili - È il
vezzeggiativo con cui Tomasi di Lampedusa si rivolgeva alla moglie Alessandra
nella lunga corrispondenza che intrattennero nei primi tredici anni di matrimonio
- Alessandra era detta Licy” in famiglia. La coppia visse separata la più parte
del tempo perché Alessandra non era gradita alla madre di Tomasi. E nemmeno alla
parentela siciliana - gli stessi cugini Piccolo, con cui Tomasi era intimità,
la chiamavano tra di loro “l’orsa baltica”.
Svevo – “Svevo è grandissimo”,
Magris dichiara a Aldo Cazzullo sul “Corriere della sera” domenica in una mega-intervista (dove però Cazzullo lo fa studioso di Philip Roth, e non di Joseph): “Al confronto,
Joyce è un autore di serie b. L’ultima pagina che scrisse Svevo è grandiosa….Una
pagina stupenda. La spiaggia estrema del nichilismo occidentale”.
letterautore@antiit.eu
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