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martedì 18 marzo 2025

Ma il popolo è vivo, e combatte insieme a noi

“L’esistenza nell’epoca della post-politica” è il sottotitolo della riflessione. Un saggio di un fenomenologo, e cioè non di un osservatore della realtà, dei linguaggi, dei costumi o modi di essere, ma del modo di essere della lettura di questi “fatti”. Per concludere con la tesi: “C’è populismo perché non non c’è più Popolo”.
Sul “Popolo” molto si è riflettuto, un paio di secoli fa, quando la parola si è imposta dopo la rivoluzione del 1789, specialmente in Francia, da Fourier, Porudhon, Michelet, Victor Hugo e altri. Ancora recentemente, nel 1990 a Barcellona, si è anche arrivati a una Dichiarazione universale dei Diritti Collettivi dei Popoli (in chiave secessione catalana?): “Ogni collettività umana avente un riferimento comune ad una propria cultura e una propria tradizione storica, sviluppate su un territorio geograficamente determinato (...) costituisce un popolo. Ogni popolo ha il diritto di identificarsi in quanto tale. Ogni popolo ha il diritto ad affermarsi come nazione”. Molte guerre, del resto, anche recentemente, sono state fatte, e anche molto sanguinose, nel nome del diritto dei popoli. Qual è il popolo che interessa il fenomenologo? Quello del “populismo”, il popolo politico, elettore: il populismo l’ha ucciso, è il tema di Costa, si esercita in corpore vili. Gravi conseguenze ne discendono per il “processo democratico”.   
Ma c’era più democaazia con i partiti-partiti – quando l’Italia era affetta, sempre secondo i teorici liberaldemocratici, dal partitismo? Il populismo che si lamenta è una risultanza. È trafficare – farne incetta, farla prigioniera – sull’opinione pubblica senza filtri critici, a chi la spara “meglio”, o più grossa. Senza più mediazione politica, né d’informazione. È un corto circuito dell’informazione – discussione, analisi.

Costa, fenomenologo, la prende forse un po’ da troppo lontano. La barbarie che percepisce non è l’assenza del popolo, che al contrario è più vivo che mai – più di quando andava a votare perché “portato dal partito”. Ma non ha più opinione pubblica, che è sempre una mediazione (un foro di dibattito, di consultazione, di aggregazione), diretta o indiretta. Ha solo il voto per esprimersi, che è poco efficace e quindi poco usato. Si va a naso. Se Costa fosse stato uno storico, avrebbe saputo che c’è molto popolo sotto il populismo. Che si dimena, stanco della sinistra come della destra, che sempre lo deludono – raccogliticce, affariste, incostanti - ma non si arrende.
Vincenzo Costa, Populismo senza Popolo, Armando, pp. 90 € 10

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