martedì 4 marzo 2025

Secondi pensieri - 555

zeulig


Anima – Non c’è, non può essere trovata-provata. Ma ognuno senza eccezioni si comporta (pensa, agisce) come se ci fosse, per avventure, anche solo della mente, fantasie, desideri, renitenze, resistenze.
 
Destino – È una cosa a Roma e un’altra in Grecia. Qui era “moira”, come a dire una parte, una porzione. Di un insieme più vasto - il mondo, l’umanità? Una quota societaria - familiare, di stirpe, di comunità, di varia umanità?. A Roma è fato: “fatum”, detto. Come una sentenza già pronunciata. Ma in sintonia con la Bibbia – “in principio era il Verbo”.
 
Eugenetica – Ritorna con la “buona morte”(ora in Veneto) – ma non era mai scomparsa. Praticata alla nascita con le compatibilità preliminari di coppia più o meno diffusamente in Scandinavia. E alla morte indirettamente, p. es., in Olanda e Germania, dove non si praticano cure impegnative, soprattutto non chirurgiche, su malati gravi dopo i 75 anni. In Germania da almeno tre decenni non si operano di tumore gli ultrassettantacinquenni, per economizzare. Sulla traccia aperta ormai un secolo fa da due personalità molto liberali – oggi si direbbero di sinistra: Alfred Hoche e Karl Binding, un medico e un giurista, pubblicavano nel 1920 un “Via libera all’annientamento della vita priva di valore vitale”. Un volumetto che è quasi una guida, spirituale e materiale alla “buona morte”.
 
Il nome è benevolo, la disciplina di filantropi, Charles Davenport, e poi Margaret Sanger, quasi una santa della sessualità senza conseguenze. Davenport spiegava: “Il programma generale dell’eugenetica è chiaro: serve per migliorare la razza inducendo i giovani a compiere una più responsabile selezione nelle scelte matrimoniali; innamorarsi intelligentemente. Include anche il controllo dello Stato sulla propagazione di persone mentalmente incapaci”. Nonché sul fine vita, che non sia dispendioso. Se la bontà è la morte.
 
Morte – Acquieta i vivi. Nel compianto e nel rifiuto, anche aspro – per elaborazione del lutto ardua o polemica. Un altro soggetto si erge, come i viventi lo vogliono, o lo vivono.
 
Natura naturata – Mossa (generata) da un principio estetico più che economico è la conclusione di E. Jünger nel suo felice soggiorno in Sardegna nel 1954 (“Presso la torre saracena”): “Che dietro la natura naturata si celi un principio artistico piuttosto che un principio meccanico-economico, questo sfuggirà sempre a chi a chi sa concepire la Creazione non nella simultaneità del grande progetto e del reale che lo incarna ma soltanto nella successione dei fenomeni, nella loro dissezione. Ma già lo sperpero lo attesta, lo splendore principesco. La Bellezza la vince, e di gran lunga, sulla funzionalità”. O il rapporto non è di casualità? Il brutto, l’avido, il distruttore costeggia il creativo, magnanimo, il costruttivo - il caso la finalità.
 
Potere – Quello della rete sembra quello di Hobbes, là dove lo magnifica come il mastice della socialità (senza un potere che incuta soggezione l’uomo non trova piacere – voluptas - nella compagnia, anzi ne ha dispiacere – molestia). Potere hobbesiano come alterità, il diverso, il fuori di noi. Mentre il pieno della vita, si direbbe, ognuno dovrebbe dire, è dove non c’è un potere, anche se solo regolatore. 
Storia “Dovremmo domandarci talvolta come la successione si metamorfizza in simultaneità. La storia diventa stratificazioni, di strati sovrapposti (storia di storie), la successione temporale si muta in immagine nello spazio. I piani di città e di comunità rurali addizionano epoche che, ora, si rivelano istantanee, sotto le specie di costellazioni, di disegni nella tappezzeria”.
Come la storia si fa immutabile, un già detto, un già fatto. Mutando.
L’evoluzione - la storia - è lenta. Con accelerazioni – catastrofali.
È piena di oggi. E di scarti, che se non si vedono però zavorrano.


Tempo – “L’affermazione secondo cui il nostro tempo”, ancora E. J
ünger in viaggio in Sardegna nel 1954, “non è in grado di generare artisti è oggi un luogo comune. Ciò significa capovolgere le gerarchie. L’artista non aspetta il tempo. È questo, al contrario, che attende con ansia il cenno dell’artista: nel momento in cui l’opera gli riesce, ha liberato il tempo”.


Utopia – Più che per il senso comune è dignificante etimologicamente: senza posto, più che luogo che non esiste della definizione del vocabolario. Nessun posto.  Non di interesse, se non nel nulla, nel vuoto e/o nell’inutilità. Essere senza un “posto” non è non essere. È non significare, non dialogare, essere ma non esistere. interferire, influire.
 
Vita – Sarà la vita un sogno, ma un sogno ben reale: sono le sue banalità – occorrenze, intuizioni – la vita ne è sempre piena, di sensi e di significati.
La vita è un miracolo, inspiegabile. Non come si produce, è un processo chimico-fisiologico (così anche la morte), ma così e perché.

zeulig@antiit.eu


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