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domenica 23 marzo 2025

Secondi pensieri - 556

zeulig


Anima - C’è, ed è l’immaginazione – una facoltà, non un organo. L’anima di Eraclito, che “non ha fine”.
 
Confessione – Quella religiosa, sacramentale, recupera, senza volerlo?, la psicoterapeuta Alexandra von Wolf-Stermesse, moglie di Tomasi di Lampedua, scrivendone al marito una notte di settembre, dopo una “estenuante” seduta di “analisi della S .”, una collaboratrice domestica fidata e amata che manifesta pulsioni omicide, un caso che la occupava molto: “Comprendo adesso molto bene l’influenza che può avere la religione: influenza la coscienza, e quando questa non è troppo malata, o perlomeno è malata soltanto per delle ragioni coscienti, di ‘peccati’ che il penitente conosce, solo allora può assorbirla”.
Con l’analisi il paziente è messo a conoscenza della propria situazione (“impulsi omicidi, vita sessuale piena di ‘peccato’”) “ma non ha il coraggio né la forza di permettersi di guarire”. Da qui, non detta, la forza della confessione sacramentale: “Gli ci vuole l’autorità che possa assolverlo, che gli insegni nello stesso tempo a incatenare le passioni, a sostituire a poco a poco il perdono all’odio. E dove trovare questo meglio che in Gesù Cristo?”.
 
EugeneticaSi vuole normalizzare la “buona morte”, la fine anticipata della vita dopo una congrua esperienza “produttiva” – anticipata rispetto al ciclo vitale. Era il tema un secolo fa, e ritorna ma non per ciclicità, né con gli stessi motivi di allora, razzisti (del “miglioramento della razza”), ma dell’economicità. Che però era uno dei motivi del razzismo, partendo dal concetto di “razza pura”: come eliminare i non-perfetti non per  un fatto di estetica o di “normalizzazione” ma economicistico.
Un altro filone della vecchia eugenetica è ripreso, in forme anche qui economico-commerciali, ed è quello della cura del corpo, estesa dalla selezione genetica alla chirurgia estetica – esemplificata ora, ma già con orrore, nei film , come di esperienza vissuta e trapassata. Non si è detto nel dopoguerra, trattandosi di società democratiche, ma la selezione razziale che l’eugenetica hitleriana curava, fra “ariani”, si è prolungata nel lungo dopoguerra in molte combinazioni nei paesi scandinavi.
 
Non se ne parla, ma sono noti gli orientamenti della scienza dell’anestesia, in Italia messi a punto dalla Siaaarti, Società italiana di Anestesia, Anelgesia, Rianimazione, Terapia Intensiva – emersi nella pandemia del covid: di lasciar morire gli anziani per risparmiare energie, posti letto in rianimazione e bombole di ossigeno per i più resistenti al coronavirus. In un momento critico, la  distinzione ponendo, “da un punto di vista etico oltre che clinico, quali pazienti sottoporre a trattamenti intensivi quando le risorse non sono sufficienti per tutti”. Non un’idea come un’altra, di un singolo specialista o ricercatore, ma sulla base di un imperativo deontologico, che non tutti i pazienti sono uguali. La Siaarti “privilegia la «maggiore speranza di vita»: questo comporta di non dover necessariamente seguire un criterio di accesso alle cure intensive del tipo «first come, first served»”.
Gli anestesisti sono i medici della “buona morte”, quella indotta come cura. E si riportano a una tradizione che si penserebbe estinta da millenni, quella di uccidere i vecchi. Ripresa cinquant’anni fa, quando si pensava che le droghe liberassero, in America. Abbie Hoffman e Jerry Rubin proponevano di uccidere i padri, cancellando all’anagrafe chi compie trent’anni, per un “governo di Roboam”, dove, dice la Bibbia, di giovani che comandano sui vecchi. Un limbus patrum. 
Alcune tribù del Brasile uccidevano gli infermi. I massageti e i derbicciani gli ultrasettantenni. I càtari pii di Monforte d’Alba o Asti le endura abbreviavano alla fine, i suicidi dei saggi anziani per digiuno, per evitare loro i patimenti dell’agonia. Gli abitanti dell’isola di Choa, dove l’aria pura dà lunga vita, ci pensavano invece da soli: prima dell’ebetudine o la malattia i vecchi prendevano la papaverina o la cicuta. Analogamente l’eschimese che, prossimo alla fine, inutile alla famiglia, esce o usciva dall’iglù per perdersi nel pack. Fra i batak di Raffles, esploratore fededegno, che sarebbero i dagroian di Marco Polo, i vecchi erano mangiati: “Un uomo che sia stanco di vivere invita i figli a divorarlo nel momento in cui il sale e i limoni sono a buon mercato”. 
 
La vecchia pratica degli svedesi trogloditi, dei nomadi dell’antico Egitto, dei sardi, di uccidere gli anziani a colpi di clava o pietra. “Tra l’antichissima popolazione di Sardegna, i sardi o sardoni, vigeva l’uso di uccidere i vecchi”, spiega Propp, l’analista delle fiabe, “e mentre uccidevano i vecchi, ridevano sonori”. Sulla base di alcune testimonianze del 200-300 d.C.: lo storico di origine siciliana Timeo di Tauromenio (Taormina) e lo scrittore ateniese Demone. Sardonico del resto deriverebbe da “erba sardonica”, una pianta velenosa che provocherebbe convulsioni simili al riso.

Limbus patrum, o sinus Abrahae, è nella scolastica il posto sottoterra, non paradiso né inferno, dove chi ben meritò in base al futuro Nuovo Testamento, patriarchi, profeti, restò fino alla vittoria di Cristo su Satana, distinto dal limbus infantum, dei neonati non battezzati. Il consiglio di Roboam è nel libro dei Re.
Resta il problema di determinare l’età giusta.
 
Inferno - L’inferno è per Platone invenzione del potere. Ma non c’era bisogno d’inventarlo, è quotidiano: il desiderio di morire caratterizza le prime figurazioni, ebraiche, dell’inferno.
 
Religione – “La religione non è niente altro che la sublimazione dell’amore infantile per il padre, che si trasferisce nel «Padre che è nei cieli»”, scrive Alexandra von Wolf-Stomersee (nella stessa lettera citata sotto “Confessione”. v.s.), ma con una funzione in analisi: la religione - la trascendenza, la fede – può aiutare: “Non si tratta di sostituire la religione all’analisi, ma una volta terminata l’analisi, bisogna trovare un campo di attività senza pericolo per la1 coscienza malata, un’identificazione con un’autorità abbastanza forte per essere di sostegno”, il Vangelo – “alle minime parole di Gesù Cristo che le dico (e per fortuna conosco tutto questo a memoria) vedo un musetto fremente, proteso verso di me…”. Sempre l’analisi rimanda alla confessione – alla confessione sacramentale.
 
Totalitarismo - La politica si fa totalitaria in modo logico, perfino pulito. Col “ragionamento glaciale” che Hitler vantava e Stalin ha esercitato, introdotto in filosofia da Socrate.
Arendt lo spiega in un appunto: “Se la filosofia occidentale ha sempre sostenuto che la realtà è verità, adequatio rei et intellectus, il totalitarismo ne ha tratto la conseguenza che noi possiamo fabbricare la verità nella misura in cui fabbrichiamo la realtà”. Il dittatore totalitario non è Attila né Napoleone, non rapina, neanche per le sorelle. È un demiurgo, fabbrica realtà-verità, indifferente al rosso e al nero. E non per farci più saggi ma per coinvolgerci “nel deserto delle proprie conclusioni e deduzioni logiche astratte”.
Il difetto è antico, stando a Bacone, che però è uno che crede, pure lui, alla  verità: è di Aristotele, il quale la fisica fece dialettica, e la metafisica volle realista. Gli scolastici fecero peggio, abbandonando l’esperienza.     

zeulig@antiit.eu                                                            


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