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Secondi pensieri - 556
zeulig
Anima
- C’è,
ed è l’immaginazione – una facoltà, non un organo. L’anima di Eraclito, che
“non ha fine”.
Confessione
–
Quella religiosa, sacramentale, recupera, senza volerlo?, la psicoterapeuta Alexandra
von Wolf-Stermesse, moglie di Tomasi di Lampedua, scrivendone al marito una
notte di settembre, dopo una “estenuante” seduta di “analisi della S .”, una
collaboratrice domestica fidata e amata che manifesta pulsioni omicide, un caso
che la occupava molto: “Comprendo adesso molto bene l’influenza che può avere
la religione: influenza la coscienza, e quando questa non è troppo malata, o
perlomeno è malata soltanto per delle ragioni coscienti, di ‘peccati’ che il penitente
conosce, solo allora può assorbirla”.
Con l’analisi
il paziente è messo a conoscenza della propria situazione (“impulsi omicidi,
vita sessuale piena di ‘peccato’”) “ma non ha il coraggio né la forza di permettersi
di guarire”. Da qui, non detta, la forza della confessione sacramentale: “Gli
ci vuole l’autorità che possa assolverlo, che gli insegni nello stesso tempo a
incatenare le passioni, a sostituire a poco a poco il perdono all’odio. E dove
trovare questo meglio che in Gesù Cristo?”.
Eugenetica
– Si
vuole normalizzare la “buona morte”, la fine anticipata della vita dopo una congrua
esperienza “produttiva” – anticipata rispetto al ciclo vitale. Era il tema un
secolo fa, e ritorna ma non per ciclicità, né con gli stessi motivi di allora,
razzisti (del “miglioramento della razza”), ma dell’economicità. Che però era uno
dei motivi del razzismo, partendo dal concetto di “razza pura”: come eliminare
i non-perfetti non per un fatto di estetica
o di “normalizzazione” ma economicistico.
Un altro
filone della vecchia eugenetica è ripreso, in forme anche qui economico-commerciali,
ed è quello della cura del corpo, estesa dalla selezione genetica alla chirurgia
estetica – esemplificata ora, ma già con orrore, nei film , come di esperienza
vissuta e trapassata. Non si è detto nel dopoguerra, trattandosi di società
democratiche, ma la selezione razziale che l’eugenetica hitleriana curava, fra “ariani”,
si è prolungata nel lungo dopoguerra in molte combinazioni nei paesi
scandinavi.
Non se ne parla, ma
sono noti gli orientamenti della scienza dell’anestesia, in Italia messi a
punto dalla Siaaarti, Società italiana di Anestesia, Anelgesia,
Rianimazione, Terapia Intensiva – emersi nella pandemia del covid: di lasciar
morire
gli anziani per risparmiare energie, posti letto in rianimazione e bombole di
ossigeno per i più resistenti al coronavirus. In un momento critico, la distinzione ponendo, “da un punto di vista
etico oltre che clinico, quali pazienti sottoporre a trattamenti intensivi
quando le risorse non sono sufficienti per tutti”. Non un’idea come un’altra,
di un singolo specialista o ricercatore, ma sulla base di un imperativo deontologico,
che non tutti i pazienti sono uguali. La Siaarti “privilegia la «maggiore
speranza di vita»: questo comporta di non dover necessariamente seguire un
criterio di accesso alle cure intensive del tipo «first come, first served»”.
Gli
anestesisti sono i medici della “buona morte”, quella indotta come cura. E si riportano
a una tradizione che si penserebbe estinta da millenni, quella di uccidere i
vecchi. Ripresa cinquant’anni fa, quando si pensava che le droghe liberassero, in
America. Abbie Hoffman e Jerry Rubin proponevano di uccidere i padri, cancellando
all’anagrafe chi compie trent’anni, per un “governo di Roboam”, dove, dice la
Bibbia, di giovani che comandano sui vecchi. Un limbus patrum.
Alcune
tribù del Brasile uccidevano gli infermi. I massageti e i
derbicciani gli ultrasettantenni. I càtari pii di Monforte d’Alba o
Asti le endura abbreviavano alla fine, i suicidi dei saggi
anziani per digiuno, per evitare loro i patimenti dell’agonia. Gli abitanti
dell’isola di Choa, dove l’aria pura dà lunga vita, ci pensavano invece da
soli: prima dell’ebetudine o la malattia i vecchi prendevano la papaverina o la
cicuta. Analogamente l’eschimese che, prossimo alla fine, inutile alla
famiglia, esce o usciva dall’iglù per perdersi nel pack. Fra i
batak di Raffles, esploratore fededegno, che sarebbero i dagroian di Marco
Polo, i vecchi erano mangiati: “Un uomo che sia stanco di vivere invita i figli
a divorarlo nel momento in cui il sale e i limoni sono a buon mercato”.
La vecchia pratica degli svedesi trogloditi, dei nomadi dell’antico Egitto, dei sardi, di uccidere gli anziani a colpi di clava o pietra. “Tra l’antichissima popolazione di Sardegna, i sardi o sardoni, vigeva l’uso di uccidere i vecchi”, spiega Propp, l’analista delle fiabe, “e mentre uccidevano i vecchi, ridevano sonori”. Sulla base di alcune testimonianze del 200-300 d.C.: lo storico di origine siciliana Timeo di Tauromenio (Taormina) e lo scrittore ateniese Demone. Sardonico del resto deriverebbe da “erba sardonica”, una pianta velenosa che provocherebbe convulsioni simili al riso.
Limbus patrum,
o sinus Abrahae, è nella scolastica il posto
sottoterra, non paradiso né inferno, dove chi ben meritò in base al futuro
Nuovo Testamento, patriarchi, profeti, restò fino alla vittoria di Cristo su
Satana, distinto dal limbus infantum, dei neonati non
battezzati. Il consiglio di Roboam è nel libro dei Re.
Resta
il problema di determinare l’età giusta.
Inferno - L’inferno è per Platone invenzione del
potere. Ma non c’era bisogno d’inventarlo, è quotidiano: il desiderio di morire
caratterizza le prime figurazioni, ebraiche, dell’inferno.
Religione – “La religione non è niente altro che la sublimazione
dell’amore infantile per il padre, che si trasferisce nel «Padre che è nei
cieli»”, scrive Alexandra von Wolf-Stomersee (nella stessa lettera citata sotto
“Confessione”. v.s.), ma con una funzione in analisi: la religione - la trascendenza,
la fede – può aiutare: “Non si tratta di sostituire la religione all’analisi,
ma una volta terminata l’analisi, bisogna trovare un campo di attività senza
pericolo per la1 coscienza malata, un’identificazione con un’autorità abbastanza
forte per essere di sostegno”, il Vangelo – “alle minime parole di Gesù Cristo
che le dico (e per fortuna conosco tutto questo a memoria) vedo un musetto
fremente, proteso verso di me…”. Sempre l’analisi rimanda alla confessione – alla
confessione sacramentale.
Totalitarismo - La politica si fa totalitaria in modo logico, perfino
pulito. Col “ragionamento glaciale” che Hitler vantava e Stalin ha esercitato,
introdotto in filosofia da Socrate.
Arendt lo spiega in un appunto: “Se la
filosofia occidentale ha sempre sostenuto che la realtà è verità, adequatio rei et intellectus, il
totalitarismo ne ha tratto la conseguenza che noi possiamo fabbricare la verità
nella misura in cui fabbrichiamo la realtà”. Il dittatore totalitario non è
Attila né Napoleone, non rapina, neanche per le sorelle. È un demiurgo,
fabbrica realtà-verità, indifferente al rosso e al nero. E non per farci più
saggi ma per coinvolgerci “nel deserto delle proprie conclusioni e deduzioni
logiche astratte”.
Il difetto è antico, stando a Bacone, che però è uno che crede, pure
lui, alla verità: è di Aristotele, il
quale la fisica fece dialettica, e la metafisica volle realista. Gli scolastici
fecero peggio, abbandonando l’esperienza.
zeulig@antiit.eu
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