De Profundis, de mythis
Lo ricorda solo de Bortoli, del vento che sfoglia il Vangelo sulla bara
del papa Francesco: “Come nell’aprile di vent’anni fa, quando ci fu l’addio a
Giovanni Paolo II”. Anche allora esposto in una bara semplice, a terra (non sul
catafalco). Ma Francesco si vuole unico perchè è cambiato il modo di dire – e di
pensare? Fare mito di tutto, tutti santi, eroi, martiri. Qui anche con la sfilata,
come per i vecchi imperatori - ma sui fori “sono più i selfie che i segni dela
croce”. Mentre poveri, barboni, rifugiati e transessuali sono tenuti in attesa, scelti
con cura, col vestito nuovo, un giglio bianco in mano, in numero di quaranta, dieci per ogni categoria?, e due frasi ad effetto
per le tv, recintati nel grande piazzale sgomberato di Santa Maria Maggiore.
Sono già mito le due sedie nell’angolo di San Pietro, con Trump e
Zelensky che si “confidano”. Ma qui con qualche (sperabile) fondamento. Una pax
vaticana sarebbe storia.
Per il resto come prima: la chiesa non ne è scalfita, e nemmeno accresciuta. Il celebrante, il cardinale Re, ha ha tenuto una omelia molto francescana, ma nessuno si è commosso. Paul Elie, che ha seguito la cerimonia dall’alto del “braccio” berniniano di
Costantino, sulla sinistra della basilica, vede, con le statue che lo
circondano, “plenty of pomp and circumstance”, sfoggio di pompa in
grande stile – come le statue che lo circondano hanno visto per secoli – e “niente
di mutato” rispetto al precedente funerale, vent’anni prima, per Giovanni Paolo
II- “la cerimonia era molto familiare”. Re, regine e sceicchi con i riti di
altri tempi.
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