Fino a quando la chiesa sarà romana
Roma, l’Italia, danno per scontato che la chiesa sia romana, e parli italiano
– privilegi immensi, altro che il made in Italy, di cui non si ha nemmeno la
percezione (l’Italia è un Paese sconosciuto a se stesso: l’unificazione, laica,
massonica, della “borghesia della manomorta”, profittatrice, che ha costretto
tre quarti del paese al “non possumus”, le ha tarpato la fantasia). L’impegno è
stato mantenuto dai tre ultimi papi, stranieri, con il collegio cardinalizio di
papa Bergoglio l’Italia è entrata in orbita remota. Il Vaticano sta sempre a
Roma, San Pietro e Michelangelo non volano, ma il papa ne è sempre più lontano –
Woytiła si faceva obbligo ogni domenica, vescovo di Roma, di visitare una
parrocchia romana, Francesco mai.
Il patriarcato di Venezia e la chiesa ambrosiana hanno perduto con Francesco,
di proposito e non per caso, il titolo al cardinalato. Mentre lo hanno acquisito
decine di sconosciuti, a capo di chiese piccole e minime.
C’entra nell’intiepidimento delle radici romane della chiesa l’umoralità
del papa argentino – parlava benissimo il dialetto piemontese dei suoi
genitori, ma non ha imparato mai l’italiano. Ma la cosa è anche nei fatti, se
la chiesa deve decentrarsi, o comunque indebolire la curia, e il papa di Roma
si avvia ad essere uno tra gli altri – una specie di presidente svizzero,
seppure a vita (o fino a che non sarà a termine).
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