La divina marchesa
Con molte illustrazioni,
una lunga storia pubblicata vent’anni fa, sulla “ereditiera italiana (milanese,
ndr.) nata ricca, sposata ricca, che tutto aveva perduto al tempo della morte,
in caratteristico stile surreale”. Che ne fece la vedette di mezzo mondo
fashion, se non di tutto, per mezzo secolo. Un “personaggio”, del tutto
contemporaneo, e invece stranamente trascurato.
Nata nel 1881, la
marchesa è morta, penniless, nel 1957, “erede di una immensa ricchezza,
avendo speso in abiti e gioielli più di qualsiasi altra regina nella storia”.
Nata Luisa Annan, figlia di un ricchissimo industriale tessile milanese,
nobilitato col titolo di conte da Umberto I, che ne era spesso ospite, sposata
a un marchese Casati Stampa di Soncino, col quale fece una figlia di cui nessuno
si è mai occupato, a 22 anni debuttava con la liaison del secolo, con
D’Annunzio. Dopodiché farà le cronache mondane per mezzo secolo. Seducendo,
seppure solo in immagine, molti scrittori, per lo più americani (tra essi da
ultimo Kerouac), almeno tre generazioni di scrittori. Imperando da Venezia
dapprima (dal palazzo poi preso da “un’altra pretessa”, Peggy Guggenheim), e
poi a lungo da Parigi. Dagli sgoccioli della Belle Époque ala Jazz Generation,
da Cocteau, Man Ray, Paquin, Schiaparelli fino a Karl Lagelfeld, Yves
Saint-Laurent, Gucci, Roberto Cavalli, di persona, sempre eccentrica,
trasgressiva, eccessiva, e in immagine. “Eccezionalmente alta e cadaverica, con
una testa a forma di spada, e un viso piccolo ferino, che veniva sommerso da
occhi incandescenti”, coltivò in ogni eccesso l’immagine di sé – “l’animale
totem di Casati, come di Medusa, era il serpente: una creatura che squama la
pelle e ipnotizza con lo sguardo”.
Una lettura breve, una
ventina di pagine, che soppianta stranamente la copiosa biografia della
marchesa degli americani Scot D. Ryerson e Michael Orlando Yaccarino, di
venticinque anni fa, “La sua infinita varietà”. Thurman vi aggiunge notazioni
importanti sulla scena parigina tra le due guerre, desunte dalle sue ricerche
attorno a Colette, e su Isak Dinesen, di cui ha scritto molto.
Colette era “una
truculenta carnale e frugale «figlia
della natura»,
perennemente dura lavoratrice e allergica alla morbosità”. Ma entrambe, Colette
e Casati, erano “credenti nel mondo degli spiriti, frequentatrici delle stesse
medium alla moda, etc”, con Jean Lorrain, Montesquiou, Diaghilev, Isadora
Duncan, Natalie Barney, lo stesso D’Annunzio, etc.. “Dinesen sembra avere
stilizzato la persona stregonesca della vecchiaia – quella della baronessa
Blixen – su Casati. Per nascita, appartenevano alla stessa classe, i nouveaux
riches, e alla stessa generazione di donne che aspiravano a essere
altrettanto pericolose quanto le loro madri era state innocue”.
Molti modi di essere di Blixen-Dinesen in tarda età l’accomunano alla
marchesa, spiega Thurman in dettaglio. Premettendo: “Anche se non ho prove che si
incontrarono, certamente si incrociarono a Parigi”. Blixen-Dinesen comunque
adottò la figura “emaciata”, “fondotinta pastosi e occhi aureolati neri”, ebbe
la stessa passione per compagni nobili e poveri, per le eccentricità, per un
“barbarismo Orientale filtrato da un velo di snobberia ancien-régime”.
Judith Thurman, The Divine Marquise, The New Yorke Classics, 3 aprime
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