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La menzogna è un’arma
Si è sempre mentito, “a
se stessi e agli altri”. Anche per difendersi: è “l’arma preferita degli inferiori
e dei deboli”, e di chi è in pericolo, una formazione segreta, un gruppo di resistenza
– “dissimulare ciò che si è, simulare ciò che non si è”.
Un libello contro Hitler
e Mussolini, contro il nazismo e il fascismo, regimi totalitari, e un primo abbozzo
di classificazione del totalitarismo – prima di Arendt e di Adorno. Una riflessione
di ottant’anni fa che sembra scritta ora, in epoca di bugia quasi istituzionale,
se non naturale – con l’estensione della propaganda fino ai social, e l’avvento
dello storytelling invece della cronaca, o verità delle cose. Sulla menzogna
come consustanziale ai regimi totalitari tra le due guerre, attraverso la propaganda
– “totalitarismo e menzogna” è il tema, e potrebbe essere il titolo. Oggi però,
si direbbe, veicolo “democratico”, attraverso il trucco linguistico dell’uno
vale uno.
Sono dunque cento anni che
la menzogna fa la politica, l’epoca dei media: la condiziona e la indirizza,
moltiplicata e ramificata. “La menzogna è un’arma”. Ma è anche vero che “è
soprattutto l’arma del più debole”. Delle donne, degli schiavi, delle società
segrete – quindi dei gruppi di resistenza al potere, al totalitarismo (e agli avventuristi no, ai golpisti?)
Una dissertazione breve
ma univoca - e quindi apparentemente trasgressiva: la bugia è buona e fa bene.
Ma non quando è stata scritta, per una rivista pubblicata nel 1943, negli Stati
Uniti, organo di un gruppo di studiosi francesi della resistenza gollista, in
fuga dalla Francia occupata.
A cura, e con una esauriente
postfazione, di Claudio Tarditi.
Alexandre Koyré, Sulla
menzogna politica, Lindau, pp. 69 € 11
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