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L’antifascismo e le eccellenze togate
In mancanza di altri argomenti, nella pretesa sinistra si torna a
rinvigorire l’antifascismo. Specialmente contro il governo. Specialmente per la
questione continua dei giudici, a difesa, senza se e senza ma. Senza mai porsi
il problema di un ordine istituzionale – quello giudiziario – che non si è defascittizzato.
La politica ha fatto da tempo ammenda, compresi i neofascisti propriamente
detti. La giustizia no. E non solo per gli ermellini, le inaugurazioni sanzionatorie,
e le eccellenze.
E non solo per il vecchio privilegio di poter passare stagionalmente, umoralmente,
dal ruolo di pubblico accusatore, legibus solutus, a quello di giudice
nel senso proprio, che non necessariamente deve avere una coscienza. Magari
solo per una promozione, o per un aumento. Se con nocumento degli affari
giudiziari non importa.
Un ordine avulso dalle leggi - specie la Cassazione è molto “irrituale”.
Ma non è solo questione di forma. Non ha responsabilità per le condanne errate
in punto di diritto. Non materiali, di denaro, a fronte dei risarcimenti che lo
Stato deve ai condannati per errore, e non di qualifica (titoli, anzianità,
carriere). E pretende di governarsi da sé, non solo al Csm, l’organo
costituzionale di autogoverno, ma anche nella funzione amministrativa. In
qualità di dirigenti del ministero della Giustizia. E perfino, in questo
ministero, delle funzioni di ispezione, sulla Procure e sui Tribunali.
Una autoreferenzialità che si direbbe illegale, prima che anticostituzionale.
A opera dei garanti della giustizia.
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