letterautore
Cacciari – “Verrà ricordato
come l’abate Parini istitutore dele nuove dinastie milanesi”, Michele Masneri
sul “Foglio quotidiano” – avendo “laureato in filosofia Lorenzo Prada (figlio di
Miuccia, n,.d.), come del resto Barbara Berlusconi”.
Cani – Nel 1958,
quando ancora non usavano in Italia, i cani portati a passeggio per New York per
fare i bisogni sul marciapiedi indignavano Lucia Berlin – “poveri cani”. Tutto
bene, scriveva ai suoi amici di sempre, Edward e Helene Dorns, “eccetto che per
i cani da compagnia (toy dogs) – barboncini e chihuahua e grossi
weimaraner, terribile terribile. Fanno lo schifo per strada, mentre il loro proprietario,
non padrone, aspetta. Poveri cani, che umiliazione defecare per strada”.
Firenze – “Nei palazzi di
Firenze, di tutta la Toscana, percepiamo l’aspetto esteriore come l’espressione
esatta del loro senso interiore: alteri, fortificati, essi sono manifestazione
altera e sontuosa di un potere che può essere per così dire sentito in ogni
singola pietra, ciascuno di essi è rappresentazione di una personalità sicura
di sé e responsabile per se stessa” (G. Simmel, “Roma, Firenze, Venezia”, p. 63).
Gattopardo – L’ultimo, recente,
è stato Berlusconi? Il “gattopardismo” presume “grandi promesse politiche e
grandi speranze, da ingannare”, Gabriele Pedullà con Luca Mastrantonio su “7”,
“per chi ha sognato la ‘rivoluzione liberalista’ (non io), ed è stato così
ingenuo da credere che Berlusconi volesse davvero realizzarla, lui è stato
probabilmente l’ultimo leader degno di questo epiteto”.
Al famigerato “perché tutto
rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”, l’attore Kim Rossi Stuart, che ha interpretato
il “Gattopardo” nella riedizione seriale Netflix, dichiara di preferire, come
meno cinica e anzi positiva, un’altra citazione famosa: “Noi fummo i
Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le
iene; e tutti quanti, gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci
il sale della terra”.
Una dichiarazione anarchica, contro il “ceto dirigente”? o semplicemente
qualunquista?
Francesco Piccolo, che sul romanzo ha costruito uno spettacolo teatrale, “Il
Gattopardo. Una storia incredibile”, ora in tournée, ricorda un aspetto
trascurato della storia, a proposito di Giorgio Bassani, l’unico direttore
editoriale a credere dopo vari giri nel romanzo: “Bassani aveva conosciuto
Tomasi: pensava fosse un pazzo, perché lo aveva visto a un convegno a luglio dentro
a un cappotto, a un paltò per l’esattezza, perché aveva la giacca lisa e non
voleva farla vedere. Tanti anni dopo Bassani riceve un manoscritto che nessuno
voleva pubblicare: comincia a leggerlo, pensa sia bellissimo, solo che non sa
chi lo abbia scritto. Scopre solo dopo che l’autore è quel matto che ha
conosciuto anni prima e che non c’è più”.
Italia – “”Gi attori
comici da noi vanno presi molto sul serio, vincono i Nobel, fondano partiti di maggioranza
relativa”, Aldo Cazzullo, la posta del “Corriere della sera”.
Montaigne, che viaggiando non sprecava complimenti, ricorda con ammirazione,
del suo viaggio nel 1580: “Ho visto contadini col liuto in mano e persino le
pastorelle con l’Ariosto in bocca”. E:
“È curioso vedere come lasciano sul campo dieci e quindici e più giorni il gran
segato, senza paura del vicino”.
Napoli – Ricordando
Roberto De Simone e la “La gatta cenerentola”, Peppe Barra spiega: “È stata una
rivoluzione. Gli spettatori non avevano visto fino allora allegorie e culture
popolari rese in quel modo, ma negli anni Settanta non si erano nemmeno mai
ascoltate villanelle, strambotti, tammurriate”.
Miuccia Prada – Ha rasentato
anch’essa la filosofia, come poi il figlio Lorenzo (laureato con Cacciari). Lo
ricorda Masneri sul “Foglio” celebrando l’acquisizione Prada di Versace. Specialista
di Dottrine Politiche alla Statale, si può aggiungere, con un dottorato di ricerca,
supervisore Giorgio Galli, sul Pci. Di
cui era militante, animatrice della cellula “Carlo Marx” di Porta Romana, sotto
il palazzo di famiglia, rappresentante di zona dell’Unione Donne Italiane”: uno
dei suoi primi fashion show, quando cambiò settore d’interesse, lo ha tenuto
a Parigi nella sede del Pcf, il partito Comunista francese, un edificio anni
1970 di Oscar Niemeyer - lo stesso architetto, curiosamente, del palazzo Mondadori
a Segrate, che poi sarà di Berlusconi (due carriere in parallelo su tutto,
Prada e Berlusconi - eccetto la politica, di sinistra e di destra?).
Roma – Si protesta in
vati quartieri, San Saba, Prati-Delle Vittorie, Ponte Milvio , per “torri” telefoniche
di venti e più metri che s’innalzano su alcuni palazzi. Per salvaguardare il decoro
e la veduta, le “terrazze di Roma”.
Le antenne sono l’aspetto di Roma che più colpiva Antonio Calbi, futuro
direttore del teatro Argentina, l’ex Stabile di Roma, quando ci arrivava da
Milano per gestire il teatro Eliseo: “Prendevo il Pendolino e prima di entrare
a Termini vedevo i palazzi con una selva di antenne, come capelli sulla testa,
una per ogni appartamento, e mi chiedevo come mai l’idea milanese di condominio
non avesse attecchito”. Le famose “terrazze di Roma” son infrequentabili, e
irte di paraboliche – salvo nei (pochi)palazzi di famiglia.
Ma non è detto che “l’idea di condominio” non ha attecchito: sono condominii che fanno innalzare le “torri”
telefoniche, per farsi pagare la “servitù”.
Toscana – Evoca Puccini
nel 1922, dopo la gloria, scrivendo al direttore del “Corriere della sera” (tutti
i materiali, recensioni, presentazioni, interviste, lettere etc, concernenti il
rapporto del compositore col giornale sono ora raccolti dalla Fondazione
Corriere della sera in “Puccini e il Corriere della sera”) con nostalgia gli
anni dello sbarco a Milano da Lucca, col fratello Michele, ospiti fissi
dell’Osteria dell’Aida, per musicisti squattrinati gestita da un fiorentino
Gigi. Che dava da mangiare a sazietà a “poeti e musicisti senza editore,
cantanti in attesa di scrittura”, corredando il cibo da “fiaschi su fiaschi del
leggero e frizzante vino di Toscana”.
Il “vino di Toscana” non era il Chianti, sangiovese, ma un lambrusco non
zuccherino, secco.
Venezia – “I palazzi
veneziani sono un gioco elegante, essi mascherano i caratteri individuali dei
loro abitanti attraverso la loro uniformità, un velo le cui pieghe seguono
soltanto le leggi della bellezza lasciando intravedere la vita dietro di esse
nella misura in cui la nascondono”.
Venezia in maschera anche nella vita domestica? O si proiettano su Venezia
e i veneziani le loro famose maschere, dei balli, dei carnevali, dei melodrammi?
letterautore@antiit.eu
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