Letture - 576
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Digressione – È la fuga in
musica? Dà aria alla narrazione, argomenta Gioacchino Lanza Tomasi, in una pagina
di “Lampedusa e la Spagna”, pp. 51-52, che da musicologo apparenta alla fuga: “In
musica la costruzione della fuga si articola nel rapporto fra la sezione libera
del divertimento e la riesposizione in contrappunto obbligato di soggetto e
controsoggetto”.
Don Chisciotte – È il “romanzo
di formazione” di Montaigne? È la lettura che Gioacchino Lanza Tomasi, ispanista
per nascita (la madre era una nobile spagnola), ne fa in “Lampedusa e la Spagna”,
attribuendola all’autore del “Gattopardo”: “Aveva capito che le avventure di don
Alonso Quijano erano l’origine di Montaigne”. Ma non dice come.
Sempre attribuendo la scoperta a Tomasi di Lampedusa, Lanza Tomasi ne fa
anche un pilastro della futura narrativa europea – “il modello da cui Henry
Fielding prende le mosse per superare la forma del romanzo epistolare”. Nonché
l’inventore della “digressione” – “senza la quale l’argomento principale
risulterebbe oppressivo”.
Italia - “Nato nelle
Serre calabresi, il nome Italia finì a Milano, per poi tornare anche da noi, ma
ufficialmente solo dopo il 1860”, Ulderico Nisticò, “Controstoria delle Calabrie”,
200.
Italiano – Si penserebbe
sia la koiné, – la lingua comune, nelle squadre di calcio, che è
uno sport collettivo e quindi ha bisogno di una lingua condivisa, anche se
ormai – o tanto più che – la regola per molti undicesimi la presenza di giocatori
di diversa provenienza e lingua. E invece no. Cazzullo può scriver e nella
posta del “Corriere della sera” che alcuni hanno imparato in fretta e altri
mai: “Appena arrivarono alla Juve, Boniek e Platini impararono subito la nostra
lingua, e vinsero tutto…. De Ligt parlava italiano dopo cinque minuti di
Juventus, mentre dopo tre anni e mezzo di Inter Denzel Dumfries continua a esprimersi
in inglese. Lukaku, invece, otto lingue, parla l’italiano benissimo: «Devo
poter dire al compagno dove voglio la palla». Kvara e Osimhen l’italiano a
Napoli non l’hanno ma imparato; il belga Mertens e il coreano Kim padroneggiavano
il dialetto”.
E degli italiani fuori? Trapattoni in Germania, allenatore del Bayern,
non imparò nulla. I tanti tedeschi in Italia invece imparavano presto. Bierhoff
aveva perfino un italiano elegante. Cristiano Ronaldo in tre anni non ha imparato
una parola.
Lampedusa – Fu militare nelle
due guerre, spiega Gioacchino Lanza Tomasi in “Lampedusa e la Spagna”. Nel ‘15-‘18 sottotenente di artiglieria – come Gadda, che però si congedò capitano. Finito nella rotta di Caporetto, fu fatto prigioniero
– come Gadda su altra parte del fronte - dai soldati bosniaci e confinato nel campo di Szombathely. Richiamato nel 1939, fece tre mesi a
Poggioreale, “un tugurio”.
Roberto Bazlen la lettura del “Gattopardo” lasciò perplesso. Salvatore Silvano
Nigro riprende la “scheda di lettura” che inviò a Sergi Solmi, Einaudi, il 7
maggio del 1959 - quindi sei mesi dopo la pubblicazione del romanzo per la cura di
Giorgio Bassani da Feltrinelli il 25 ottobre 1958, e il successo istantaneo per
passaparola (si studiava una riedizione, un passaggio di editore?): “Non è un
gran che; comunque la pagina più brutta vale tutti i «gettoni»… Riassumendo, un
buon technicolor da e per gente per bene”.
I Gettoni erano la collana di novità che Vittorini dirigeva per Einaudi,
che pure aveva pubblicato testi e nomi poi illustri.
Luoghi – “Un luogo non è mai solo ‘quel’ luogo: quel luogo siamo
un po’ anche noi. In qualche modo, senza saperlo, ce lo portavamo dentro e un
giorno, per caso, ci siamo arrivati”, Antonio Tabucchi, “Viaggi e altri
viaggi”.
Malaparte – “Demi-monde….un
parvenu di regime che s’aggirava in un salotto con un cappello piumato”,
nel giudizio di Tomasi di Lampedusa, secondo Gioacchino Lanza Tomasi – come
riportato da Salvatore Silvano Nigro nella nota a Gioacchino Lanza Tomasi,
“Lampedusa e la Spagna”.
Di suo, Lanza Tomasi scrive, a proposito della biblioteca dell’autore del
“Gattopardo” – in un italiano un po’ zoppicante (refusi?): stimava Moravia,
aveva apprezzato Morante, “Menzogna e sortilegio”, aveva letto Papini, “a cui
aveva riservato il giudizio contrario, ma anche Longanesi e qualche libri
(sic!) di Malaparte. Su quest’ultimo
rammento una sua osservazione classista, non in senso marxiano ma nel contesto
di una classe dirigente antica rispetto alla classe dirigente nuova”.
Reticente?
Menzogna – È la verità
odierna? Questo sito lo argomentava recensendo il vecchio saggio di Alexandre
Koyré, “Sulla menzogna politica”. Starnone lo spiega al “New Yorker”, nella
intervista che accompagna la pubblicazione sulla stessa rivista del racconto “Tortoiseshell”,
con cui ha voluto accompagnare l’uscita in America del suo ultimo romanzo, “L’uomo
al mare” (“sono i due soli testi miei che fanno riferimento esplicito a Hemingway,
ho pensato che era carino se si traducevano entrambi”). Appaiando bugie e storytelling,
la forma odierna di espressione.
Il racconto è di “un tipo particolare di bugiardo”, spiega, “uno che
mente per il piacere di mentire”. Costruito sulla scoperta che “Cat in the Rain”,
gatto nella pioggia, uno dei “49 racconti” di Hemingway, era stato tradotto
erroneamente sul fatto principale, la natura del gatto di cui viene fatto dono
a una signora americana in albergo. La lettura, ammirata, era del 1961, il racconto,
dopo la scoperta della mistraduzione, ha poi preso dieci anni, tra 2003 e
20123. “Forse”, si spiega Starnone, “influenzato anche dall’attuale generale tendenza
a sostituire espressioni come «il mio punto di vista», «la mia versione degli
eventi», «la mia ipotesi», «la mia teoria», «le mie fantasie», e «le mie bugie»
con «la mia narrativa». Oggi tutto è genericamente detto una «narrativa»,
perfino, a torto o a ragione, la scienza e le matematiche”. La favola, o la bugia,
alla realtà dei fatti.
Nel racconto di Hemingway, “Gatto sotto la pioggia”, nella prima traduzione,
di Giuseppe Trevisani, alla donna che non trova più il gatto che voleva prendere,
viene regalato un gatto di maiolica. È la rivelazione, la forza della
scrittura, il giovane Starnone parte in volata – così dice. Se non che Hemingway
– che lui peraltro non ama - non ha scritto questo, ha scritto “a big
tortoiseshell cat”, un gatto che viene ritradotto “tartarugato vivo”. E
questo un po’ lo sconvolge, essere partito di carriera su una “errore di traduzione”.
Ma decide che a lui piace di più l’“originale”, l’errore, che del gatto
tartarugato non gli interessa.
In effetti il gatto “tartarugato”, tortie in America e nel
racconto, esiste, è una specie anche popolare, a giudicare dai social.
Ne “I quarantanove racconti”, il “Gatto sotto la pioggia”, prende poche
pagine – un alito curiosamente di malinconia (curiosamente per un Hemingway
ancora giovane). Una gentildonna americana in viaggio in Italia col marito un
giorno di pioggia vede dalla stanza d’albergo un gatto gocciolante ripararsi
sotto un tavolino sul marciapiedi. Scende per prenderlo, ma il gatto non c’è
più. Una cameriera sollecita inviata dal direttore dell’albergo con l’ombrello
accompagna dentro la signora, un po’ allarmata dal “gatto sotto la pioggia”. In
camera lei si dice scontenta malgrado la vacanza. Ha capelli corti da maschietto
e non ha più voglia di fare l’efebo. Vuole lasciarseli crescere, prendere un’aria
femminile, prosperosa, e avere un gatto per farci le fusa. Il marito ascolta muto
e assente distratto, finché non bussano. È la cameriera, che porta alla signora
un dono del direttore, un gatto - in terracotta? tartarugato?
Nureyev – Misogino lo dice
Enzo Palo Turchi, che lo ha incontrato spesso, in amicizia. “A cena mi colpiva
che ignorasse completamene le donne.”, spiega in un’intervista. “Per dire: se
nella nostra tavolata ce n’erano quattro, a loro non rivolgeva la parola”.
Refusi – “Stampato in
Francia dalla libraia Sylvia Beach, composto da tipografi francesi su un manoscritto
approntato da dattilografe francesi, annotato con una calligrafia pressoché
illeggibile, la prima e bellissima edizione dell’Ulisse era un dòmino di
trasformazioni, un paradossale gioco linguistico, con quasi cinquemila errori,
sette per pagina, la maggior parte dei quali sono ora parte dell’opera” - Leonardo
G. Luccone, “Anche i refusi sono letterari” (“Robinson” 20 aprile).
Dòmino o domino? Gioco di carte o mantello con cappuccio di carnevale a
Venezia?
letterautore@antiit.eu
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